Posts written by & .

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    Ad una prima lettura mi pare scritta bene. Mi ha ricordato abbastanza The Last of Us, sebbene qui non ci siano zombie. Ad un certo punto del videogioco, infatti...
    i protagonisti incontrano un ragazzo con suo padre e decidono di unirsi a loro, ma questi ultimi finiscono per contrarre il Cordyceps e vengono uccisi dai due protagonisti.

    Volevo chiederti: l'altra storia non la continui più?
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    Mi ricorda tanto una storia che tradussi un paio di anni fa, "Il Portafoglio nel Tombino", dal momento che in entrambe ci sono dei killer in incognito. Essendo stata postata in CP, mi aspettavo un risvolto più... horror.
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    <- Parte 0


    <- Parte 1


    Era un posto scosceso e difficile da raggiungere. Quella notte, la dottoressa Waters mi fece restare nel campus, in dormitori normalmente riservati a studenti tirocinanti di medicina. Devo dire che non era molto invitante. I dormitori erano mal tenuti e le ragnatele dominavano gli angoli di tutte le stanze. Giuro di aver percepito un odore di muffa o di spore. Tuttavia, considerando le mie altre opzioni, rimanere nel campus era l’unica a non puzzare di fallimento, o meglio, a non fare un buco nel portafoglio. In ogni caso, la notte fu dura. Mentre ero sdraiata, con il mio sguardo che trapassava l’unica finestra presente, non riuscivo a scrollarmi dalle spalle la creatura che riposava a neanche un chilometro da me. La creatura che avrei dovuto fronteggiare all’alba.

    Quando incontrai di nuovo la dottoressa Waters nello stesso edificio, il sole rosso-sangue si era appena affacciato all’orizzonte. Non ero un’amante dei risvegli mattutini, ma di nuovo, non puoi svegliarti presto se non hai mai dormito. Chiusi la porta della macchina e andai a prendere gli attrezzi nel cofano. Waters alzò un dito, fermandomi.

    “Non oggi” disse freddamente. “Prima di tutto, deve conoscerti.”

    “Non oggi?” ripetei incredula. “Quanto pensi che ci voglia?! Mi serve solo un’ora di pellicola!”

    “Sei. Giorni. Non di più, non di meno. Devi provare a noi e a lei che sei ciò che dici di essere.” Disse.

    Quella donna era pazza. Cosa dovevo provare? Erano loro a dovermi provare qualcosa! E non c’era verso che sarei rimasta qui altri cinque giorni! Mi girai, pronta a saltare nella mia Nissan arrugginita per il lungo tragitto a casa. Nessun documentario ne valeva la pena.

    “Ricorda, signorina Jacobson!” mi urlò la dottoressa Waters. Non ero sicura del perché le sue parole mi fecero fermare in quel modo. Era come se fossi disperata per avere un motivo di rimanere. Una ragione… quella avrebbe fatto la differenza in tutto ciò per cui credevo. “Se te ne vai adesso, il mondo non saprà mai cosa si nasconde dietro quelle porte! Sei l’ultima speranza per questa bambina!”

    “E se non restassi?”

    Non aveva bisogno di rispondermi. Dal mero grigiore di quegli occhi potevo vedere quale destino attendesse quella ragazzina giovane e innocente. Quella gente era davvero pronta a scendere così in basso? La bambina era davvero così pericolosa? E… restando lì, come avrei cambiato le cose? Avevo troppe domande a cui rispondere in una volta. Mi comportai normalmente, tenni la bocca chiusa e le orecchie e gli occhi aperti, e lei mi portò di nuovo oltre quel cartello sciagurato che recitava “Pazienti violenti”. Nelle fauci del demone. Cos’avevo da perdere arrivati a quel punto? Era fortunata che avevo una settimana libera nelle vacanze primaverili.

    La seguii, a testa abbassata, in punta di piedi. Porte di legno piacevoli alla vista furono lentamente rimpiazzate da mura colossali di acciaio che avrebbero potuto reggere una testata nucleare. Tutto ciò che le sentinelle imperturbabili sorvegliavano non fece nulla per coprire il suono che veniva da dentro: spesso incrociavamo pazienti in mezzo alle loro scenate o ai loro borbottii senza senso. Alcune porte erano resistenti; altre avevano vetri d’esame resistenti o delle sbarre. Ai miei occhi era come una prigione e ogni passo mi ricordava sempre di più il manicomio di Mount Massive. Per un secondo tolsi lo sguardo da ciò che mi circondava e guardai la porta solitaria alla fine del corridoio… lì dove c’era la mia destinazione.

    Il cuore mi salì in gola. Il mio colletto era stato afferrato e sbattuto al lato. Metallo duro e freddo si scontrò con la mia testa, e il rimbombo risuonò per il cranio. Unghie sfatte mi rastrellarono il collo, il fiato della donna mi entrava nella bocca e nel naso come se fosse fumo. Il mio sguardo si raddrizzò quando la dottoressa Waters mi aveva preso le spalle e mi aveva spinto nella direzione opposta. Era tutto accaduto così in fretta che barcollai prima di ritrovare l’equilibrio e fissare negli occhi il mio aggressore. Non ebbi neanche il tempo di urlare.

    “Non ENTRARE” il paziente urlò, afferrando il metallo tra le sbarre. La dottoressa Waters mi aiutò ad alzarmi, dandomi del tempo per ricompormi. Iniziò ad accompagnarmi alla porta, anche se i miei occhi vacillavano. “La bambina dannata vive! Vive dietro quella porta! Quella bambina dannata! Quella bambina DANNATA!”

    La sua voce si smorzò gradualmente mentre attraversavamo la porta e mi condusse ad una stanza di passaggio con un’altra porta ancora. La dottoressa Waters mi scrutò agitata, cercando segni di ferite sulla mia testa. “Mi dispiace tanto per quello che è successo. È uno dei casi peggiori di schizofrenia che abbiamo. Pazienti come lei sono il motivo per cui spesso non facciamo entrare qui i visitatori.” Indicò la porta. “Entri da qui, è il passaggio per la stanza dei bambini.

    Una stanza dei bambini? Non avevo mai sentito un manicomio che ne aveva una. Era una stanza come tante, solo con un po’ di più di imbottitura. Le infermiere sorvegliavano di continuo ogni angolo della stanza. Ogni giocattolo e ogni superficie era del tutto resistente agli urti, senza alcuno spigolo. Anche la carta da parati aveva sacche d’aria, come se interi teli di pluriball fossero stati incollati sulle mura. La stanza era abbastanza spaziosa e dava tanti stimoli ai bambini; questi ultimi avevano attorno ai dieci anni, anche se non sembravano avere le capacità mentali di una persona sopra gli otto. Anche con un’occhiata superficiale, sapevo che qui stessero ricevendo le cure migliori.

    “Perché questa stanza è nell’Area Donne Violente?” chiesi non appena mi venne in mente. “Qui vedo sia bambini che bambine.”

    La dottoressa Waters mi passò davanti e mi fece cenno di seguirla. “A nostro parere la presenza dei bambini è più rasserenante per la persona qui presente. A volte, se si comportano sufficientemente bene, possono visitare questa stanza sotto stretta sorveglianza. Sono molto più sicuri qui che nell’Area Uomini. Di solito l’istinto materno ha il sopravvento e i bambini sono abbastanza al sicuro.”

    Mi portò al lato estremo della stanza. Fino ad allora non avevo visto quella cosa… no… lei… raggomitolata tra le lenzuola, con gli occhi incollati sul Nintendo DS. Era pallida, come se la sua pelle non fosse mai stata a contatto con la luce solare, e magra, come se non avesse mai mangiato per bene. Un paio di altri bambini erano seduti dietro di lei e la loro attenzione fu rotta solo dal nostro arrivo. Si alzarono e il loro sguardo intenso si impresse sulla mia carne, per poi correre a cercare qualcos’altro da fare. La bambina, notando subito l’assenza del pubblico, si guardò attorno prima di vedere i nuovi arrivati. I suoi occhi erano iniettati di sangue, ma brillavano come quelli di nessun altro, in questo posto dimenticato da Dio.

    La dottoressa Waters si rivolse a lei. “Faith… lei è la signorina Jacobson.”

    Lo sguardo di Faith non mi lasciò per nulla. Era come se mi stesse esaminando, o come se fosse completamente sconvolta da me. Non sapevo cosa fare se non sorridere. Forse anche salutarla con un dito. Quando finalmente ruppe il contatto visivo lacerante, il suo sguardo tornò subito sul suo portatile. Le dita non ripresero il loro movimento sui bottoni come avevo previsto. Al contrario, i suoi palmi fragili si diressero verso di me, presentandomi il suo tesoro più prezioso.

    “Vuoi giocare?” mi chiese con tono dolce e delicato.

    Mi bloccai. Le immagini dell’altro giorno riempirono la mia mente. Era davvero la stessa bambina? Senza troppi indugi, alzai la mano, con un sorriso nervoso. “Uhm, non oggi, tesoro.”

    Non cedette. A dire la verità, spinse con più fermezza il Nintendo verso di me. Prima che potessi dire altro, la dottoressa Waters si intromise. “I prossimi giorni la signorina Jacobson sarà la tua nuova amica e giocherà con te.”

    “Sul serio?” accigliai la fronte, ma stetti al gioco dopo aver visto lo sguardo abbattuto di Faith. Non avevo firmato per tutto ciò. “Cioè, sì, lo sarò.”

    Faith chiuse il Nintendo e lo accostò. Per qualche ragione, mi mise più a mio agio. Parlò con un tono più grave di quello che avrebbe dovuto avere. “Quindi sei qui a sostituire la signorina Annabelle?”

    “No, no” tagliò di nuovo corto la dottoressa Waters. “Non la rimpiazzerà. Nessuno può sostituire la signorina Annabelle. Ti farà solo compagnia. Ora, torniamo subito.”

    Mi riportò nella stanza di passaggio, stando attenta a non far passare alcun bambino tra le fenditure. Sbirciai dietro le spalle, aspettandomi in parte che Faith avrebbe riacceso la sua console per riprendere ciò che stava facendo. Ma non avvenne. Il suo sguardo non mi lasciò mai e, anche se l’avevo vista sorridere per la prima volta, non ero sicuro. Sapevo già che questa bambina mi avrebbe messo alla prova in tutti i modi che sapeva che mi facevano paura. Non era uno sguardo maligno. Era piuttosto lo sguardo che ogni studente lanciava al proprio supplente. Dopo che la porta fu chiusa, feci chiaramente vedere alla dottoressa la mia irritazione.

    “Sono venuta a fare un documentario, non la babysitter!” Non ricordo esattamente come andò la conversazione, come d’altronde tutto il resto, ma questa interpretazione ci va vicino.

