Votes given by Stefy983

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    CITAZIONE (Stefy983 @ 31/7/2023, 23:23) 
    Allora, cercherò di essere breve non essendo il più portato a correzioni dettagliate.

    La storia sembra scritta in fretta, i dialoghi sono come forzati e situazioni irrealistiche, la cosa più reale che ho letto è stato solo il padre che chiedeva al figlio che pensava della morte ma pure quel dialogo poteva essere introdotto meglio. Hai come cercato di dare un senso di inquietudine e ansia, ma dovevi puntare a un senso di debolezza, il tempo che logora e un effetto quasi nostalgico per ciò che presto non ci sarà più.

    Queste cose le hai anche inserite nel racconto, ma sono così brevi da essere praticamente inesistenti o hanno il problema che ho menzionato prima. Io so bene cosa si prova a perdere un caro per colpa di un tumore a tenera età. Se desideri un parere più dettagliato specificami su cosa e te lo dico

    In linea di massima concordo con te. La storia non è scritta male, tuttavia trovo che le reazioni dei personaggi siano un po' troppo stoiche, ad esempio nel momento della diagnosi del tumore e nel momento della morte del padre. Io ho un'amica che ha sperimentato la morte di un suo caro e che ne ha sofferto tanto (ne soffre pure oggi), sebbene ciò le sia avvenuto più recentemente (un paio di anni fa). Potrei interpellarla, in caso se la sentisse. :o:
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    Buon salve a tutti!
    Spero stiate bene. Non sapevo se questa fosse la sezione giusta per scrivere un topic del genere. Nel caso fosse sbagliata, mi scusco e chiedo allo staff di provvedere a smistarla nella sezione giusta per piacere.
    Allora... scrivo questo papiro perché a Giugno tale account ha compiuto ben 10 anni. Quando ci ho pensato sono rimasto molto incredulo in quanto non potevo credere che fosse passato tutto quel tempo. Molte cose sono cambiate, io sono cambiato e purtroppo, inevitabilmente, la moda delle Creepypasta è passata. Ciononostante, voglio comunque raccontare di quando codesto forum era pieno di utenti, uniti dalla passione per queste storie piene di paura e che condividevano anche le loro esperienze paranormali, discutendo se fossero vere o meno.

    A quel tempo avevo solo 11 anni e scoprì le Creepypasta anche grazie a vari YouTuber: SlenderMan e Jeff The Killer sono sicuramente quelle che mi hanno fatto aprire un mondo e mi hanno fatto scoprire questo forum. Già dalla presentazione mi trovai davanti a persone calorose, simpatiche e gentili e che mi fecero sentire il benvenuto in questa famiglia. Molte sono le discussioni a cui ho partecipato, molti sono i messaggi e le opinioni che ho lasciato e nonostante non avessi legato particolarmente con chissà che gente, l'ho trovato sempre un posto amichevole per distrarsi e parlare anche di cose che si allontanavano dal tema del forum. Ci sono stati periodi in cui frequentavo assiduamente questo forum e periodi in cui scomparivo: attualmente mi trovo nel secondo caso, anche perché i miei interessi sono cambiati un sacco e l'horror non mi attira più come prima.

    Questo però non mi impedisce di ricordare con nostalgia quei periodi in cui leggevo le creepypasta cagandomi sotto e poi ricordandomi che dopotutto erano finte. E secondo me il bello era quello. Credere che ci fosse un fondo di verità in quello che si leggeva.
    Oggi, invece, riechegga il silenzio. Pochi frequentano questo posto ma non importa: perché continua a vivere, pronta ad accogliere nuovi appassionati. Continua a vivere, nonostante i vari drama che ci sono stati. Continua a vivere, perché è impossibile cancellare qualcosa di bello dalla memoria.
    Concludo dicendo un enorme GRAZIE al fondatore e ai vari membri dello staff che si sono occupati di gestire questo spazio e che hanno passato i loro compiti ad altre persone con fiducia. Ma soprattutto GRAZIE a chiunque abbia partecipato alla vita di questo forum. Veramente, non mi dimenticherò mai dei bei momenti passati.
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    CITAZIONE (Stefy983 @ 15/2/2023, 19:36) 
    Mentre io scrivevo avevo una idea del cosa poteva essere il protagonista, però al contempo ho notato che ciò che avevo scritto può prendere altre forme, quindi invece di aggiungere dettagli avevo pensato di lasciare una piccola interpretazione personale al lettore (Giusto per vedere cosa ne avreste pensato).

    Inoltre, se posso farti una domanda; Secondo te qual è il significato del racconto?

    Il finale fa pensare al esplosione del sole, arrivata alla sua fine, e rileggendolo adesso, sembra proprio che il protagonista sia una pianta (forse un fiore?)
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    La barba iniziò ad essere vista di mal occhio soprattutto con la tubercolosi di New York del 1900, e poi con la spagnola del 1918, perché si temeva che la barba potesse attirare i germi e tenerli intrappolati, diventando veicolo di contagio. Se a lungo l'abbiamo tenuta corta in Occidente è stato pure perché le competenze mediche erano molto inferiori a quelle odierne.


    CITAZIONE
    Con la barba si dimostrano sempre almeno 10 anni di più

    E questa è la ragione per cui me la sono lasciata crescere. Io ho 19 anni, ma senza barba me ne danno 16/17 (anche perché sono bassetto). In più, io ho anche la testa rotonda; avere un po' di barba (assieme ad un po' di capelli, ricci nel mio caso) mi aiuta ad avere un viso più ovale e quindi ad essere esteticamente più gradevole.


    CITAZIONE
    CONCLUSIONI: prima di fare un cambiamento, una scelta, assicuratevi di riflettere, assicuratevi che la scelta sia davvero dettata dalla propria volontà, da un proprio sentimento, da una “vocazione”. Chi tira le fila dell’umanità (siamo burattini nelle loro mani) sa abilmente utilizzare efficacissime tecniche di manipolazione mentale. Cosa dovremmo fare? Continuare ad obbedire come cagnolini fedeli, anzi, come robots, o riprenderci la nostra volontà e individualità? È l’individualità delle persone la cosa che più conta per progredire: se tutti la pensassimo esattamente allo stesso modo, non ci sarebbe progresso.

    Tutti i rapporti sociali si reggono sulle maschere e sull'apparenza, che condizionano il modo in cui veniamo percepiti. Pirandello docet. Sta all'individuo cercare di opporsi quando le convenzioni sociali non gli si addicono troppo (a me non piacciono proprio i risvoltini o le collane d'oro e infatti non li metto), e ai gruppi politici organizzati, se le convenzioni sociali finiscono per essere oppressive e per limitare la propria libertà di essere, però in casi come questi non ci si può fare granché.
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    CITAZIONE
    guarda, le cose già

    CITAZIONE
    è tornata! La vedo in lontananza. Quando c'era lei era sempre un'ottima una bellissima giornata.


