Ho sfidato il mio migliore amico a rovinarmi la vita - Ci sta riuscendo

Traduzione Parte 2

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    "Yeah, that's right!"

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    <-- Prima parte

    Rieccoci tornati, ragazzi.

    Oggi ho avuto più tempo per scrivere rispetto a ieri. Perdonate la lunghezza. Sto cercando di arrivare il prima possibile al presente, ma sto anche cercando di includere abbastanza dettagli così che possiate capire quanto meticoloso sia stato David.
    Riprenderò da dove ho lasciato.

    Mentre cercavo di risolvere il problema del credito con quelle compagnie, iniziò quel periodo in cui i finestrini della mia auto iniziarono a venire frantumati. La prima volta che accadde era parcheggiata nella strada di fronte al mio appartamento. Una mattina mi svegliai trovando il finestrino del guidatore distrutto e la mia auto saccheggiata. La mia macchina era solo una scadente Honda Civic, non ci avevo mai lasciato niente di valore lì dentro, eppure avevano rubato il mio stereo, che a sua volta lasciava a desiderare, e tutti i pezzi di ricambio dell'auto. Quanto potevano essere disperati?

    Feci riparare il finestrino quel giorno e decisi di mettere da parte qualche spicciolo per comprarmi, ora con una scusa, uno stereo decente.

    La mattina seguente, lo stesso finestrino fu spaccato di nuovo. L'avevo ancora parcheggiata davanti al mio appartamento. Malvolentieri, la feci riparare e iniziai a posteggiarla nel parcheggio sotterraneo del mio condominio.
    Vedete, i parcheggi sotterranei non piacciono a nessuno perché le linee sono dipinte troppo vicine, così non è raro là sotto che la tua macchina venga graffiata. Meglio un graffio che un finestrino spaccato, pensai, così lottai per trovare un posto quella sera.

    So che vi starete chiedendo perché non abbia chiamato la polizia. Errori, ecco perché. Li commettiamo tutti. Voi godete della consapevolezza tipica di chi conosce tutta la storia. Io non ce l'avevo.

    Sceso l'indomani mattina, trovai numerosi cocci di vetro sparsi per tutta l'auto. Non era solo il finestrino ad essere danneggiato. Il parabrezza anteriore e posteriore erano profondamente incrinati. Mi misi per un po' di tempo ad osservare le altre macchine nel garage. Nessun'altra aveva anche solo ricevuto un graffio. Ma che diamine? Se qualche stronzo stava andando in giro a spaccare finestrini, stava prendendo di mira me.

    Scoprii della nota una volta entrato in macchina. Era una nota adesiva ripiegata ed infilata nel buco del quadro d'accensione. La aprii.
    "Devi metterci più impegno" diceva. Le parole non erano casuali. David VOLEVA farmi sapere che fosse lui. E quando lessi quella frase, mi ricordai della nostra conversazione.

    Quel. Bastardo.

    Andai su tutte le furie e uscii fuori dal parcheggio, facendo del mio meglio per guidare col parabrezza spaccato. Ricordavo ancora come arrivare a casa di David, e superai uno o due semafori rossi per giungere lì.

    Parcheggiai di fronte casa sua, sbattei lo sportello e marciai fino alla porta d'ingresso. Premetti il campanello più a lungo del necessario. Cercavo di respirare e di rimanere calmo. David non mi avrebbe aiutato a chiarire se mi fossi presentato urlandogli contro.

    Sua mamma rispose dopo un paio di minuti. I genitori di David aspettarono fino in tarda età per avere un figlio. Di conseguenza, la madre di David aveva 75 anni, e David ne aveva solo 23.

    "Sì?" disse, aprendo la porta. Poi vide chi era. "Oh, Zander! Che gentile da parte tua farci visita! Sono settimane che non ti vedo!"

    "Sì, saranno... be', sarà passato quasi un anno." Sospirai. "Signora K., c'è David in casa?"