    “Questo è il nostro accordo, Jacobson. Prendere o lasciare.” Waters si fece risoluta. “È la paziente schizofrenica più giovane che abbiamo mai ricevuto. Sei stata fortunata ad averla perfino guardata, per non parlare della possibilità di interazione che ti sto dando! Guardala da questo punto di vista: la documenti, provi a capirla, e mentre fa ciò, credo che riuscirai ad aiutarla!”

    “E come?! Che posso fare?!”

    “Tocca a te capirlo! Abbiamo fatto tutto ciò che potevamo, signorina Jacobson. È diventata un pericolo per se stessa. Se Faith non farà presto progressi, il suo dolore potrà portarla a fare qualcosa di ancor più dannoso… magari pure fatale.”

    “Non è il tuo lavoro far sì che ciò non avvenga?”

    Waters scosse la testa, pronta a mettere da parte questa discussione. “È diverso, signorina Jacobson. Magari adesso non lo comprende, ma questa bambina è fuori dal nostro controllo. O accetta questa possibilità, o vada via adesso. Domande?”

    Troppe, pensavo. Nulla di tutto ciò aveva il minimo senso. qualche minuto in più di registrazione come aveva potuto trascinarmi lì? Ogni argomentazione che avevo contro quella donna era in netto contasto col mio senso di umanità. Ero troppo gentile. Volevo aiutare Faith più di ogni altra cosa. Come ci sarei riuscita, non ne avevo idea. Se una professionista non c’era riuscita, come poteva una studentessa che faceva riprese? Non ero neanche sicura di quale fosse il mio scopo. Come dovevo sapere se la stessi ‘aiutando’ o no? Perché mi stavo ponendo tutte queste domande ipotetiche a cui non ci sarebbe mai stata risposta? Non lo so. Erano tutte cazzate.

    “Allora?” chiese Waters. “Domande?”

    Sbuffai frustrata e pescai una domanda a caso nella mia testa. “Il suo Nintendo. A che serve? Sembra che sia l’unica bambina ad averne uno.”

    “Quel giocattolo?” La dottoressa era inizialmente confusa. “Non sono sicuro di cosa sia o che cosa ci faccia. Un’infermiera l’aveva preso dall’ufficio oggetti smarriti. Uno degli studenti lo aveva perso.”

    “Quindi perché adesso Faith ce l’ha?”

    “Beh, prima Faith era una bambina molto fredda e spastica. Pensavamo che tutto ciò di cui aveva bisogno fosse interagire con altri bambini, ma gli altri avevano paura di parlarle e lei non voleva avere nulla a che fare con loro. Quando l’infermiera le fece vedere il gioco, si calmò e si concentrò su di esso. Così diventò approcciabile dagli altri. Quindi, abbiamo pensato, perbacco. Lasciamoglielo. Da allora, i suoi scatti d’ira sono passati dall’essere quotidiani al capitare una volta ogni due o tre giorni.” Waters si girò facendo ondeggiare i suoi capelli mori. “Ora, se non le dispiace, ho cose più importanti a cui pensare.”

    “Mi sta lasciando qui?”

    “Certamente. La scorsa notte sono stata chiamata ad una conferenza a Washington. Andrà tutto bene. Ci sono tante infermiere preparate che ti daranno una mano se necessario. Ti auguro buona fortuna per il documentario, signorina Jacobson.” Disse, mentre apriva la porta. Prima di sgusciare fuori, si girò un’ultima volta. “Potrebbe piacerti o non piacerti quello che scoprirai..”

    … E finì lì. Questo termina quanto mi ricordo fino a quel punto. Il racconto è abbastanza scarno, ma i ricordi funzionano così. Non mi aiuta il fatto che ogni parola che scrivo si basi sui miei battiti rapidi. Fortunatamente non mi serve ricordare ogni dettaglio. Pensai al da farsi. Dopo che il secondo giorno era giunto alla sua conclusione, mi misi a cercare qualsiasi pezzo di carta avessi portato. Non ero una giornalista, ma sapevo come organizzare i miei pensieri come se lo fossi. Trovai un blocconote piccolo e immacolato nelle mie bisacce, e di notte trascrissi quanto il più possibile. Un rapporto. Direi che al tempo avevo pensato che lo avrei usato come blocconote per il documentario che non ci sarebbe mai stato. Ora è soltanto una cronaca maledetta dei veri orrori che giacciono dietro le loro porte.

    E ne condividerò ogni parola:


    - 14 aprile 2014. Oggi è stato il primo giorno passato con Faith.

    - Poco dopo essere stata lasciata a me stessa dalla dottoressa Denise Waters, la raggiunsi nella stanza dei bambini. Passai i primi istanti seduta accanto a lei, in silenzio, osservandola mentre giocava con il suo Nintendo DS. Lo riconobbi subito, dal momento che ero una giocatrice appassionata. Era uno dei primi giochi a cui avevo giocato sul DS. Era Kirby Super Star Ultra e devo dire che era arrivata abbastanza lontano, per una ragazzina della sua età. Stava già affrontando le boss battle consecutive nel livello chiamato “L’Arena Finale”. Per completare quel livello in questione ci misi una vita.

    - Dopo aver visto la sua sconfitta contro il boss Wham Bam Rock, finalmente si rivolse a me e, fredda come una pietra, mi disse: “Non mi piaci.” Le chiesi perché. “Sei qui per rimpiazzare la signorina Annabelle. A me piaceva la signorina Annabelle.”

    - In quel momento avevo sentito quel nome un paio di volte. La mia curiosità si impennò. “Chi è la signorina Annabelle? Cosa le è successo?”
    - Faith chiuse il suo DS e si girò quasi malinconicamente. “La scorsa notte gli è venuta fame. Lei lo ha nutrito.”

    - Non ero esattamente sicura di cosa intendesse con ciò. Forse quando la signorina Annabelle è andata in ferie, aveva detto a Faith che un suo cucciolo aveva bisogno di essere nutrito. Optai per quella teoria, considerando il fatto che non ero riuscita a ottenere altro da lei.

    - Faith è una tipica paziente affetta da schizofrenia. Fortunatamente ho portato il mio computer per condurre delle ricerche quando possibile. Non riuscendo a dormire la scorsa notte, ho cercato su Google la schizofrenia per avere una breve panoramica. Come avevo notato, Faith non era esattamente la persona più concentrata con cui abbia passato del tempo. A volte, era come se non mi stesse neppure parlando. Era abbastanza spastica e cambiava di continuo argomento su cose a caso, che il più delle volte avevano a che fare con quel gioco. Ero grata di sapere ciò di cui stesse parlando; sono sicura che chiunque altro di questo istituto che sia riuscito a parlarle non poteva seguire una conversazione sul ruolo gerarchico di King Dedede o sulle basi fondanti della Mecharagosta. È una bambina intelligente, considerando il suo stato mentale.

    - Iniziai a piacerle di più dopo che iniziarono quelle conversazioni sul gioco. All’inizio, era fissata su un’unica cosa: farmelo giocare. Mantenni le mie posizioni e rifiutai sempre. Non avevo molta familiarità con i casi di schizofrenia e avevo paura delle conseguenze che avrebbero potuto esserci se avessi tenuto il DS troppo a lungo. Forse si sarebbe scordata di avermelo prestato e mi avrebbe attaccato per riaverlo. Certamente non era troppo contenta dell’infermiera che glielo aveva preso l’altro giorno. Non avrei preso un rischio con una bambina che a malapena conoscevo. Era stata insistente, ma una volta saputo che conoscevo un po’ il gioco, le sue suppliche di certo non sparirono.

    - Anche se aveva giocato al grosso del gioco, mi chiedeva spesso consigli su come andare più avanti. Il suo intero mondo era affisso su quel gioco. Sembrava che fosse l’unica cosa che dava significato alla sua vita, connettendola a chi le stava intorno. Gli altri bambini erano affascinati da quel piccolo dispositivo, che l’aveva resa una celebrità locale. Capisco perché le fosse così caro.

    - Una volta acquisita confidenza l’una con l’altra, iniziammo a fare di più insieme. Giocare semplicemente a passaggi con una pallina è stato intrattenente per lei: sorprendente in qualche modo, considerando il genere di stimoli che riceve dal gioco. Suppongo che non desiderasse il gioco in sé, ma la compagnia. Forse questo è ciò che intendeva la dottoressa Waters quando disse che avrei potuto aiutarla. Essere una regista implica avere una mente aperta, essere persistenti e lavorare duramente, con pochi pregiudizi dietro. Forse ha fatto la scelta giusta chiamandomi. Il resto della giornata passò svolgendo attività casuali, e presto si scordò perfino di menzionare il gioco.

    - Me la presi con calma, fino alla fine. All’imbrunire, Faith era perfino triste nel vedermi andare via. Non scoprii molto su di lei, ma almeno adesso ha più confidenza con me. Non è chi pensavo che fosse. A differenza degli altri pazienti, è umana. Ha la testa apposto. Per ogni secondo che passo con lei mi sembra sempre più… umana. Sa cosa succede. Non è pazza come dicono. È una bambina, come tante che ho visto. Qualcosa qui sembra fuori posto… e voglio andare in fondo a tutto questo.
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    CITAZIONE
    rosso alla parete

    sulla*

    Interessante. Più che altro, mi incuriosisce la presenza della microcriminalità e dei quartieri ghetto, anche se, con quei livelli di avanzamento tecnologico, non dovrebbero esserci. Mi sa tanto di Akira, dove i criminali avevano accesso alla tecnologia e dove i fondi governativi erano tutti stati allocati al progetto Akira (indi per cui il governo non poteva occuparsi granché dei poveri).
    Vediamo come si evolverà, finora non sembra scritta male. :o:
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    CITAZIONE (Stefy983 @ 31/7/2023, 23:23) 
    Allora, cercherò di essere breve non essendo il più portato a correzioni dettagliate.

    La storia sembra scritta in fretta, i dialoghi sono come forzati e situazioni irrealistiche, la cosa più reale che ho letto è stato solo il padre che chiedeva al figlio che pensava della morte ma pure quel dialogo poteva essere introdotto meglio. Hai come cercato di dare un senso di inquietudine e ansia, ma dovevi puntare a un senso di debolezza, il tempo che logora e un effetto quasi nostalgico per ciò che presto non ci sarà più.