    Secondo me il protagonista è una pianta o un fiore; chiama le persone che scappano "uomo" e "donna" come se fossero entità che non conosce alla perfezione. Se fosse stato un fantasma (cosa che, almeno io, credevo durante la prima lettura), avrebbe manifestato maggiore conoscenza del genere umano. Il "movimento" a cui fa riferimento all'inizio del brano è probabilmente lo spostamento del fusto o dei rami causato dal vento.
    Non mi so spiegare la fuga massiccia di esseri umani. Se ci fossero state catastrofi naturali o belliche, ne avrebbe risentito pure il protagonista, però non saprei.
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    Io l’ho interpretata così: il protagonista, sentendosi abbattuto o depresso dalla monotonia della sua routine, trova questo posto in cui sedersi e meditare. Grazie al misterioso globo di luce riesce a riscuotere successo e gratificazione, non solo per lui, ma anche per chi gli “gira intorno”. Le apparizioni finiscono e prosegue un periodo buio dovuto alla mancanza della presenza del globo di luce. Essa però ritorna a fine racconto, portando però questa volta un’aria/energia del tutto diversa da quella positiva lasciata in precedenza, lasciando così il protagonista nello stesso punto di inizio racconto, ma con un nuovo problema da risolvere, ovvero il lato negativo del globo di luce :)
    Sempre che il globo di luce non sia il sole :oessido:
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    Il mio amico qua sopra si è vergognato...
    Ed io, in sua vece, mi vergogno...

    Edited by Oessido - 29/6/2023, 00:10
  8. .
    awu

    Edited by Markrath - 5/4/2023, 14:37
  9. .
    Ed eccoci qui, in questo momento che ho posticipato più e più volte. Suppongo che fosse anche l'ora in realtà, dopo più di dieci anni qui, tra alti e bassi.

    Il forum mi ha accompagnata per tanto tempo, è uno dei pochi posti dove sono sempre riuscita a scrivere e farmi vedere senza timore del giudizio altrui, e di questo sarò sempre grata a tutti gli utenti e staffer che negli anni mi hanno supportata ed aiutata.
    Però adesso devo uscire: essere nello staff qui è stato divertente, a volte infuriante... ma era diventato anche un'ancora: e come tutte le ancore, se sei tu a lanciarla vuol dire che avevi bisogno di fermarti, ma ormai si era arrugginita, incagliata e non permetteva più di ripartire. Per quanto ormai i doveri di Supervisore fossero ridotti all'osso restava sempre quel prurito dietro alla nuca "dovrei provare a..." " se avessi fatto di più..." ma dipende davvero da me? Non credo proprio.
    Ho bisogno di quelle energie mentali per qualcosa di nuovo, e restando sulla metafora nautica, per partire e veleggiare altrove, in posti nuovi dover poter usare tutto ciò che ho imparato qui.

    Questo non vuol dire che non tornerò mai più, cavoli se il forum ritornasse a vivere mi farebbe piacere pubblicare qui di nuovo, ma adesso quelle storie devono essere liberate e non possono più stare solo qui: è un cantuccio caldo e comodo ma troppo stretto. Mi rivedrete? Possibile.
    Se vedrete un giorno un libro di racconti e alcuni vi sembrano familiari chissà, magari sarò riuscita ad attraccare proprio dove volevo.

    Perciò, con un arrivederci dal sapore di addio, io vi saluto!
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    I FAMOSI CINQUE


    PREFAZIONE:



    Mi è tornata l'ispirazione e la voglia di scrivere e mi sono chiesta: perché non buttare giù qualche riga ispirandomi a persone reali, magari persone che condividono la passione per l'horror come la sottoscritta?
    E così, dunque, ho deciso di scrivere una serie di cinque racconti horror, ciascuno ispirato a una persona in particolare. Persona conosciuta grazie a questo forum.
    Sì, ragazzi, sto parlando di voi. Voi con cui ho avuto modo di rapportarmi in questi ultimi giorni, in particolare grazie ai disegnini razzisti sui cinesi e le chiamate deficienti su Discord:
    Sal Er Bestemmione con la speciale partecipazione di Viola,
    Donny Bau Bau,
    Mr Canotta,
    Baby Steph,
    Valerio Er Chef.

    Ebbene sì, voi fanciulli siete le mie muse per i racconti che sto attualmente scrivendo e che scriverò.
    Tocca a voi, però, capire qual è il vostro racconto. Per il momento ne ho uno solo pronto, ma non temete...questo topic resterà in continuo aggiornamento.

    1. Wally


    Le lancette dell’orologio segnavano inesorabilmente le 12:30, cioè il termine della lezione che era stato concesso agli studenti. Wally tirò un sospiro di sollievo. Non ne poteva più di quel professore e delle sue espressioni di algebra relazionale, a dir poco complesse. Dal primo momento che aveva oltrepassato la soglia dell’aula, non vedeva l’ora di parlare a lei. La ragazza che prendeva sempre posto alla terza fila, di lato, da sola.
    Era stufo di limitarsi a posarle lo sguardo addosso, senza fare alcunché. Era tutta la mattina che aspettava arrivasse il momento di parlarle.
    E ora che è arrivato, non può più tirarsi indietro.
    “Ennesima lezione stancante, eh?” Wally la intercettò prima che finisse di raccogliere le sue cose nello zaino e lasciare l’aula. Sally si voltò con un sorriso timido, sapendo per certo chi le avesse appena rivolto parola. Era da qualche settimana che si scambiavano rapide battute sulla lezione del giorno e sull’evidente parrucchino del professore senza, però, avere l’opportunità di approfondire la reciproca conoscenza.
    “Assolutamente.” Sally scrollò le spalle con un sorriso. “A proposito di ciò…recentemente ho perso il mio quaderno degli appunti e ho dovuto prenderne uno nuovo. L’Associazione Studentesca mi ha suggerito di scovare negli oggetti smarriti, ma niente. E’ semplicemente svanito nel nulla.”
    Wally non poté fare a meno di quanto fosse bella, seppur con una ruga di frustrazione che le solcava la fronte.
    “Non è la fine del mondo, naturalmente, però, sai, non posso affrontare l’esame di fine semestre senza gli appunti che ho perso.” Sally si toccò i capelli con leggero imbarazzo, trovando il coraggio necessario per chiedergli quello che aveva in mente da qualche giorno, senza risultare disperata né invadente.
    Wally non aveva bisogno di indovinare: nell’aria c’era già il sottinteso di doverle dare un aiuto.
    Eppure finse di non capire e non la interruppe.
    “Oh, mi dispiace per il tuo quaderno. Mi descrivi com’è fatto? Te lo chiedo perché, se mai dovessi trovarlo, te lo porterei” Wally sapeva perfettamente dove l’altra volesse andare a parare, ma prima di andare al punto della questione voleva giocarci un po'. Vedere per quanto lei volesse continuare a temporeggiare.
    “E’..uhm, ha una copertina rosa ricoperta di lustrini viola. Lo so lo so, può sembrare una sciccheria alla Paris Hilton, ma il rosa è il mio colore preferito!” Ridacchiò Sally, più imbarazzata che mai.
    Wally aveva fatto centro: aveva davanti a sé un pomodoro dalle fattezze umane e malgrado ciò la trovava interessante.
    “Dunque, mi chiedevo se potr-” Continuò lei, ma venne prontamente interrotta da Wally, deciso finalmente a darle tregua.
    “Certo!” Wally le sfoggiò un sorriso rassicurante. “I miei appunti sono anche i tuoi. Ecco, prendi il mio quaderno e fatti con calma tutte le fotocopie che ti occorrono.”
    Per entrambi, la giornata aveva di colpo preso colore.