    "No, caro, mi dispiace. È a lavoro adesso."

    "Oh, d'accordo. Andrò a trovarlo al cinema", dissi, facendo marcia indietro verso l'auto.

    "No, no, lui non lavora più lì."

    "È stato licenziato?", chiesi.

    "No, è stato lui a mollare. Non molto dopo di te. È diventato una guarda di sicurezza da qualche parte, non mi ha mai detto dove."

    "Lo chiamerò, allora," dissi.

    "Ha lasciato il telefono alcune settimane fa e ne ha preso uno nuovo", disse." Lascia che ti dia il suo nuovo numero." Tornò dentro per un minuti, io aspettavo nella veranda d'ingresso. Tornò con un vecchio telefono cellulare a conchiglia e lo aprì.

    "Ti dispiace?" chiese lei. "Con questa artrite non è facile usare questo cellulare."

    Andai nei suoi contatti, trovai il numero di David, lo aggiunsi nel mio telefono e le resi il suo.

    "La ringrazio, Signora K," dissi. Pur se David stava facendo lo stronzo, sua madre mi era sempre piaciuta.

    "Figurati," disse con un sorriso, e chiuse la porta.

    Chiamai David subito dopo, rispose la segreteria messaggi.

    "Ciao David, sono Zander. Ho appena parlato con tua madre, non sapeva dove ti trovassi e così mi ha dato il tuo numero. Amico, per favore, richiamami. Penso tu sappia il motivo." dissi alla sua segreteria. Immaginavo che essere gentili sarebbe stato il modo migliore per sistemare tutto.

    Quel giorno durante l'orario di lavoro, il telefono vibrò. Sperando che fosse David, sgattaiolai fuori e risposi. Era Clark.

    "Zander, ma per caso hai fatto un salto a casa da quando te ne sei andato?"

    "No, perché?"

    "Ci hanno derubati!"

    "...cosa?"

    "Qualcuno ha scassinato e ha rubato un sacco di cose. Manca il tuo computer, la nostra TV è andata, un sacco di roba."

    "Porca puttana," esclamai. "Hai chiamato la polizia?"

    "Sì, stanno arrivando."

    "Non toccare nulla, d'accordo?" gli suggerii, ricordando tutti quegli episodi di CSI che guardavo un tempo. "Potremmo ottenere delle impronte digitali. Penso di sapere chi è stato."

    "Chi?"

    "Un ex-amico. Ti parlerò di lui quando sarò a casa. Tra non molto me ne vado."

    Dissi al manager che il mio appartamento era stato svaligiato, e mi permise di andare a casa. La raggiunsi col parabrezza ancora spaccato, sperando di non essere fermato per questo inconveniente.

    Quando arrivai all'appartamento la polizia era già presente. Arrivai in uno spiazzale dove un poliziotto stava inquisendo Clark, e un altro stava dando un'occhiata alle stanze.

    Il poliziotto si voltò verso di me. "Sei uno dei coinquilini?" Chiese.

    "Lui è Zander," disse Clark.

    "Il mio collega sta indagando nell'appartamento. Arriverà un tecnico per setacciare le impronte. Ci servirebbe che facciate un inventario di tutto ciò che è stato derubato e che lo portiate alla centrale una volta che il tecnico avrà finito."

    "Ho un sospettato.", dissi. Il poliziotto tirò su le sopracciglia. "Si chiama David King. Un tempo era un mio caro amico, ma di recente ho cominciato a sospettare che sia lui ad aver fatto praticamente di tutto ai miei danni. Penso che lui abbia rubato l'identità mia e dei miei genitori, danneggiato la mia auto, e ora derubato casa mia." Clark mi squadrò con uno sguardo interrogativo.

    "Perché pensi che sia stato lui a fare tutto questo?" Chiese il poliziotto.

    "Ho trovato questa nel quadro d'accensione della mia auto stamattina, coi finestrini spaccati," dissi lui, consegnandogli dalla mia tasca il foglietto adesivo ripiegato. Lo lesse.