    Queste cose le hai anche inserite nel racconto, ma sono così brevi da essere praticamente inesistenti o hanno il problema che ho menzionato prima. Io so bene cosa si prova a perdere un caro per colpa di un tumore a tenera età. Se desideri un parere più dettagliato specificami su cosa e te lo dico

    In linea di massima concordo con te. La storia non è scritta male, tuttavia trovo che le reazioni dei personaggi siano un po' troppo stoiche, ad esempio nel momento della diagnosi del tumore e nel momento della morte del padre. Io ho un'amica che ha sperimentato la morte di un suo caro e che ne ha sofferto tanto (ne soffre pure oggi), sebbene ciò le sia avvenuto più recentemente (un paio di anni fa). Potrei interpellarla, in caso se la sentisse. :o:
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    Ho sfidato il mio migliore amico a rovinarmi la vita - Ci sta riuscendo



    Autore: Zandsand90
    Traduttori: Stefy983 (prima parte); Sixtyten (prima e seconda parte); & ./WDR (dalla terza all'ottava parte)



    Conclusa



    Due ragazzi, Zander e David, si stavano annoiando a casa di quest'ultimo; per ravvivare un po' le loro vite, David propose a Zander un gioco in cui avrebbero dovuto cercare di rovinarsi le loro rispettive vite. I due, tuttavia, finiscono per allontanarsi l'uno dall'altro e Zander si dimentica della scommessa, ma, dopo qualche anno, i suoi conti corrente vengono hackerati e si trova vittima di una serie di sventure, prima tra tutte il rapimento della sua fidanzata...

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    <- Parte 7

    Beh… sono tornato. Salve a tutti. Sono vivo.

    Io… allora… inizierò semplicemente a raccontarvi quello che è successo. Inizio a tremare solamente a pensare di scrivere tutto, ma devo terminare tutto ciò.

    Dopo aver postato l’ultimo aggiornamento, era tempo di andare. Mi ero preparato per questo momento per così tanto che era difficile pensare che avessi appena premuto invio. Non potevo leggere e commentare a tutti sotto la parte 7. Scusatemi. Dovevo vedere la reazione di David.

    Misi il telefono in tasca e guardai David dalla strada. Stava cenando, come avevo detto nel post. Il suo telefono aveva chiaramente vibrato, perché alzò la testa e lo prese dal tavolo. Avevo visto il suo telefono vibrare quando postavo prima, quindi sapevo che avesse attivato le notifiche.

    Vidi i suoi occhi che perlustravano il post con attenzione. Poi, i suoi occhi, lentamente, si sbarrarono. Sapevo quando aveva raggiunto la mia parte preferita, perché mosse lo sguardo e si guardò intorno nel ristorante. Avvolse il panino e uscì rapidamente, con gli occhi che setacciavano la strada mentre lanciava sguardi al cellulare per continuare a leggere.

    Fu una scena davvero soddisfacente. Mi fa sorridere solo pensarci.

    Non l’ho seguito a casa. Ho atteso l’email immancabile.

    Volete sapere perché David fosse così spaventato del rilascio delle informazioni? Lo era perché Internet era il suo rifugio sicuro. Era potente lì. Quando avemmo la discussione sull’obbligo, e per tanto tempo dopo, ero io l’analfabeta digitale e lui dominava in quel campo. E ora ero riuscito a raggiungerlo nel suo posto protetto. In precedenza, ero debole ed ero un bersaglio facile per i suoi giochi. Ora che avevo reagito seriamente e lo avevo minacciato, era preoccupato.

    La mail arrivò mentre lo vedevo ancora andare via.

    “Ciao Zander. Bravo, ma non ci incontreremo all’aperto” scrisse.

    A essere sinceri, scrissi online Welles Park perché sapevo che avrebbe voluto cambiare il luogo se fosse stato un luogo pubblico e non volevo rilasciare il vero indirizzo online. Non volevo che nessuno si imbucasse alla festa per farsi male. Scusate per la bugia. Da qui alla fine del post mi scuserò tante volte per aver mentito.

    Gli dissi che gli avrei mandato via mail il nuovo indirizzo un quarto d’ora prima di incontrarci. Non rispose. Non volevo che ricevesse troppo presto l’indirizzo e che venisse a mettere delle trappole. Avrebbe dovuto proporre un suo posto, ma non lo fece.

    Mi alzai. Era ora di andare al magazzino e aspettare.

    Il posto che avevo scelto era un magazzino di qualche sorta. Non mi importava per cosa fosse stato usato, solo che fosse abbandonato e incustodito. Se David avesse provato a fare qualche sciocchezza, cosa che pensavo sarebbe successa, non volevo altre vittime innocenti in mezzo ai piedi.

    Presi un Uber verso una zona di periferia a qualche isolato di distanza. Quando il taxi se ne andò, entrai nel magazzino.

    Quando ero arrivato, erano già quasi le 21. Non era ancora del tutto buio, ma quasi. Camminai attorno al perimetro del magazzino, cercando qualche segnale che indicasse che David mi avesse preceduto. Non ce n’era alcuno visibile.

    Mi avvicinai ad una porta laterale e presi una chiave dalla tasca. Aprii le catene della maniglia e le lasciai dentro la porta mentre entrai.

    Il panorama sonoro passò da quello di una serata tranquilla di città a quello di una tomba.

    La fabbrica aveva un unico piano che occupava uno spazio grande e aperto. In alto, delle passerelle costeggiavano le travi che conducevano dall’ufficio responsabile del magazzino, che era un cubo di metallo sospeso ad un’estremità dell’edificio.

    Gli spazi vuoti erano interrotti da dei ponteggi del personale abbandonati. Casse e bancali erano sparpagliati qua e là, creando dei nascondigli. Ero venuto in precedenza e li avevo sistemati strategicamente in caso fosse partita una sparatoria.

    È anche il motivo per cui avevo messo delle catene su ogni porta. C’erano quattro entrate nel magazzino, non includendo la finestra vicino il soffitto. Le avevo tutte legate con le catene, ad eccezione di quella attraverso cui sono entrato. Era il mio imbuto. Se siete mai andati a caccia dal vivo, sapete di cosa parlo.

    Non c’era nient’altro da fare se non aspettare. Gli mandai l’indirizzo alle 21:45.

    Un rumore dalla porta principale mi segnalò che era arrivato. Era venuto con mezzora di ritardo, il che era un tentativo per turbarmi. La porta sobbalzò ripetutamente, ma le catene la tennero chiusa. Era buio in quel momento. L’unica luce veniva dalle finestre dai lampioni in stile industriale da fuori.

    “Come dovrei incontrarti se non mi fai entrare?” chiese David fuori. I capelli dietro il collo mi si rizzarono, nonostante tutti i preparativi. Era giunto il momento.

    David aveva provato con tutte e tre le porte. Aveva saltato l’unica ad essere aperta, finché dovette passarci. Sapeva cosa fosse un imbuto, ma non aveva scelta. Le finestre erano troppo alte e lo avrebbero portato a cadere pesantemente una volta entrato.

    La porta laterale si aprì silenziosamente e quello stronzo di David King entrò. Rimasi dov’ero, dietro una cassa di legno riempita di bancali. Non volevo essere un bersaglio facile se fosse entrato sparando.

    Un lento applauso riecheggiò nella stanza.

    “Ben fatto” cantilenò David. Sbirciai tra i bancali e vidi la porta dietro di David chiusa. Era da solo.

    “Lei dov’è?” dissi a voce abbastanza alta da essere sentito.

    “Sono davvero impressionato da te, Zander. Davvero inaspettato.” Prese il cellulare dalla tasca, illuminando il muro dietro di lui. Iniziò a leggere.

    “Fottiti, David.” “Hashtag, David King Fottiti.” “Zander, sei un bastardo geniale.” “Vai a prenderti la ragazza!” “Stiamo venendo a prenderti, David.” Migliaia di questi commenti, quasi tutti a dire la stessa cosa! Come ci si sente ad avere persone che tifano per te? Ti senti più attrezzato ad affrontarmi ora?”

    “Dove. È. Lei?” dissi scandendo le parole.

    David diede un colpo alla porta dietro di lui e si aprì, e Katie entrò. La sua faccia era rossa e grondante di lacrime. Dello scotch era stato avvolto più volte attorno alla sua testa, coprendole la bocca. I suoi polsi erano stati avvolti in maniera simile. Anche una fascia di nastro adesivo teneva legate le sue ginocchia, ma aveva abbastanza spazio da poter fare piccoli passi. Un braccio magro era avvolto attorno al suo collo, e un uomo alto e biondo dai capelli molto arricciati la condusse nella stanza.

    “Avevo detto di non far entrare il tuo socio!” urlai. Rimbombò.

    “Se non lo vuoi qui, allora vieni a ucciderlo” ribatté David.

    Non risposi. Porca puttana.

    “Allora, Zander, come ti piacerebbe procedere? Stai conducendo tu l’orchestra” disse David, osservando il magazzino.

    “Manda avanti Katie e vattene.”

    “Mi dispiace, ma non ho garanzia che non rilascerai lo stesso tutte quelle informazioni. Vieni qui e parleremo delle mie condizioni.”

    “Col cazzo che lo farò.”

    David lanciò un’occhiata al compagno, che usò il braccio libero per dare un pugno al fianco di Katie. Urlò quanto più possibile dal nastro adesivo e vacillò, ma l’uomo biondo la resse dal collo.

    “Possiamo farlo tutta la notte” disse David sogghignando.

    Mi alzai. Il mio nascondiglio era alla sinistra di David, quindi percorsi un semicerchio fino a quando non fui direttamente nel campo visivo di David.

    “Avvicinati” disse sorridendo.

    Camminai avanti finché non distavamo pochi metri.

    “Guarda come sei cambiato” ghignò. “Ti stanno bene i capelli. Li dovresti sempre tingere più scuri. Quanto sei imperturbabile ora! Sicuro! Essere un fuggitivo ti ha cambiato! Direi che tutto ciò che dovevamo fare per aumentare il minimo impegno richiesto era andare in fuga, eh? Allora magari avremmo potuto evitare questo intero casino. Però, di nuovo, è stato tutto così divertente.”

    “Finiamola” brontolai.

    “Quanto sei aggressivo” David commentò. “Qual è la tua prima condizione?”

    “Lui se ne va” dissi, indicando l’uomo biondo.

    “Ok” rispose David facendo spallucce. Prima che potessi capire cosa stava succedendo, estrasse una rivoltella dalla tasca del giubbotto e sparò in testa all’uomo biondo. Collassò, trascinando con sé Katie. Ella lanciò un urlo soffocato e si liberò dal suo corpo, trascinandosi indietro per il pavimento. Si appoggiò al muro e rimase lì, con gli occhi sbarrati.

    David guardò il cadavere in basso, prima di girare la testa su di me.

    “Tocca a me.”

    Gesù Cristo. Finalmente avevo capito quanto mi fossi montato la testa. Potevo capire David King, ma non potevo mai raggiungere la sua follia. Potevo morire quella notte, nonostante le regole di David.