    Il pomeriggio seguente, a fine lezione, Sally tornò da Wally e gli restituì il quaderno. Sempre se così si poteva definire un mare di scarabocchi presi distrattamente, come se ben altro avesse calamitato l’attenzione del proprietario, distogliendola dal professore e dalla lavagna.
    “Non so come ringraziarti, mi hai praticamente salvata.” Il sorriso di Sally le illuminava il volto come una fiamma inestinguibile.
    Wally aveva fatto centro.
    “Una cena. Io e te, non sarebbe male.” Volle cogliere la palla al balzo lui.
    A tale proposta restò sorpresa la giovane Sally: a smuoverla non era stata tanto l’idea di andare a cena con lui in sé, quanto invece la sicurezza e la naturalezza con cui l’aveva fatta Wally. Si era sempre approcciato a lei in maniera abbastanza goffa e schiva, come se puntualmente gli mancasse quel pizzico di coraggio per lasciare che i soliti commenti sulla lezione odierna si tramutassero in altro: un invito a conoscersi meglio.
    Dunque, cominciò a osservarlo sotto una luce diversa.
    “Oh, accidenti, forse ho esagerato! Scusa volevo dire: prendiamoci qualcosa al bar dell’Università, che dici?”
    “Beh..”
    “Anche se…il caffè del campus stranamente mi porta bruciori allo stomaco. Invece, la caffetteria che si trova sotto il mio alloggio universitario è ottima. Fa anche dei soufflé al cioccolato, buonissimi, si sciolgono praticamente in bocca. E credo che faccia anche dei biscotti alla zucca, aromatizzati ma molto particolari.”
    “D’accordo Wally, mi hai già convinta al soufflé.” Ridacchia Sally, con le sue immancabili guance rosse.

    “Accidenti, non credevo che fosse chiusa oggi. Di solito il giovedì sono aperti. A saperlo prima, ti avrei chiesto di andare altrove. Mi dispiace” Sconfortato, Wally aprì le braccia con i palmi rivolti al cielo, mentre il suo occhio cadeva sulle serrande chiuse della caffetteria.
    Sally si strinse nelle spalle. “Non c’è problema, possiamo sempre rimandare a domani.”
    “Oppure…già che ci siamo, potresti salire su a casa mia e provare la macchinetta del caffè che mi hanno i regalato i miei. Ovviamente non è la stessa cosa di prendere un caffè al bar ma…Espresso, what else?” La incitò Wally imitando l’accento e la posa di George Clooney.
    Sally esitò, non era sicura di voler salire. Altrettanto non aveva la certezza di voler restare chiusa in un posto sconosciuto, con uno sconosciuto.
    Ma alla fine cedette e, ridacchiando, lo corresse: “In realtà nello spot dice Nespresso e non Espresso.”

    “Ti prego, smettila, mi fa male la pancia dal ridere!” Sally era piegata sul tavolo, una mano sulla pancia e l’altra sulla bocca. Si era di nuovo fatta rossa in volto, stavolta però per motivi ben lungi dall’imbarazzo.
    Wally la faceva ridere a crepapelle con la sua spontanea simpatia. Certo che non avrebbe smesso, le risate di lei erano musica per le sue orecchie.
    Fuori si era ormai fatto buio. Due calici di vino parzialmente riempiti si ergevano sulla tavola. Ad accompagnarli c’erano due piatti ormai vuoti e sporchi.
    Quando Wally le aveva confessato di aver lavorato come chef, fuori città, prima di iscriversi alla facoltà di Matematica, Sally lo aveva scherzosamente messo alla prova chiedendogli di sorprenderla con qualche sua ricetta. E così lui aveva seriamente trasformato l’idea di prendere un caffè con la macchinetta in una cena vera e propria, ovviamente preparata con le sue mani.
    “Comunque complimenti, la bistecca era davvero squisita e tenera.” Gli fece presente lei, senza più quel disagio che l’aveva accompagnata fino al momento in cui Wally l’aveva fatta accomodare nell’alloggio.
    Forse era merito del vino se si era sciolta. O forse no.
    “Il segreto sta nel riconoscere la carne giusta da consumare: se dall’esterno ha un colore esterno rosso scuro, quasi un granata tendente al marroncino e al verdognolo, significa che è destinata ad avere un buon sapore. Dopodiché bisogna asportare lo strato, fino a evidenziare il colore rosso vivo, che permane all’interno.” Le spiegò Wally con tanta tranquillità.
    “Mi piace cucinare la carne in tutti i modi possibili: alla brace, al forno, in umido e così via. Domani probabilmente ordinerò tre kg di maiale, mi basterà per tutta la settimana.”
    “Tre kg???” Ridacchiò perplessa Sally portandosi il calice alla bocca. “E dove la metti tutta questa carne? Scusa se te lo dico, ma hai un frigo piccolo.”
    “Venendo qui, non hai notato che vicino la caffetteria c’è una macelleria?” Per la prima volta Sally vide comparire qualcosa di strano sul volto di lui: aveva le caratteristiche di un sorriso, ma non lo era.
    Sally in risposta annuì col capo, abbastanza confusa. Non capiva dove volesse andare a parare Wally.
    “Beh, questa casa è stata costruita esattamente sopra la macelleria. In altre parole, condividiamo un unico scantinato, laddove chiaramente c’è una cella frigorifera. I proprietari sono gentili e mi lasciano tenere la carne quando il mio frigo non me lo permette. Hanno fiducia in me, mi hanno perfino dato le chiavi del loro scantinato.” In un attimo Wally schiarì le idee alla sua ospite.
    Lei lo fissò con un luccichio di curiosità negli occhi.
    “Quindi, stai dicendo che puoi entrare nella loro cella ogni volta che vuoi?”
    “In un certo senso sì.” Il sorrisetto sul volto di Wally assumeva sempre più una sfumatura maliziosa. “Anche in questo momento, anzi. Ora è il momento giusto, considerato che è tardi e la macelleria è chiusa.”
    “Wally…mi stai per caso proponendo di andarci?” Cominciava a sentirsi di nuovo a disagio, ma non poteva negare che l’idea di commettere un “crimine” del genere entrando furtivamente nella proprietà privata di qualcun altro l’allettava.
    “Perché no? Cosa mai potrebbe accadere?”

