Votes given by TACET

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    l'ho visto,però secondo me potevano mettere più villan e togliere un'pò di riferimenti al precedente gioco
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    carina
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    Ho 22 anni e questo episodio è accaduto un anno e mezzo fa. Mi ero appena trasferita nel mio primo appartamento e stavo traslocando. La porta che conduce nel mio appartamento si blocca quando viene chiusa. Quindi, stavo andando all’entrata del condominio per prendere la posta mentre parlavo a telefono con il mio ragazzo. Tornai dentro e mi sedetti sul letto e, mentre aprivo la lettera e al contempo stavo col telefono, mi cadde il telefono e mi finì sotto il letto, quindi dovetti sdraiarmi sul pavimento e allungare la mano per prenderlo. Vidi qualcosa che catturò la mia attenzione… C’era qualcuno sotto il letto. I miei occhi si spalancarono e mi trattenni dall’urlare. La persona sotto il letto era sdraiata di spalle a me con la testa abbassata sul petto, quindi non riuscivo a vedere il suo volto. E lui non mi aveva visto. Provando a essere razionale mentre mi passavano per la mente così tanti pensieri, raccolsi il telefono e dissi: “Scusami, ho fatto cadere il cellulare, mi faccio la doccia e ti richiamo.”

    Il bagno si trova proprio vicino al letto, quindi ci entrai precipitosamente, chiusi in silenzio la porta, aprii la doccia, saltai dalla finestra (il mio appartamento è sul primo piano) e chiamai la polizia. Mi dissero di aspettare lì vicino, ma di attraversare la strada e vedere se qualcuno uscisse dalla porta verso il condominio. Tutto ciò accadde d’estate ed era ancora giorno. Mi posizionai dall’altro lato della strada, mi nascosi dietro una macchina e mi misi a guardare la finestra aperta del bagno e la porta d’ingresso. Chiamai il mio ragazzo e arrivò appena prima della polizia, diedi loro le chiavi ed entrarono. Poco dopo due poliziotti uscirono portando un uomo magro e stanco. Aveva uno sguardo da folle, ma non provò a scappare. Il poliziotto che era stato al mio fianco e che mi aveva consolato mentre la polizia stava ispezionando casa mia (ero a pezzi, tremavo e piangevo) mi disse che il tipo stava fuori la porta del bagno con uno dei miei coltelli da cucina e aspettava che io uscissi.

    Quell’uomo in qualche modo si era intrufolato nella porta d’ingresso mentre prendevo la posta e si era nascosto sotto il letto. L’uomo che voleva farmi del male era un senzatetto e fu posto in un ospedale psichiatrico. Il mio fidanzato si trasferì da me il giorno dopo.
    Grazie per aver letto! Ho voluto condividere la mia storia così che altri possano sapere cosa fare in caso succeda una situazione del genere! La polizia mi disse che quello che avevo fatto fu davvero fantastico e razionale. Se avessi urlato, sarebbe potuta finire molto male per me.


    Edited by & . - 14/4/2021, 22:08
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    Sembra interessante, ci darò uno sguardo.
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    Carissimi utenti del Creepypasta Forum, in questi giorni si sono susseguiti una serie di eventi abbastanza insoliti che hanno minato la quiete del forum e che probabilmente vi hanno disorientati. Ebbene, la verità è che si trattava di uno scherzo che abbiamo abilmente orchestrato per cercare di rendere credibile il pesce di aprile. Vi abbiamo fatto preoccupare e di questo ce ne scusiamo perché siamo convinti che non sia piacevole vedere uno Staff che si sfaldi da un momento all’altro a causa di incomprensioni interne oppure l’aspetto del nostro amato forum deturpato in quel modo. Quindi vi capiamo se ci riterrete degli sconsiderati.

    Tuttavia, le nostre le nostre intenzioni non volevano essere del tutto cattive, ma un modo per cercare di smuovere un po’ le acque e capire quanto voi utenti ci teneste a salvaguardare la vostra community. Si può dire che l’esperimento sia ampiamente riuscito, dal momento che ciascuno di voi ha mostrato la sua solidarietà e ha cercato a modo suo di mediare e di salvare il salvabile. Siamo pertanto lieti di annunciarvi che il nostro team è più unito che mai. Sono ormai finiti i tempi bui di una volta in cui, a causa di incomprensioni interne e mancata comunicazione tra di noi, si creavano rotture il più delle volte insanabili. Oggi siamo tutti più tranquilli e più consapevoli di quanto l'unione faccia la forza.

    Anche l'apertura della sezione erotica e le candidature per le posizioni di Amministratore e Supervisore non sono veritiere, mentre continuano ad essere valide quelle per la posizione di Moderatore. Di conseguenza, tutti coloro che intendono rinnovare la propria candidatura, possono farlo tranquillamente nell’apposito topic. Dopodiché si procederà seguendo il classico iter che prevede un colloquio iniziale ed un periodo di prova di lunghezza variabile.

    Abbiamo provveduto a ripristinare i gruppi come prima, ma con una grande novità. Il giovane Woody, o forse dovrei dire Qanon, rimarrà ancora a lungo nel gruppo Amministratore e questa volta a pieni poteri per l’impegno e la costanza dimostrata in questi mesi. Ebbene sì Woody, tu sei la nostra trota d’aprile dal nome del gruppo Telegram che abbiamo creato in gran segreto in questi giorni per votare la tua elezione ad admin. Complimenti giovane ragazzo dalla “erre moscia”!
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    Ok, però poi la gente verrebbe dentro il forum per tipo solo farsi una pippa poi se ne andrebbe
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    Manifesto originale del 1957, con la quale la polizia cercò di identificare il "ragazzo nella scatola"



    Il caso "Baby in the box" (lett: "Il ragazzo nella scatola") è uno dei misteri irrisolti più eclatanti della cronaca nera statunitense. Un caso ancora aperto, nonostante siano trascorsi circa sessant'anni. Si fa riferimento ad una vittima mai identificata di un omicidio; si trattava infatti di un bambino dai 3 ai 7 anni il cui corpo, nudo e con segni di percosse, fu ritrovato in una scatola di cartone nel quartiere di Fox Chase a Philadelphia, in Pennsylvania, il 25 febbraio 1957. La sua identità non è mai stata scoperta, e il caso rimane aperto tutt'oggi.


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    Scena del crimine, la scatola in cui fu ritrovato il corpo.



    La scoperta avvenne nel 1957; un giovane aveva precedentemente piazzato delle trappole per topi nella boscaglia di Susquehanna Road e per primo trovò il corpo, tuttavia non denunciò alle autorità per paura che potesse subire un processo per aver piazzato delle trappole non autorizzate. Qualche giorno dopo, un altro ragazzo che percorreva la strada notò un coniglio che correva nel sottobosco. Sapendo della presenza delle trappole, fermò la macchina per aiutare l'animale e scoprì il corpo. Anche lui all'inizio esitò a riportare la scoperta alla polizia, ma poi vi si recò il giorno seguente.

    La polizia trovò il corpo avvolto in una coperta, dentro una scatola destinata a contenere le culle prodotte da J. C. Penney. Sul corpo del bambino erano presenti segni di denutrizione, oltre che delle cicatrici chirurgiche sulla caviglia e l'inguine, e una cicatrice a forma di L sotto il mento. Inoltre, la testa del bambino presentava pochi capelli e venne ipotizzato che fossero stati tagliati dopo la morte, perché lungo il corpo c'erano ancora residui di ciocche e ciuffi.

    La polizia iniziò le indagini il 26 febbraio 1957, ovvero il giorno seguente. Vennero prese le impronte digitali del ragazzo e si pensava che le indagini potessero concludersi molto velocemente, ma non fu così; nessuno si presentò a testimoniare. Il giornale The Philadelphia Inquirer stampò circa 400.000 volantini con il probabile aspetto da vivo del bambino nella speranza che qualcuno lo riconoscesse.

    La scena del crimine fu perlustrata da cima a fondo da 270 agenti di polizia, che riuscirono solo rinvenire un cappello da uomo di velluto, una sciarpa da bambino e un fazzoletto bianco da uomo con la lettera G nell'angolo, tutti oggetti che non portarono le indagini da nessuna parte.

    La polizia si spinse fino a pubblicare delle foto post-mortem del bambino vestito e seduto, sperando che qualche civile lo potesse riconoscere. Nonostante l'interesse che continuò a manifestarsi nel corso degli anni, l'identità del bambino non è mai stata scoperta e il caso rimase irrisolto.

    Il corpo fu inizialmente sepolto in una fossa comune. Nel 1998 venne riesumato per estrarne il DNA e a quel punto venne sepolto nuovamente a Cedarbrook. La tomba ad oggi ha una grande lapide con su scritto "America's Unknown Child", il ragazzo sconosciuto d'America. I residenti mantengono la tomba adornata da fiori e peluche di animali.


    Negli anni molte teorie sono state avanzate riguardo l'identità del bambino; molte sono state considerate poco attendibili, ma due in particolare sono state ampiamente indagate.

    La casa famiglia


    Nel 1960, Remington Bristow, un uomo che lavorava all'ufficio del medico legale che seguiva il caso, si interessò particolarmente all'omicidio e indagò fino alla sua morte, nel 1993. Si mise in contatto con un sensitivo, il quale lo condusse ad una casa famiglia a circa 2,5 km dal luogo del ritrovamento del corpo. Nell'edificio Bristow scoprì una culla simile a quelle vendute da J. C. Penney e delle coperte molto simili a quella ritrovata accanto al corpo del bambino. Bristow iniziò ad ipotizzare che il bambino appartenesse alla figliastra del direttore della casa, e che si erano liberati del corpo in modo che la figliastra non venisse additata come ragazza madre non sposata. Inoltre ipotizzò che la morte del ragazzo fosse stato un incidente. La polizia tentò di indagare interrogando la figliastra (che intanto si era sposata) ma non ci furono conclusioni interessanti. A questo punto, l'indagine sulla casa famiglia fu quindi chiusa.

    La donna conosciuta come "Martha" o "M"


    Una nuova teoria fu portata avanti nel febbraio 2002 da una donna identificata solamente come "Martha". La polizia considerò la sua storia come plausibile pur dubitando della sua testimonianza in quanto la donna era stata affetta da malattie mentali. "M" dichiarò che sua madre, donna violenta e mentalmente instabile, avesse comprato un bambino (il cui nome sarebbe stato "Jonathan") nell'estate del 1954. In seguito, il bambino fu sottoposto a estreme violenze fisiche e abusi sessuali per circa due anni e mezzo, chiuso in isolamento nel seminterrato. Raccontò che al bambino non fosse mai stato permesso uscire dalla casa e che fosse costretto a trascorrere la maggior parte del suo tempo nel seminterrato, pieno di spazzatura e sporcizia. Martha ha sempre sostenuto che il bambino non avesse mai parlato e che venisse regolarmente abusato da sua madre (la cui identità non è mai stata svelata).

    La donna raccontò che una sera a cena, il bambino vomitò i fagioli stufati che stava mangiando, e che per questo motivo sarebbe stato violentemente picchiato e che sbatté la testa contro il pavimento, rimanendo incosciente. Quella stessa sera gli venne quindi fatto un bagno durante il quale morì probabilmente per il trauma cranico.

    Queste poche ma preziose informazioni combaciavano con quelle in possesso della polizia: infatti il coroner trovò nello stomaco dei resti di fagioli stufati, e le dita del bambino avevano i polpastrelli rugosi come se le mani fossero state immerse a lungo nell'acqua.

    Successivamente all'omicidio, la madre di "M" avrebbe quindi tagliato i capelli al bambino per non farlo riconoscere. Avrebbe poi costretto la donna ad assisterla mentre si liberava del corpo. "M" continuò a raccontare che mentre stavano per rimuovere il corpo dall'auto, un motociclista che passava nei dintorni si fermò per offrire aiuto. Queste informazioni combaciavano con quelle fornite da un testimone nel 1957.

    Nonostante la possibile verosimiglianza delle informazioni date da "M" alla polizia, nessuno fu in grado di verificare le sue dichiarazioni per assenza di prove. I vicini che avevano avuto accesso alla casa di "M" negarono che avessero un bambino, e rigettarono la testimonianza della donna definendola "ridicola".

    È importante sottolineare a questo punto che la psicologa che si occupava di Martha, abbia sempre sostenuto che l'esperienza raccontata dalla donna fosse reale, perché la versione raccontata non cambiò mai neppure una volta durante tutte le sedute. Inoltre si ipotizza che è possibile che il vicinato non sapesse l'esistenza del bambino, in quanto in due anni di permanenza nell'abitazione non gli fu mai concesso di vedere la luce del giorno.

    Ad oggi il mistero rimane irrisolto.