    “Mostrami le informazioni” disse. “È la mia prima condizione. Voglio sapere esattamente cosa rilascerai, così da sapere se è valsa l’unica moneta di scambio che avevo.”

    Provai a nascondere le mie mani tremolanti mentre prendevo il cellulare. Andai nelle bozze della mail di un account fasullo, dove avevo salvato una copia, e gliela inoltrai.

    “Te l’ho mandata” dissi. David sorrise rassicurato.

    Veloce come una lucertola, si voltò di scatto e afferrò Katie da terra. Quando la fece alzare lei urlò, e la tenne stretta davanti a sé.

    Estrassi la pistola Ruger SR45 dalla fondina nascosta che indossavo e provai a prendere la mira. Era troppo veloce e mi aveva colto di sorpresa, quindi lei si trovò davanti a lui prima che potessi mirargli.

    “Quindi hai portato una pistola, dopotutto” disse rilassato. “Non avevo letto questa cosa nei tuoi post. Rilassati, sto solo facendo in modo di poter leggere in pace.

    Puntò la pistola alla sua testa con una mano e accese il telefono con l’altra. La mia mente correva, cercando di capire cosa fare. David aveva messo in piedi una negoziazione operativa che io stesso avevo organizzato e aveva preso il sopravvento.

    Si prese tempo leggendo la mole di informazioni. La sua espressione oscillò ripetutamente tra un senso di sorpresa e un sorrisetto.

    “Bene” disse, togliendo il cellulare e avvolgendo il suo braccio libero attorno al collo di Katie. “Non avevo idea di essere stato tanto imprudente.” Sembrava tutto fuorché imprudente.

    Katie sussultò, quando all’improvviso le strinse ancor più forte il collo e spinse la canna contro la sua tempia.

    “Spostiamoci in qualche luogo più… piccolo” disse, guardando l’ufficio responsabile. “Non voglio che tu scappi via quando le cose si faranno dure. Va’ per primo, Zandsand” disse, facendo cenno col capo alle scale alla sua destra.

    La porta da cui era entrato aveva delle scale antincendio a destra che portavano all’ufficio responsabile. Andavano verso la parete posteriore, per poi girare a sinistra verso il lato dell’ufficio. Altre scale avrebbero dovuto essere nell’altro lato, rispecchiando queste, ma erano state smontate ed erano ammucchiate.

    Continuai a fissare David mentre andavo per le scale. Tenni la pistola puntata su di lui, e lui tenne la canna puntata alla tempia di Katie. Katie mi stava guardando e singhiozzando.

    Quando raggiunsi le scale, salii lentamente. David mi seguii non appena ero a metà strada.

    Aprii la porta di metallo dell’ufficio ed entrai. Gli unici arredi nella stanza erano due tavoli di legno pesanti. Il resto dell’ufficio era vuoto. Una finestra stretta dava verso il pavimento del magazzino.

    David spinse Katie nella stanza con il braccio ancora stretto sul suo collo e chiuse la porta dietro. Lo seguii con la pistola, appoggiato al muro opposto dove c’era la seconda porta che conduceva all’ufficio. La stanza era abbastanza grande da farci stare a pochi metri di distanza l’uno dall’altro.

    “Ora non devo preoccuparmi che tu scapperai nel magazzino buio. Per quanto giocare a nascondino sia divertente, non ho tempo.”

    “Vedi, quando ho trovato i tuoi messaggi, pensavo di essermi imbattuto in qualche… racconto terapeutico che avevi messo in piedi, ma si è rivelato molto migliore. Mi hai davvero sorpreso. Sei cresciuto e sei cambiato, per provare a battermi” disse David sorridendo.

    “Ma non sei cambiato abbastanza. Lo vedo dalla faccia e dalle mani che tremano. Sei ancora tu, Zander. Hai cambiato il tuo aspetto fisico, ma dentro di te hai le stesse motivazioni e le stesse debolezze.”

    Strinse di nuovo la presa su Katie.

    “Lo so che la tua successiva condizione è lasciare andare Katie, quindi salterò il tuo turno. So che preferiresti che lei rimanga sotto la mia custodia che venire ammazzata, quindi ti suggerisco di posare la pistola.”

    Non mi tirai indietro. Volevo sparare, ma non volevo rischiare che lui si rivelasse più veloce di me. Avevo fiducia nella mia mira, ma non nella velocità.”

    “Mettila giù” ripeté. Rimasi fermo.

    In un attimo, la pistola lasciò la sua tempia, sparò un proiettile per terra e tornò puntata alla sua testa. Lei singhiozzò, il calore della canna sulla sua pelle doveva averle fatto male.

    “NON STO SCHERZANDO, ZANDER!” David urlò.

    Lentamente, poggiai per terra la pistola e la mandai verso di lui con un calcio.

    “Scelta saggia” disse rilassatamente. “Hai capito perché sei qui?”

    Il mio volto gli rispose. Che cosa voleva dire? Certo che lo sapevo!

    “Pensi di essere qui a salvare Katie, ma non è così. Lei è sparita per un anno e ti sei solo costruito dei ricordi di lei. La Katie che conoscevi è morta. Ma nemmeno quella Katie è la ragione per cui sei qui. No, è da tanto che hai mollato un lieto fine con Katie. Non è la missione dell’ eroe per salvare la principessa. Questa è una vendetta contro il drago.”

    Digrignai i denti. Mi rifiutavo di ammettere che avesse ragione.

    “Tutto ciò non è per salvarla, è per essere più furbo di me. Tenere Katie sana e salva è solo una conseguenza” disse David, con un sorriso sempre più largo.

    “Quindi, in questo senso, io e te siamo uguali al momento. È tutta una questione di sopraffare l’altro. Dal vivere la tua vita, sei passato a doverti difendere e a proteggere i tuoi cari, e ora sei giunto al punto in cui ti ho sempre voluto: provare a distruggermi. Ti ci sono voluti un paio di anni, ma ce l’hai fatta. Almeno, quasi del tutto.”


    “Anche se Katie non è la ragione per cui sei qui, è ancora una debolezza. Direi che anche le altre persone che fanno parte della tua vita lo siano. Hai ancora dei punti deboli che ti legano. Io ho imparato a liberarmi dei miei.”

    “Come tua madre?” sbuffai.

    “Era un peso” rispose freddamente. “Non era niente di personale.”

    “Sei un malato del cazzo” dissi.

    La porta dietro di David si aprì silenziosamente. Avevo lubrificato quei cardini per ore, facendo sì che non producessero alcun rumore.

    “Diventerò ancora più malato” rispose.

    Non appena stava per premere il grilletto, fu afferrato da dietro. Cercò di usare entrambe le braccia per riprendersi e Katie gli scivolò via dalle mani. La pistola cadde, ma il proiettile colpì il muro.

    Katie rotolò via da David.

    David aveva iniziato ad alzarsi, ma l’aggressore era stato più veloce. David, in ginocchio, guardò l’avversario.

    “Ti ricordi di me, PEZZO DI MERDA?!” lo sbeffeggiò Clark, per poi tirare un pugno in basso di lato alla testa di David.
    David cadde a terra, ma era ancora cosciente. Afferrò le gambe di Clark e lo buttò a terra.

    Corsi e allontanai Katie dalla mischia. La portai fuori dalla porta, la feci alzare e tagliai il nastro sulle sue mani col mio coltellino. Non c’era tempo per toglierle lo scotch dalla testa. Aveva gli occhi spalancati.

    “Scappa!” sibilai. “Vai fuori! La polizia arriverà presto qui!” Tornai indietro per aiutare Clark. Non era stato un ricongiungimento romantico e ok, ma c’era ancora uno psicopatico lì dentro.

    David e Clark si stavano azzuffando per terra, tirandosi pugni e afferrandosi l’un l’altro. David era più grosso e gli aveva sferrato un paio di colpi pesanti. Mi guardai dietro le spalle, per assicurarmi che Katie stesse scendendo.

    Mi tuffai dentro, puntando alla mia pistola che era giusto di lato ai due che si stavano picchiando.

    David mi vide e mi colpì le gambe come un tentacolo uscito fuori dall’oceano. Inciampai e con la caduta mandai la pistola in un angolo. Vidi che David si era rialzato e si era diretto verso la sua pistola.

    Mi dimenai per terra e tirai un calcio. Le punte dei piedi a malapena toccarono la pistola e la fecero rotolare per la stanza.

    C’erano due pistole nella stanza, posizionate su lati opposti. Noi eravamo in due e lui era solo.

    Clark rotolò giù dal tavolo e saltò su David mentre si dirigeva verso la pistola. Entrambi finirono contro il muro. Strisciai verso la mia pistola, che distava solo pochi metri. Ci fu un altro fracasso dietro di me.

    Avvolsi i pollici attorno la pistola e mi girai per terra, puntandola verso la loro direzione. Mi girai giusto in tempo per vedere che David aveva sparato a Clark.

    Non ci fu alcuna esitazione quando premetti il grilletto. Gli colpii la gamba. Si girò per guardarmi.

    Sparai ancora.

    E ancora.

    E ancora.

    E ancora.

    Anche dopo che era caduto indietro sul muro ed era scivolato, continuai a sparare solo per essere sicuro. Solo per essere sicuro che lo stronzo non si sarebbe più alzato.

    La pistola fece un suono per avvertirmi che avevo svuotato il caricatore. Dieci colpi, e ognuno di loro aveva colpito quello stronzo di David King.

    Tirai un sospiro e buttai la pistola, lasciando che la testa si appoggiasse a terra. Il cuore mi batteva. Il mio intero corpo era scosso. Ma non potevo ancora riposare.

    Tremante, mi alzai in piedi e barcollai verso Clark. Era accasciato al muro, stringendo la gamba sinistra. Il sangue trasudava dalle dita.

    “Diamine, mi ha sparato” disse, chiaramente scioccato. Fu allora che si sentirono le sirene della polizia.

    “Vai via da qua” mi disse.

    “No, voglio…”

    “Me la caverò! La polizia sarà qui da un momento all’altro per aiutarmi, basta che scappi! Torna a fuggire! Ti contatterò quando non ci sarà pericolo” urlò Clark. “Vattene! Non lascerò che ti arrestino di nuovo prima che non avranno capito cosa è successo!”

    Mi affrettai per la porta, rimettendo la Ruger nei pantaloni mentre procedevo.

    Mi bloccai alla porta.

    “Grazie” dissi guardando Clark.

    “Vattene!” urlò nuovamente.

    Corsi per le scale e andai alla porta più in fondo all’edificio. Sbloccai i lucchetti della porta e la aprii, sgattaiolando nella notte. Ero corso tante volte per quella strada, accertandomi che andasse abbastanza bene per una fuga in caso qualcosa fosse andato storto.