    Qualche minuto più tardi erano scesi giù nello scantinato.
    Grazie alle chiavi concessogli dal proprietario, non ebbero difficoltà ad entrare nel piccolo magazzino della macelleria.
    “Non sono mai entrata in una cella frigorifera. Ora grazie a te posso spuntarla dalla lista” Sussurrò Sally con voce trepidante e scossa d’emozione, mentre Wally abbassava la pesante maniglia d’acciaio.
    La invitò ad entrare con un sorriso sornione ma, notando la diffidenza che persisteva ancora in lei nonostante l’eccitazione del momento, prese l’iniziativa di entrare per primo.
    “Allora, che ne pensi?”
    Sally mosse i primi passi nella cella e, cercando di proteggersi dal freddo strusciandosi le mani sulle braccia, si guardò intorno per esaminare l’ambiente.
    C’era carne ovunque. Carne di vitello, di maiale, di cavallo…carne fresca, carne confezionata, carn-un urlo isterico squarciò il silenzio nella cella.
    Dal soffitto scendevano alcuni ganci metallici, e appese ad essi c’erano tre donne. I loro occhi vitrei fissavano il vuoto, i loro corpi erano rigidi, paralizzati dal gelo, e le loro sopracciglia e ciglia interamente ricoperti di brina.
    Ora Sally conosce il motivo per cui le tre ragazze sedute in prima fila, al corso di algebra, non si presentano da giorni, se non settimane.
    Wally ne prese una e lentamente la fece ruotare su se stessa. I suoni meccanici degli anelli di metallo si sentivano flebilmente, perché sovrastati dalle urla di terrore di Sally. Fece per scappare via ma Wally prontamente la bloccò artigliandole un braccio.
    "Sai, ti ho sempre trovata bella. Ma ora mi chiedo: sarai anche buona?"
    Sally non ebbe né il tempo di pensare né di fare alcunché che d’improvviso le arrivò un colpo secco alla testa.

    Il sole splendeva alto nel cielo quando una graziosa vecchietta entrò nella macelleria.
    “Buongiorno!”
    “Buongiorno, signora. Come posso aiutarla?” Il macellaio le dava le spalle perché occupato ad usare il tritacarne, dal cui tubo usciva della carne macinata, palesemente macellata da poco.
    “Vorrei qualche fettina di maiale, grazie.”
    “Maiale, dice?” Wally si voltò verso di lei, dal cappello della divisa fuoriusciva un ciuffo biondo scuro. Sorrise alla cliente appoggiandosi con le mani al bancone, sotto al quale c’era un borsone di pelle, pieno di svariati effetti personali che sembravano appartenere a qualche ragazza. Tra questi spiccava un quaderno rosa dai lustrini viola.
    “Ottima scelta, signora. Qui c’è tutto il meglio che possiamo offrire.” Con una mano la invitò ad esaminare il bancone ripieno di carne confezionata e non.
    “Le svelo un segreto: tutto sta nel riconoscere la carne giusta da consumare: se dall’esterno ha un colore esterno rosso scuro, quasi un granata tendente al marroncino e al verdognolo, significa che è destinata ad avere un buon sapore. Dopodiché bisogna asportare lo strato, fino a evidenziare il colore rosso vivo, che permane all’interno”.

    2. Saladriel



    La stanza era illuminata dal fuoco di un camino scoppiettante. Lingue gialle danzavano tra i ciocchi riducendo in cenere quello che un tempo apparteneva alla quercia che, crescendo, allungava sempre di più la sua chioma sul tetto dell’abitazione.
    Fuori le strade erano desolate, il freddo era tagliente, ghiaccio e brina ricoprivano ogni superficie. Fiocchi di neve scendevano silenziosi e delicati sui tetti delle case, sulle auto, sulle panchine, ricoprendo la città di un manto bianco.
    Lungo la via Giacomo Basito numero 17, lucine di Natale brillavano danzando come stelle luccicanti su ogni casa, eccetto l’ultima abitazione in fondo alla strada laddove null’altro che il camino dava un tocco di calore all’ambiente.
    Mentre tutti gli altri cantavano, mangiavano e ridevano davanti a delle tavole imbandite di ogni prelibatezza, il giovane Saladriel sonnecchiava sul divano, la coperta di lana tirata su fin sotto al naso, il libro di Stephen King aperto sulla pancia.
    Dal tavolino si levò un trillo acuto, uno strepitio, e la suoneria peggiore al mondo gli fece spalancare gli occhi di soprassalto. Destato dal sonno, un irritato Sal pensò di ignorare la chiamata di chiunque volesse mettersi in contatto con lui in quel momento ma, più si prolungava l’orribile suoneria, più le sue orecchie chiedevano pietà.
    E fu così che si alzò dal divano e afferrò il cellulare dal tavolino, il tutto accompagnato da un gesto di stizza.
    Lo schermo del dispositivo annunciava il nome di Violet, l’unica persona al mondo che sopportasse averlo accanto a sé, oltre a sua madre.
    “Ma dove cazzo sei?!” A giudicare dal tono infastidito di Violet, quella sera Sal sarebbe dovuto essere altrove. Non si preoccupò affatto di ricordare che tipo di appuntamento lo attendesse, perché col cazzo che ci sarebbe andato. Natale e tutte le occasioni correlate per festeggiare il compleanno del bastardo non gli interessavano minimamente.
    “Sono per strada” Certo che no, e le sue chiappe tornate sul divano ne erano l’evidente prova.
    “Qui alla festa di Paolo ci sono tutti, manchi solo tu. Fra quanto pensi di venire?”
    “Prendendo la metro delle 20 spaccate dovrei essere lì fra mezz’ora”
    “Sal, da noi le metro non esistono”
    “Appunto”
    Un respiro rassegnato fu tutto quello che udì il giovane Sal dall’altro capo della linea prima che la chiamata venisse interrotta.