    Edited by ´ kagerou. - 19/3/2021, 22:50
  8. .
    “Papà, papà! Ho visto uno zombie!”
    Ero in cucina a prepararmi un thè quando la mia figlioletta è entrata di corsa. È corsa così velocemente dalla porta sul retro che quasi inciampava sul gradino. Ho versato l’acqua bollente dal pentolino alla tazza quasi senza alzare lo sguardo.
    “Ah, davvero?”
    “Sì, davvero! Aveva la faccia pallida ed era messo male! Era disgustoso papà!”
    Ho messo via il pentolino e preso il latte. Ho sospirato tra me e me. Devo veramente fare attenzione a quello che guardo la sera alla tv. Rosie ha l’abitudine di scendere le scale di soppiatto la sera e settimana scorsa ha visto che stavo guardando The Walking Dead, tra le altre cose. Ha avuto in mente gli zombie da allora. Io continuo a dirle che non sono veri, che non esistono, ma sembra che non ci creda.
    “Tesoro, che cosa abbiamo detto riguardo gli zombie?” ho estratto la bustina del thè dalla tazza e l’ho buttata nel cestino. “Lo sai che se continui a parlarne, papà finirà nei guai con mamma.”
    “Sì, ma ne ho visto uno!”
    “Lo so tesoro, ma ho controllato il giardino due volte ieri, e posso giurare che è una zona senza zombie.”
    “No, non in giardino.”
    “Come?”
    “Ho detto che non era in giardino.”
    Avevo alzato la tazza fino alle labbra ma ho dovuto appoggiarla sul tavolo. Mi sono girato a guardare Rosie. I suoi capelli erano scompigliati e le sue guance erano rosse, come se avesse corso fino a poco fa.
    “Tesoro.” Ho cercato di usare la mia voce più severa. “Ora ti farò una domanda, e voglio che tu sia onesta con me: sei ancora andata a giocare lungo il sentiero dietro casa?”
    In realtà non serviva nemmeno che glielo chiedessi, perché sapevo già la risposta. Rosie ha il permesso di giocare in giardino da sola, e qualche volta – se ci chiede il permesso – la lasciamo andare in bicicletta lungo il sentiero dietro casa, quello che collega tutti i giardini delle case dei vicini. Tuttavia le permettiamo di fare solo questo; la zona è sicura, ma di questi tempi non puoi mai esserne certo.
    Una casa è stata svaligiata qualche mese fa giusto a due isolati, e l’anno scorso qualcuno è stato aggredito sulla strada principale. Parecchi anni fa, ad alcuni quartieri da questo, addirittura un bambino è sparito. Era abbastanza lontano da qui, certo, ma era finito sui telegiornali nazionali per alcuni giorni fino a quando le ricerche non hanno condotto a nulla.
    La cosa ha reso i genitori molto più cauti; Rosie sta crescendo, è una bambina a cui piace esplorare, ma comunque devi mettere dei limiti. E in alcune occasioni, ultimamente, non sta rispettando quei limiti: va in bicicletta dove non dovrebbe, non viene quando la chiami, esce di soppiatto dal cancelletto del giardino quando dovrebbe restare lì.

    Mentre la guardavo, potevo notare la sua faccia diventare tutta rossa. Ha subito smesso di guardarmi fissando il pavimento della cucina.
    “Papà, sono andata solo un pochino lungo il sentiero,” mi ha detto. “Lo giuro! Stavo chiacchierando con il signor Henderson, perché l’ho visto nel suo giardino. L’ho salutato e ha fatto un salto!”
    Ho sospirato. Ecco com’era andata: il signor Henderson era lo zombie di Rosie. Ieri era il postino, e l’altro ieri era un altro vicino. Ho sorseggiato il thè mentre scuotevo la testa. Il signor Henderson era, in tutta onestà, il candidato migliore tra gli altri: vive da solo e sembra avere cent’anni. Nei su tutta la faccia, la pelle ricorda un palloncino sgonfio. Ogni volta che parliamo attraverso la recinzione dei giardini, tuttavia, mi è sempre sembrato un tipo a posto, solo un po’ solitario. Non posso di certo lasciar andare in giro Rosie a dire che è uno zombie.
    “Ascoltami tesoro, lo so che non sei andata lontana, ma non voglio che-“
    “Sono subito tornata indietro papà!” mi ha subito interrotto Rosie. Ora mi stava di nuovo guardando, con i suoi occhioni blu che chiedevano scusa. “Lo giuro! E ho anche detto di no al signor Henderson quando mi ha offerto il gelato, perché so che non vuoi che io accetti cose dagli sconosciuti!”
    Ho aperto la bocca per rispondere, poi mi sono fermato. “Ti ha offerto il gelato?”
    “Sì, ma ho rifiutato! Il signor Henderson voleva veramente che entrassi da lui a mangiarne un po’, ma gli ho detto che dovevo tornare a casa! Quindi sono subito tornata qui per dirti dello zombie, e poi…”
    Rosie stava balbettando ora, la sua voce scoppiettava come un motore, ma non stavo più ascoltando. La mia mente continuava a restare bloccata su una cosa che aveva detto Rosie poco fa.

    Il signor Henderson voleva veramente che entrassi da lui a mangiarne un po’.

    Ho bevuto un altro sorso di thè aggrottando la fronte. Non andava bene; non mi dispiace se i vicini chiacchierando con la mia bambina, ma non mi sta bene che la invitino ad entrare in casa loro, non senza di me o mia moglie. Neppure se sono degli anziani gentili che si sentono soli. Dovevo andare a fare una visita dal signor Henderson dopo per dirglielo, con gentilezza ma anche con fermezza.
    Alla fine, però, non ne ho avuto l’opportunità, perché subito dopo questo pensiero, Rosie ha detto un’altra cosa. Una cosa che mi ha subito fatto cambiare idea riguardo l’andare a casa del signor Henderson; mi ha detto qualcosa che mi ha gelato il sangue.
    “Papà, per favore, non impedirmi di giocare in giardino. Giuro che non uscirò più di nascosto. Non voglio che lo zombie mi prenda!”
    “Rosie, non ti impedirò di giocare in giardino, però devi promettermi alcune cose: prima di tutto, non voglio che vai in giro a chiamare zombie la gente. Il signor Henderson sarà vecchio, ma di sicuro non è un morto che cammina.”
    Rosie, alle mie parole, ha aggrottato la fronte. “Ma non l’ho fatto.”
    “In che senso non l’hai fatto? Sei entrata di corsa poco fa dicendo questa cosa.”
    No, non è vero. Il signor Henderson non è uno zombie. Ho visto uno zombie in casa sua, ma non era lui.”
    A questo punto ho aggrottato io la fronte. Stavo per bere un sorso dalla tazza ma l’ho dovuta di nuovo abbassare.
    “In che senso tesoro? Hai visto qualcuno in casa sua?”
    “Sì, lo zombie! Potevo vedere che premeva la sua faccia contro la finestrella della cantina mentre parlavo col signor Henderson.”
    Un brivido mi ha subito percorso la schiena. “Cosa?”
    “Sì, faceva veramente paura. La sua faccia era tutta ferita e sanguinante e aveva la bocca spalancata. Come se stesse urlando. Ma sai cosa mi ha confusa, papà?”
    Ho cercato di tenere la mia voce calma. “Cosa ti ha confusa?”
    “Beh, non pensavo che anche i bambini potessero essere zombie. Io pensavo che solo gli adulti si trasformavano. Ma immagino di avere torto, perché quello nella cantina del signor Henderson sembrava proprio un bambino.”

    Tradotta da qui


    Edited by Mr Tita - 9/3/2021, 15:48
  9. .
    Sono uno psichiatra di professione e, durante la mia carriera, ho avuto a che fare con molte persone che hanno problemi strani e inusuali. Tuttavia, tra tutti un caso particolare mi disturbò particolarmente.

    C'era una famiglia di tre persone che viveva accanto a me. Erano una coppia sulla sessantina e avevano un figlio che aveva circa trent'anni. Lui era ciò che in Giappone chiamiamo un 'Hikikomori'. Qualcuno che è introverso, solitario ed isolato. Qualcuno che si è ritirato dal contatto sociale.

    Non vedevamo mai il figlio. Gli hikikomori solitamente si chiudono in camera loro ed evitano gli altri. Non mi venne spiegata la sua condizione direttamente dai genitori. Immaginavo non volessero parlarne. In Giappone le persone sono molto preoccupate della propria reputazione, e avere un figlio hikikomori è una vergogna.

    I giorni passavano, e il figlio usciva sempre meno. Ad un certo punto smise di uscire di casa del tutto. Ogni notte, la voce furiosa di sua madre che gridava ed inveiva contro di lui poteva sentirsi da camera sua. Ogni volta che incontravo quella povera donna, lei sorrideva e mi salutava, ma si vedeva la fatica sul suo volto. Era diventata pallida ed emaciata.

    Erano sei anni che non si vedeva più il figlio. Un giorno, il padre bussò alla mia porta e mi chiese di andare a casa sua. Sapeva che ero uno psichiatra, e dato che eravamo vicini di casa decisi di fare il possibile per aiutare la sua famiglia.

    Quando arrivai alla loro porta di casa, la moglie ci stava aspettando. Mi guidò al piano di sopra dalla stanza di suo figlio.

    Batté con il pugno sulla porta e gridò, "Stiamo entrando!"

    Poi, irruppe nella stanza e strillò, "Pensi di dormire per sempre? Alzati, fannullone buono a nulla!"

    Prima di capire cosa stesse succedendo, lei prese una mazza da golf e iniziò a colpire la figura sotto le coperte. Per un attimo, rimasi allibito mentre lei continuava a colpire e colpire. Poi partii all'azione e le strappai di mano la mazza lottando contro di lei per farla uscire dalla stanza.

    Tornai dentro in fretta per controllare le ferite del figlio, ma quando tolsi la coperta non potei credere ai miei occhi. Sotto le coperte giaceva un corpo mummificato.

    Rimasi lì immobile, sbigottito a fissare il mucchietto di ossa e pelle rinsecchita.

    Il padre mi si avvicinò, chinando il capo dalla vergogna.

    "Quella che volevo vedesse era mia moglie", mi disse. "Sta andando avanti così da anni. Non ce la faccio più…"



    Edited by DamaXion - 22/2/2021, 11:48
  10. .
    ATTENZIONE: la storia contiene descrizioni cruente che potrebbero risultare particolarmente disturbanti.





    Immagino di essere quello che chiameresti un tossicodipendente. Un fattone, addirittura.
    Alcol? No, non tocco quella roba. Io la bevo, hahaha. Non hai bisogno delle mani per farlo, ecco la battuta.
    Droghe? Insomma, qualche volta. Per divertirmi. Qualunque cosa tu abbia, se è gratis, me la sparo in vena o me la lecco, o fumo, infilo sotto la palpebra o sniffo direttamente nell’aorta. E non sono nemmeno tanto schizzinoso. Captain Cody, Skag, Mud, Fidgeridoo, Herbal Speedball, Organ Oil, Demmies, Miss Emma, Kickers, Mrs. O, Yog-Sothamines, XTC, Sneeze, R-Balls; se ce l’hai, me le prendo. Non sono dipendente da quella roba comunque.

    No, la mia unica dipendenza è estremamente semplice, eppure intollerabilmente difficile da soddisfare; ROBA FOTTUTAMENTE MALATA.
    E non sto parlando del comune snuff da dark web.
    Ho bisogno della roba seria.
    Deve avere a che fare con l’incapacità del mio cervello di produrre dopamina, oxitocina, serotonina e endorfine (la D.O.S.E.), questo secondo vari dottori online.
    Quindi è una condizione medica. Eppure non ho ancora trovato un medicinale che faccia al caso mio.

    In ogni caso, la mia condizione medica mi costringe ad immergermi negli angoli più degenerati della società. Tu avrai i tuoi oscuri club sconosciuti, feste omicide, festival degenerati sotterranei, teatri della tortura, ristoranti della decapitazione, e le strane orge di organi, ma quello che mi fa esondare la D.O.S.E. è quello di cui non senti mai parlare.
    Quello che devi trovare.
    Niente inviti, niente conferme di partecipazione. Un giorno scappano fuori all’improvviso come un chicco di popcorn, e prima che tu te ne accorga, non ci sono più.

    Sono stato a un po’ di questi eventi negli anni, e non deludono mai. Ti ho già detto dell’Incidente Baby Killer, sì? Allora hai capito di che sto parlando.
    Roba fottutamente malata!

    Mi sono imbattuto in questa per Caso.

    Caso nel senso che questa spogliarellista di mia conoscenza è coinvolta in un circolo di cannibalismo rituale di qualche genere (non faccio domande), e per farla breve lei conosceva il degenerato che organizzava l’evento.
    All’inizio non ne ero molto sicuro, questo tizio in particolare sta piuttosto in alto nella mia sporca lista di degenerati, ma hey, “a caval donato” e tutto il resto.
    Per non parlare della mia astinenza da D.O.S.E. che stava cominciando a bruciare, rendendomi fondamentalmente un tremante sacco di budella con tendenze suicide, nei giorni migliori.

    Quindi eccomi, tremante sacco di budella, dentro un centro commerciale abbandonato, ad accettare pigramente droghe assortite da passanti impietositi, quando si avvicina questo tizio, tutto vestito in una tuta hazmat rosa con uno stranissimo puntale da unicorno sul casco (che, ripensandoci ora, era probabilmente un dildo gigante a forma di vite), e mi fa Hey Tilly (è il mio nome, Tilly), Hey Tilly, mi dice, mi hanno detto che ti piace la roba malata.

    Hey, le voci girano. Penso tra me e me, ma allo stesso tempo ho dei rumorosi campanelli d’allarme che iniziano a squillarmi nella testa, accompagnati da una quantità di bandiere rosse che nemmeno l’Unione Sovietica. Come diavolo fai a sapere il mio nome? Gli chiedo.

    Le orecchie, mi risponde. Il tizio mi ha detto di cercare un uomo con le orecchie deformi.

    Ebbene, l’hai trovato, gli dico, piroettando come una ballerina, facendo in modo di evidenziare le mie orecchie orride.
    E chi cazzo ti avrebbe dato il mio nome?

    Quel tizio, farfuglia lui pigramente, senza nemmeno indicare qualcuno. Dimmi un po', che gli è successo?

    A chi?

    Alle tue, uh, orecchie.

    Ah, quelle, rispondo. Me le sono tagliate per una parte di una barzelletta su Van Gogh. Beh, due barzellette, ad essere precisi. Entrambe su Van Gogh però.

    Il tizio annuisce, sorride pure, forse, ma non posso vederlo di preciso per via del dildo-casco, e mi fa cenno di seguirlo.

    Normalmente non seguirei mai un uomo estraneo dentro un bagno pubblico, ma talvolta è esattamente quello che dovresti fare.
    Immagino che imparare quando farlo e quando non farlo è una abilità fondamentale in questo campo, ma te ne renderai conto in un modo o nell’altro, quindi non ti preoccupare più di tanto.

    Comunque, eccoci nel bagno. Come il resto del complesso è senza una macchia, nel senso che non c’è nemmeno una macchia di superficie che non sia coperta di putrido, sporco o fluidi corporei di qualche genere, e mi si arriccia il naso dal disgusto mentre il tizio mi fa cenno di entrare in una cabina vuota sul fondo della stanza.