    Andai al mio vecchio nascondiglio e mi accovacciai per non farmi scoprire. Mandai un messaggio al server in cui c’era il mio script e misi la password per cancellare il rilascio delle informazioni. Non c’è mai stata una seconda persona, era un bluff. Non c’è alcuna ragione di rilasciarvi quelle informazioni visto che David è morto. Mi spiace, apprezzo davvero l’enorme supporto per rovinarlo, ma adesso non ha senso. Pensavo sarebbe sopravvissuto in seguito. La polizia lo riceverà in futuro come prova, però…

    Scrissi anche “Sono vivo” nel topic di Reddit per avvisare tutti che ero vivo. Poi, mi addormentai.

    Stamattina, stavo pensando di nuovo lucidamente e mi stavo sentendo meglio. Ho mangiato e bevuto tanto per reagire allo shock. Ho iniziato a pianificare dove andare in futuro. Non è sicuro rimanere qui più a lungo.

    Al telegiornale ancora non è stato detto nulla sull’accaduto, ma sono sicuro che prima o poi la storia si diffonderà. Sono rimasto tutto il giorno incollato all’applicazione della radio sul cellulare e la sto ascoltando perfino ora, sperando in un aggiornamento su Katie o su Clark.

    Grazie, Reddit. Mi avete aiutato a restare ottimista in questi ultimi giorni e a preparare questa trappola. È fatta. Ci sono così tante cose che ho fatto e a cui ho reagito in passato di cui mi pento. Avrei dovuto reagire più energicamente prima che si arrivasse a tutto ciò. Tuttavia ero troppo spaventato e non capivo davvero David, ma ora sì. Ora non conta, perché non c’è più.

    Da qui in poi, continuerò a essere latitante. Non ho intenzione di consegnarmi finché Hernandez non mi dirà che l’accusa sarà pronta a ritirare la denuncia.

    Hernandez sta facendo del suo meglio per limare le prove contro di me in tutte quelle accuse. La testimonianza di Clark su quanto avvenuto la scorsa notte dovrebbe contribuire a ridurre la credibilità delle dichiarazioni di David. In più, le GoPro che abbiamo installato in giro per il magazzino non faranno male. La confessione di David su sua madre è stata un punto bonus che non mi ero aspettato.

    Originariamente, volevamo chiudere David nell’ufficio per farlo trovare dalla polizia. Clark aveva chiamato prima di attaccare. Le circostanze hanno cambiato il piano.

    Alcuni di voi penseranno: “Beh, se David non ti avesse portato in ufficio?” Avevamo dei piani di riserva: non era la nostra unica opzione.
    In ogni caso, in tutti i nostri piani David sarebbe stato arrestato e non ucciso. È stata una scelta in extremis e non faceva parte di alcun piano. Non pensavo di essere pronto a uccidere finché non avevo puntato la pistola a David King.

    Non credo di aver metabolizzato del tutto il fatto di aver ucciso qualcuno… Non so come dovrei sentirmi, come dovrei agire o cosa dovrei pensare o… qualsiasi cosa. Mi sento come se stessi reagendo nel modo sbagliato…

    In ogni caso, c’è un’altra parte che aiuterà a persuadere il procuratore a ritirare le accuse. Avevo mentito prima, quando Hernandez era venuto a visitarmi in galera. Avevo detto che mi aveva confidato che non poteva parlare della morte di Isaac, ma me lo aveva rivelato lo stesso. Sul computer di Isaac avevano trovato un file video del giorno in cui era morto.

    Si stava registrando su YouTube mentre giocava e si era sentito un fracasso di posate in sottofondo. Isaac non aveva messo in pausa la registrazione e aveva lasciato la stanza per investigare.

    David era venuto all’improvviso in camera, sbattendo Isaac sullo scaffale. Aveva chiuso la porta e in pochi secondi si era lanciato su di lui. L’aggressione era durata pochi minuti. David era uscito fuori, lasciando la porta aperta.

    Dalla fotocamera si vedeva che lui tornava in camera con il mio cuscino. Lo aveva stretto sul corpo di Isaac e lo colpì ripetutamente. Tutta la pelle morta del mio cuscino era caduta sul corpo di Isaac. Avevano rinvenuto quelle tracce sul suo corpo, ma il video aveva provato che non ero stato io a ucciderlo.

    David era uscito e aveva chiuso la porta dietro di lui. Aveva commesso uno sbaglio e non aveva visto cosa c’era nel computer. Aveva solo visto il gioco.

    Hernandez e io siamo stati in contatto mentre io ero in fuga. Avevo mentito pure su quello. Quando lo avevo contattato per la prima volta, iniziò a piangere per il telefono, chiedendo di continuo scusa. Mi disse che sapeva che se fossi rimasto in galera, avrei perso, perlomeno, molto tempo della mia vita mentre il processo sarebbe andato avanti, anche se David fosse stato accusato in seguito con più prove venute fuori.

    Aveva accettato l’accordo di David e aveva chiesto che mi fosse data la metà dei 15.000 dollari che aveva ricevuto. David, come sapete, mi diede solo 2.000 dollari, ma Hernandez aveva sperato che mi avrebbe aiutato a tenere un basso profilo e a sfuggire fino a quando non avrebbe potuto rispondere efficacemente alle prove. Abbiamo piena intenzione di riportare la mazzetta alla polizia.

    Mi ha detto che dopo la fuga dalla macchina, la polizia era molto sospettosa sulle circostanze della fuga. C’erano troppi buchi nella storia ed Hernandez aveva fatto in modo di riportare ognuno di essi al capo. Anche molti di voi li hanno fatti notare. La vernice che cadeva dal furgone, sbarre che separavano il sedile frontale da quello anteriore, il GPS nel furgone che tracciava la posizione, il punto dello schianto in relazione al tempo in cui David suonò l’allarme, ecc.

    David, chiaramente, voleva disperatamente farmi uscire dal carcere; per fare ciò, ha rischiato, corrompendo un ufficiale, e ha lasciato molte parti del piano all’improvvisazione. David non voleva far terminare ancora il gioco. Se fossi finito in galera, sarebbe tutto finito. Tuttavia c’erano ancora tanti modi con cui poteva rovinarmi la vita.

    La sua urgenza nell’agire rapidamente lo ha portato a commettere errori.

    Hernandez, quando era venuto a visitarmi, mi aveva anche detto che Jackson si era consegnato. Era tornato a casa un paio di giorni dopo che ero stato arrestato, ed era stato chiamato a testimoniare. Aveva prove e testimonianze che era stato con la famiglia per un paio di giorni.

    Quando gli fu chiesto dell’effrazione e del furto, raccontò la storia.

    David aveva bussato alla porta proprio quando Jackson aveva finito di fare le valigie per andare in vacanza. Disse a Jackson che era un mio amico e che mi stava aiutando con i bagagli. Jackson lo fece entrare e finì di fare le valigie.

    Stava uscendo dalla porta con i bagagli, quando David gli chiese se volesse aiutarlo a portare fuori la TV. Jackson gli disse di sì e la portò fuori con David. Poi prese i bagagli e se ne andò, chiedendo a David di chiudere a chiave quando avrebbe finito.

    Fu allora che iniziò a rubarci tutto e a distruggerci la casa. Fu anche allora che Isaac uscì fuori e fu ucciso. Risolse il dilemma del perché la porta fosse chiusa e non rotta quando Clark trovò l’appartamento spoglio.

    Ci sono ancora delle domande a cui non ho risposte. Non siamo stati in grado di scoprire cosa abbia fatto con tutte le cose che ci ha rubato. Neanche sappiamo chi fosse il suo socio. Hernandez dovrebbe saperlo in un paio di giorni per poi dirmelo.

    Neanche so come il keylogger sia finito sul computer, o quando l’app per tracciarmi fu installata sul cellulare, o come David riuscì a fornire alle compagnie delle carte di credito il codice fiscale, il numero della patente e tutte le altre informazioni precise. Lo stesso vale per la truffa fatta ai danni dei miei genitori.

    Non posso fare a meno di pensare se David sia stato in casa nostra prima dell’effrazione e abbia fatto tutte quelle cose.

    Per quanto riguarda Clark, la sua uscita deplorevole fu una costruzione per disorientare David. Fu mia l’idea di farlo sparire dalla mia vita e farlo smettere di essere un bersaglio. Era sia un modo per proteggerlo dalla furia di David, sia per permettergli di supportarmi dietro le quinte. Sua madre era venuta a pagare la cauzione, ma fu molto comprensiva della situazione e preoccupata, come tutte le madri.

    Quando scrissi a Clark e gli dissi il mio piano di postare questa serie, venne immediatamente ad aiutarmi e senza di lui sarei rimasto a guardare David e ad aspettare un buon momento per contrattaccare.

    Fu sua l’idea di piantare le informazioni sulle sue credenziali bancarie in pezzettini di carta per la città. Fu buttata lì come uno scherzo e come un modo per sapere se stesse leggendo la serie. Volevamo sapere se David sarebbe andato a cercarle. Non accadde, ma ciò fu dovuto al fatto che probabilmente stesse ancora in fuga.

    Il processo di Clark non è andato così bene. È ancora incriminato del reato di aver spruzzato la vecchia casa di David. Fu chiamato un esperto ad analizzare le fotografie e le identificò come autentiche e immacolate. O David ha avuto qualcuno con sé che ha fatto un grande lavoro di Photoshop, o ha scattato le foto da angoli che mi hanno tagliato fuori in modo naturale. Stiamo ancora cercando di capire come risolvere questo problema.

    Per quanto riguarda Katie, devo ancora vederla, a parte quei brevi momenti in cui stavo affrontando David. Sono passati solo pochi giorni per voi tutti nel corso della serie, ma per noi altri, è stata via per un anno. Non ho idea di cosa David o il suo socio le abbiano fatto durante questo tempo. Non so neanche quando potrò rivederla visto che sarò in fuga fino a quando le accuse non cadranno. Se ciò accadrà, ovviamente.

    Ho paura di vederla. So che è stato David a rapirla, ma mi sento responsabile. Mi chiedo se mi stia incolpando. Mi chiedo se mi odii. Magari un giorno lo saprò.

    Ciò che David mi ha detto mi ha sconvolto. Oggi ho passato tanto a pensarci. Mi ha detto che ero lì per lui e non per Katie. Che stavo andando dietro al drago e non alla principessa. Ho capito che aveva ragione. Ho letto un po’ dei vostri commenti e concordo: non ho scritto granché su Katie nel corso della serie. Se avesse riguardato lei, avrei scritto di più.

    Il fatto che io l’abbia lasciata per tornare dentro e combattere dice molto sul perché io abbia preparato questa trappola.

