Faith's Game - The First Day

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    <- Parte 0

    Lo chiamavano Spring Grove Hospital Center. Non potrei fregarmene di meno, di come si chiama adesso. Per me, era l’inferno in terra. Ma non allora. All’epoca, ero entusiasta per essere stata addirittura considerata e ho colto la prima opportunità che mi fu data per iniziare il mio viaggio nella Baltimora suburbana. Il viaggio fu spiacevole, ma la vista fu incredibile. Prima di allora avevo solo visitato grandi città, ma il campus di Spring Grove fu un respiro d’aria fresca.

    All’inizio ero convinta di star guidando per andare ad incontrare una regina. Gli edifici erano sparsi e massicci, quasi medievali, con un tocco di tecnologia moderna. Effettivamente, quasi assomigliava ad altri campus di college che avevo visitato in precedenza. Ma non ero ingenua. Quel manicomio stava per darmi più esperienza di quanto avrebbe fatto qualsiasi tipo di educazione scolastica. A proposito, fui subito rimproverata per aver anche solo menzionato la parola “manicomio”. Apparentemente, avrei dovuto usare il termine “ospedale psichiatrico” in qualsiasi momento del mio soggiorno, ma non importava granché. Essere politicamente corretto è davvero irritante come sembra. Una donna mi aspettava in piedi davanti alla porta, come se il mio arrivo fosse quello di una celebrità.

    Si rivolse a me formalmente, dicendo: “Tu sei Jacobson, vero?” con un accento che non seppi riconoscere. “Vieni, ti faccio vedere il posto. Puoi fare delle riprese quando vuoi.”

    Mi portò nelle viscere dell’edificio. In realtà, non posso propriamente chiamarle ‘viscere’. Mi sembrò piuttosto piacevole all’inizio, con abbondanza di luce e aria fresca nello spazio abitabile. Stavo già avendo dei dubbi sul mio compito. Mi aspettavo torture medievali e massacri. Questo posto era assolutamente rassicurante. Forse i miei erano solo pregiudizi che si intromettevano. La mia missione era fare delle riprese in quel posto, malato o sacro che fosse. Sono seria. Presi la mia telecamera e iniziai già a registrare del materiale. Il pensiero che mi assillava nelle profondità della mia mente era che questo sarebbe stato abbastanza deludente per l'Istituto. Forse avrei dovuto filmare un’attrazione horror, se era quello che si aspettavano.

    “Spring Grove fu fondata nel 1797. È la seconda struttura psichiatrica più antica della nazione,” mi spiegò la donna, “È conosciuta per la sua ricerca sulla schizofrenia.”

    Non passammo molto tempo nel manicomio prima che lei decidesse di tornare indietro. Sapevo dentro di me che non avevamo visto l’intera struttura, e non avevo raccolto abbastanza informazioni per il mio documentario. Ignorò ogni mio tentativo di andare avanti, affermando di avermi già mostrato tutto. Ho fatto ricerche per dei giorni, ho guidato per ore, solo per dieci minuti degni di essere chiamati materiale? Non sarebbe DI CERTO finita lì. I miei anni al college (e il mio portfolio) erano in ballo.

    Dunque, ideai un ottimo piano: prima che potessimo tornare all’entrata, andai in bagno. Lì, aspettai pazientemente, simulando tutti i rumori intestinali che potevo prima di sgattaiolare fuori, indisturbata.

    Mi sentivo particolarmente sicura di me, finché non mi fu chiaro che i pazienti stavano diventando sempre più rari da vedere. Sapevo di essere nell’ala in cui era la donna. Dove ero partita, era alquanto normale vedere i pazienti, che giravano per i corridoi in maniera innocua, o semplicemente oziavano fuori dalle loro stanze. Salvo occasionali infermieri e assistenti, questi corridoi erano vuoti. Era piuttosto inquietante, ma mai quanto il cartello con la scritta “pazienti violenti” sopra un arco nel mezzo del corridoio. Sentivo chiaramente dentro di me di essermi spinta troppo oltre. Mi girai e iniziai la mia camminata della vergogna fino all’entrata…

    “NO, NO, NO! IL MIO GIOCO! GIOCA! GIOCA!”

