Ho sfidato il mio migliore amico a rovinarmi la vita - Ci sta riuscendo

Traduzione Parte 6

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    Ser Procrastinazione

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    <- Parte 5

    Ciao a tutti!

    Grazie di nuovo per il vostro supporto! Oggi sono andato da negozio a negozio per impedire di essere rintracciato, quindi oggi ho scritto di tanto in tanto a quanti utenti più possibile.

    Mi sono quasi imbattuto in David quando stavo per postare questo topic. Perdonatemi per essermi nascosto prima di aver ripreso il mio telefono e di aver finito di postare. Immagino di aver fatto in tempo, dopo tutto.

    Chiedo scusa per l’incidente di prima, con la parte 5 che era sparita. E’ stata colpa mia e i moderatori sono stati di grande aiuto nel riportarla su.

    Ho detto ad un po’ di voi che credo ci saranno una o due parti prima che avrò raggiunto il presente. Credo che dopo la parte 7 saremo del tutto ai giorni nostri. Il programma potrebbe cambiare, quindi in caso non arrabbiatevi. Volevo solo farvi vedere cosa aspettarvi.

    Inizieremo subito, come sempre.

    Mi trovavo in una cella vuota, cercando di fare un pisolino visto che ero stato sveglio tutta la notte. La mia mente stava correndo e mi stava rendendo difficile dormire. Continuavo a ripetermi quello che avrei dovuto dire, ma Hernandez finalmente venne a prendermi.

    Mi svuotarono le tasche dentro delle buste per le prove, presero le mie impronte e un poliziotto uscì a cercare la mia auto. Non ero stupido. Sapevo che le prove avrebbero portato la polizia a tre conclusioni.

    La prima, che ero stato a casa di David di recente. Dopotutto, i dati su quelle chiavette erano stati aggiornati solo il giorno prima. Anche quelli che non avevano la trascrizione riguardante il rapimento.

    La seconda, la pennetta che conteneva i messaggi tra David e il suo compagno potevano portarli a credere che avessi rapito Katie.

    La terza, che avevo rubato l’hard drive di David, così come informazioni mediche riservate.

    Continuai a cercare di immaginare la conversazione con Hernandez. Speravo che sarebbe venuta fuori allo stesso modo in cui stava procedendo nella mia testa.

    Fui svegliato da una leggera bussata sulle sbarre. Gli occhi mi si sbarrarono e vidi un uomo in giacca in piedi accompagnato da un ufficiale.

    “Salve, chiedo scusa per il disturbo” disse timidamente. “Il mio nome è Terry Jayson, il suo avvocato d’ufficio. E’ possibile parlare?”

    “Sì, certamente” dissi, alzandomi. L’ufficiale entrò e mi ammanettò. Fummo entrambi condotti nella stanza interrogatori dove avevo incontrato Hernandez per la prima volta.

    “Mi fido del fatto che spegnerete le telecamere” disse all’ufficiale. Il poliziotto annuì, mi tolse le manette e chiuse la porta.

    “Puoi chiamarmi Terry” disse, alzandosi per stringermi la mano. Eravamo seduti col tavolo frapposto tra di noi, uno di fronte all’altro. “Ho sentito un po’ sul tuo caso in un breve incontro con il commissario” disse, cacciando dei fascicoli da una busta.

    “Beh… è lungo” ammisi.

    “Così pare” rispose. “Dovrò scusarmi in anticipo. E’ probabile che dovrai ripetere la storia molte volte durante queste sedute. Per prevenire ciò il più possibile, tu e io staremo qui a scrivere la tua versione degli eventi. In questo modo, potrai fidarti delle tue dichiarazioni e assicurarti che ciò che dirai sia consistente e accurato. Va bene per te?” disse.

    Aveva senso, quindi annuii.