    La luna splendeva alta e luminosa nel cielo quando, con profonda amarezza di Saladriel, qualcuno bussò alla porta di casa.
    Non si mosse dal divano e ignorò deliberatamente l'invito ad aprire la porta. Probabilmente, lì fuori, c’erano quei piccoli animali da cortile che disturbavano tutto il vicinato per farsi sentire mentre cantavano in coro, in cambio di due spiccioli per comprarsi le nuove figurine dei Pokémon.
    Tornò dunque a concentrare l’attenzione sul libro che stringeva tra le mani, nel quale il Maestro dell'Orrore recitava: “Nessun organismo vivente può restar sano a lungo in condizioni di assoluta realtà; si crede che perfino allodole e cavallette sognino.“
    Tuttavia, pochi secondi dopo, il campanello alla porta tornò a suonare. Sal si trovò costretto a prendersi una pausa dalla sua beata ed irrinunciabile solitudine. Decise di andare ad aprire la porta e scacciare tempestivamente il disturbatore perché potesse immergersi di nuovo nel mondo di King.
    Spalancò la porta e dovette fare un enorme sforzo per ricacciare indietro un richiamo blasfemo a colui che, proprio quella sera, veniva celebrato più di tutti.
    “Buonasera signor Amrael” Esordì con un sorriso l’uomo dal colletto bianco. Aveva tra le mani un pacco regalo che apparentemente suggeriva di contenere una bevanda alcolica.
    “Cosa vuole?” Sal lo guardò guardingo, non preoccupandosi affatto di celare la totale diffidenza nei confronti dell’altro.
    Aveva riconosciuto il suo disturbatore: era Don Patrizio e si era trasferito in città da un anno o giù di lì. Correvano voci su di lui, si diceva che convertire gli infedeli alla fede era la sua crociata.
    “In occasione della nascita del Nostro Signore Gesù Cristo, la chiesa offre doni a tutti gli abitanti di questo luogo. Nessuno escluso.” Detto ciò, Don patrizio allungò le sue mani raggrinzite per cedere il regalo a uno scettico Saladriel.
    Il suo sguardo per niente convinto corse prima al pacco regalo e poi al volto del disturbatore. Una luce beffarda si accese nei suoi occhi. “Mi dica la verità, signore, lei è venuto fin qui perché sono l’unico arabo della zona? Sta cercando in qualche frivolo modo di convertirmi alla sua fede? Senta, faccia un piacere ad entrambi: veda di levarsi dai coglioni e di spassarsela altrove che ‘sta cazzata dei doni non me la bevo. Arrivederci.”
    Sal non riuscì a chiudere la porta che un piede si frappose tra essa e lo stipite.
    “Signor Amrael,” riprese pacatamente Don Patrizio “Che lei ci creda o no, le iniziative della nostra chiesa includono tutti. Indipendentemente dalle tue origini, vogliamo che tu riceva questo dono e che passi un’armoniosa serata con la tua famiglia” Con maggiore insistenza di prima, il vecchio gli allungò il regalo, il cui fiocco era di un rosso scintillante.
    A questo punto, amareggiato, Sal pensò di accettare il dono soltanto perché unico modo di sbarazzarsi del disturbatore.
    “Vabeh, dia qua. E ora, se non le spiace, vado a srotolare il tappeto e pregare Allah” Tagliò corto lui, chiudendo una volta per tutte la porta e senza prendersi il disturbo di ringraziare Don Patrizio per il regalo, qualunque cosa fosse.
    Allah o Gesù Cristo, per Saladriel c’era soltanto una figura in cui riponeva illimitata fede: Charles Darwin.

    Rientrato nel salotto, Sal scartò il regalo giusto per levarsi la curiosità di sapere cosa diavolo ci fosse al suo interno.
    Una bottiglia di vino dolce. Vinsanto. Un classico.
    Pochi minuti dopo la bottiglia era già vuota, tutto il suo interno finito nel gabinetto. Non nutriva la benché minima fiducia verso quel vecchiaccio.
    “Ah, ora sì che ci siamo” disse con estrema soddisfazione mentre sorseggiava dello scotch invecchiato di 100 anni. “A te..” continuò una volta tornato seduto sul divano, il bicchiere di vetro sollevato in aria verso un immaginario crocifisso appeso alla parete. “…che non schiatti mai.”

    L’orologio sul cellulare segnava l’una di notte quando Sal, dopo aver trascorso l’intera serata a leggere il libro e trangugiare un po' la sua bevanda preferita, andò a dormire. Prima di coricarsi, però, notò che la sua camera da letto era gelida: una finestra lasciata socchiusa ne era la causa.
    Che strano, pensò mentre la chiudeva, non ricordo di aver lasciato la finestra aperta…specialmente con questo freddo.
    Si caricò le braccia di cuscini e coperte e tornò in salotto, dove le fiamme residue del camino mantenevano l’ambiente riscaldato e accogliente. Dormire sul divano, altrettanto comodo, non gli era tutto questo grande problema.
    Cullato dal crepitio del camino, il giovane Saladriel immediatamente sprofondò in un sonno profondo.