    David aveva ragione. Non riguardava Katie. Era una conseguenza. Pensarci mi fa sentire colpevole e sporco dentro. Magari sarebbe meglio se non la rivedessi più. È probabile che non voglia rivedermi.

    Katie, se leggerai mai tutto ciò, se ce la farai mai, ti chiedo scusa. Davvero.

    Di nuovo, grazie, Reddit. Mi avete aiutato davvero tanto col vostro supporto, con i vostri incoraggiamenti e con il vostro aiuto inconsapevole a preparare questa trappola per David. Non ce l’avrei fatta senza di voi.

    Gli ultimi due anni sono stati un inferno, ma è finita.

    Abbiamo distrutto quello stronzo di David King.



    Edited by & . - 31/7/2023, 15:30
  8. .
    CITAZIONE (LoneDev @ 26/7/2023, 11:34) 
    www.youtube.com/watch?v=c6YmkXJ-bkA

    Ebbene sì, ho finalmente ripreso in mano il progetto della versione mai rilasciata di ToyMaker.
    Verrà a breve rilasciato sulla nuova pagina di Steam del gioco.
    Spero che possa suscitare in voi emozioni e ricordarvi la vostra infanzia passata su questo thread.

    Grande! Avrei un paio di domande:
    - ci saranno anche le vecchie parti del gioco?
    - il gameplay sarà lo stesso della prima versione (entrare nel gioco vero e proprio dalle opzioni, i crash nella stanza delle bambole, ecc)?
    - il gioco quanto costerà? Sarà "completo" (cioè pure con i livelli mai rilasciati)?

    Perdona l'interrogatorio, ma la notizia della pubblicazione mi ha abbastanza entusiasmato :o: mi sono rivenuti in mente i pomeriggi passati 2014-2015 a leggere tutta la discussione con la fifa di aprire le immagini :D
  9. .
    Probabilmente non lo leggerà nessuno, ma volevo sfogarmi un po'.

    Uno dei miei molteplici problemi è che mi sento (e sono) tremendamente solo. Non ho rapporti con i miei compaesani, principalmente perché abbiamo uno stile di vita diverso (ad esempio, non gradisco l'ubriacarsi di continuo il sabato sera, perlopiù per una questione salutare, e non mi è mai piaciuto il calcio per ragioni che richiederebbero aprire altre parentesi). Scambio dei messaggi e degli incontri ogni tanto con i miei (oramai ex) compagni del liceo, ma è poca roba.

    Non mi piace messaggiare a distanza, perché tendo a distrarmi e a fissarmi eccessivamente sulla chat (o, nel caso opposto, a non rispondere a causa dell'ansia) e perché poi non so come mandare avanti la conversazione, ma neanche mi piace uscire, perché senza avere cose da fare mi annoio.

    Al contempo, sono terrorizzato all'idea di chiedere di unirmi a qualche comitiva, o all'idea di chiedere di uscire a qualcuno/a che conosco poco.

    Nel primo caso, una delle mie paure è che tenderei a parlare solo con chi conosco e a parlare poco con gli altri. Mi avveniva sempre, ad esempio, quando andavo ai diciottesimi, o nelle giornate di open day della nostra scuola.

    Un'altra mia paura è quella di risultare fastidioso (altra cosa effettivamente avvenuta spesso, ma delle ragioni ne parlerò forse in futuro) e di venire conseguentemente ignorato, o di ritrovarmi a gestire silenzi imbarazzanti.

    A onor del vero, mi inquieta pure l'idea di chiedere di uscire a molti dei miei compagni, per la motivazione esposta alla fine del secondo paragrafo. A ciò bisogna pure aggiungere il fatto che, beh, non mi va di andare in discoteche et similia, né mi va di bere.

    Ogni volta che ci penso, subentrano rabbia, rivolta agli altri e al sottoscritto (per la mia inettitudine), e tristezza (come conseguenza della prima). Non so che fare.
  10. .
  11. .
    Mi ha ricordato un racconto di Fredric Brown che postai tempo fa. Quoto Girl Killer, a me è sembrata più una CP triste che una HS. Qualcuno dello staff dovrebbe spostarla in Drammatico.
  12. .
    Benvenuto! Spero ti troverai bene tra di noi. :)
  13. .
    Uhm... il racconto mi pare scritto abbastanza bene (a parte qualche virgola e qualche punto che mancano, assieme ad alcuni refusi ortografici come "nè" con l'accento acuto), però la storia non mi ha convinto. C'è questo demone, che si trasforma nel prete e ammazza coloro che vogliono rescindere il matrimonio. Non fa molta paura, tra l'altro il matrimonio è rescindibile se si va dalla Santa Sede. Personalmente, avrei reso Sarah ed Henry dei membri di qualche setta integralista cristiana e avrei fatto apparire il prete-demone non appena consumato un rapporto con una persona estranea alla loro unione.
  14. .
    CITAZIONE

    né*
    CITAZIONE
    città, è presente

    Ci andrebbe la virgola, sennò il periodo precedente resta senza verbo.
    CITAZIONE
    a se


    CITAZIONE
    mentre stava per prendere

    avevi usato il presente prima
    CITAZIONE
    occhi. il ragazzo

    Maiuscola dopo il punto.

    Cerca di mettere più virgole (ad esempio prima del ma), di non rendere troppo lunghi i periodi e, quando necessario, usa il punto e virgola o il punto. Ad esempio qui:
    CITAZIONE
    immobile, l'uomo con passi lenti che sembrano dover percorrere una distanza infinita si ritrova finalmente davanti al ragazzo

    Pare interessante. Dalle premesse pare quasi un Possessore.
  15. .
    <- Parte 5

    Ciao a tutti!

    Grazie di nuovo per il vostro supporto! Oggi sono andato da negozio a negozio per impedire di essere rintracciato, quindi oggi ho scritto di tanto in tanto a quanti utenti più possibile.

    Mi sono quasi imbattuto in David quando stavo per postare questo topic. Perdonatemi per essermi nascosto prima di aver ripreso il mio telefono e di aver finito di postare. Immagino di aver fatto in tempo, dopo tutto.

    Chiedo scusa per l’incidente di prima, con la parte 5 che era sparita. E’ stata colpa mia e i moderatori sono stati di grande aiuto nel riportarla su.

    Ho detto ad un po’ di voi che credo ci saranno una o due parti prima che avrò raggiunto il presente. Credo che dopo la parte 7 saremo del tutto ai giorni nostri. Il programma potrebbe cambiare, quindi in caso non arrabbiatevi. Volevo solo farvi vedere cosa aspettarvi.

    Inizieremo subito, come sempre.

    Mi trovavo in una cella vuota, cercando di fare un pisolino visto che ero stato sveglio tutta la notte. La mia mente stava correndo e mi stava rendendo difficile dormire. Continuavo a ripetermi quello che avrei dovuto dire, ma Hernandez finalmente venne a prendermi.

    Mi svuotarono le tasche dentro delle buste per le prove, presero le mie impronte e un poliziotto uscì a cercare la mia auto. Non ero stupido. Sapevo che le prove avrebbero portato la polizia a tre conclusioni.

    La prima, che ero stato a casa di David di recente. Dopotutto, i dati su quelle chiavette erano stati aggiornati solo il giorno prima. Anche quelli che non avevano la trascrizione riguardante il rapimento.

    La seconda, la pennetta che conteneva i messaggi tra David e il suo compagno potevano portarli a credere che avessi rapito Katie.

    La terza, che avevo rubato l’hard drive di David, così come informazioni mediche riservate.

    Continuai a cercare di immaginare la conversazione con Hernandez. Speravo che sarebbe venuta fuori allo stesso modo in cui stava procedendo nella mia testa.

    Fui svegliato da una leggera bussata sulle sbarre. Gli occhi mi si sbarrarono e vidi un uomo in giacca in piedi accompagnato da un ufficiale.

    “Salve, chiedo scusa per il disturbo” disse timidamente. “Il mio nome è Terry Jayson, il suo avvocato d’ufficio. E’ possibile parlare?”

    “Sì, certamente” dissi, alzandomi. L’ufficiale entrò e mi ammanettò. Fummo entrambi condotti nella stanza interrogatori dove avevo incontrato Hernandez per la prima volta.

    “Mi fido del fatto che spegnerete le telecamere” disse all’ufficiale. Il poliziotto annuì, mi tolse le manette e chiuse la porta.

    “Puoi chiamarmi Terry” disse, alzandosi per stringermi la mano. Eravamo seduti col tavolo frapposto tra di noi, uno di fronte all’altro. “Ho sentito un po’ sul tuo caso in un breve incontro con il commissario” disse, cacciando dei fascicoli da una busta.

    “Beh… è lungo” ammisi.

    “Così pare” rispose. “Dovrò scusarmi in anticipo. E’ probabile che dovrai ripetere la storia molte volte durante queste sedute. Per prevenire ciò il più possibile, tu e io staremo qui a scrivere la tua versione degli eventi. In questo modo, potrai fidarti delle tue dichiarazioni e assicurarti che ciò che dirai sia consistente e accurato. Va bene per te?” disse.

    Aveva senso, quindi annuii.

    “In primo luogo, ho qui un contratto da farti firmare che dice che sei d’accordo a farti rappresentare da me nel processo.” Spinse un foglio e una penna sul tavolo verso di me. Lo lessi in fretta e lo firmai in fondo. Se lo riprese.

    “Vorresti che io ti chiami Zander o Mr. Jones?” chiese sorridendo lievemente.

    “Va bene Zander” risposi.

    “Va bene Zander. Iniziamo a scrivere.”

    Terry mi stette pazientemente vicino mentre scrivevo ogni dettaglio che mi veniva in mente. Avevo iniziato con la conversazione sulla sfida con David e avevo proseguito fino al giorno d’oggi. All’inizio era una pagina con memorie e parole sparpagliate per rinfrescare la memoria, poi era diventato una deposizione che Terry mi aiutò a rendere compatta e basata sui fatti.

    “Quando verrai interrogato su ciò che ricordi o su ciò che ti è successo, usa questo documento” disse. Lavorammo un’ora e poi riprese la parola.

    “Ho un altro appuntamento, ma ho chiesto che tu possa continuare a lavorare nella tua cella. Ho fissato un incontro con il procuratore e con l’investigatore Hernandez domani a mezzogiorno. Pensi di riuscire a completarlo per allora?”

    “Sì, credo di sì” risposi.

    E così fu. Passai il resto della giornata a scrivere quella deposizione. Dormii sporadicamente, ma volevo disperatamente finirlo prima del mezzogiorno del giorno dopo. Erano successe così tante cose e avevo così tanto da dire.

    Ero abbastanza fiero dei risultati.