    “In primo luogo, ho qui un contratto da farti firmare che dice che sei d’accordo a farti rappresentare da me nel processo.” Spinse un foglio e una penna sul tavolo verso di me. Lo lessi in fretta e lo firmai in fondo. Se lo riprese.

    “Vorresti che io ti chiami Zander o Mr. Jones?” chiese sorridendo lievemente.

    “Va bene Zander” risposi.

    “Va bene Zander. Iniziamo a scrivere.”

    Terry mi stette pazientemente vicino mentre scrivevo ogni dettaglio che mi veniva in mente. Avevo iniziato con la conversazione sulla sfida con David e avevo proseguito fino al giorno d’oggi. All’inizio era una pagina con memorie e parole sparpagliate per rinfrescare la memoria, poi era diventato una deposizione che Terry mi aiutò a rendere compatta e basata sui fatti.

    “Quando verrai interrogato su ciò che ricordi o su ciò che ti è successo, usa questo documento” disse. Lavorammo un’ora e poi riprese la parola.

    “Ho un altro appuntamento, ma ho chiesto che tu possa continuare a lavorare nella tua cella. Ho fissato un incontro con il procuratore e con l’investigatore Hernandez domani a mezzogiorno. Pensi di riuscire a completarlo per allora?”

    “Sì, credo di sì” risposi.

    E così fu. Passai il resto della giornata a scrivere quella deposizione. Dormii sporadicamente, ma volevo disperatamente finirlo prima del mezzogiorno del giorno dopo. Erano successe così tante cose e avevo così tanto da dire.

    Ero abbastanza fiero dei risultati.

    A dire il vero, ero più fiero di quella deposizione che di questa. Quella aveva molti più ricordi freschi. Questa sembra un po’ confusa. La deposizione era coincisa e dritta al punto, ma forse è meglio che io abbia postato questa.

    Il giorno dopo, a mezzogiorno, ero di nuovo nella stanza dell’interrogatorio. Terry era seduto alla mia sinistra. Hernandez era appoggiato al muro, di fronte a me, con le braccia conserte. Non riuscivo a decifrare la sua espressione facciale.

    Dall’altro lato del tavolo era seduto un signore più vecchio, che si era presentato come il commissario Gunderson, il capo di Hernandez. Dietro di lui c’era un uomo alto e smilzo con capelli neri e pettinati all’indietro. Teneva le mani dietro la schiena e mi guardava intensamente.

    Il registratore tra di noi era acceso.

    “Sono appena stato aggiornato sui casi in cui lei è coinvolto” disse il commissario Gunderson in tono rude. “Sarei interessato a sentire tutto dalla sua prospettiva considerati i… recenti sviluppi.”

    “Mi ha arrestato solo per sentire la mia versione della storia?” dissi interrompendolo.

    “No, l’ho arrestata in quanto sospettato di aver bruciato la casa di Anne King e quindi di averla uccisa” disse il commissario. Hernandez mi ha detto che potrebbe essersi sentito giustificato a commettere ciò, alla luce di tutte le accuse rivolte a Mr. King. Quindi, mi piacerebbe sentire cosa è successo dall’inizio e udire la sua versione degli eventi.”

    “Chi è lui?” chiesi, indicando l’uomo smilzo.

    “Sono il procuratore, Adam Leuderman” rispose.

    “Oh, quindi sarai quello che cercherà di buttarmi in prigione” ironizzai. Terry mi mise una mano sulla gamba a mo’ di avvertimento.

    “Cercherò di stabilire la verità su quanto è successo” ribatté fissandomi.

    “Il mio cliente ha preparato una deposizione a cui intende affidarsi interamente” disse Terry, spingendo sul tavolo le copie delle diciassette pagine che avevo scritto a mano. Il commissario e il procuratore ne presero una. Hernandez si avvicinò e ne prese un’altra. Iniziò subito a leggere dal suo posto nell’angolo. Cercai di fare contatto visivo con lui, ma non mi guardò.