    Quando si svegliò, non fu né per il bisogno di bere né per la solita sveglia delle 08:00. A strapparlo dalle braccia di Morfeo in piena notte fu un rumore che mai si era aspettato di udire nella sua abitazione.
    Era un rumore viscido, strisciante, che faceva pensare a una poltiglia umidiccia, attaccata e staccata da una superficie.
    PLAF PLAF
    Sal si rizzò a sedere su. Cosa cazzo era? Con occhi sbarrati si guardò intorno, alla ricerca della fonte del rumore alquanto sinistro, ma nulla vedeva se non i suoi soliti mobili d’arredo e il camino.
    Da dove cazzo veniva? Continuò a cercare e cercare con gli occhi una risposta, mentre il rumore si faceva pericolosamente sempre più vicino.
    Un brivido d’inquietudine gli percorse la schiena quando ebbe come l’impressione che, qualunque cosa provocasse quel rumore, gli fosse terribilmente vicina, seppur invisibile ai suoi occhi. Allorché Sal piombò giù dal divano ed indietreggiò dal salotto, avvertendo la primordiale esgienza di tenersi lontano da…non sapeva come cazzo definirla.
    Tuttavia, il viscido PLAF PLAF continuava ad avanzare. E questa volta Sal associò il rumore a quello del dorso del cucchiaio quando viene sbattuto sul porridge freddo. Corse a controllare in ogni stanza che non ci fosse nulla o nessuno di anomalo, mentre la paura cominciava ad artigliare le sue dita scheletriche intorno alla gola del giovane.
    Avrebbe lasciato perdere il rumore e dato la colpa alla sua fervida immaginazione, incoraggiata dai racconti di Stephen King, se non fosse improvvisamente scivolato a terra mentre si muoveva per casa alla ricerca di una razionale spiegazione.
    Realizzò, dunque, che niente era frutto della sua immaginazione quando notò che il pavimento era ricoperto di una lunga e schifosa scia di bava, come se un’enorme lumaca gli avesse attraversato il corridoio.
    Un urlo sbigottito gli esplose in gola. Corse a lavarsi le mani con l’acqua del rubinetto e a privarsi dei vestiti per rimuovere qualsiasi traccia di quella strana e appiccicosa sostanza su cui era accidentalmente atterrato sopra.
    Incapace di realizzare quanto appena accaduto, incapace di dare una spiegazione a quello che gli stava succedendo, Saladriel telefonò l’unica persona che lo sopportasse al mondo, oltre sua madre, nel disperato tentativo di aggrapparsi a quel poco di lucidità che gli restava.
    “Violet!” Esclamò appena udì la sua amica rispondere, il tono di voce che trasudava incredulità. “Qui a casa mia c’è qualcosa che non va. Lascia perdere la festa di Paolo e vieni qui, per favore”
    “Sal, che cazzo dici che sono le 3 del mattino?? La festa è finita da un bel pezzo e io sono nel letto a cercare di prendere sonno. Cosa che, grazie a te, non sto riuscendo a fare”
    “Ma almeno stammi a sentire! Non vuoi sapere cosa mi sta succedendo?”
    “Ok…” Violet sospirò, ma questa volta nel suo sospiro non c’era rassegnazione né irritazione.
    “Stavo dormendo quando ho sentito un rumore troppo strano echeggiare nel salotto. E' un rumore che...non saprei come cazzo descrivere. Mi sono alzato dal divano e sono corso a controllare che in ogni stanza che fosse tutto ok, ma poi sono scivolato su una specie di bava di lumaca”
    “….”
    “C’è della strana bava su tutto il pavimento del corridoio e questo dannato rumore non smette di tormentarmi! Mi hai capito??”
    “Sal, ma hai bevuto?”
    “Sì, un po' di scotch ma non è questo il pun-“
    “Voglio dormire, ti prego, ne riparliamo domani. Bevi tanta acqua che ti passa la sbornia”
    E di nuovo Violet interruppe la chiamata prima che Sal potesse aggiungere alcunché, anche se per motivi differenti dalla precedente conversazione.

    PLAF PLAF
    Il rumore, inarrestabile, continuava a seguirlo per la casa, ovunque andasse.
    PLAF PLAF
    Tappi per le orecchie, farmaci, cuffie bluetooth, sonniferi, niente di questo gli allievava il tormento.
    PLAF PLAF
    Talmente che era insopportabile per la sua povera testa, oltre che spaventoso, il rumore gli annebbiava la vista e gli impediva di mettere a fuoco nemmeno un particolare del luogo in cui si trovava.
    PLAF PLAF
    Nonostante la finestra aperta, l'aria diventava sempre meno presente, meno respirabile, e Sal doveva fare dei lunghi e profondi respiri per riempirsi i polmoni.
    PLAF PLAF
    Non c'era nessuno che gli credesse.
    PLAF PLAF
    Non c'era niente e nessuno che potesse aiutarlo.
    PLAF PLAF
    Il buio lo inghiottiva gradualmente, prima la sua vista, poi la sua mente e infine tutto se stesso.

    Verso la fine dell’anno, su segnalazione di Violet, il giovane Saladriel Amrael, dopo alcuni giorni di totale assenza dal lavoro e dai social media, venne trovato in casa senza vita.
    Secondo il giudizio della scientifica, un arresto cardiaco l’aveva stroncato mentre riposava sul divano. Il bicchiere di scotch, mezzo pieno, e il libro di Stephen King erano le ultime cose che aveva toccato prima di spirare.
    Al funerale, Violet confidò alla madre del giovane che le ultime parole che avesse da lui sentito erano una stupida battuta sulle metropolitane.
    Un bambino dichiarò che, proprio quella tragica notte della viglia di Natale, aveva visto un uomo gironzolare nei pressi dell’abitazione del deceduto Sal, aveva al collo un colletto bianco e una bottiglia di scotch sotto il braccio e, soprattutto, aveva una lunga e viscida coda che gli usciva da sotto la tunica.
    La polizia considerò il bambino come fonte non attendibile e il caso venne immediatamente chiuso ed etichettato come “morte naturale”.

    Edited by bläckheart - 21/11/2021, 17:48
  11. .
    <-- Seconda parte

    Rieccoci tornati, ragazzi.

    Quanti bei commenti! Vi ringrazio, non sorridevo da mesi, e voi tutti mi state alleviando le giornate. Mi piace il fatto che quasi tutte le notifiche mi mostrino il conto alla rovescia ogni due ore. Grazie per avermi fatto ridere, sul serio. Ne avevo bisogno. Oggi me la sono vista brutta e David per poco non mi trovava. Ho preso un autobus fuori città, che è dove sto scrivendo questo messaggio.

    Ora continuiamo.

    “Ciao, Zander” brontolò. “Ti stai facendo una passeggiata?”

    “Vattene a fanculo!” sputai, mentre sbatteva la mia guancia sull’orlo del tavolo.

    “Perché sei così scontroso?”

    “Lo sai perché, stronzo!”

    “Non urlare! Stiamo avendo una discussione calma e piacevole.”

    Provai a spingere la mia testa fuori dal tavolo, ma lui era molto più forte di me.

    “Smettila di divincolarti e ascoltami. Voglio chiarire le regole del gioco, visto che finalmente hai capito che stiamo giocando.”

    “Questo non è un gioco! Mi hai bloccato la mia carta, mi hai rubato i soldi, mi hai hackerato i conti corrente e mi hai fregato le cose! Ti ucciderò!”

    “Ma io non ti voglio uccidere. Questa è la regola. Non ti ucciderò, Zander. Significherebbe porre fine alla tua vita rovinata e il mio scopo non è questo. Ora, tu non ti sei per nulla sforzato per rovinare la MIA vita. Perché non l’hai fatto?”

    “Perché non sono uno psicopatico del cazzo.” Mormorai.

    “Di certo non lo sei” rispose freddamente. “Ma tutto ciò è noioso per me. Sto facendo tutto io per farti lottare per la tua vita, mentre tu non stai facendo nulla per migliorarmi. Non che io non abbia imparato nulla, ma sarebbe più divertente se tu reagissi. Lascerò perfino che Clark ti aiuti, ma credo che ti serva la motivazione.”

    “Pensi che mi serva la motivazione per farti del male? Magari!”

    “Sì, ne hai bisogno, perché nonostante tutto quello che ti è avvenuto, il tuo unico tentativo di contrattaccarmi si è rivelato patetico. Voglio che tu faccia di meglio e combatta più duramente. Detto ciò, a questo punto la motivazione arriva ora.”