    Esito per un istante, il mio cervello fa i salti mortali a livello olimpico per calcolare il coefficiente rischio/guadagno della situazione attuale. Stabilisco un 50/50 – abbastanza buono – e entro nella cabina, solo per rendermi conto che non si tratta affatto di un cesso.

    Inaspettato, dico, mentre i miei livelli di D.O.S.E. aumentano leggermente.

    Il tizio inizia a scendere la scala a chiocciola che porta dio sa dove, si guarda indietro e nota che io me ne sto ancora lì, imbambolato. Vieni o no? mi chiede.

    Cazzo no, penso tra me. , dico.

    Ora, non sono un architetto, ma voglio tirare a indovinare e ipotizzare che le scale a chiocciola sono una cosa rara da trovare nei comuni bagni dei centri commerciali, abbandonati o meno. Questo non è sempre stato un centro commerciale, vero? Gli chiedo.

    Perspicace, risponde lui. Prima era una chiesa. Immagino che il capitalismo vince sempre, eh?

    Annuisco e basta, e mi rendo conto che queste dannate scale non finiscono più, come quelle spirali che vedi nei vecchi film, hai presente? Quando qualcuno viene ipnotizzato?

    E lì mi viene in mente questa donna che conobbi quando ero giovane.
    Giovane? Il tempo, ragazzi… corre sempre da qualche parte, e io non mi sono mai impegnato ad andargli dietro.
    Comunque, penso a questa donna che incontrai per strada, e di come, dal nulla, mi chiese se per caso avessi visto il suo lavoro, e io risposi tipo che cavolo vuol dire?

    Ho perso il mio lavoro, disse lei.

    Sta sempre nell’ultimo posto dove guarderesti, le feci notare.

    Molto utile, mi disse senza ironia. Senti, non è che mi aiuteresti con un’altra cosa?

    Cosa?

    Sai per caso, cominciò lei. Sai per caso come riavvolgere una scala a chiocciola?

    Non so che dire, quella roba mi è rimasta in testa da allora.
    Una specie di indovinello? Una battuta elaborata? Una Operazione Fotti-cervello segreta? Linguaggio da matta scappata dal manicomio?

    In ogni caso, è così che mi sono sentito scendendo quelle scale. Come se stessi riavvolgendo una scala a chiocciola.

    Eccoci arrivati, esclama all’improvviso il tizio, strappandomi via dal mio viaggio nel mondo dei ricordi.

    Sono estremamente deluso a questo punto, ma poco dopo aver lasciato che i miei occhi si abituassero alla luce soffusa della stanza sotterranea, riesco a sentire il mio cervello che inizia a pomparmi roba buona nelle vene.

    Champagne? Mi chiede il tipo, facendo cenno a una ragazza con la faccia da topo in un angolino di venire avanti con un vassoio di bevande alcoliche.

    Non ti offendere se sono già due passi avanti a te, penso, subito dopo aver afferrato una bottiglia trovata vicino alle scale. La apro, e mi godo le loro espressioni basite mentre ingurgito l’intera bottiglia in pochi secondi. Sa di miscela tra merda e vomito invecchiata, ma alla testa sembra piacere, e non sono certo il tipo da litigare col mio fottuto cervello.

    Guardo i due scambiarsi sguardi di confusione, realizzazione e qualcosa che identifico (erroneamente) come paura, poi faccio caso all’uomo nudo e legato all’altro capo della stanza.

    Mi sa che mi sono dimenticato di parlarne, ma c’era pure lui. Infatti era l’unico motivo per cui la mia D.O.S.E. stava aumentando – la prospettiva di vedere qualche tortura malata era abbastanza da farmi andare in circolo la roba buona.

    E adesso? chiede la ragazza. Glielo diciamo?

    Fanculo, dice il tizio, e mi tira una sprangata sul cranio.

    Hai presente quella parte in tutti i fottuti film d’azione dove il protagonista stende qualche povero tirapiedi senza nome con una botta in testa? Ti rendi conto di quanto cazzo sia pericoloso?
    Le commozioni celebrali sono assassine silenziose. Potrebbero infliggere anche seri danni al cervello. Quelle stronze possono rovinarti la vita.

    In ogni caso, immagino di esser stato fuori gioco per un po', perché quando mi sono svegliato, ero appeso al soffitto, il mio corpo sospeso a mezz’aria tramite delle catene dall’aspetto decisamente resistente.

    Hai fatto una cazzata imperiale stavolta, Tilly, iniziò a dirmi il casco-dildo.

    Se la mascella non mi facesse male come se qualcuno l’avesse strappata e poi rimessa a posto nel verso sbagliato, avrei sicuramente risposto con un’affermazione divertente. Ma date le circostanze, mi vidi costretto a replicare con un poco convinto Guh?

    Lascia che ti dimostri esattamente quanto grossa l’hai fatta oggi, dice il tipo.

    La mia mente fa dentro e fuori da quella che credo sia la coscienza, ma è come se i miei pensieri fossero spaccati in due; un lato che continua a cercare di dare un senso a ciò che sto vedendo, e l’altra che si riempie rapidamente di terrore fino a nausearmi. Però urlano tutti e due, i miei timpani riescono in qualche modo a sentire l’interno della mia testa mentre annega lentamente in una logorante follia.

    Anche il tizio nudo urla, ma lo fa per davvero, a squarciagola. Come cavolo fanno un paio di polmoni presumibilmente normali a contenere tutta quell’aria? Penso mentre lo guardo.
    La sua pelle è di un rosso particolarmente scuro, in parte dovuto sicuramente alla carenza di ossigeno, ma il resto è a causa dal ruscello di sangue che cola senza pausa dalla sua cavità oculare, che presto sarà vuota.

    Tiralo via Ems! Urla il tipo nella tuta.

    La ragazza col muso da topo, Ems, ha un orrido ghigno sul volto.
    Hai presente come è un limone vecchio? Tipo una fetta di limone tutta avvizzita? Piena di grinze e con la pelle scura, come il cuoio? Quella è la sua faccia.
    Un fottuto ghigno da limone marcio e avvizzito.

    Tiralo!

    Ems tiene saldamente stretto tra l’indice e il medio l’occhio dell’uomo nudo, le sue unghie lunghe e sporche che scavano nella materia spugnosa e vitrea, e ormai l’ha tirato fuori di qualche centimetro circa dalla cavità oculare del povero bastardo. E posso capire dalla sua postura che si sta preparando per l’orrido strattone finale.

    A questo punto vorrei davvero tanto poter chiudere i miei occhi, sai, soccombere alla follia da cui il mio cervello sta così disperatamente lavorando per salvarmi, ma allo stesso tempo non ci riesco. Non posso controllare fisicamente le mie palpebre. Non capisco il perché, ma questa cosa mi spaventa più di tutto quello che mi sta succedendo davanti.

    E poi succede. Con un rapido, ed esageratamente drammatico movimento, la ragazza strappa via totalmente l’occhio, le urla tormentate dell’uomo hanno raggiunto livelli che trascendono l’udito umano. Mi fischiano le orecchie, la mente mi turbina, e gli occhi mi prudono.

    Osserva Tilly, dice gelido il tizio nella tuta.Osserva attentamente questa merda.

    E io osservo. Al limite della coscienza a questo punto, riuscendo ad aggrapparmi alla sanità mentale solo ignorando la realtà come concetto. Vedo Ems gettare l’occhio strappato sul pavimento coperto di putridume, e quella roba disgustosa è in qualche modo ancora collegata all’uomo tramite i nervi oculari - lunghissimi viticci tremolanti color rosso cremisi.

    Ma che cazzo? Biascico.

    Te l’ho detto, ridacchia lui. Te l’ho detto porca puttana.

    È difficile stabilire quanti fossero. Innumerevoli forse. Innumerevoli e forse qualcosa in più.
    Sottili vermi cremisi, legati l’uno all’altro, intrecciati organicamente per formare una catena disgustosa dalla cavità dell’uomo nudo fino all’occhio asportato sul pavimento. Posso vederli strisciare in armonia perfetta e rivoltante, e improvvisamente l’occhio… inizia a muoversi.

    Questa è la parte migliore. Continua il tizio.

    La catena tremolante inizia lentamente a ritrarsi, il bianco dell’occhio si trasforma in una tonalità grigio marcio mentre viene trascinata per il pavimento lercio, poi su per la gamba dell’uomo, lo stomaco, il collo, il volto e infine, dopo quella che è sembrata un’eternità, rientra nella cavità con un disgustoso glooop.

    Il mio stomaco mi implora di vomitare, ma è vuoto, secco e inacidito, quindi al posto suo prende il comando il cervello, un seducente vuoto totale proprio nel retro della mia mente mi si presenta come possibile soluzione a questa situazione.
    Ma non vogliono lasciarmi andare. Ems scoppia in una risata maniacale, come il rumore che farebbe una motosega sul cemento, e il tizio nella tuta la segue poco dopo. Sento i muscoli della schiena contrarsi come se avessi un crampo; probabilmente l’ultimo disperato tentativo del mio corpo di spegnermi del tutto.

    L’uomo nudo ha smesso di urlare ormai, le grida tormentate hanno lasciato posto a un profondo gorgoglio, rumore di sangue e muco mischiati nella sua gola. Forse il suo incubo finirà, penso, ma poi mi rendo conto che non succederà.

    Non si è fermato.

    Sta continuando.


    L’occhio si muove ancora.

    Adesso viene risucchiato dentro il suo teschio, posso vedere il corpo molliccio del bulbo mentre si spreme e si deforma orribilmente per passare attraverso le strutture ossee che sono decisamente troppo strette, per poi scomparire del tutto accompagnato da una sinfonia di glooph e schluck.

    L’uomo, ancora legato alla sedia, cade all’indietro, scosso da agonizzanti convulsioni per qualche minuto, poi all’improvviso si ferma.

    Non ho mai sentito in vita mia un silenzio simile. È così che mi immagino lo spazio. Un immenso, vasto, fottuto niente in tutti i sensi.

    E ora, inizia il tizio con il casco, in piedi davanti al cadavere del poveraccio nudo. Ora è il tuo turno.

    Il volto di Ems si contorce di nuovo in quel ghigno. Buon vecchio sorriso da limone avvizzito.
    Ricordo le sue unghie storte e giallognole come se fosse successo poco fa, orridi artigli affilati che si avvicinano di centimetro in centimetro, finché li ho sentiti graffiare sulla mia pupilla scoperta.

    A quel punto immagino che la mia mente sia riuscita a trovare una via di fuga. Se l’è presa comoda eh, ma immagino di essere svenuto, forse per la paura, o per il dolore, o lo sfinimento. Ma molto probabilmente non è stata nessuna di quelle.

    Quando mi sono svegliato ero da solo, sdraiato sul pavimento a faccia in giù nel mio vomito acido. Niente uomo nudo, niente tizio con il casco, niente Ems dal sorriso di limone.
    Ho passato quindici minuti buoni a controllarmi gli occhi, tastandoli con le mie dita tremanti, solo per capire se c’erano ancora.
    E c’erano! Li potevo toccare. Erano in perfetto stato.

    Penso di aver passato qualche settimana a cercare di riprendermi da quella merda, ma non mi sono mai più sentito lo stesso.
    E a quanto pare c’è un motivo.

    È strano che non me ne sia reso conto prima. Potrò anche essere un fattone irrecuperabile, ma non sono stupido.
    Glielo devo concedere però, sono stati intelligenti. Offrendo da bere… immagino che sia così che hanno fregato anche l’uomo nudo. E immagino che sia per questo che mi hanno detto che avevo fatto una cazzata.

    Ne ho presa troppa. Mi sono scolato l’intera infestazione.

    Stamattina mi sono tagliato facendomi la barba. Un taglietto minuscolo, nulla di che. Ma dove mi aspettavo di vedere il sangue, non è uscito nulla.
    Invece sono stato sorpreso da un sottile verme cremisi, che ciondolava appeso al mio naso.


    Se questa non è roba malata, allora non so cosa sia.




    Originale: FUCKED UP SHIT
    Scritta da hyperobscura su r/nosleep.

    Edited by Er Mortadella - 21/2/2021, 08:53
  11. .
    Questa storia ha un lieto fine. È una promessa.

    Ma inizia in maniera triste.

    Un bambino viene rapito, portato via da casa sua in pieno giorno. Nessuno ha visto nulla. Nessuno ha sentito nulla. Come è possibile? Una via trafficata, piena di vita, piena di testimoni, e non una sola anima viva vede un bambino che viene trascinato contro la sua volontà in un furgone? In che tipo di società viviamo per permettere che avvenga una situazione del genere?

    E non è finita qui.

    Viene fuori che il bambino non viene preso per un riscatto. La polizia non ha indizi. Passano giorni, settimane e mesi, ma i poliziotti ancora non riescono a trovarlo. È come se fosse sparito nel nulla, mormorano a porte chiuse. Ovviamente non è così. Lo sappiamo tutti.

    I genitori sono distrutti. Sconvolti. A pezzi. È irreparabile. Era anche il loro unico figlio. A loro non importa di nessun altro, e infatti è così. Dentro sono a pezzi.

    Ma non perdono mai la speranza.

    Il bambino ogni giorno si sveglia con dolori lancinanti. Non vede la luce del sole da settimane; è un’ombra smunta ed esile del bambino brioso che era una volta. Conosce solo oscurità, sofferenza e paura; i minuti gli sembrano ore, le ore gli sembrano giorni, i giorni gli sembrano settimane. Piange fino a quando non gli escono più lacrime, e poi, quando gli finiscono il sale e l’acqua, il suo corpo si contorce sotto terrificanti attacchi epilettici, come se la sua anima affievolita stesse disperatamente cercando un pulsante di spegnimento.

    Non esiste un pulsante del genere. Non gli permetteranno di morire, e lui lo sa.

    Scendono puntualmente nell’oscurità ogni due ore, con le videocamere, i coltelli, i lanciafiamme, i cavi e i bisturi. Gli incidono la pelle, lo spellano, lo ustionano, gli danno scosse; tutto ciò mentre scherzano, ridono e conversano oziosamente, come se fosse un qualsiasi giorno a lavoro.