    “Possiamo iniziare oggi l’iter delle prove?” chiese Terry. “Mi serviranno copie di tutto, così come le copie dell’imputazione ufficiale.

    Ignorai Terry e mi concentrai su Hernandez. C’era qualcosa nel suo atteggiamento che attirò la mia attenzione. Non riuscivo a capire cosa fosse. Mi concentrai su di lui per tutto l’incontro, cercando di capire cosa mi stesse dicendo l’istinto.

    Parlarono di dettagli legali con Terry e confermarono l’iter delle prove tra le due parti.

    Un paio di giorni dopo, Terry era di nuovo con me nella stanza dell’interrogatorio e mi disse cosa aveva imparato dall’iter. L’iter delle prove è quando le due parti di un processo condividono gli elementi probatori così che non ci siano sorprese una volta andati a processo. Tutto ciò che non è stato portato nell’iter non è ammissibile in aula.

    Prima del processo, però, ci sarebbe stata l’udienza preliminare. Quello sarebbe stato il momento in cui delle accuse formali mi sarebbero state rivolte e avrei dovuto dichiararmi colpevole o non colpevole. Terry stava parlando con me dell’iter, quindi sarei stato preparato per cosa avrebbero detto durante l’udienza e decidere se mi sarei dichiarato colpevole o no.

    Questo è ciò che avevo appreso.

    Dopo essere stato arrestato, la polizia aveva perquisito la mia auto e aveva trovato l’hard drive, le pennette USB e la valutazione psichiatrica, e qualcos’altro di curioso. Una bombola di benzina mezza vuota. Quello stronzo ad un certo punto aveva messo una bomboletta senza che me ne accorgessi. Ero stato nella macchina tutta la notte, quindi, o David voleva bruciare la casa prima che andassi al Walmart, o l’aveva messa nei pochi minuti in cui ero stato nella stazione. Dissi a Terry che la bomboletta potrebbe essere stata messa lì da lui, e appuntò alcune note.

    La polizia aveva frugato tra i contenuti di tutte le chiavette e aveva scoperto le conversazioni tra David e il suo socio. Solo che, come previsto, avevano accusato me di aver scritto i messaggi e quindi avevano collegato il mio nome al rapimentp. Il file di testo non aveva mai indicato il nome di Katie, ma avevano asserito che il suo sequestro fosse lo scenario più probabile visto che ne ero a conoscenza, e quindi dovevo essere coinvolto.


    Nonostante questa prova, tuttavia, l’accusa non credeva che avrebbe potuto convincere una giuria senza più prove, quindi il rapimento di Katie non sarebbe stato usato contro di me come una prova formale, ma stavano comunque cercando le prove.

    Avevano anche provato a vedere i contenuti dell’hard drive di David, ma scoprirono che era criptato, come avevo visto io. Lo mandarono ad un laboratorio per farlo analizzare per poter recuperare qualsiasi file.

    Il referto medico fu considerato inammissibile perché apparteneva ad un individuo che non aveva acconsentito alla diffusione dei suoi contenuti. Da cittadino degli Stati Uniti, hai la possibilità di controllare chi possa guardare i tuoi referti. Rifiutarne l’uso in un’aula è un diritto in certe situazioni, inclusa questa. David aveva deciso di esercitare quel diritto e di negarne la visione.

    Come risultato, il procuratore poteva solamente incriminarmi per il possesso dei referti medici altrui senza permesso. Era un reato grave, apparentemente.

    Terry, inoltre, era stato informato che la faccenda del furto d’identità stava venendo inserita tra le accuse contro di me. I gestori delle carte di credito avevano fatto le loro indagini e mi avevano accusato di truffa. Perché avrebbero dovuto farlo? Perché “un’indagine tecnica sull’origine delle registrazioni delle carte false aveva fatto emergere che il segnalatore stesso, Zander Jones, aveva riempito e completato i moduli di registrazione dal suo stesso dispositivo elettronico.” In altre parole, avevano tracciato l’indirizzo IP di chi aveva riempito i moduli di registrazione online per le carte e avevano scoperto che la registrazione era avvenuta dal mio computer.