    Cacciò un cellulare dalla tasca dei pantaloni, ci premette sopra un paio di volte e lo avvicinò al suo orecchio.

    “Sono io” disse quando risposero dall’altro lato. “Passale il telefono.” Poi avvicinò il cellulare al mio orecchio. Qualcuno stava piangendo.

    “Di’ ciao” disse una voce rauca.

    “P-pronto?” Era Katie. Gesù Cristo, aveva rapito Katie.

    “BRUTTO PEZZO DI MERDA!” urlai.

    “Piano con i toni, Zander.” David sorrise, parlando come se mi avesse detto di mangiare le verdure.

    “Katie, dove sei?” le chiesi disperatamente, ma David mi tolse il telefono, riattaccò e se lo rimise in tasca.

    “Ora hai capito quali sono le regole, Zander? Sei motivato?”

    “Ti ucciderò, figlio di puttana! Brucerai all’inferno!”

    “Calma, calma, non è una discussione teologica.” Fece David con un verso di disapprovazione. “Tu e Clark fate del vostro meglio per rovinarmi la vita. Fate quello che volete. Ma se mi ucciderete, io ucciderò Katie.”

    “Non la puoi uccidere se sei morto.” Brontolai.

    “No, ma ci penserà il mio amico. È impressionante il genere di individui che puoi incontrare in rete. È impaziente di giocare quanto me. Hai qualche altra domanda prima che il gioco inizi per davvero?”

    “Che diavolo ti è successo?” chiesi. “Eravamo migliori amici!”

    “Le cose cambiano” rispose. “Sognavo di fare questo gioco da anni ormai. Tu eri l’unico vero amico con cui potevo realizzarlo. Un giorno ho deciso di… farlo e basta.”

    “Tentando di rovinarmi la vita hai rovinato la tua!” borbottai. “Una volta che sarai condannato per furto di identità e sequestro di persona, sarai finito!”

    “Questo è parte del gioco. Non potrai rovinarmi senza incriminarmi. Mi sono preparato per anni.” Rispose ghignando. I suoi occhi erano cupi e minacciosi.

    “Non credi che sia ingiusto nei miei confronti? Come posso farcela se tu ti sei preparato per anni?”

    “Forse ti concederò qualche suggerimento” disse pensieroso. “Nel frattempo, fai del tuo meglio. E di’ a Clark di stare al gioco, perché preparerò qualcosa anche per lui.”

    Un rumore dietro la staccionata ci avvertì della presenza di qualcun altro. Gridai aiuto, ma David mi schiaffeggiò leggermente. Cercai di vedere chi fosse dalla mia prospettiva limitata. La faccia di Clark apparve sopra la recinzione.

    “Ora devo andare” disse David sorridendo. “È stato bello rivederti, Zander.”

    Clark sfrecciò per il giardino e urlò a David di sparire, ma David rimase fermo, mi guardava e… aspettava. In quel momento Clark lo raggiunse e gli sferrò un pugno in faccia. David volò per terra e mollò la mia testa. Mi alzai e strofinai il mio volto dolorante. David si stava rialzando, ma Clark gli tirò un calcio sullo stinco.

    “Stai giù!” gridò.

    Una luce si illuminò nella casa dietro di noi. Entrambi ci girammo per guardarla. Pensai di tenere David qui fino a quando la polizia non sarebbe arrivata, ma quando ci voltammo, David era a metà strada. Clark stava iniziando a inseguirlo, ma io lo fermai afferrandogli il braccio.

    “Fermo, lascialo andare” dissi in tono di disfatta. “Ho qualcosa da raccontarti.”

    Decidemmo di evitare i poliziotti. Volevamo sporgere denuncia a modo nostro, senza dover spiegare perché stessimo violando il suo domicilio in piena notte. Tornammo nella sua auto e andammo a casa.

    Ci sedemmo sul divano del salotto e gli raccontai della discussione con David. Clark mi fissava attonito.

    “Ma non mi avevi detto che era un amico?” disse.

    “Lo era.”

    “E non si era mai comportato così?”

    “No, non con me.”

    “È assurdo” disse alzandosi. “Ha rapito Katie per farti provare a rovinargli la vita e per farti stare dietro a qualche suo stupido scherzo? È pazzo? Si farà arrestare!”

    “Speriamo" dissi, "ma dobbiamo cominciare a prepararci. Non voglio correre alcun rischio mentre lui ha Katie.”

    “Ok, amico. Non voglio avere nulla a che fare con tutto ciò, però voglio aiutarti. Se si fosse trattato di qualcun altro, ne sarei stato alla larga.”

    “Allora iniziamo” dissi.

    Non so quanti dettagli voglio mettere qui perché probabilmente vi annoierei. Rimanemmo tutta la notte svegli ad appuntare eventi, persone, punti di debolezza e di forza, tutto ciò che ci veniva in mente. Riempimmo metà agenda con tutti i nostri appunti.

    Questi erano i punti di debolezza che ci erano venuti in mente e che potevamo usare contro David:

    - Noia di vivere: potevamo rendere il gioco troppo noioso per farlo continuare.
    - Sua madre: se avesse saputo quello che stava accadendo, avrebbe potuto convincerlo a fermarsi. So che alcuni di voi avevano commentato suggerendoci di rapire la signora King e di usarla, ma eravamo ancora inesperti e non desideravamo compiere le stesse follie di David.
    - Lavoro: farlo licenziare e far sì che nessuno volesse riassumerlo.
    - Conti corrente: fargli le stesse cose che mi aveva fatto.
    - Polizia: se avessimo portato prove inconfutabili per farlo arrestare, il problema sarebbe stato risolto.
    - Katie: visto che l’aveva rapita, la polizia sarebbe stata sicuramente coinvolta. Avrei potuto facilmente riferire i miei sospetti su David e avrebbero potuto perquisirlo pure per la prova più insignificante.

    Poi guardammo ai suoi punti di forza e alle cose a cui stare attenti:

    - Preparazione: aveva ovviamente una scaletta che stava seguendo e sapeva cosa stava facendo.
    - Tempo: le mail spazzatura e le frodi creditizie erano iniziate ben prima che ne subissi gli effetti. Questo implicava che potevano esserci altre trappole predisposte da David che sarebbero esplose come una bomba ad orologeria in un futuro prossimo.
    - Corpo: era chiaro da questa notte che si era allenato un sacco, probabilmente per il suo lavoro da guardia di sicurezza.
    - Denaro: con quelli che mi aveva rubato aveva un sacco di soldi ora.
    - Amici: se si era fatto un amico disposto ad essere coinvolto in un rapimento, allora adesso potevano esserci due o più psicopatici di cui preoccuparsi.
    - Conoscenze: sapeva come eseguire truffe e come hackerare computer senza (ancora) venire scoperto, o perlomeno si era affidato a qualcuno per farlo al posto suo. Non avevamo alcuna idea di quali altre cose pericolose sapesse fare, quindi stilammo una lista di cose che poteva conoscere e che avremmo dovuto imparare a contrastare. Non le elencherò qui perché la lista era alquanto lunga.
    - Volontà di infrangere la legge: era chiaro che la giustizia per lui non era parte delle regole del gioco. O non temeva di essere arrestato, o sapeva che non lo sarebbe mai stato.