    Non ci sono più esseri umani in quel seminterrato, solo una cosa rotta e le cose che lo hanno rotto.

    Siamo una specie nefanda, non è vero? Quando non controllati, quando ci promettono che non verremo perseguiti per i nostri crimini, ne facciamo di tutti i colori, per i soldi, per piacere personale, per divertimento, per la scienza, per curiosità, solo perché possiamo. Ecco cosa siamo. L’essenza dell’umanità.

    Ma vi avevo promesso che questa storia avesse un lieto fine. Ed è così.

    Capisco che siate preoccupati del vostro bambino. Non dovete esserlo. Ci stiamo prendendo cura di lui. Continua a chiederci di voi due, tra patetici singhiozzi soffocati e suppliche. Gli ho detto che vi abbiamo uccisi. Più lacrime per la telecamera.

    Vi vuole molto bene, e ho pensato che voi doveste saperlo.

    Lo terremo in vita per molto, molto, mooolto tempo.

    Siate contenti. Questo è un lieto fine.

    Proprio come avevo promesso.


    Edited by & . - 17/1/2021, 16:52
  12. .
    CITAZIONE (-TACET- @ 21/6/2020, 14:49) 
    Sì, prima o poi ne farò uno. Ho iniziato da poco e mi sto dedicando ai racconti, ma conto di creare altre rubriche anche dedicate alle analisi di documentari o mockumentaries. Grazie del consiglio!

    Potresti fare dei video come il canale "Assi di Picche" ormai sembra estinto, omicidi irrisolti, sparizioni misteriose. Casi sconosciuti in Italia, principalmente. Fai un'ottimo lavoro!
  13. .
    Ma sono solo creepypasta? nessun video documentato su roba inquietante realmente successa come altri youtuber come thecnocaos e fuochi di Prometeo?
  14. .
    [Info Contestuali
    Tramonta l'estate 2019. C'è stato l'EstaContest, lo shitpost di Rory (su Gigi d'Al) si aggiudica il primo posto con infiniti punti e per un momento, e per errore, lo Smistamento è stato reso accessibile.
    Viene aggiunta una nuova emoticon, quella di Gigi; costui diventa il nuovo tormentoncino del Foro. Ai tempi ero uno Staffer.

    Questo racconto - 'na stronzata colossale - è un'indiretta continuazione di Insuposo.exe. Alcuni tra i dialoghi sono stati scritti, sotto mia richiesta, dagli utenti stessi: Markrath, Tacet e Dama. Erano naturalmente ignari del contesto.

    ATTENZIONE: Per una corretta fruizione del prodotto, UNA VOLTA APERTO UNO SPOILER è opportuno RICHIUDERLO, così da non veder già aperti gli altri.]



    Parzialmente nuvoloso, diceva l'uomo del meteo. Una voce robotica, lontana.
    Il tassista cambiò canale.
    Era la realtà. In quel momento, realtà significava polso destro. Aveva uno strano aspetto - uno che avevo imparato a conoscere bene. Era l'aspetto della "necessità". Il quadrante figurava le 2:47.
    Ero stanca. Non connettevo.
    Era una di quelle notti in cui non sai bene cosa stai facendo. Una di quelle notti in cui l'orgoglio lo lasci assopito, e desideri che qualunque cosa ti trascini via - ovunque, purché via e al contempo innanzi a te.
    Quella notte, mi capitò di spiegare anche al tassista, quel "qualunque cosa" era il CPF.

    Lui mi lasciò a debita distanza dal luogo effettivo.


    Io sistemavo la borsa, il fumo della sigaretta tenuta tra le labbra mi faceva lacrimare gli occhi. La tenni stretta tra l'indice e il medio, ciccai sul marciapiede e mi misi in ginocchio. Cercavo l'indirizzo, che avevo dimenticato.
    Il telefono era completamente scarico. Il gelo mi si annidava tra le dita sonnambule, agenti per una qualche sorta di legge meccanica dentro la mia testa.
    La mia testa... da due anni, contorta dagli incubi. Era la realtà. In ogni momento, dappertutto, realtà significava Markrath. Aveva l'aspetto della "necessità".

    So dove puoi trovare quel che cercavi. È tutto qua dentro: devi solo cliccare. :rath:



    Concessi alla lacrima una fredda morte sul mio viso, lasciandola scendere fino alla fine. Tirai su col naso per ricacciare il muco, gettai la sigaretta, buttai l'occhio sull'orologio. Le 2:49.
    Dovevo sbrigarmi.

    Credevo che il CPF fosse un Forum, di quelli su Internet. Dovetti scavare molto più a fondo per setacciare dalla superficie le pepite della verità; dalla ricerca, notte e giorno, ottenni solo residui granellosi - che mi avevano condotto qui, in una sconosciuta periferia di Napoli.
    CPF significava controllo mentale. Una Fabbrica di colori maligni, di sospetto, di dolore. Aveva rovinato la vita a molti, gente capitata nella mia stessa situazione. Nessuno di loro aveva avuto il coraggio di scoprire cosa fosse loro successo.
    Dicono che l'effetto che mi capitò dopo l'esperienza traumatica nel M̷̡̝͇̋O̵͇͑ͅN̷̼̖̆̓D̷̢͌̂̓Ō̶̲̗ ̸͙̆B̴̯̲̹̏̅ͅỦ̶͈̓̈́ͅO̸̗̻̾̌͒͛Ǹ̵̦͚O̵̯͎̓̀̕͠ sia stato estremamente propedeutico alla mia crescita.
    Di solito, nei soggetti condannati dalla loro curiosità, presso il CPF non avevano ricevuto niente in cambio se non occasioni involutive di natura estremamente dannosa, irresistibile. L'assenza di materia grigia presso il mio cervello, invece, ha contribuito all'inversione totale del processo delirogeno, o quantomeno del suo annullamento.
    Eccomi; sto camminando per davvero. Sto davvero raggiungendo il CPF. Il mio cuore mi suggerisce che c'è qualcosa di nuovo da trovare. Una nuova forma di discordia.

    C'era questa nenia che tremolava attorno alle frasche - la stessa che faceva danzare le mosche attorno ai lampioni a forma di scodella, sospesi in mezzo alla strada. La stessa che mi faceva vibrare dalla testa ai piedi, colta dalla nausea.
    Sembrava un rituale. Un rituale di Staffer, canti... canti malvagi, melodie lungo il tessuto dell'aria come il sangue stesso che sgorga dal CPF, prodotto perfetto dell'essenza maligna che aveva completamente dissestato il florido terreno di felicità, dialogo e cultura che era quel posto.
    Musica che ricordava Let It Be, canzone d'amore, speranza, concordia. Era davvero questa la capacità di pervertimento del CPF. Conoscevo, per testimonianze auricolari, l'incredibile infondatezza logica dei riti del Foro. Solo Dio sapeva chi, o cosa, stesse controllando quel posto, cosa ne stesse determinando la musica.
    Il suono correva in me, ovattato dalla stessa atmosfera terrestre per autodifesa. Si sentivano risate lontane. Stavano facendo festa.

    Non puoi fermare Insuposo.exe! Nessuno può! Io rinascerò...



    Il CPF significava controllo mentale. Significava, forse, anche la mia fine. La fine che ho rimandato sconfiggendo Rosita. Una fine che... non poteva essere fermata.
    Raccolsi l'indirizzo, lo rigirai tra le dita, studiandolo. Sapevo dove andare. Raccolsi anche la torcia. Dovevo porre fine all'incubo. Cominciai ad incamminarmi.

    gesù cri'...

    Cacciai dalla mente con una veloce scrollata di capo quella tremenda voce nella mia testa. Tenni la torcia nella bocca, le mie mani cercavano ciecamente tra le tasche della borsa, una sciarpa, mi serviva. Faceva freddo. Ero fuori dalla strada, ormai. Vicino c'è un paese.

    salva sti criaturi
    a sti mamme...


    Il luogo non doveva essere così lontano.

    d̷a̷c̴c̷e̸ ̷t̴u̶ ̴'̴n̷a̴ ̶m̸a̷n̴o̵.̴.̸.̵

    Via... via dalla mia testa. Via ho detto... le mie orecchie stavano friggendo, il cervello dentro vibrava. Fui costretta a fermarmi.

    Sta furnenn’ u monn’
    e nisciunu ancora po’ capì
    dacce tu na voce


    Non capisco... cosa...? Che... riti stanno... facendo... barcollo all'indietro, non mi tengo in piedi.



    S̷̨͍͔̥̟̙̩̙͚̀̆̐tappac' ̷̼̍̀͗̋'̷̤̞̰̼̺̈́́͘ö̷̯͍͚̎̈͆̽͛́̈̚͝ ̶̭̺͍̇́͆̈̏̈́̿͝ṣ̷̽p̸̥͗̀̒̎̋͠ų̴̰̱͖̟̻̥̲́̕ͅͅm̴̡͇̱͚̭͚̟̟̤͉͛̎̓a̴̼͋nt

    Mi tenni le tempie ben strette... mi sembrava che potessero staccarsi,
    come fossero adesivi... BASTA, VIA! ANDATE VIA! BASTA!
    VIA!