    Ciò significava che mi stavano accusando di essermi registrato, aver speso tutti i soldi e poi aver denunciato la truffa. E’ ugualmente un reato grave.

    Mi fu imputato anche lo svuotamento del conto corrente. Avevano di nuovo sostenuto che stessi cercando di commettere una truffa presentando un esposto con la banca.

    La polizia aveva finalmente ottenuto le riprese di sicurezza dal discount dove il bancomat era situato. C’erano tre angoli di ripresa. Una fotocamera era sopra l’ingresso, una sopra la cassa e una nell’angolo più lontano del negozio antistante al bancomat.

    Le riprese mostravano un uomo con una felpa scura che entrava nel negozio. Il video era sgranato come prevedibile, ciononostante un grande simbolo dietro la felpa era riconoscibile. L’uomo incappucciato si era avvicinato al bancomat e aveva cacciato qualcosa dalla tasca. L’accusa aveva sostenuto che fosse un telefono, visto che la marca temporale sulla videocamera era identica alla marca dell’entrata nel conto corrente.

    La figura incappucciata aveva guardato il bancomat per qualche minuto e poi aveva pigiato i tasti, coprendo lo schermo col proprio corpo. Successivamente, il denaro era uscito, lui lo aveva preso ed era andato via dalla porta. La fotocamera situata al lato opposto del bancomat era stata l’unica a scorgerne il volto. Era sgranata, ma l’accusa l’aveva confrontata con la foto del mio profilo Facebook e aveva sostenuto che mi somigliava abbastanza. Comparata alle foto di David, sarebbe potuto anche essere lui.

    Controbattei quel punto col procuratore abbastanza aggressivamente.

    Quando terminai lo sfogo, il procuratore mi disse che gli investigatori avevano a loro volta trovato una felpa con lo stesso logo nel mio appartamento.

    Poi sfoggiarono il loro asso nella manica. Durante quel lasso di tempo, dall’indirizzo IP appartenente al mio telefono era stato segnalato un accesso al mio conto corrente.

    Riguardo l’incendio, che era la principale accusa contro di me, avevano abbastanza prove. Una era la bomboletta e il messaggio vocale ne era un altro, ma ce n’era un’altra ancora più schiacciante. Appena ero arrivato al Walmart avevo parcheggiato vicino le porte d’ingresso, davanti le telecamere appese sull’edificio. Mi avevano chiaramente visto allontanarmi quando mi stavo dirigendo a casa di David.

    Quando ero tornato, però, avevo parcheggiato nel retro, con l’intenzione di stare lontano dalle altre macchine mentre dormivo. Le fotocamere potevano a malapena scorgere la mia auto mentre parcheggiava dietro. Secondo il procuratore, era troppo buio per dire se fosse perfino un veicolo. Quindi, realisticamente, avevo solo la mia parola a supporto del fatto che ero tornato al Walmart verso le 6 di pomeriggio.

    Dovrei aggiungere che ci erano voluti circa quindici minuti per andare dal Walmart a casa di David. Giusto per farvi capire quale fosse l’arco temporale.

    Alle 18:04 i vigili del fuoco avevano ricevuto l’allarme dell’incendio a casa di David. Erano corsi lì immediatamente e avevano visto che la casa bruciava ardentemente. David era stato trovato mentre cercava di sollevare sua madre dal pavimento della sua camera da letto. Li avevano portati entrambi fuori e avevano scoperto che la signora King era già morta per asfissia. David era stato mandato subito in ospedale con qualche ustione lieve e un po’ di esalazione di fumo. Doveva ancora spiegare la sua versione degli eventi alla polizia.
    I pompieri avevano compilato un rapporto in cui sostenevano che il fuoco fosse partito dal centro del salone, dove una pozzanghera di benzina era stata incendiata. Le fiamme si erano propagate per la casa.
    Erano state trovate delle tracce in diverse stanze, facendo loro credere che il sospettato (io) fosse andato camera per camera a buttare benzina in giro. Proprio come nei film.