    "Perché credi che abbia scritto ciò?" Chiese.

    "Circa un anno fa facemmo una chiacchierata in cui si parlava di minimo sforzo necessario per il successo e di come la scuola rendesse le nostre vite più semplici perché prevedeva delle conseguenze in caso non avessimo raggiunto il minimo richiesto," spiegai. Pareva che l'idea fosse entrata e uscita dalle orecchie del poliziotto.

    "Faremo anche un test sulle impronte", fu tutto ciò che rispose, prendendo una borsa per le prove e mettendoci dentro il fogliettino. "Vieni alla centrale col tuo inventario e sii pronto a fare una dichiarazione formale sul tuo amico." Accettai di farlo.

    In quel momento, il collega uscì fuori senza niente da riferire. Il tecnico arrivò e cominciò a cercare. Aspettammo pazientemente, ansiosi di scoprire le cose che erano state portate vie.

    "Voi due dovreste seriamente chiudere a chiave le vostre stanze," disse il collega. "Le due stanze dei vostri coinquilini sono chiuse, e dubito che sia stato rubato niente. Dovreste comunque accertarvi di controllare le loro stanze in caso mancasse loro qualcosa quando torneranno a casa."

    Gli rispondemmo che l'avremmo fatto, il tecnico finì e ci disse che avremmo saputo da lì a pochi giorni che cosa ci avrebbero detto le impronte.

    La casa sembrava vuota. Nel soggiorno, dei tre divani era rimasto solo il più grande. La tv, un plasma da 65 pollici, non c'era più. Mancava del cibo dalla dispensa con pergiunta le cose del frigorifero gettate sul pavimento. Le posate erano sparse sul pavimento della cucina e sui vari ripiani.

    "Dove diamine sono Isaac o Jackson?" urlò Clark irato. "Stanno sempre in casa!"

    "Dovremmo chiamarli," dissi.

    "Non ho i loro numeri," rispose Clark.

    "Be', neanch'io," dissi, andando verso la mia stanza. Era stata spogliata di tutte le cose considerabili di valore.

    Il mio computer, il mouse, la tastiera, la sedia, le scatole con tutte le cianfrusaglie, la biciletta. Non c'erano più. I cassetti del comodino erano per terra, l'armadio chiaramente saccheggiato, e le coperte del letto era state gettate in giro per la stanza.

    Sentivo sprazzi di forti imprecazioni di Clark quando entrò in camera sua. "QUEL FIGLIO DI TROIA HA PRESO LA MIA cAZZO XBOX."

    Scioccato, sconfitto e stupido, mi sedetti sul letto. Chiamai Katie e le raccontai cosa era successo. Nessuna risposta. Le scrissi un messaggio, "La mia casa è stata derubata," e fissai il muro per un po', pensando.

    David King era stato in casa mia. Aveva rubato la mia identità, la mia immagine pubblica, e adesso anche le mie cose.

    Era arrivato il momento di portare avanti il mio gioco. No, non il mio gioco. La mia vita. Bisognava che smettessi di vivacchiare e iniziassi ad impegnarmi più del minimo.

    Durante il resto della giornata, imparai un sacco di cose sull'idraulica. David aveva allentato tutti i tubi che ero riuscito a trovare in casa. Clark scoprì che la nostra toilette generava un'onda anomala, una volta tirato lo sciacquone. Passammo ore a ripulire tutto. Per aggiustare i tubi, dovemmo uscire e comprare degli strumenti perché nessuno di noi ne possedeva a casa. Quando la mia carta venne rifiutata, ci pensò Clark e pagò.

    La carta rifiutata mi preoccupò. Clark ed io andammo in biblioteca, e cercammo di accedere nell'account del mio sito bancario. Bloccato. Cazzo. Non mi misi neanche a riprovare di nuovo con la password.