    A dire il vero, ero più fiero di quella deposizione che di questa. Quella aveva molti più ricordi freschi. Questa sembra un po’ confusa. La deposizione era coincisa e dritta al punto, ma forse è meglio che io abbia postato questa.

    Il giorno dopo, a mezzogiorno, ero di nuovo nella stanza dell’interrogatorio. Terry era seduto alla mia sinistra. Hernandez era appoggiato al muro, di fronte a me, con le braccia conserte. Non riuscivo a decifrare la sua espressione facciale.

    Dall’altro lato del tavolo era seduto un signore più vecchio, che si era presentato come il commissario Gunderson, il capo di Hernandez. Dietro di lui c’era un uomo alto e smilzo con capelli neri e pettinati all’indietro. Teneva le mani dietro la schiena e mi guardava intensamente.

    Il registratore tra di noi era acceso.

    “Sono appena stato aggiornato sui casi in cui lei è coinvolto” disse il commissario Gunderson in tono rude. “Sarei interessato a sentire tutto dalla sua prospettiva considerati i… recenti sviluppi.”

    “Mi ha arrestato solo per sentire la mia versione della storia?” dissi interrompendolo.

    “No, l’ho arrestata in quanto sospettato di aver bruciato la casa di Anne King e quindi di averla uccisa” disse il commissario. Hernandez mi ha detto che potrebbe essersi sentito giustificato a commettere ciò, alla luce di tutte le accuse rivolte a Mr. King. Quindi, mi piacerebbe sentire cosa è successo dall’inizio e udire la sua versione degli eventi.”

    “Chi è lui?” chiesi, indicando l’uomo smilzo.

    “Sono il procuratore, Adam Leuderman” rispose.

    “Oh, quindi sarai quello che cercherà di buttarmi in prigione” ironizzai. Terry mi mise una mano sulla gamba a mo’ di avvertimento.

    “Cercherò di stabilire la verità su quanto è successo” ribatté fissandomi.

    “Il mio cliente ha preparato una deposizione a cui intende affidarsi interamente” disse Terry, spingendo sul tavolo le copie delle diciassette pagine che avevo scritto a mano. Il commissario e il procuratore ne presero una. Hernandez si avvicinò e ne prese un’altra. Iniziò subito a leggere dal suo posto nell’angolo. Cercai di fare contatto visivo con lui, ma non mi guardò.

    “Possiamo iniziare oggi l’iter delle prove?” chiese Terry. “Mi serviranno copie di tutto, così come le copie dell’imputazione ufficiale.

    Ignorai Terry e mi concentrai su Hernandez. C’era qualcosa nel suo atteggiamento che attirò la mia attenzione. Non riuscivo a capire cosa fosse. Mi concentrai su di lui per tutto l’incontro, cercando di capire cosa mi stesse dicendo l’istinto.

    Parlarono di dettagli legali con Terry e confermarono l’iter delle prove tra le due parti.

    Un paio di giorni dopo, Terry era di nuovo con me nella stanza dell’interrogatorio e mi disse cosa aveva imparato dall’iter. L’iter delle prove è quando le due parti di un processo condividono gli elementi probatori così che non ci siano sorprese una volta andati a processo. Tutto ciò che non è stato portato nell’iter non è ammissibile in aula.

    Prima del processo, però, ci sarebbe stata l’udienza preliminare. Quello sarebbe stato il momento in cui delle accuse formali mi sarebbero state rivolte e avrei dovuto dichiararmi colpevole o non colpevole. Terry stava parlando con me dell’iter, quindi sarei stato preparato per cosa avrebbero detto durante l’udienza e decidere se mi sarei dichiarato colpevole o no.

    Questo è ciò che avevo appreso.

    Dopo essere stato arrestato, la polizia aveva perquisito la mia auto e aveva trovato l’hard drive, le pennette USB e la valutazione psichiatrica, e qualcos’altro di curioso. Una bombola di benzina mezza vuota. Quello stronzo ad un certo punto aveva messo una bomboletta senza che me ne accorgessi. Ero stato nella macchina tutta la notte, quindi, o David voleva bruciare la casa prima che andassi al Walmart, o l’aveva messa nei pochi minuti in cui ero stato nella stazione. Dissi a Terry che la bomboletta potrebbe essere stata messa lì da lui, e appuntò alcune note.

    La polizia aveva frugato tra i contenuti di tutte le chiavette e aveva scoperto le conversazioni tra David e il suo socio. Solo che, come previsto, avevano accusato me di aver scritto i messaggi e quindi avevano collegato il mio nome al rapimentp. Il file di testo non aveva mai indicato il nome di Katie, ma avevano asserito che il suo sequestro fosse lo scenario più probabile visto che ne ero a conoscenza, e quindi dovevo essere coinvolto.


    Nonostante questa prova, tuttavia, l’accusa non credeva che avrebbe potuto convincere una giuria senza più prove, quindi il rapimento di Katie non sarebbe stato usato contro di me come una prova formale, ma stavano comunque cercando le prove.

    Avevano anche provato a vedere i contenuti dell’hard drive di David, ma scoprirono che era criptato, come avevo visto io. Lo mandarono ad un laboratorio per farlo analizzare per poter recuperare qualsiasi file.

    Il referto medico fu considerato inammissibile perché apparteneva ad un individuo che non aveva acconsentito alla diffusione dei suoi contenuti. Da cittadino degli Stati Uniti, hai la possibilità di controllare chi possa guardare i tuoi referti. Rifiutarne l’uso in un’aula è un diritto in certe situazioni, inclusa questa. David aveva deciso di esercitare quel diritto e di negarne la visione.

    Come risultato, il procuratore poteva solamente incriminarmi per il possesso dei referti medici altrui senza permesso. Era un reato grave, apparentemente.

    Terry, inoltre, era stato informato che la faccenda del furto d’identità stava venendo inserita tra le accuse contro di me. I gestori delle carte di credito avevano fatto le loro indagini e mi avevano accusato di truffa. Perché avrebbero dovuto farlo? Perché “un’indagine tecnica sull’origine delle registrazioni delle carte false aveva fatto emergere che il segnalatore stesso, Zander Jones, aveva riempito e completato i moduli di registrazione dal suo stesso dispositivo elettronico.” In altre parole, avevano tracciato l’indirizzo IP di chi aveva riempito i moduli di registrazione online per le carte e avevano scoperto che la registrazione era avvenuta dal mio computer.

    Ciò significava che mi stavano accusando di essermi registrato, aver speso tutti i soldi e poi aver denunciato la truffa. E’ ugualmente un reato grave.

    Mi fu imputato anche lo svuotamento del conto corrente. Avevano di nuovo sostenuto che stessi cercando di commettere una truffa presentando un esposto con la banca.

    La polizia aveva finalmente ottenuto le riprese di sicurezza dal discount dove il bancomat era situato. C’erano tre angoli di ripresa. Una fotocamera era sopra l’ingresso, una sopra la cassa e una nell’angolo più lontano del negozio antistante al bancomat.

    Le riprese mostravano un uomo con una felpa scura che entrava nel negozio. Il video era sgranato come prevedibile, ciononostante un grande simbolo dietro la felpa era riconoscibile. L’uomo incappucciato si era avvicinato al bancomat e aveva cacciato qualcosa dalla tasca. L’accusa aveva sostenuto che fosse un telefono, visto che la marca temporale sulla videocamera era identica alla marca dell’entrata nel conto corrente.

    La figura incappucciata aveva guardato il bancomat per qualche minuto e poi aveva pigiato i tasti, coprendo lo schermo col proprio corpo. Successivamente, il denaro era uscito, lui lo aveva preso ed era andato via dalla porta. La fotocamera situata al lato opposto del bancomat era stata l’unica a scorgerne il volto. Era sgranata, ma l’accusa l’aveva confrontata con la foto del mio profilo Facebook e aveva sostenuto che mi somigliava abbastanza. Comparata alle foto di David, sarebbe potuto anche essere lui.

    Controbattei quel punto col procuratore abbastanza aggressivamente.

    Quando terminai lo sfogo, il procuratore mi disse che gli investigatori avevano a loro volta trovato una felpa con lo stesso logo nel mio appartamento.

    Poi sfoggiarono il loro asso nella manica. Durante quel lasso di tempo, dall’indirizzo IP appartenente al mio telefono era stato segnalato un accesso al mio conto corrente.

    Riguardo l’incendio, che era la principale accusa contro di me, avevano abbastanza prove. Una era la bomboletta e il messaggio vocale ne era un altro, ma ce n’era un’altra ancora più schiacciante. Appena ero arrivato al Walmart avevo parcheggiato vicino le porte d’ingresso, davanti le telecamere appese sull’edificio. Mi avevano chiaramente visto allontanarmi quando mi stavo dirigendo a casa di David.

    Quando ero tornato, però, avevo parcheggiato nel retro, con l’intenzione di stare lontano dalle altre macchine mentre dormivo. Le fotocamere potevano a malapena scorgere la mia auto mentre parcheggiava dietro. Secondo il procuratore, era troppo buio per dire se fosse perfino un veicolo. Quindi, realisticamente, avevo solo la mia parola a supporto del fatto che ero tornato al Walmart verso le 6 di pomeriggio.

    Dovrei aggiungere che ci erano voluti circa quindici minuti per andare dal Walmart a casa di David. Giusto per farvi capire quale fosse l’arco temporale.

    Alle 18:04 i vigili del fuoco avevano ricevuto l’allarme dell’incendio a casa di David. Erano corsi lì immediatamente e avevano visto che la casa bruciava ardentemente. David era stato trovato mentre cercava di sollevare sua madre dal pavimento della sua camera da letto. Li avevano portati entrambi fuori e avevano scoperto che la signora King era già morta per asfissia. David era stato mandato subito in ospedale con qualche ustione lieve e un po’ di esalazione di fumo. Doveva ancora spiegare la sua versione degli eventi alla polizia.
    I pompieri avevano compilato un rapporto in cui sostenevano che il fuoco fosse partito dal centro del salone, dove una pozzanghera di benzina era stata incendiata. Le fiamme si erano propagate per la casa.
    Erano state trovate delle tracce in diverse stanze, facendo loro credere che il sospettato (io) fosse andato camera per camera a buttare benzina in giro. Proprio come nei film.

    Avevano concluso anche che il fuoco era partito qualche tempo prima che fu denunciato, a causa dell’enorme quantità di danni fatti nel momento in cui erano arrivati.

    Ora so che David aveva inserito una sveglia sul suo telefono, collegata all’applicazione che aveva installato sul mio. Quando il mio segnale GPS mi aveva segnalato a casa sua, era stata inviata una notifica al suo telefono. Probabilmente era saltato in macchina, aveva lasciato il lavoro ed era corso in macchina. Ecco perché il lasso di tempo era così ravvicinato.