    Avevano concluso anche che il fuoco era partito qualche tempo prima che fu denunciato, a causa dell’enorme quantità di danni fatti nel momento in cui erano arrivati.

    Ora so che David aveva inserito una sveglia sul suo telefono, collegata all’applicazione che aveva installato sul mio. Quando il mio segnale GPS mi aveva segnalato a casa sua, era stata inviata una notifica al suo telefono. Probabilmente era saltato in macchina, aveva lasciato il lavoro ed era corso in macchina. Ecco perché il lasso di tempo era così ravvicinato.

    Vi sto dicendo tutti questi dettagli così che possiate capire quanto mi sentissi senza speranze mentre ero in carcere. Ero rimasto lì per due intere settimane, con le stesse accuse e le stesse prove che mi venivano ripetute di continuo. Stavo davvero iniziando a mollare.

    Durante le prime manciate di giorni, chiesi a Terry come potessimo provare che fosse stato specificatamente David a commettere i crimini. Si accigliò e mi disse che per il momento dovevo essere più preoccupato a essere scagionato e non a scaricare la colpa su un altro uomo.

    Alla fine delle due settimane, ero pronto a dichiararmi colpevole invece che reagire.

    L’udienza preliminare andò male. Nessun’accusa che mi era stata rivolta fu ritirata. Elencherei tutti i reati di cui ero stato accusato, ma non ricordo le loro precise formulazioni e so che le sbaglierei. Avete capito, però, che ero nella merda.

    La cauzione era stata fissata a 5.000 dollari, che essenzialmente garantiva che sarei stato in carcere per un po’. Avevo già contattato i miei genitori in preda alla disperazione e loro avrebbero cercato di ottenere denaro da familiari e da amici, ma non potevano pagare nell’immediato.

    Dopo tre settimane, ero veramente depresso e non stavo mangiando molto. Terry provò a sollevarmi mostrandomi parte delle argomentazioni che stava preparando, ma nulla riusciva a rallegrarmi. Pensai tanto a Katie, a Clark e a Ivan. Mi mancavano i miei genitori.


    Fui assente alla prima udienza del processo sui graffiti di Clark, quindi non avevo alcuna idea su come stesse andando, e il fatto che non potessi aiutarlo mi fece sentire in colpa.

    Durante il periodo in cui fui in carcere, Hernandez venne a visitarmi solo una volta. Fu nella terza settimana. Saltai dal letto e corsi alle sbarre.

    “Hernandez” dissi. “Per favore, dimmi che sei venuto a darmi buone notizie.”

    “No” rispose. “Verrai trasferito nella prigione della contea. Il processo si svolgerà lì.”

    “Perché?”

    Alzò le spalle. “E’ così che funziona” disse.

    “Hanno trovato qualcosa su Isaac?” domandai. Mi stavo aggrappando alla speranza che il corpo di Isaac avrebbe fornito delle prove contro David. Volevo incastrarlo per quel solo reato. Solo per quello. Lo volevo così tanto che le mani mi tremavano quando ci pensavo.

    “Non mi è concesso parlarne” disse, evitando il mio sguardo.

    “Comunque, sono venuto a dirti che verrai trasferito tra tre giorni.”

    “Hernandez, pensavo che tu mi credessi” dissi quando si girò per andarsene.

    “E’ vero” rispose. “Finché non hai bruciato la casa di David. Ora non sono così sicuro su chi sia realmente lo psicopatico.”

    “Non sono stato io!” gridai, ma era andato via.

    Tre giorni dopo, come aveva detto Hernandez, vennero a portarmi via. Dopo cena, mi ammanettarono e mi portarono dentro un’auto della polizia, che mi avrebbe condotto al carcere della contea, a due ore di distanza.