    O almeno, mi parve che avesse detto questo. Stava urlando in una maniera innaturale, come mai avevo sentito prima. Sembrava molto più vicina di quanto lo fosse realmente, dato che le urla violente erano vicine al mio orecchio, riducendo i miei timpani in polvere. Mi sono voltata di scatto e ho visto qualcosa di non così diverso da uno spiritello che stava correndo verso di me. Il mio primo istinto fu quello di fuggire, ma qualcosa mi teneva ancorata al terreno. La creatura inciampò e ruzzolò sul linoleum scivoloso, con la schiuma alla bocca e con qualcosa tra gli artigli della mano sinistra. Mentre scivolava, lasciava una traccia di muco nerastro dietro di lei, come sangue secco. Non mi ci volle molto, impanicata com’ero, a capire che quella era una ragazzina giovane e senza capelli, che non poteva avere più di cinque anni, abbigliata solo con una vestaglia sottile. Sentii il mio cuore martellare forte nel petto e il sangue che pulsava contro il mio teschio. Oh Dio! Tieni questa creatura lontana da me!

    Benché fossi convinta che fosse a poca distanza dalla mia faccia, il personale l’aveva bloccata a nove metri in fondo al corridoio. Combatté, rastrellando le facce dei suoi assalitori con le sue unghie affilate come rasoi e facendo cadere il piccolo dispositivo sul pavimento. Si aprì, rivelando i due schermi che riconobbi come appartenenti a un Nintendo DS. Urlò più che poté, e finalmente raccolsi abbastanza energia per indietreggiare di un passo. Uno dei dipendenti raccolse l’oggetto e sollecitò gli altri a riportare la paziente nella sua stanza. Ci misi un attimo a svignarmela da quel posto. Svoltai oltre l’angolo cercando di togliere quelle terribili immagini dalla mia…

    “Cosa stai facendo?!” Quasi saltai dallo spavento. “Vattene! ADESSO!”

    Ma restai lì dov’ero. La supplicai. Perché lo feci? Forse il semplice cambio di direzione aveva scollegato il mio cervello. Ero fortemente determinata a finire il documentario. “C-Cosa mi dice di quella?! Posso vederla?! Per favore?!”
    “Vattene! ADESSO!”

    Fui messa alla porta prima di avere la possibilità di riprendere fiato. In un impeto di rabbia, provocai un’altra ammaccatura sulla mia auto già malmessa. Come avevo potuto essere così stupida?! C’era un motivo se nessuno percorreva quelle strade: era un completo spreco di tempo e soldi! Raccolsi la mia fotocamera e la chiusi di nuovo nella sua custodia. Al diavolo! Non avrei sprecato un minuto di più in quel cazzo di ‘ospedale psichiatrico’! Stavo per andarmene dritta a casa, evitando di buttare i miei soldi in un’orribile stanza d’hotel. Mi misi al volante, chiudendo rumorosamente la portiera e quasi strappando la maniglia dai cardini. Ah, ANDIAMO! Le mie chiavi caddero sul tappetino. Mi contorsi nelle posizioni più imbarazzanti prima di afferrarle col dito. Quando mi alzai, ci fu un TOC TOC sul vetro prodotto da nocche ossute. Fui colta di sorpresa, lasciando che le chiavi sfuggissero di nuovo alla mia stretta. Stetti seduta un attimo sospirando, esasperata, poi cedetti e abbassai leggermente il finestrino.

    “Lei è la signorina Nicole Jacobson, giusto?” La donna allungò il braccio attraverso il finestrino per salutarmi. Mi ci volle un momento per rendermene conto e stringerle la mano. “Non ho potuto fare a meno di notare il suo interesse nel nostro piccolo manicomio lontano da casa.”
    Mi ravvivai un po’. “Lei ha usato la parola ‘manicomio’. Perché?”

    “Non importa molto come lo chiamiamo. Sarà sempre la casa dei malati di mente.” Per quanto fosse ridicolo continuare ad usare la terminologia corretta, il suo comportamento noncurante mi diede sui nervi. “Perché non esci dall’auto e ragioniamo su come ottenere il materiale che ti interessa?”

    Non mi mossi. “E lei chi è?”

    Sorrise. Non era un ghigno scherzoso o diabolico. Non posso dire che cosa fosse. “Sono la dottoressa Denise Waters, direttore clinico e capo del personale. Vuoi il materiale, oppure no?”

    Parte 2 ->



    Edited by & . - 7/8/2023, 14:19
     
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    Ser Procrastinazione

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    Ho diviso il testo in paragrafi per renderlo più leggibile e ho corretto alcune cose tradotte troppo letteralmente.
    Procedo a smistare. :)
     
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1 replies since 2/8/2022, 08:25   225 views
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