    T̶̨̛͔͔͓͚̖̱̼̭̯̜̗̺̙̹̺̟̭͓̲͉̳̺̥̙̬̒̈́̈̆̽̈́́̅̾̈́͛̽͑̄̈́̀̉͒̽̋̐͘̕̚͘͝͝͝Ơ̶̧̢̢̛̦͖̫̳̺̬̯̞̳̙͙͙̝̪̘̭̖̦̬͖̼̅̈́̊͛́̉̏̂͊̾̓̇͂͗́́̅̏̏̚̕͜͜ͅŖ̵̢̧̢̨̛̛̠̖̲̲̺̼̮̱͚̼͉̺͍̱̖̖͎͖̺̹̜̠̙̣̙̱̜͆̂̇͂̓́̍͛̿́͆̑̀̏̽̂͋̈́̃̆̌̿͗͛̔̋̋̾̇͛̐̉̾̎̎̓̍͌͌̇̀̔̄̾̓̽̑̒̎̈̏͌̽̂͊͘̚͘͘͜͜͝͠͠ͅN̸͚̪̲͎̙͇̪̻̗̯͉̜̺̥̐̈́̅̍̚͜Â̷̡̞̼̫̻̪͓͕̭̼̝̫͕̦͇͍̟̘̫͔͇̩̝̥̳̣̬͉̱̗̂͑͐̓̉̆̌̈́͌̃̌͂͑̋̽́̐̎̓̿̇̏̇̀̊͒̆͆̄̉̄̈́̃̋͋̉̈́͗̿̔̓̄̃̓̈́̕̚͜͝͝͝ͅ ̵̢̧̡̢̢̨̛̛̛̩̜̦̥͉̹̬͕̣̭̟̻̝̞̲̦̜̙̖̺͔͖̖̟̪̩̱̯͖̐̆̐́̒̓̑́̓̋̌̾͛̎̈́̄̓̍͋̿̋̈́̒͛́̄͋̔̈̎̈́̔̀͛͌͊́͛̋͌͌̈͋̂̐̍̀̒̍̔͆̕̕̚͜͝͝͝ͅͅ'̵͉͈͉͎͉̤̗͙̦̘̤̫͓̝̩̪͎̟̟̭̝̰͚̻̺̜̤͇͖̱̊̿̓̎̀̌͐̅̆̑̕͠ͅͅN̵̢̡̧̧̨̳͖̯͎̹̬͍̼͕͇͚̫͙̟͖͚̝͎̮̾͗͋̓͌̃͌́͑̎̎̃̾͊́̏͌̿͂̀́͐͑̈́̽'̶̛͍͇͈̱̯̲̥̬̲̑͊͌̓̅̽͑́̇̽̀̌͆̓̌̊̋̉͆̅͗͑̒̑̈́͌̃̀͊̈̓͊̂́̍͑̏͑́̈́̊͐̌̀̀̄̏̂́̚͜͜͝͝͠͝͠Ā̷̧̧̛͈̪͍̳̥̯̼̺̮͙͕̩͍̤͔̹̙̲̬̗̝̮͕̻̝̬̪̻́̋̓͂͊̈́̑̆̈́̈́̅̔̈́̀̋̑̿̔͑͋̀̀̑̂̈́̋͊̉͌̎͐̃͘͜͜͠͝ͅT̴̢̢̢̢̡̨̨͎͙̗̩͎͎̝͚͖̙̮̝̪̣͇̙̠͔̬̲̬̠̦͎̲̲̼̹͍̟̠͓͖̝̲̰̠̭͉̖̣͚̼̹̰̳͖̳̰̱̭̟͉̠̫̩̟̼͇͖̈́̀̂͋̿͒̃̂͊͊̈̿̋̋͋̊̆̑̽̈́̔̀̈́̐͗̉̀͂̆̓̉́̀̈́̆̔͗̏̅͌͆͒̿̿̓̅̕̚̕͝͠͝͝ͅR̷̢̨̧̨̢̡̛̺̻̲͕͚̮̫̭͓̪̬͇̜̩̬̦̮͉̟̘͈̙̼̭͓̖̘̜̱̙̟̳͙̓̋̏̓̓̐̈́͌͌̀̅̆͂̽̑͐̾̍͊̏̈́̔̈́̿̌̀̀͛̒͒͂̑̇̾͐̆̈́̕͜͜͠͠͝͝͠ͅͅĄ̶̛̛̻͍̻̣̘̖͚͕͔̟͍̝͓̮̹̳̱͎̥͎̺̍́̎̅̈́́̃̾̿́͂̈́͌̑͗͂̌̎̓̓̃̊̐̈́͑͌̃̆͂͆̒͋͛͆͐̇̏̈́̑̑͑̓̍͒͐̽̄́̄͂̃́͊̕̕̚̕̕͘̚͠͝͝͠͠ͅͅ ̵̨̧̡̛̮̫̪̖̥̭̤̮͚̗̜͕̤͍̜̜̫̝̮̩͉̞̫̥̠͇̆̍̑̒̽͒̈̑̔̀͌̃̓̉̈́̏͋̓̉͑̍̇͆͂͌̀̆̈͂́͋͗̀͘̚͘͘͝͠͠͝͠͝ͅV̵̡̡̡̡̡̛̛͖̮͉͖̯̩̙̤͇̬̰͚͖̟̣̩͇͇̠̰͇̺̝̖̭̖͎͍͙̯̼͚̝̺̺̳̣͓̼̩͙͔̜̺̞̹́̆̈́̀̈̓̾͑͐̌͒̾͆̇̇͒͒͂̏̽̐̆͌̄͐̋̑̑̽̌͗͊͌̀͆̈́̎̊̀̓̋̑̎̈̔͜͜͜͜͜͜͝͝͠͠ͅO̷̡̢̡̨̧̨̧̨̢̡̢̡̡̩̲̬̜̙̻̲͓͔͈̣̠̼̩̟̺͕̭̮̤̪̙̬̬̺͚̯̲̠̼̳̤̹͖̘̜͉̝̣͕̲͕̜̜̙̱̯̲̼͖̎̿́͛̓̅̀͆͘͘͜͜͠͝͝L̸̢̨̨̙͚̱͙̪̯̝̝̺̞̻͈̰̮̦͎͍̳̰͙̗̮͉̭͈̣͎͍̠̠̬̼̖̖̺͉̰̪̠̣͈̠̼͕͖̖̏̒̐̽͗͆̽͑͆͌̆͑̓̾̆͂̋̈́̌͒̈̓́́̈̍͋̃̍̆̔̈́͘̚̚͜͜͝͝͝͠͝ͅT̵̡̧̧̛̛̥̗̺̤͖̳̯͖̭͕͔͍̟̝͎̹̼̱̼̝̯̲̤̤͂͊̊̈́̋̆͌̈́̆͗̏̄͂͗́̐͋͋͐̒̓̋̍͐̒̓̈́̐͗̆͐̎̎́̽͗̈̾̾͊́̂̔͋̓͌̊̚͘̕͘̕͜͝͠͝͝ͅͅÄ̵̧̛̩̘̻̜̝̝̠̼͎̙͇̙͈̬̰̜̞̩̳̥̌̑̈́̅͆̎͗̈́̇̿̐̂́̑̌͗̕͝͠ ̷̧̨̢͓̺̞̤̯̦̘̰͔̦͉͍͎̘̦̗͔̜̟̜͚̼̥̱͓̪̤̞̫̝̠̙͔͓̻̓̔͑̀͛̑͊̆͊̏̒͗̓́̀̌̎͋̌̅̾̒͌̾͌̈̈́̂͌́̀̎̅̆͗̀͐́̈́̍̂̈́̋́̚̕̚̚͘͘̚̕̚͜͜͠͠͝ͅG̸̢̧̡̡̨̡͍̳̗̙̯̪̲̥͈̰̦͚̣͔̣͔͈̖̪̝̤̙̭̲̪̙̲͔̮͚̣̝̝̼̠̜͓̜̯̯͖̪̩̗̲͓̟͔̜͈̞̹̻̯̩̞͖̰̲͒̈́̀̌́͝ͅͅͅE̶̢̢̞͈̱̥͙̩͚͓̖̘̙͎̻̦̩̜̙͓̯͚̪͚̮̣͈͊͐̈́̅͌́͂͋́̅͝͠͝ͅS̶̨̧̡̧͍̹̻͇̼̘͕̻̪͎̤̗̠̙̙̣̳̣̳͈̲̫͙͇̹̻̦͖̰̱͚̙̟̹̋͆̅͐͋͋̐̔̅̇͒͊̆̏͑͒̄͘͘̚̕͝͠͠͠ͅͅͅͅŲ̴̢̡̢̡̡̧̢͎̙̩̺͈̗̖̻̘͍͓̘̼̮̹̳͓̝̮͎̹̤̩̻̤̥̭̜̪͍͎͖̦̄̾̂̏̓̀͒́͛͆̿̂̿̂̓͂̆͌̇͐͛̃̃̀̌͛̋̕͘͘͜͠͝͝ͅͅ'̸̧̢͈̖̲̺̗̻̬͖͔͔͉̦̫̝̺̟̟͎̺̯̞͇̝̜̯̫͎̮̗̲̼͙̜̼͖̹̯̻̹̯͙̖́̀̋́͊͋́̆͆͒̋̃͛̽͠ͅ ̶̧̢̢̡̢̧̢̺̝͚̺͙̮̦̭̗̞͚̣̭̰͍͈̙̱͍̤̬̫̪̮͈͖͈͎͉̱̈͌͑͗̋̈́̏̓̾͐̐͗͌̄̾̈́̍̌͗̀͘͜͜͜͝͠͝Ç̷̨̛̼̞̝̹̭̠̘̘͇̠̙͍̜̬̠̖̗̮̦͈̩̰̙̞̮̈̓̈́̎̐̇͗̎̌̓̀͗̀̀͋͊̄́̇̋̿̄̉̋̃̍͠R̷̡̧̢̡̨̧̨̡̛̩͕͍͇̺̦̺̼̙̬̣̟͚͖͇͍̺̰̟̻̫̦̙̩̣̲̺̻̰̳̮̺̣͈̳̅̈̉̐̒̂̌̈́́̇͛̒̑̽̍̿͆͂̈́̄̈̑̐͊̑͐̿͑̔̑͌̉̀̂͌̌̌̂͛̀̚̚͘͠I̷̡̧̡̡̨̛͎͕͙͈̙̪̳͓͎̖͍̣͔̮͔̻͇̙̱̩͕̰̫͎̣̙͎̰̝̺̻͆̓̄͂̅̈́̅͆̍̓̔͌̾̍͂̊̇̈́̾̿̾̊̈̓̎͒͌͊̑̊̈̿̾͛̚̕̚̚͝͝͝͠͠͝
    Oessido.
    Inutile
    BASTA:::: AAAAAAAAAH
    Aiuto... aiuto... IN SMISTAMENTO! SEI IN SMISTAMENTO!
    Ti prego... basta...

    Ecco perché... urgh, maledizione, tutto tace e solo quei maledetti ratti continuano a fare rumore, questa volta un po’ più del solito.



    ---



    - Giacovalda... -
    La musica era cessata. La festa... finita.
    - Uh... uhm... cosa... -
    - Giacovalda... sei tu... -
    Markrath. Era lui, la sua voce. Mi tendeva una mano, ma il volto era in penombra.
    Io urlai, ricacciando i piedi per poi scalciare come potevo, tirandomi indietro. Era lui...
    - Giacovalda... dove vai? Ehi, no... che succede? -
    La mia schiena entrò a contatto col tronco di un albero. Dietro Mark, l'enorme edificio segreto, dalla forma di una fabbrica. Il CPF.
    Io raccolsi entrambe le mie mani e le riunii sulla fronte, non capendo niente. La mia gola emetteva singhiozzi di dolore e confusione che quasi facevano sfrigolare la saliva che mi scendeva a forza di deglutire. Faceva freddo. Tenevo socchiusi gli occhi solo per tenere d'occhio il Ratto, che rimaneva attonito, nel contrasto di luci generato dalla Fabbrica.
    Si chinò di poco, come se stesse provando ad approcciare un animale impazzito, ma ancora non riuscivo a vederlo in faccia. Io squittii, non appena fece un passo verso di me. Allora lui avanzò come poteva le mani, di scatto, come a dirmi che non aveva intenzioni cattive. Io presi parola. Sentivo che mi stavo calmando:
    - Tu... tu... è colpa tua se... -
    - Lo so... lo so, Giacovalda, so cosa pensi. Non avrei mai dovuto metterti al corrente di quel file eseguibile. Lo so. Ora... calmati, e... parliamone... -
    - Tu... - deglutii. Cacciai le mani dalla fronte, una passò una carezza sotto il naso, asciugando il muco, l'altra sistemò una ciocca dietro l'orecchio. Avevo la faccia molto arrossata.
    - Tu... sei con loro. So quello che fate. -
    Marco sorrise. Fece un altro passo, io drizzai la schiena. Impose la mani mostrando i palmi, alzò le sopracciglia, occhi innocenti:
    - Cosa, be', cosa credi che facciamo, qui? Illuminami. -
    - Voi controllate. - tirai su col naso: - Voi controllate le persone. Le fate del male. -
    - No. Noi non facciamo questo. -
    Si interruppe. Poi si avvicinò ancora, con l'aria di chi vuole insupare.
    - Io sono un utente come tutti. Giacovalda... fidati di me. -


    Fu allora che uscì dalla penombra. Fece un altro passo.



    - Cazzo! CAZZO! -
    Io mi alzai, scalciando diverse zolle di terra, e una volta in grado di correre cominciai gravitando intorno all'albero. Sentivo le risate di Markrath dietro di me. Sembrava stesse camminando, io non mi voltai.
    Volevo urlare di terrore, sistemare il mal di testa che mi ronzava sulle tempie, ma non potevo sprecare il fiato.
    Cos'era quello? Come poteva essere... questo... andava oltre ogni concezione del reale. Dunque era vero, Markrath stesso era responsabile di Insuposo.exe. A parlare, alla fine di quella strana avventura, non era quella stupida gallinaccia, ma lui stesso attraverso quel corpo.
    - I...Insupiamos! Uh uh!!!! -
    Mi voltai. Quel volto filiforme si allungava attorno ai rami, mentre la corsa sbracciata e squilibrata del suo corpo seguiva paradigmi fisicamente impossibili. Mi stava raggiungendo. Rideva.
    Mi mancava la forza di correre, il cervello quasi spense le gambe e sentii le ginocchia crollare sul peso del mio corpo. Eppure, continuai.
    Corsi finché le gambe me lo permisero, senza guardare niente se non i miei piedi.

    Quando fui sul punto di cedere, mi accorsi di essere in mezzo ad una strada, sotto lampioni che facevano le bizze e facciate di edifici abbandonati a se stessi.
    Caddi in ginocchio, sentii la pelle sbucciarsi e assumere la forma dell'asfalto. Guardai indietro. Niente.
    Mi misi a piangere, stringendomi a me.
    Non ero pronta per quello. I miei incubi dovevano restare tali. Sforzarsi di aprire gli scrigni, così ben sigillati per un motivo, avrebbe significato la mia fine. Era troppo. Il CPF mi chiamava - avrei fatto bene a non rispondere. A non rispondere dei miei ricordi. A non rispondere di me.
    Mi mancava il tempo delle galline. Era tutto più facile. C'era più movimento, più sicurezza, più ingenuità. Era tutto negli scrigni. Schiavitù in cambio di conforto.
    Ma preferivo la fine, rispetto ad una vita tormentata. Non potevo non rispondere del CPF, di me. Preferivo morire... preferivo morire! Avrei vo-
    - Ehi. -
    Una mano sulla mia spalla. Non ebbi il coraggio di voltarmi.
    - Ciao, Oessido. Sono Markrath. -
    Deglutii. La voce era diversa. Cosa... la sua faccia. Era quella di un piccolo e fiacco ragazzino. Sembrava... umano. Gli sfiorai il volto, mentre il mio era ricoperto di lacrime. Quasi fremetti dall'eccitazione.
    - Tu... sei reale... -
    - Purtroppo. -
    - Cosa... cosa ci fai qui? -
    - Cosa? Tu, cosa ci fai qui? :oessido: -
    - Ah... beh... -, mi asciugai le lacrime con il tessuto della manica, e sorrisi, abbassando gli occhi: - Non mi chiamo più Oessido... ma Sixtyten... lo avevo cancellato... ed ero qui per... sai bene perché. Tu sei quello vero, no? Sai bene cosa... -
    - Shhh. -
    Io strabuzzai gli occhi. Lo vidi farsi improvvisamente serio.
    - Dobbiamo tornare alla taverna. -
    - Alla... taverna? Ehi, no... che succede? -
    Lui guardava il punto da cui ero sbucata. Così feci anche io. Qualcosa tra i rami.
    - Lui è Gigi. La nuova forma di terrore, di disagio, che si è impossessata del Foro. Si è accorto di te. Ascolta, non possiamo stare fuori. Dobbiamo andare, seguimi. Non mi vorranno molto bene lì, ma la sopravvivenza e la felicità di tutti è un argomento che mi interessa particolarmente. -

    E fu così che incontrai il vero Marco Ratto, [rimaneva comunque un grandissimo figlio di puttana] e capii subito che si trattava di quello vero, quello che più di tutti mi mancava, perché era quello più autentico - sebbene fossi io, almeno in questa istanza, a dargli voce. Non so cosa avrebbe fatto veramente.
    CPF è controllo mentale.
    Per resistergli, diversi utenti hanno deciso di mantenere le distanze dalla Fabbrica, creando un luogo accogliente con quello che potevano. Staffer - tutti impegnati in strani rituali: erano i veicoli del Maligno, il suo modo di parlare al mondo. Era chiaro che, proprio a causa della loro natura, erano i primi ad essere stati impossessati. Non c'era l'ombra di uno staffer che tutti noi avremmo definito "sano". O almeno, di uno staffer decente :(
    Il Maligno di cui parlava il ratto ad oggi era conosciuto col nome di Gigi. Nel tempo, la forma del Maligno assume varie forme, vari disagi, vari cringe, come intelligentemente alcuni di noi osserverebbero.
    Questa forma, in particolare, era semplicemente troppo da sostenere per la gente comune. Questa forma si dava come un tormentone, qualcosa di simpatico - ma era sottile, cancerogena, e tornava sempre più forte. Come un virus indomabile.


    Non puoi fermare Insuposo.exe! Nessuno può! Io rinascerò...



    Se il forum è morto, consoliamoci tutti! Si adegua bene all'atmosfera. Ma non doveva essere così. Spesso si registravano visite improvvise di viandanti, o gente affezionata. Quando poi scopriva il dissesto e l'orrore che imperversava in quei luoghi, girava i tacchi.
    Non io, sebbene ci abbia provato. Neanche Mark, almeno per adesso.