    Vi sto dicendo tutti questi dettagli così che possiate capire quanto mi sentissi senza speranze mentre ero in carcere. Ero rimasto lì per due intere settimane, con le stesse accuse e le stesse prove che mi venivano ripetute di continuo. Stavo davvero iniziando a mollare.

    Durante le prime manciate di giorni, chiesi a Terry come potessimo provare che fosse stato specificatamente David a commettere i crimini. Si accigliò e mi disse che per il momento dovevo essere più preoccupato a essere scagionato e non a scaricare la colpa su un altro uomo.

    Alla fine delle due settimane, ero pronto a dichiararmi colpevole invece che reagire.

    L’udienza preliminare andò male. Nessun’accusa che mi era stata rivolta fu ritirata. Elencherei tutti i reati di cui ero stato accusato, ma non ricordo le loro precise formulazioni e so che le sbaglierei. Avete capito, però, che ero nella merda.

    La cauzione era stata fissata a 5.000 dollari, che essenzialmente garantiva che sarei stato in carcere per un po’. Avevo già contattato i miei genitori in preda alla disperazione e loro avrebbero cercato di ottenere denaro da familiari e da amici, ma non potevano pagare nell’immediato.

    Dopo tre settimane, ero veramente depresso e non stavo mangiando molto. Terry provò a sollevarmi mostrandomi parte delle argomentazioni che stava preparando, ma nulla riusciva a rallegrarmi. Pensai tanto a Katie, a Clark e a Ivan. Mi mancavano i miei genitori.


    Fui assente alla prima udienza del processo sui graffiti di Clark, quindi non avevo alcuna idea su come stesse andando, e il fatto che non potessi aiutarlo mi fece sentire in colpa.

    Durante il periodo in cui fui in carcere, Hernandez venne a visitarmi solo una volta. Fu nella terza settimana. Saltai dal letto e corsi alle sbarre.

    “Hernandez” dissi. “Per favore, dimmi che sei venuto a darmi buone notizie.”

    “No” rispose. “Verrai trasferito nella prigione della contea. Il processo si svolgerà lì.”

    “Perché?”

    Alzò le spalle. “E’ così che funziona” disse.

    “Hanno trovato qualcosa su Isaac?” domandai. Mi stavo aggrappando alla speranza che il corpo di Isaac avrebbe fornito delle prove contro David. Volevo incastrarlo per quel solo reato. Solo per quello. Lo volevo così tanto che le mani mi tremavano quando ci pensavo.

    “Non mi è concesso parlarne” disse, evitando il mio sguardo.

    “Comunque, sono venuto a dirti che verrai trasferito tra tre giorni.”

    “Hernandez, pensavo che tu mi credessi” dissi quando si girò per andarsene.

    “E’ vero” rispose. “Finché non hai bruciato la casa di David. Ora non sono così sicuro su chi sia realmente lo psicopatico.”

    “Non sono stato io!” gridai, ma era andato via.

    Tre giorni dopo, come aveva detto Hernandez, vennero a portarmi via. Dopo cena, mi ammanettarono e mi portarono dentro un’auto della polizia, che mi avrebbe condotto al carcere della contea, a due ore di distanza.

    I due poliziotti alla guida furono gentili con me, ma una volta in viaggio misero subito la radio a tutto volume. Potevo a malapena sentire i miei pensieri e iniziavo a provare frustrazione. Ho sempre odiato i viaggi in auto senza la mia musica. Ora ero bloccato in un tragitto di due ore, con le mani ammanettate dietro, e una radio che trasmetteva musica che non mi piaceva.

    Dopo un’ora volevo urlare. Spostai lo sguardo sul finestrino, cercando di trovare qualcosa di interessante da guardare e su cui far concentrare la mente. Eravamo in un’autostrada a due corsie con nessun’altra macchina visibile. Si stava facendo tardi; col senno di poi, probabilmente tutti erano tornati a casa per cenare, e quindi era vuota.

    Il panorama di un bel lago fu improvvisamente oscurato da un grande furgone grigio. Cercai di trovare qualcos’altro da guardare, ma poi notai che si stava avvicinando pericolosamente alla nostra corsia. Lo guardai e vidi che era un furgone blindato, e aveva lo stesso marchio dell’azienda per cui lavorava David.

    Il panico fu immediato. Qualcosa mi afferrò le corde vocali e mi impedì di parlare.

    Il camion si avvicinò lentamente alla pattuglia per poi premergli contro. I poliziotti urlarono. Il poliziotto alla guida frenò di colpo e l’altro fece cadere la radio che stava per prendere. La pattuglia non si fermò abbastanza velocemente, però, e il furgone la fece deragliare fuori la strada.

    Cademmo per il pendio erboso e sbattemmo su un albero. Mi tenni forte per l’impatto.

    La cintura mi aveva tenuto fermo, ma la testa si scontrò con il poggiatesta del sedile dell’autista e mi faceva male. I due poliziotti avevano perso i sensi ed erano finiti in posizioni strane. Nessuno di loro aveva le cinture.

    Iniziai a scuotere le manette, cercando di raggiungere la cintura per toglierla. Raggiunsi il bottone rosso e lo premetti. Quando mi girai per sgusciare fuori dalla cintura sciolta, vidi quello stronzo di David King che scendeva dalla pendenza verso la macchina.

    “Oh merda, oh merda, oh cazzo” imprecai, cercando di raggiungere la maniglia della porta con le mani ammanettate. Sfortunatamente le porte erano chiuse dall’esterno per impedire ai prigionieri di aprirle.

    David si avvicinò sempre di più, finché non si trovò davanti la macchina. Mi lanciò un ghigno e aprì la mia porta. Cercai di tirarmi indietro, ma mi afferrò le braccia e mi cacciò dalla macchina. Cascai per terra rantolando.

    Mi alzai un po’ e vidi che aveva rivolto l’attenzione alla pattuglia. Vidi che uno dei poliziotti aveva iniziato ad agitarsi.

    David aprì la porta del conducente ed estrasse qualcosa di piccolo dalla tasca. Con un rapido movimento, accoltellò al collo il poliziotto. Sgorgò fuori sangue e il poliziotto iniziò a urlare e a gorgogliare, afferrandosi il collo. Penso di aver urlato anche io, ma non ricordo.

    Chiuse la porta e andò dall’altro lato. Vedevo che l’altro poliziotto si muoveva, ma non so dire cosa stesse facendo. Apparentemente stava prendendo la radio, perché David gliela tolse dalle mani e la mise sul tetto dell’auto. Poi accoltellò anche l’altro.

    Entrambi persero i sensi in pochi secondi.

    “Non alzarti” mi minacciò, mentre si avvicinava a me. Non ci provai manco. Arrivò al posto in cui ero seduto e andò dietro di me. Cercai di guardarlo in faccia, ma mi diede un lieve calcio. Si inginocchiò e sentii che stava toccando il metallo delle manette. Ero confuso, ma rimasi assolutamente immobile.

    “E’ bello rivederti, Zander” disse avvicinandosi di fronte a me. Lo guardavo terrorizzato. Il suo modo di fare era diverso da quello della notte in cui avevamo imbrattato casa sua. Stava cambiando.

    Quando non risposi, rise. Stava attorcigliando il suo strumento piccolo nelle mani inguantate. Notai, attraverso il sangue, che era un coltellino realizzato rudemente, della lunghezza e della larghezza di un dito.

    “Te l’ho detto, non voglio ucciderti, Zander. In realtà, per una volta, sono qui ad aiutarti. Più o meno.”

    “Che significa?” chiesi tremando.

    “Ricordi la notte in cui mi hai imbrattato casa?”

    Annuii.

    “Ti ho detto che avrei pensato a darti consigli su come andare avanti nel nostro gioco. Beh, è giunto il momento. Ti darò di più che dei consigli. Vedi, non sei divertente in carcere. Ho visto le prove che hanno accumulato su di te. Sarai dentro per un bel po’. Non voglio tutto ciò. Quindi, ti darò una seconda possibilità per continuare a giocare.”

    Camminò di nuovo dietro di me e mi fece stringere il coltellino. Sentii sangue appiccicoso sulle dita e sulla mano.

    “Allora, ecco come funziona” disse in piedi dietro di me. “Lascerò il coltello con le tue impronte in macchina. Penseranno che hai accoltellato i poliziotti e che sei fuggito. Ti toglierò le manette e ti lascerò fuggire. Avrai mezzora di tempo prima che chiamerò soccorso sulla radio.

    “Oh Dio, ha un coltello! Ha accoltellato l’autista e—“ David tagliò corto, imitando la chiamata che avrebbe fatto. I brividi mi salirono lungo la schiena.

    “Starò qui ad aspettare. Se cercherai di tornare indietro, ti porterò via sulla mia macchina e faremo un altro gioco. Hai capito?”

    Annuii, troppo terrorizzato per parlare.

    “Alzati” mi ordinò. Mi tirai faticosamente in piedi, rotolandomi per terra per mettermi in ginocchio e alzarmi.

    “Vieni qui” disse, spostandosi verso l’auto della polizia. Lo seguii. Aprii la porta e mise la mano sul collo dell’ufficiale. Rabbrividii quando fece schizzare del sangue su di me. Si sparpagliò sulla mia faccia e sul vestito da carcerato. Stavo quasi per vomitare.

    “Eccoci qua” ronfò. Mi fece cenno di girarmi, e lo feci. Prese le chiavi dal poliziotto morto e aprì le manette. Strofinai i polsi. Erano indolenziti e avevano .

    Presi in considerazione cercare di prendergli il coltellino e attaccarlo, ma l’idea di andare con lui in macchina a fare “altri giochi” mi terrorizzò.

    David aveva messo uno zaino vicino la macchina, e in quel momento me lo diede in mano.

    “Hernandez ti saluta” disse con un ghigno malevolo. “Gli ho dato un sacco di soldi per permettermi di rintracciare questa macchina. Ha chiesto di dartene metà. Ovviamente non sono così generoso, quindi eccoti 2.000 dollari, un cambio di vestiti, scarpe nuove e una mappa. La città più vicina dista sedici chilometri. Meglio se ti sbrighi. Ricordati, tra mezzora chiamerò soccorsi.”

    La mascella mi tremò, misi sulle spalle lo zaino e iniziai a dirigermi verso il sole che tramontava. Il bosco sembrava buio e minaccioso.

    Quando ero a metà del bosco mi guardai dietro e si trovava lì. Era appoggiato alla macchina e beveva caffè dalla scatola che uno dei poliziotti aveva portato.

    Proseguii per il bosco, in preda ai brividi, scioccato e decisamente terrorizzato.

    Parte 7 ->



    Edited by & . - 24/7/2023, 15:14
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