    I due poliziotti alla guida furono gentili con me, ma una volta in viaggio misero subito la radio a tutto volume. Potevo a malapena sentire i miei pensieri e iniziavo a provare frustrazione. Ho sempre odiato i viaggi in auto senza la mia musica. Ora ero bloccato in un tragitto di due ore, con le mani ammanettate dietro, e una radio che trasmetteva musica che non mi piaceva.

    Dopo un’ora volevo urlare. Spostai lo sguardo sul finestrino, cercando di trovare qualcosa di interessante da guardare e su cui far concentrare la mente. Eravamo in un’autostrada a due corsie con nessun’altra macchina visibile. Si stava facendo tardi; col senno di poi, probabilmente tutti erano tornati a casa per cenare, e quindi era vuota.

    Il panorama di un bel lago fu improvvisamente oscurato da un grande furgone grigio. Cercai di trovare qualcos’altro da guardare, ma poi notai che si stava avvicinando pericolosamente alla nostra corsia. Lo guardai e vidi che era un furgone blindato, e aveva lo stesso marchio dell’azienda per cui lavorava David.

    Il panico fu immediato. Qualcosa mi afferrò le corde vocali e mi impedì di parlare.

    Il camion si avvicinò lentamente alla pattuglia per poi premergli contro. I poliziotti urlarono. Il poliziotto alla guida frenò di colpo e l’altro fece cadere la radio che stava per prendere. La pattuglia non si fermò abbastanza velocemente, però, e il furgone la fece deragliare fuori la strada.

    Cademmo per il pendio erboso e sbattemmo su un albero. Mi tenni forte per l’impatto.

    La cintura mi aveva tenuto fermo, ma la testa si scontrò con il poggiatesta del sedile dell’autista e mi faceva male. I due poliziotti avevano perso i sensi ed erano finiti in posizioni strane. Nessuno di loro aveva le cinture.

    Iniziai a scuotere le manette, cercando di raggiungere la cintura per toglierla. Raggiunsi il bottone rosso e lo premetti. Quando mi girai per sgusciare fuori dalla cintura sciolta, vidi quello stronzo di David King che scendeva dalla pendenza verso la macchina.

    “Oh merda, oh merda, oh cazzo” imprecai, cercando di raggiungere la maniglia della porta con le mani ammanettate. Sfortunatamente le porte erano chiuse dall’esterno per impedire ai prigionieri di aprirle.

    David si avvicinò sempre di più, finché non si trovò davanti la macchina. Mi lanciò un ghigno e aprì la mia porta. Cercai di tirarmi indietro, ma mi afferrò le braccia e mi cacciò dalla macchina. Cascai per terra rantolando.

    Mi alzai un po’ e vidi che aveva rivolto l’attenzione alla pattuglia. Vidi che uno dei poliziotti aveva iniziato ad agitarsi.

    David aprì la porta del conducente ed estrasse qualcosa di piccolo dalla tasca. Con un rapido movimento, accoltellò al collo il poliziotto. Sgorgò fuori sangue e il poliziotto iniziò a urlare e a gorgogliare, afferrandosi il collo. Penso di aver urlato anche io, ma non ricordo.

    Chiuse la porta e andò dall’altro lato. Vedevo che l’altro poliziotto si muoveva, ma non so dire cosa stesse facendo. Apparentemente stava prendendo la radio, perché David gliela tolse dalle mani e la mise sul tetto dell’auto. Poi accoltellò anche l’altro.

    Entrambi persero i sensi in pochi secondi.

    “Non alzarti” mi minacciò, mentre si avvicinava a me. Non ci provai manco. Arrivò al posto in cui ero seduto e andò dietro di me. Cercai di guardarlo in faccia, ma mi diede un lieve calcio. Si inginocchiò e sentii che stava toccando il metallo delle manette. Ero confuso, ma rimasi assolutamente immobile.