    Raggiungevamo la "taverna", passando silenziosi tra alcune Sezioni dissestate. Altre brulicavano di vita, a volte. Gli chiesi dove fosse lo Staff.
    - Sei tu lo Staff, brutto carciofo. -
    - Ah... è vero. -
    - Nah, non ti preoccupare. Almeno tu sembri sana di mente. È così che vanno le cose. Con il tempo, le nostre libertà si restringono sempre di più: i messaggi cancellati, la verminosa censura dello smistamento (e la temporanea apertura dell'altro ieri? Una vera e propria provocazione!), e adesso il Cestino è un'area riservata soltanto per il management? Sveglia! -
    Io lo guardai stranita. Smistamento?
    Cos'era lo Smistamento?
    - Lo... Smistamento... Oessido, come fai a non... dai, amico, anche tu!... -
    Gli giurai che non sapevo niente di niente su questo... Smistamento. Lui sorrise tra sé e sé. Sembrava aver accusato il colpo, ma in silenzio, con la pazienza di chi ci aveva fatto il callo, coi colpi bassi. Cos'era lo Smistamento?
    Eccola, la taverna. Vidi due utenti farsi i fatti i propri fuori di essa, li lasciammo perdere. Sembravano dei piccoli killer. Quando entrammo, osservai con chiarezza la natura decadente del luogo. C'erano tante statuine strambe appese, un bancone inutilizzato.
    - Ehi, amica! -, sentii sopra le scale. Alzai lo sguardo. C'era un utente.
    - Ehm... Mark? -, lui era rimasto presso l'uscio della porta. Mi fece distrattamente segno di andare avanti.
    - Vieni qui, non temere, non voglio farti del male. -, fece l'uomo, sorridente. Scendeva le scale, lo sguardo era puntato ai gradini, per non cadere, credo.
    Io rimasi ferma. Proseguii:
    - Potresti... -
    - Presentarti? Bene. -, l'utente si mise a sedere su un sacco di plastica, invitandomi a fare altrettanto. Il suo modo di fare mi portò a seguire le sue istruzioni, e così mi misi a sedere anche io, senza desiderarlo davvero. Entrambi accomodati, davanti a un caminetto spento e inutilizzabile. Mark entrò, e cercò qualcosa dietro il bancone, un drink.
    - Bene... il mio nome. Certo, mi chiamo...ecco, forse è meglio tu non sappia il mio vero nome... Chiamami solo Tacet. -
    - Tacet? Come mai questo nome... -, non mi venne in mente una domanda più pertinente all'assurdità del momento, tanto ero stregata.
    - Perché di solito amo il silenzio. - E difatti, si zittì. Mi studiava, si carezzò le mani. Sussurrò: - Ma non in questo caso. Non più, ormai. -
    Mark continuava ad armeggiare con le bottiglie.
    - Cos'è questo posto, Tacet? - feci io.
    - Vedi, siamo... sono qui da giorni. Là fuori è scoppiato il finimondo e... non avevo nessuno con cui parlare. -
    - E così ha abbellito questo pertugio. - fece Mark, dall'altra parte, seguito dal borbottio del liquido riversato sul bicchiere.
    Tacet proseguì:
    - Ho organizzato questo rifugio con pochissimi eletti che mi ispirano fiducia. Sì, anche tu sei fra questi. -
    Poi si alzò dal sacco di plastica, si grattò il mento, come a pensare. Guardò fuori dalla finestra, sulla strada adombrata.
    - Fra poco ci raggiungeranno gli altri. -
    Mark ingollò un bel sorso di... qualunque cosa si fosse preparato:
    - Chi avevi mandato? -
    - Ho mandato Rory in perlustrazione, accompagnata da Cedric. -

    Ricordavo Rory. Era quello strano ibrido tra il buon Mauri Costa e il Joker. Autoctona, pare. Purtroppo dal Costa ha ereditato il sovrappeso, e dal Joker... la follia, credo? Quanto a Cedric, non lo ricordavo molto bene. In ogni caso, nomi non nuovi.
    Mark trasalì nel sentire il nome di Rory. Poggiò rumorosamente il bicchiere sul bancone, e borbottò disappunto. Io feci:
    - Mark, tutto bene? -
    - No, Oessido. Niente affatto. -, disse, cuocendo lo sguardo verso Tacet, in segno di rancore. Se ne andò al piano di sopra. Io rimasi incredula, ma non volli approfondire la cosa in questa istanza particolarmente grave. Mi sono riavuta. Volevo capire.
    - Tacet, posso... farti una domanda? -
    - Certamente -
    - Chi è... Gigi? -
    Lui sorrise. Un sorriso amaro.

    E così, mi spiegò tutto sulla natura del Maligno.

    ---



    - Lo Smistamento... lo Smistamento! - borbottava Mark, girando in tondo attraverso la stanza, illuminata con una fiacca luce da lampadina. Si teneva la testa fra le mani. Appena mi sentì bussare, si sistemò per bene e chiese:
    - Chi è? -
    - Io, Mark. -, risposi.
    - Entra pure. Ahm... lascia stare il disordine. -
    Quando entrai, mi sedetti sulla branda. Cercavo le sigarette, ma mi bastarono solo due secondi per capire che la borsa non l'avevo più, probabilmente lasciata quando svenni in mezzo al sentiero che conduceva al CPF. Lui non fumava. Ma fremeva, come in astinenza.
    - Si può sapere che ti è preso, prima? -
    - Ah, sicura di... di volermi ascoltare? -
    Io mi accomodai:
    - Certamente. -
    - Vuoi davvero... sapere cosa penso? -, cominciò, preso dalla rabbia. - Penso che ci stiano prendendo in giro. Ci stanno servendo la torta con tutta la glassa, capisci? Io penso... penso che non posso fidarmi di ciò che penso. -
    - A... a che ti riferisci, Mark? -
    - A questa storia del Maligno. Tutta questa cosa è una grande beffa. L'ho detto, quella non era una beffa! Quando l'ho detto, che non era una beffa, voglio dire, ero serio. La gente in alto, l'1% che ci governa, ci stanno prendendo per i fondelli. -
    - Stai dubitando di Tacet? Lui mi ha raccontato del Maligno, sembra una cosa molta vera, e...
    - No, no, no, vai con ordine: poco prima che finisse questa farsa di un contest estivo, Rory, una delle veterane di questo forum, ha pubblicato la sua storiella criptica che ha suscitato tanto scalpore. Ordine. Dunque, allora lo sai, no, tutto quell'affare di Giggi... -
    - Sì, di nuovo, me l'ha spiegato Tacet. E Rory... se non sbaglio se ne sta col Santo Kohei. Ma, quindi, cosa... -
    - Ecco, ecco cosa: quella storia era uno specchio per le allodole, era come il manoscritto Voynich. -
    - Che cosa intendi dire? -
    - Intendo dire che non significava un bel niente, ecco cosa! Pensaci bene, guardami e dimmi se sto sparando stronzate: un membro che è sul forum sin dai suoi albori, che è chiaramente in contatto con i Potenti (infatti uno di Loro ha persino commentato di sapere quanto ha impiegato la stesura della storia!), pubblica questo raccontino così enigmatico, poi si da il caso che alcuni iniziano a teorizzare che questo Giggi sia un'entità tangibile, che agisce sul foro... tutte inezie. -, prese un bel respiro:
    - E a qual fine? Te lo dico io. L'hai vista quella discussione, no, "Eliminare lo smistamento"? Poco tempo prima dell'Evento si era iniziato di nuovo a confabulare su una possibile apertura dello Smistamento. E devo forse dire altro? Non è chiaro come la luce del sole, e altrettanto dolorosa come verità, che i Potenti non vogliono neanche sentir parlare di cose del genere, che potrebbero intralciarli nella loro lenta ma costante oppressione dei nostri diritti? Quindi che fanno? Aprono lo Smistamento, uno Smistamento finto, perché anche un asino si accorgerebbe che quello non era il vero Smistamento, e riducono tutto a scherzo, tutto è facezia. E così viene soppressa la voce insorgente.
    Giggi, no, lui non esiste. Tutte menzogne. Tutte menzogne... -
    Il discorso tornava. Soltanto una scusa per terrorizzarci tutti - una maschera atta a giustificare il tremendo approccio oppressivo dello Staff nei confronti degli utenti; distrazioni di massa. Andava di tormentone in tormentone, di cacca in cacca. Con la scusa della festa, si concedevano sempre più poteri.
    Il Maligno era un'entità vera, però. Mark la evitava, come tutti, a questo credevo ancora. Credevo nella bontà dello Staff; credevo nella maledizione che di tanto in tanto torna a ripresentarsi. Mark credeva nel complotto, ma io credo nel Maligno. E anche Mark dovrebbe conoscerlo; lui mi ha portato nel MoNd0 Bu0No.
    Doveva esserselo dimenticato. Come se fosse stato ipnotizzato, ed ecco, questo confermerebbe la sua tesi.
    Prima ho visto una copia esatta di Mark, una versione che lui ha definito come il "Maligno".
    - Quindi... non esiste il "Maligno", è un modo degli Staffer per giustificare i loro comportamenti oppressivi... per te il Maligno è questo piano di terrore e confusione del Forum. -
    - Esattamente. -
    - Prima, nei boschi... ho visto te... ho visto un incubo di te... e Insuposo. -
    - Capisco, Giacovalda. È così. Non esisteva veramente. Questo Gigi confonde le menti, quando senti le sue canzoni non ci capisci più niente. E in balia al terrore ecco, puf, scomparso. Stanno cancellando ogni prova. Ogni forma di repressione. Per rinchiuderci in Smistamento. -
    - Tutto chiaro, Mark. - sorrisi io. Non sapevo a cosa credere. Continuai, tuttavia:
    - Solo... un discorso non torna... -
    - ...lo Smistamento? -
    - Lo Smistamento. -
    Lui si mise a ridacchiare, affranto.
    - Davvero non sai cosa sia lo Smistamento? -
    - No, ti giuro! -
    - Bene. Mi auguro tu non lo scopra mai. -

    ---

    Riposai un po' e un po', disturbata dal concerto ossessionato dei grilli fuori dalla finestra. Tossicchiavo, dovevo aver preso un po' di freddo. D'improvviso, sentii Mark uscire dalla sua stanza, con quel "clock" della serratura, e seguii i suoi passi veloci e preoccupati, andavano verso il piano terra.
    Tornarono Rory e Cedric dalla ricognizione. Tacet guardava un ritratto del re di Bibbiena, si grattava il mento e...:
    - Ragazzi, dobbiamo andarcene, ORA! - irruppe Cedrata. Un tempo lo ricordavo con la zucca, ora sembrava un'altra cosa. Ansimava, le vesti erano bagnate - eppure fuori non pioveva. La botta che Cedric aveva dato alla porta d'ingresso risuonò per tutte le pareti leggere della taverna, e mi raggiunse, facendomi trasalire. Mi alzai di scatto.
    Tacet si voltò, allarmato. Io uscii dalla camera, e li guardavo da sopra le scale. Mark si era posizionato accanto a Tacet. Entrò anche Rory - accidentaccio.
    - Che succede? -, fece Tacet, con fare bonario. Sembrava voler rassicurare tutti i presenti, ma non attaccava quel tono di voce. Cedric, anzi, si allarmò ancora di più, e lo informò subito:
    - Emily. Ci ha visto. Credo ci abbia marchiati. E... -, deglutì: - E... Rory... -
    guardò tutti, vide anche a me, ma non sembrò soffermarsi. Stringeva i pugni, aveva paura. Rory aveva appena finito di appoggiare il cappotto sull'appendiabito, anche quell'indumento bagnato. Ora sentiva bene, nessun rumore.
    - Rory mi sembra strana... -
    Tutti ci voltammo verso di lei. Silenzio. Lei scrollò il capo, come dopo aver sentito un'assurdità di cui si è vittima. Aggrottò le sopracciglia:
    - Che catto hai detto? -
    - Io... no, non insinuerei niente... non farmi male :gigi: -
    Mark si fece paonazzo. Era lei. Lei, il mezzo attraverso il quale lo Staff aveva creato il Maligno. Scese le scale.
    - Tu. -
    - Tì, io -
    - È arrivato il momento, no? E tu, Cedric, TU, Tacet! Vi avevo detto di non fidarvi di lei, con quella storia della redenzione! Hai richiamato gli Staffer con Gigi. Stanno venendo a prenderci. -
    Tacet a quel punto si mise in mezzo alla stanza, cercando di placare il Ratto, sempre con quel fare semplice. Ma si vedeva che aveva paura. Oltre Mark, guardò un po' tutti, mentre distendeva gli arti, come ad abbracciare per forza una situazione tranquilla:
    - Ehi, no. Ascolta, non possiamo... non possiamo permetterci di litigare, questa situazione è grave. - poi sussurrò a Mark, tenendolo stretto per un braccio: - Ancora con questa storia, topo di fogna maledetto? Ti ho detto mille volte che sono solo cazzate. Prima era "Qui pruende" come mi è stato raccontato. Poi "insuposo", bandiere, e ora questo. Tu hai creato questo. -
    - No. Gigi non l'ho creato io. -
    - Ah sì. Allora perché te ne torni in quel Forum di Gigi, l'unico che ci è andato, sei tu. Ne parli come se ammirassi il posto, l'architettura, la gente, e infesti tutto con bandiere, accidenti, cazzo, Marco. Stai cercando di cancellare inconsciamente il male che ci hai fatto. O almeno, questo crederei, usando la tua logica. -
    Non... avevo mai pensato a questo. Mark ultimamente ci andava spesso, lo aveva riempito di shitpost, e... Dio! Non ci capisco più niente! Io guardavo Rory. Aveva abbassato lo sguardo. Mark si fece incredulo:
    - Io... io non... CAZZO! -, si discostò violentemente da Tacet, e ringhiò a Rory:
    - Perché? Perché ci fai questo? -
    ...
    - Non to di cota parli. -
    - Sto parlando dell'EstaContest. Ora tutto si è risolto, no? Eppure il problema rimane, con la storia dell'infinito e... -
    Lei rise. Rise, facendo sgorgare gradualmente tutto il vomito da pagliaccio che teneva dentro.
    - Non atisco per me. Io tono come te, come voi. -
    - Tu... -
    - Ora... Tono più come un cane che integue un'automobile. La integuirò di continuo, ma quando la prenderò non taprò cota farmene. -
    - Cosa... cosa citi? -
    Rory fece segno fuori dalla finestra.
    - Amiti. -
    Le domeniche d'Agosto...
    - Un betot a todot :) -
    Quanta neve che cadrà...