    Corremmo in banca prima che chiudesse, e senza più fiato mi avvicinai ad una consulente in cassa.

    "Ho bisogno... di bloccare il mio... account," fiatai.

    "Il numero del tuo account?" chiese l'impiegata chiamata, a quanto pareva, Shauntelle.

    Le recitai il numero del mio account a memoria. Lo aprì sul suo computer.

    "Patente, prego."

    Le passai il documento. Digitò il numero di licenza nel suo computer per verificare la mia identità, poi me la diede indietro.

    "Sembra che il tuo account sia al verde," disse. "Puoi soltanto bloccare l'account se sono presenti dei liquidi."

    "Sono stato derubato!", gridai, a quel punto davvero esasperato.

    "Hai spostato tutti i tuoi soldi nella carta di debito con la nostra app online, poi hai ritirato il tutto in contanti da un bancomat questo pomeriggio."

    "No, non sono stato io!" Dissi. "Mi hanno hackerato!"

    "Se desideri presentare una denuncia per transazione illecita, posso compilartene una adesso per te."

    "Sì. Fantastico. Lo faccia." dissi scortesemente. Clark mi guardava preoccupato su una sedia accanto all'entrata.

    "Quando hai cominciato a notare attività illecita?" Chiese.

    "Oggi, ma sarà iniziata praticamente in qualsiasi momento da un anno a questa parte," risposi. Lei sollevò le sopracciglia in un modo in cui pensava non l'avrei notato, e cominciò a digitare.

    Dopo un po' di minuti, tornò a guardarmi.

    "D'accordo, ho compilato il documento e l'ho sottoscritto. Dovresti essere contattato dal nostro ufficio frodi al più presto."

    "E per quanto riguarda le videocamere negli ATM?" Dissi.

    "Non ho accesso a loro, per quello dovrai denunciare alla polizia," disse.

    "D'accordo, lo farò." Infine Clark ed io Poi io e Clark tornammo in macchina e ci dirigemmo all'appartamento. Saremmo andati al dipartimento di polizia subito dopo, ma l'appartamento in alcuni punti era ancora allagato.

    Passammo delle ore a trovare i tubi che perdevano e a stringerli. Ci vollero ore poiché prima di fare qualsiasi cosa cercavamo tutto su Internet per essere sicuri di fare le cose per bene.

    Clark ispezionava i tubi sotto il lavello della cucina mentre io ero seduto al tavolo e compilavo l'inventario per la polizia. Erano già le nove, quindi lo avremmo consegnato l'indomani mattina. La nostra centrale non era aperta 24 ore al giorno. Bussammo alle porte di Jackson e Isaac, senza risposta. O non erano a casa, o ci stavano ignorando.

    "Mi dispiace seriamente per tutti questi crimini," disse Clark mentre stringeva un tubo. "Hai detto che pensi di sapere chi è. Chi è David King?"

    "David era un mio amico, circa un anno fa", dissi. Gli raccontai della sfida e la conversazione che ha portato al suo concepimento.

    "Vi siete sfidati a rovinarvi la vita a vicenda, ma poi lui l'ha presa fin troppo sul serio?" Chiese Clark, incredulo.

    "Sembrerebbe," sospirai.

    "E non manterrai la tua parte dell'accordo?" Disse Clark.

    "La mia parte?"

    "Ti ha colpito per prima, amico. Tu non ci hai neanche provato!"

    "Beh ... no, non l'ho fatto."

    "Allora pianifichiamo una qualche cosa che possa davvero rovinargli la vita!" Clark si tirò fuori da sotto il lavandino e si lavò via il grasso dalle mani.

    "Potrebbe farlo la prigione", suggerii. "Se solo riuscissi a inchiodarlo per furto di identità, risolverei il problema."

    "Giusto," disse Clark. "Ma dobbiamo dimostrargli che non ti accascierai semplicemente a terra a prenderle di santa ragione. Ho un'idea. Non gli rovinerà la vita, ma di sicuro gli farà capire che sei pronto a reagire."