    “E’ bello rivederti, Zander” disse avvicinandosi di fronte a me. Lo guardavo terrorizzato. Il suo modo di fare era diverso da quello della notte in cui avevamo imbrattato casa sua. Stava cambiando.

    Quando non risposi, rise. Stava attorcigliando il suo strumento piccolo nelle mani inguantate. Notai, attraverso il sangue, che era un coltellino realizzato rudemente, della lunghezza e della larghezza di un dito.

    “Te l’ho detto, non voglio ucciderti, Zander. In realtà, per una volta, sono qui ad aiutarti. Più o meno.”

    “Che significa?” chiesi tremando.

    “Ricordi la notte in cui mi hai imbrattato casa?”

    Annuii.

    “Ti ho detto che avrei pensato a darti consigli su come andare avanti nel nostro gioco. Beh, è giunto il momento. Ti darò di più che dei consigli. Vedi, non sei divertente in carcere. Ho visto le prove che hanno accumulato su di te. Sarai dentro per un bel po’. Non voglio tutto ciò. Quindi, ti darò una seconda possibilità per continuare a giocare.”

    Camminò di nuovo dietro di me e mi fece stringere il coltellino. Sentii sangue appiccicoso sulle dita e sulla mano.

    “Allora, ecco come funziona” disse in piedi dietro di me. “Lascerò il coltello con le tue impronte in macchina. Penseranno che hai accoltellato i poliziotti e che sei fuggito. Ti toglierò le manette e ti lascerò fuggire. Avrai mezzora di tempo prima che chiamerò soccorso sulla radio.

    “Oh Dio, ha un coltello! Ha accoltellato l’autista e—“ David tagliò corto, imitando la chiamata che avrebbe fatto. I brividi mi salirono lungo la schiena.

    “Starò qui ad aspettare. Se cercherai di tornare indietro, ti porterò via sulla mia macchina e faremo un altro gioco. Hai capito?”

    Annuii, troppo terrorizzato per parlare.

    “Alzati” mi ordinò. Mi tirai faticosamente in piedi, rotolandomi per terra per mettermi in ginocchio e alzarmi.

    “Vieni qui” disse, spostandosi verso l’auto della polizia. Lo seguii. Aprii la porta e mise la mano sul collo dell’ufficiale. Rabbrividii quando fece schizzare del sangue su di me. Si sparpagliò sulla mia faccia e sul vestito da carcerato. Stavo quasi per vomitare.

    “Eccoci qua” ronfò. Mi fece cenno di girarmi, e lo feci. Prese le chiavi dal poliziotto morto e aprì le manette. Strofinai i polsi. Erano indolenziti e avevano .

    Presi in considerazione cercare di prendergli il coltellino e attaccarlo, ma l’idea di andare con lui in macchina a fare “altri giochi” mi terrorizzò.

    David aveva messo uno zaino vicino la macchina, e in quel momento me lo diede in mano.

    “Hernandez ti saluta” disse con un ghigno malevolo. “Gli ho dato un sacco di soldi per permettermi di rintracciare questa macchina. Ha chiesto di dartene metà. Ovviamente non sono così generoso, quindi eccoti 2.000 dollari, un cambio di vestiti, scarpe nuove e una mappa. La città più vicina dista sedici chilometri. Meglio se ti sbrighi. Ricordati, tra mezzora chiamerò soccorsi.”

    La mascella mi tremò, misi sulle spalle lo zaino e iniziai a dirigermi verso il sole che tramontava. Il bosco sembrava buio e minaccioso.

    Quando ero a metà del bosco mi guardai dietro e si trovava lì. Era appoggiato alla macchina e beveva caffè dalla scatola che uno dei poliziotti aveva portato.

    Proseguii per il bosco, in preda ai brividi, scioccato e decisamente terrorizzato.

    Parte 7 ->



    Edited by & . - 24/7/2023, 15:14
     
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