    Dalla finestra, un'enorme esplosione. Delle schegge finirono per prendermi la caviglia, un'altra centrò il braccio di Markrath. Ricordo appena un folletto spaccare la porta ad asciate, particolarmente sorridente e buono... DamaXion... ed Emily?... Tacet corse via, saltando il bancone e raggiungendo le cucine, mentre Cedric si rannicchiò, tremante dalla paura. Perdevo molto sangue.
    Poi, il buio.

    -------------------------------------

    - Oessido, tutto bene? -
    - mmhhh... -
    - Oessido... Ehi, sveglia! Svegliati, cazzo! -
    Markrath...?
    - Sta arrivando qualcuno... vuoi darti una mossa?! -
    Era Markrath! Riaprii gli occhi, ci vedevo sfocato. L'atmosfera puzzava di polvere e benzina - era tutto molto buio. Il pavimento gelido e ruvido, pungente, infastidiva le mie ginocchia. La caviglia, non osavo muoverla, ma sembrava che la mia ferita fosse stata medicata. Provai ad orientarmi.
    Ero stesa a terra, Markrath era alla mia destra. Lui si era appena svegliato. Alla mia sinistra, un Cedric tremante - con le orecchie sanguinanti. Non sembrava udire, né parlava. Tutti noi eravamo incatenati.
    - Markrath... cosa... -
    - Credo... che ci abbiano catturati, Oessido. Siamo, con tutta probabilità, dentro il CPF. Siamo in trapp... -

    - GYU! -

    Io alzai lo sguardo, spaventata. C'era un po' di luce, era lo spiraglio al centro di una porta cellare, era stata aperta. Ma non c'era nessuno. Io guardai Markrath, ma lui era troppo concentrato sulla soglia, gli sudava la fronte, non mi degnava d'attenzione. Sembrava avesse riconosciuto quella voce, era una voce squittente e felice. Amica. Dopo un momento di silenzio, in quella penombra, sentii il sordo click di una chiave.
    La porta venne spalancata. All'altezza del pomello, un piccolo folletto.
    ...
    Ma certo! Era Damaxion! Lei è una persona buona, così la ricordavo, ma... Gigi... si fece vedere appena, non era ancora entrata.
    - Tu... tu sei, s-sei Damaxion, giusto? -
    Lei fece un mmh mmh, era un sì. Sembrava fosse indaffarata con degli oggetti che non potevamo vedere, dietro l'angolo sinistro della porta. Io guardai Cedric, sembrava si fosse ripreso, e ansimava - come tentando di arginare, sopportare il dolore che le orecchie frantumate gli portavano. Sembrava avesse una richiesta urgente, ma faticava a parlare. Come DamaXion tornò a farsi vedere, portava con sé un bel vassoio di Muffin. Dietro di lei c'erano grandi luci bianche, rendendola così una sagoma oscura e particolarmente contorta.
    Io cominciai a scuotere le braccia, generando un fracasso di catene che quasi superò la mia voce:
    - Liberaci, ti prego! -
    Lei non rispose; si avvicinò piuttosto a ciascuno di noi, poggiando delicatamente porzioni di quei deliziosi Muffin. Non appena si avvicinò a Cedric,
    d'improvviso calciò via il piatto coi muffin. Le sue orecchie zampillavano ancora, e finì quasi per contorcersi gli arti, trascinandosi quanto più avanti possibile; lacrimava, implorando:
    - TI PREGO! PORTARMI... portami allo Smistamento... -
    Dama sollevò gli occhiali, e saltellò sino alla soglia. Markrath cacciò una bestemmia silenziosa, e osservava la scena con occhi furenti e preoccupati; Cedric non doveva proprio parlare di Smistamento. Era stato un errore.

    Lo "Smistamento".
    - Cercate lo Smistamento? Io credo di sapere dov'è, posso portarvi là! -
    Io ai tempi non sapevo cosa fosse. Di che si trattasse, ma fui contenta di sapere che DamaXion serbava ancora un po' della sua gentilezza nei confronti di noi poveri sfaccendati utenti; una fortuna che lei, indirettamente, mi avesse confermato che ci avrebbe liberati, anche momentaneamente.
    Cedric lacrimava di gioia:
    - Sul, sul serio? -
    - Sul serio! -
    Io guardavo Mark, tuttavia. E mitigava eloquentemente tutta la mia gioia.
    - Scusami... Dama... - feci io, spostando lo sguardo da Mark a lei: - Cos'è lo Smistamento? -
    Mark si voltò verso di me, facendo segno di "no" con la testa. Merda. Ho sbagliato. Dama rispose:
    - Lo smistamento? È un luogo di amicizia e confronto, di costruttività e colori! Sì, sì... lo smistamento... hehehe...
    S̘̯͉̮m̻̝̘̱i̗̲͍͔̥st̜͚̬͝a̴̳m҉̬̮̘e̥̱͜n͉̹t̳̗o͙̥̲̞͇̩ -

    Dama sembrava fremere un po' più del solito, un tamburellio interno che le faceva schizzare i capelli e gli arti, non conosceva quiete. Liberò Cedric, allora. Io mi feci leggermente più lontana, facendomi vicina a Mark. Gli occhi di Dama sembravano... diversi.
    - O ┴ N Ǝ W ∀ ┴ SI W S!!!!!!!!!!!!!!!!-
    Poi, aprì le fauci, e scatenò dei morsi minuscoli ma tremendamente profondi, sulla mascella di Cedric, poi passando al cranio e il collo. Ora cascate di sangue andavano a macchiare le sue vesti e il pavimento sottostante, mentre il povero utente goglottava parole incomprensibili. Allungava la mano verso Dama, nei suoi occhi provavano ad accendersi ormai spenti lumi di desiderio, di voglia di smistamento... Dama nel frattempo si puliva la bocca con una veloce passata di braccio. Ora digrignava, ridendo:
    - Cercate lo smistamento? Che sciocchi... guardatevi, così pieni di certezza nella vostra ricerca... pensate di essere voi a cercarlo? Lui h̹̫͍a͔ ̟̪̱̭̟f̮̫̞̦̳͎͍a̠m͍̠̹͓̬̬e lui... att͉̮̣̮̭ḙ͈̦̦̩͕̣n͍̱͍d͉̗̻e̯̼̳ , on siete voi che lo cercate, è lui che vi sta dando la caccia. -
    E orientò lo sguardo verso di noi.
    L͙O͖͇ ͚̱͙͉̘S̡͖̰̲̦̞̝̲M͖I̬̝S̲̘Ṯ̠̖̺̙͉͕A͓̺M̛̩̖͔̲E̜̩̟͇̜N̪͇͚̞̞̫̜T̶̖̟͇̩̝O̸͓̜̫̗ AT͖͖̮̰̬̯Ṯ̦̙͇E̬͝N̶̪͚̭͈DE̼̮ ̼͚̻͉͝F̳̖͙͇͟A̴M͜E͕̦ͅL̰̩I̴̬̳C̬̥̩O̟͚͖̩̤
    ̘̮̼̱͉̯̜I̹͕̣ͅǸ ̮͖̱͈̠͉̖̀U̗͕͠N̴̠̝͖ ̖͉̬͓͙A̢͚͙͇̳̯B̨̯̞͔̱̹̥IS̜̬̤̜̼̮̬S̷͉͙͙̭O̥̞̦̤ D̨̪I҉̤̣̪̱ ̴L̷̩̯̟̺ͅE̸̯̻͇T̸̖̤̤ͅṮ̝̼̺̟̝́ER̜̱͢E
    T̞̭̰R̵̦ͅͅA̘̖̥͎͖̯ ̠͕̭͟L͟E͝ ̷͎̖̱̖̝̳͖O͓̘͖M̰͡B̸̫͍͎̘͍̮R̸̙̰͕E͕̥̰̬ ̴̯̝͚̦N͘E͎͓R̸Ȩ
    ̦T͔͙̯̤̫͔͢R̘̯̯͈̮͔Á̫̹̥̤ ̩̖͕̪̠͙Ḅ̶̝̪̘̼E̠̻̟̥͖ͅC͇̼̜̠͉ͅE̺̥̣̺̰̭͝R̙̬͓͍̪E҉͙̦ ̟͙̠̭͓̼̙P͇̮̮͙̕A̡R҉͈O̠̫̯̯͇̣L̶̦E̵̞͓̫ͅ

    Fu in quel momento che mi ricordai. Io ero stata in Smistamento. Eccome, se c'ero stata. Si diceva che quello fosse un luogo simile... simile ad una stanza per le torture. Venivi portato a "Postare un contenuto". Eri felice di condividere al Foro una tua composizione, un racconto, una traduzione, qualsiasi cosa di non tuo, e poi... venivi irradiato da raggi cancerogeni. Venivi... schiavizzato.
    Silent, Kung, si muovevano in questo senso. La prima schiavizzava i giovani staffer per abituarli alle atrocità di livello successivo che avrebbero dovuto portare avanti; Kung invece costituiva la faccia buona della medaglia. Lo Smistamento. Gli Admin... cominciavo a ricordare...
    Esatto! Nessuno poteva entrarci. Solo l'utente e il branco degli Staffer. Lui contro tutti. Un suicidio, un'involontaria messa a morte, una truffa, un crimine. Io forse... avevo postato qualcosa, ma... perché, una volta usciti, alcuni risultavano felici, soddisfatti? Erano complici, in malafede? O erano stati risparmiati? Certo è che altri non tornavano più. Nessuno ricordava cosa fosse successo veramente, là dentro.
    Venivi forzato a dimenticare, e a subire il disagio. Il Maligno. Cedric, mi avrebbe detto Mark successivamente, era stato reso dipendente dal Maligno, durante la ricognizione con Rory.
    Nessuno, pareva. Adesso... lo Smistamento, lo avevano "aperto" per sbaglio. Grandissimi figli di puttana!

    - Mark, mi sono ricordata... -
    Lui annuì, borbottò un "fantastico" mentre provava a divincolarsi dalle catene, Dama si stava avvicinando, ma non ci stavo facendo caso...

    ne͢͟l̛̕l̴ą ͘b̕ó̸c͢c͏a̵̢͠ d̨҉̧e̢l͏ ̷te͘͜͠r͠͠͝r͞o̴ŗe͡
    ̸̶m̷̸̨i̧̛ļ͡l̢̢̀e̵͘ ̶̶d̢҉e҉̢n̵t̀ì̴̛ ̧̀i̢n ͡a̶͢tt̸͘͠e̴s̵a͢ ̷͞di̴ ͏͟er͡r̛or҉̸͝i҉

    - Ho capito... perché lo avevano aperto... l'avevano lasciato aperto per... per ipnotizzarci tutti. -
    - A-ah, molto brava... ora... LIBERATI! -

    ̶n̨̕e̶̛͝l͡l͘͝͠'̕oś̶c͜͠͡u͏̀͘r̕à̴̸ ̴́̀g͏ó̴l̕͝a̢̕
    ̷̧null͏҉̷à ̶͏s̨̀f͢͏u̶g̶͟g̨͡e̵̢͟

    Io mi voltai. Dama stava per divorarmi le gambe, io strillai dalla paura. Mancò il primo morso, il secondo stava per essere assestato - proprio per affondare nel mio polpaccio; la gamba si irrigidì per prepararsi al colpo, quando... la porta si spalancò, con un calcio. Così, d'improvviso. Non potevo crederci.
    - Oessido, fatti più in là. Farà male :o: -
    Era davvero lui!
    - &.! - fece Mark - con sottintesa erezione. Woody sparò un proiettile magiko compressato d'aria orrorificamente ventilata, colpendo l'ormai irriconoscibile folletto nel petto.
    D'improvviso, Dama cominciò a gonfiarsi lentamente in una gelatina, senza avere possibilità di replicare; non riusciva a parlare, emise solo un verso acquoso non appena marcì completamente sul pavimento. Tutti i muffin nella stanza si corruppero d'improvviso.
    - La sostanza sul pavimento è acida. Usatela per liberarvi dalle catene. :o: -
    E così FACEMMO. Ci massaggiavamo i polsi, mentre nei nostri sguardi rifioriva la speranza. Nessuno si aspettava Woody.