    Clark con la sua auto ci portò a Home Depot. Acquistammo due bombolette di vernice spray nera, Clark pagò in contanti.

    "Bene, dov'è che vive questo idiota?" Chiese Clark quando ci accomodammo di nuovo in macchina.

    "Clark, sua madre è una persona meravigliosa. Non me la sento di imbrattare casa sua," risposi.

    "Sua madre?!" Clark rise istericamente. "Un tipo che vive ancora con la mamma ti sta terrorizzando?!"

    "Va bene, d'accordo, Gesù", dissi. Gli diedi l'indirizzo e partì.

    Passammo davanti casa cercando di intercettare delle luci accese. La casa era buia. Anche le luci del portico erano spente. Parcheggiammo a tre isolati dalla casa e iniziammo a camminare.

    "Qual è il piano?" domandai.

    "Spruzziamo un bel 'LADRO' sulla facciata della casa," sussurrò Clark con un sorriso. "Questo dovrebbe dare tanti begli spunti di conversazione al vicinato."

    Quando fummo prossimi alla casa dei loro vicini, ci nascondemmo dietro una staccionata e ispezionammo il quartiere. Non volava una mosca. Nessun movimento, nessun rumore, nessuno in giro.

    Restammo bassi e in silenzio ci precipitammo o verso la faccia della casa. Io feci la 'O', Clark la 'L', e procedemmo ricongiungendoci in mezzo. Ci vollero appena tre secondi. Facemmo alcuni passi indietro, esaminando il nostro lavoretto. Le lettere erano alte quasi un metro, facilmente visibili dalla strada. Perfetto.

    Ci voltammo e cominciammo a camminare verso l'auto. Poi, la porta d'ingresso di casa si spalancò. Mi girai di spalle.

    Quello stronzo di David King.

    "Oh cazzo," sibilai. Clark mi sentii e ce la demmo a gambe verso la macchina. David ci inseguiva correndo per il marciapiede. Anche Clark si voltò.

    "Oddio, oddio, oddio," ritmava Clark ad ogni passo. Sembrava seriamente preoccupato.

    Raggiunta la macchina, a Clark si accese la lampadina.

    "Continuiamo," provò a sussurrare nonostante fosse senza fiato. "Ho chiuso la portiera, ci vuole troppo a sbloccarla. Così poi saprà il numero di targa." Clark non aveva chiusure automatiche, doveva usare la chiave manualmente. Seguii il suo ragionamento e corremmo dietro la macchina come fosse un veicolo qualunque.

    Guardai indietro, David ci stava raggiungendo. Faceva troppo buio per vedere la sua espressione. Diamine, non sapevo neanche se mi aveva riconosciuto.

    "Dividiamoci," urlai mentre giravo a destra verso il giardino interno di uno sconosciuto. Clark continuò a tirare dritto.

    Quando raggiunsi la bianca staccionata di plastica che circondava l'intera proprietà, diedi un'occhiata indietro. David aveva seguito me e ignorato Clark.

    Mi arrampicai lungo la staccionata e caddi dall'altra parte. Ero finito nel giardino sul retro di qualcun altro ancora. Cominciai a correre verso la facciata. Una luce a sensore di movimento si attivò verso il muro, accecandomi. Guardai ancora dietro di me e vidi David superare la staccionata in meno di un secondo. Dove DIAMINE aveva imparato a fare una cosa simile!?

    Oltrepassai l'angolo della casa e mi scaraventai lungo un tavolino e delle sedie. Le sedie si fracassarono e il tavolo si ribaltò mentre il mio corpo gli girava intorno. Sentivo il mio cuore battere rumorosamente mentre mi rialzavo.

    Fu allora che David mi prese per la nuca e mi spinse la faccia sul bordo del tavolo.

    Terza parte -->



    Edited by & . - 24/9/2021, 17:51
     
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