    Woody era un agente in incognito all'interno del CPF, cambiava spesso forme e account per confondere le acque. Si chiamava &., ma tutti lo conoscevamo in modo diverso. Ormai sordo data la gravità della situazione [non so come faceva a sentirci], sapeva perfettamente come muoversi, quali fossero i turni di guardia, quali luoghi evitare e come arrivare in ogni dove nel modo migliore possibile. Stavamo procedendo a gattoni in un condotto d'areazione, Woody ci aveva promesso che ci avrebbe portato in un luogo sicuro. Ci aveva informato del fatto che Dama non era stata affatto sconfitta, ma solo momentaneamente neutralizzata. E che il salvarci gli aveva fatto saltare indubbiamente la copertura, che non avevamo molto tempo.
    In effetti, mancava la sua presenza, il sapiente equilibrio tra la serietà e l'attenzione alle stronzate. Mancava Woody, lasciato da solo in ricognizione presso la Fabbrica del CPF. E seppi felicemente di un altro disertore.
    - Il Santo Kohei? -, feci io, stupita.
    - Proprio lui. :o: -
    - Com'è possibile, lui... lui è la mente dietro tutto questo... -
    Mark intervenne:
    - Kohei ha sempre agito per il bene del Forum. Non sapeva delle malefatte del... Oessido. -
    Si fermò. Non potevamo permettercelo.
    - Mark, che stai facendo? -
    - Ti devo ringraziare. Credevo di essere pazzo... solo io, credevo, ricordavo dello Smistamento? Da quando lo avevano aperto, tutti se n'erano dimenticati. Ora so di non esserlo. Devi aiutarmi a diffondere la notizia. -
    - No. -, fece Woody: - Non servirebbe. Possiamo fare di meglio. :o: -

    Kohei non sapeva di Rory. I due sono molto vicini, come ben sappiamo, ma la natura del Maligno sapeva portare con sé, nella propria faretra, scherzi tremendi del destino.
    Kohei fu spinto, intuii, a piegarsi alle volontà del Maligno. Per quell'occasione, maledettamente, si impossessò di Rory - neutralizzando così la lucidità critica del Santo, colui che reggeva la baracca, che la informava con le sue prodezze tecniche. E piegò la baracca, lo Smistamento, il punteggio alle volontà di Giggi, presentatosi con la storia di Rory.
    Woody aprì silenziosamente la grata. Ci ordinò di tacere, poi allungò il capo, diede due o tre sbirciate. E, infine, diede il via libera. Scendemmo faticosamente. La caviglia mi faceva ancora male, Mark aveva il braccio fasciato ma sembrava cavarsela meglio. Una volta scesi, Woody si orientò nel buio e accese un interruttore.
    Lentamente, a scacchi, i cassoni di luce nel soffitto si illuminarono, scoprendo la stanza - un macchinario, e un pover'uomo sudato - accasciato a un computer. Era Kohei.
    - KOHEI! - corsi verso di lui. Mark rimase fermo, con le sopracciglia aggrottate. Woody lasciò fare.
    Una volta arrivata, notai che stava piangendo silenziosamente - lacrime sciatte e trasparenti, quasi ignorate. Continuava a lavorare. Io gli scossi la spalla:
    - Kohei, sei qui! Che bello vederti! -
    Nessuna risposta.
    - Ehi, dai! Rispondimi! -
    Nessuna risposta. Lui stava continuando a fare... quello che stava facendo. Non capivo. Arrivò Mark, posò una mano sulla mia spalla e sentenziò:
    - È ricolmo di sensi di colpa. Non ci appartiene più. -, poi strinse i pugni accanto ai fianchi, e ringhiò a Woody:
    - Come... come credi che possiamo "fare di meglio" con lui, ah? È completamente fuori gioco. -
    Woody però, sembrava allarmato, con un sorrisetto nervoso stampato in faccia, innaturale. Tirò fuori l'arma. Il suo volto immobile e freddo si stava contraendo in decine di crepe - era concentrato e sembrava puntare qualcosa dietro Markrath. Io cominciai a spostarmi dal corpo di Kohei, lentamente, senza navigare nel panico. Guardai Markrath con la coda dell'occhio, lui sembrava star facendo altrettanto. Dopo due o tre paia di passi, sentii l'aria dietro di me sfilacciarsi - come se qualcosa si stesse muovendo.
    - Eheh... Mark... Oessido... -
    Mi voltai, deglutendo. Ero congelata dalla paura. Quella voce. Quella era la voce di...
    - Ti ricordi di me? -
    Era il Markrath che avevo incontrato fuori dalla Fabbrica, all'inizio dell'avventura. Ne ero sicura, quegli occhi... quel ghigno, eppure le fattezze erano quelle di Kohei. Non capivo. Io lo osservai, contraevo le sopracciglia fino a stressare la bassa fronte, con la bocca spalancata. Come guardai il vero Markrath, osservai che non si stava curando affatto dell'impostore dietro di noi.
    Guardava &.
    - Ehi... Woody... che fai? -
    &. stava puntando l'arma contro Mark. Io alternavo lo sguardo tra due fuochi. Quel Kohei, che faceva per alzarsi dalla sedia, e Woody, che nel mentre fece precipitare l'aria in una risata squallida, malata. Cominciò, sembrava, ad accarezzarsi il collo con la mano libera, tuttavia svolgeva un altro genere di azione. Si rimosse una maschera. Io rabbrividii.
    - Francesco...? -
    Sparò un colpo, con la sua arma mortale orrorificamente ventilata. Markrath venne preso in pieno. Guardò me, mentre si accasciava a terra. Io corsi, zoppicando, verso di lui.
    - Cof, cof... -
    - MARK! CAZZO, STAI BENE? -
    - ti pare...? -
    - Cazzo... cazzo..., non so che fare... NON SO CHE FARE! -
    - devi... andartene... -
    - C-cosa? No, non TI LASCIO QUI. -
    - ascolta, oessido... va'. Trova i superstiti, e vattene via da... -
    Un altro colpo, stavolta alla testa. Il colpo mi assordò completamente, tanto che mi buttai indietro strisciando, trascinandomi all'indietro coi gomiti. Le mani a coppa sulle orecchie. Non appena riacquistai l'udito, mi avvicinai alla postazione computer e alla macchina di mantenimento della fabbrica. Non osavo guardare.
    Bastardo... BASTARDO! Mark... l'avete ucciso! Dov'è il vero Woody?... perché l'avete sostituito con Francesco? Era lui Francesco? Perché questa follia?
    Il falso Kohei si posizionò al centro della stanza, sotto un fascio di luce molto chiaro: alzò le braccia al cielo e rise di gusto, un riso senza corde vocali - la musica tombale del demonio. Del Maligno.
    - E così la storia... prende una brutta piega?! -, si avvicinò verso il corpo esanime di Markrath, scavallando il suo cadavere mentre riprese ad arringare: - Oh... povera Giacovalda... povero Staff, povero Kohei, povero &.... non doveva finire così... -
    - Tu... BASTARDO! -, strillai io, incontrollabilmente. Sussultai, e mi nascosi tra me e me avvinghiandomi con entrambe le braccia. Lui sembrò non concedermi neanche un briciolo d'attenzione, ma prese a bofonchiare:
    - Io esisto... io esisto davvero... e TU! -, si voltò verso di me. Con l'aiuto di un paio di tentacoli si sollevò da terra, conducendosi rapidamente vicino a me. Io strillai, e tentai di nascondermi dietro la macchina. Lui però allungò il tentacolo ( :inlove: ) sino alla caviglia ferita, e mi trascinò in aria. Io urlavo di dolore e per la collera:
    - Ti fa male? Credevi di avere qualche possibilità? -
    - Ehm, no...? -
    - Tsk. Non ci credo. Ragiona con me. Ero debole qualche mese fa, lo sapevi. Mi avresti sconfitto, tu, Mark, &., Kohei, Tacet, e tutta la combriccola di Staffer salvati dalla nostra grande... eroina. Questa era la tua storia? Comparivo qui, io?-
    Non dissi niente. Lui allora urlò, con la sua voce a frantumare l'udito:
    - ERA QUESTA LA TUA STORIA? -
    - Sì... è c-così -
    - Ah... e dimmi... come doveva finire? -
    - C-che... che &. ci salva e noi salviamo K-kohei, proprio qui... tu non compari ancora, e... -
    - Sì? -
    - Lui dice che è possibile -, singhiozzai - Che era possibile contenerti tramite una... emoticon. Ma Kohei è un tipo retto e per farlo... - deglutii - per farlo aveva bisogno dell'approvazione dello Staff... eheh. -
    - Bene... infine? -
    - Infine io e Mark raduniamo altri utenti rimasti e... incontriamo Dama, Emily, Captain, gli Admin e li combattiamo per farli rinsavire e così dopo una battaglia finale con Giggi, pensavo fosse, eh, divertente, ecco che tipo cantava e ci faceva male... poi lo chiudevamo nelle emoji e quindi tutti felici e contenti... cioè, era una possibilità, sarebbe stato anche... -
    - Ma era possibile. -
    Singhiozzai ancora. Lui si fece più vicino, fino a solleticarmi le orecchie:
    - Se solo... fossi arrivata prima... -
    Francesco, dall'altra parte, gongolava. Il falso Kohei interruppe il dialogo con me, si avvicinò a Francesco e si congratulò con lui, con delle pacche sulle spalle incessanti e rumorose, ridacchiava con colpetti di gola, come se stesse tossendo. Io osservavo, con le labbra che mi tremavano. Il Maligno sospirò, e riacquistò, con una furiosa metamorfosi - immediatamente le sue fattezze originarie. Io indietreggiai. No, non c'era modo di scappare o nascondersi. Il Maligno, con un certo accento napoletano, disse:
    - Bravo, Francesco. -

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    F̴̰͉̯̞̯̖̘̞͡I̢̟͈̞̭͘̕͘Ń̬̹̹͙͈̟̲͍͚͈̪̹͉̠͘A̷̧̩̲͙̰̮̟̰͇̺L̛͔͍̩̗̯͜͞M̴̧͎̳̭͚̖̪̗̜̹̥̳̬̳̬̠̫̯͍̕͝È̢̺͙̝̼̲͍̜̰͍̦̪͡͡ͅN̴̰͓͖̟͈̲̩̬̱͎͢ͅŢ̸͞͏҉͇͍̹̭͕̬̞̝̙E̸̷͡҉̥̪̪̬͔̜͕̼ ̛̦̗̫̥̀T͏̷̼͔̪̩̦͔̼͍̣̥̥̞ͅI̵̵̪͎̼͇̠̹͚͝ ̨͕̖͇̪̯̮̗͔̰͝S̵͎̖̟͓̼̳̦̬̕͜͡M̧͍̟̬̤̱̹̀͜Į͟͠͏̹͖̩̳͔̪̰͡S̨̨̮̻͚͚T̡̜̼̳͇͢I̧̲̩̣͍͔͓̱͕͈̝̕͘͡A̢̨͖͙̟̫̼̱̻M̧̛̥̯͇͖̱̀͡O͙̫̤̺̥̦̣͜͡ͅ ̩̭͎̘̳́͟͡Ù̢̢̮̻̩̝̟͙̬̪̤̣̩̕ͅN̴̹̞̟̭̜̣̮̭͍̺̣̙͕̮̭͟͟͠A̵̫̜̩͉͖͈̭͚͚͇̰͎͉͟͜͠ͅͅ ̵̢̢̰͙̺͚͎͈̖̟̫̻̘̖̬́ͅS̜̣̙̤͓͉̯̻̺͡͡͞͞ͅT̷̡̢̡̧͍͖̮̖O͉̼͕͍̳̜̗̮͞R̻͓̖͔̤̥̞̣̻̱͈̟̳̙̻͎̫̱͞ͅḬ̡̺̦̗̼́͞͝Ą̧̡̲̭̪̻̲̗̯͕̻͍̦




    Ciccio si dimenava come durante un solletico. Poi si voltarono entrambi verso di me, io di contro orientai le pupille sul pavimento, tenevo stretti i pugni accanto ai fianchi. Il Maligno prese da Francesco la pistola, e se la puntò alla tempia - ma guardavo in basso, non lo vidi. Fece:
    - Tu sei una delle poche rimaste, Sixtyten. Non ho interesse a controllare una come te, o come Markrath. -
    - T... ti prego... -, feci io, singhiozzante: - Lasciami andare... io non sapevo di tutto questo... non lo MERITO! -
    - Ma avresti dovuto saperlo... non trovi? -
    - C-cosa? -
    - Sei tu l'ultima Staffer rimasta. O almeno, lo credi... - Deglutii assieme al Maligno. Mi fece strano.
    - Tu... credevi di avere il controllo? Sin da quando hai incontrato me, all'inizio dell'avventura... credevi di avere il controllo. Sì, è così, ah! Ma sono io che ti correggo. Solo io... e te... dimmi... dove ci troviamo? -
    ...
    - Lo... Smistamento. -
    - Finalmente l'hai riconosciuto! Era ora... e dimmi, perché sei qui? -
    - Perché... sono una schiava... del Forum... -
    - Esattamente. - e si mise a ridere. Io tenevo ancora gli occhi piantati sul pavimento, in attesa di una risoluzione. Sussultai quando sentii il click dell'arma, il Maligno aveva tolto la sicura ed era pronto a sparare:
    - Vedi, mia cara, temo di non avere una coscienza, o qualcosa di simile. Né prevedo complotti, faccio piani... io prendo la forma dei peggiori incubi di ciascuno di voi utenti. E, in questo momento... -, io serrai gli occhi. Non volevo vedere: - In questo momento sei tu e la tua negligenza. E... sopravvivrò a te. -
    Silenzio. Attendevo il colpo. Silenzio. Troppo lungo.
    Riaprii gli occhi, lentamente. E... non ero più accanto alla macchina, ma ero al posto del... Maligno? Francesco stava accanto a me... ma che significa? Non... NON RIESCO A PARLARE, a controllare i miei movimenti... ho una... pistola puntata alla tempia e...
    Dissi, contro la mia volontà:
    - Addio, Sixtyten -
    E feci fuoco.

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    Edited by Sixtyten - 15/5/2020, 13:57
  15. .
    Mi dispiace di aver toccato qualche tasto dolente, non intendevo.

    Sono sinceramente affascinato e colpito da questa storia del serpente anche se all'interno della tua RE non è proprio un punto "chiave", siccome l'episodio è stato singolo ed isolato. Interessante anche sapere che in quel periodo eri "molto coinvolto" dal tema. Mi piacerebbe sbirciarla la tua tesi di laurea, questi temi mi attirano come poche cose.
    Le osservazioni che mi hai portato oltretutto sono tutte giuste. L'esoterismo, lo Yoga, e potrei citarti alchemicamente l'Uroboro, il serpente che mangia se stesso, indicante l'infinito che crea l'infinito in un ciclo senza inizio e senza fine, la materia che si nutre di se stessa per creare altra materia... ma sicuramente ne sai più di me.


    Decisamente possibile che, studiando i vari argomenti per la tua tesi, le allegorie e i miti, tu ne sia rimasto talmente "colpito" da esserne stato influenzato poi nel quotidiano. Mi capita con tante cose, personalmente, potrebbe essere effettivamente così.
58 replies since 8/7/2013
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