    Dopo aver analizzato David, passammo a noi stessi. Innanzitutto, i nostri punti di debolezza:

    - Conoscenze: non avevamo minimamente la quantità di conoscenze di cui disponeva David. Non solo conoscenze come riparare un tubo, ma anche informazioni su David stesso: quali erano i suoi amici, dove lavorava, con chi parlava, ecc. Avremmo dovuto iniziare a imparare un sacco di cose per provare a raggiungerlo.
    - Denaro: non avevo più soldi. Clark non ne aveva molto perché aveva appena speso un sacco per quella tv al plasma che era stata rubata.
    - Casa e auto: David sapeva dove vivevamo. Decidemmo di vendere la nostra locazione il prima possibile. Sapeva anche quali fossero le nostre macchine, ma non potevamo farci nulla fin quando non ci saremmo trasferiti e avremmo avuto un po’ di soldi per comprare un catorcio da usare quando necessario. Non importava dove saremmo andati, se poteva trovare le nostre auto, ci poteva seguire a casa.
    - Katie: se David aveva deciso di cambiare le regole e di usare Katie come motivazione, avremmo dovuto ripensare a tutto.
    - Paura: Clark e io sapevamo che in fondo David ci terrorizzasse DI PIU’ di quanto ci irritasse. Avrei preferito andarmene via invece di vendicarmi. Inoltre eravamo spaventati e non eravamo intenzionati a fare molte delle cose che David ci aveva fatto.

    Questi erano i nostri punti di forza:

    - La legge: la giustizia era dalla nostra parte fino a quando saremmo rimasti nella legalità;
    - Conto di Clark: finora David non aveva preso di mira Clark come aveva fatto con me, quindi potevamo prendere delle misure di precauzione per proteggerlo;
    - Lavoro: avevamo un lavoro e quindi potevamo guadagnare più denaro, a meno che David non avesse trovato un modo per farci licenziare. Dovevamo trovare una soluzione per proteggere i nostri posti di lavoro da lui.
    - FTC, polizia, governo: questi enti governativi con tutte le loro ingenti risorse stavano lavorando per noi sul mio furto di identità. Pensammo che probabilmente sarebbero riusciti ad arrivare a David.

    Guardando e confrontando i punti di forza e di debolezza di entrambe le parti, sembrava una sfida ad armi pari sulla carta. Ma solamente pensare di provare a combattere David ci fece sentire come se fossimo contro un nemico insormontabile.

    Ci sedemmo a fare colazione e continuammo a discutere sul da farsi. Entrambi ci prendemmo un giorno di malattia così da poterci preparare.

    “Allora, ho messo in vendita su Craiglist i nostri contratti d'affitto” dissi, mettendo giù il telefono. Clark stava annusando l’aria con una faccia confusa. Si chinò per odorare i suoi cereali.

    “Secondo te puzzano?” chiese. Li annusai.

    “Per me odorano di cereali” risposi.

    “Uh. Per me puzzano.” Buttò sul lavandino i cereali.

    Clark prese il telefono e chiamò Equifax, dicendo loro che voleva congelare il suo conto per novanta giorni. Quando quei novanta giorni sarebbero passati, li avrebbe richiamati di continuo fino a quando il problema di proteggere il suo conto sarebbe stato risolto. Potevamo ancora usare la sua carta di credito con un tetto di 3000 dollari, ma non poteva essere effettuato nessun accredito.

    In seguito cambiò tutte le password di tutti i profili che aveva online in sequenze incomprensibili. Si iscrisse su un gestore di password online e le mise lì. Il gestore memorizzava solamente un file crittografato nel suo server. Lui avrebbe scaricato il suo file dal sito del gestore e poi lo avrebbe letto, ci avrebbe scritto sopra, lo avrebbe criptato di nuovo e lo avrebbe rinviato al server. Il server aveva solo il file criptato, senza password. Anche se il gestore fosse stato hackerato, gli hacker si sarebbero ritrovati con dei file inutili e crittografati. Certo, con un po’ di tempo avrebbero potuto decifrarli, ma era il meglio che potessimo fare.

    Non mise nel gestore di password solamente le credenziali del suo conto bancario. Scrisse metà dell’username in un pezzettino di carta e l’altra metà in un altro fogliettino. Fece la stessa cosa con la password. Voleva nasconderli in zone sicure della città. Se David avesse messo le mani sulle credenziali di Clark, saremmo stati morti e sepolti.

    Mentre si occupava di ciò, compilai le liste dei nostri oggetti rubati da consegnare alla polizia non appena la stazione avrebbe aperto; una volta aperta, ci saremmo andati, avremmo consegnato i nostri inventari, avremmo sporto denuncia e avremmo indicato David come possibile sospettato. Avevo anche pianificato di indirizzarli verso la mia denuncia di furto di identità, dichiarando di sospettare che David fosse colpevole anche di quello.

    Una volta sporta la denuncia, ci saremmo diretti dal padrone di casa e gli avremmo chiesto di cambiare le serrature, usando la denuncia come prova dell’effrazione. Il tecnico ci aveva detto che la porta era stata aperta regolarmente e non era stata forzata. Ciò significava che David in qualche modo aveva fabbricato una copia della nostra chiave.

    Poco prima delle 9 di mattina, entrammo nella macchina di Clark e andammo in città. Si recò in quattro posti diversi e vi nascose i suoi foglietti da qualche parte. Sapeva che dovevano stare in posti che non sarebbero stati visitati per mesi e che non sarebbero stati danneggiati o spostati da irrigatori, bufere, ecc. Non so dove li abbia nascosti, ma lui mi assicurò che fossero al sicuro.

    Dopo averli nascosti, guidammo fino alla stazione di polizia per sporgere denuncia.

    Aspettammo pazientemente che un ufficiale ci vedesse. Quando fummo convocati, ci sedemmo e gli raccontammo dell’effrazione, della quale era già stata sporta denuncia, e dicemmo che ora volevamo consegnare l’elenco dei nostri oggetti rubati.

    “Abbiamo un sospetto su chi possa essere il colpevole” dissi alla fine.

    “Ok, chi è?” chiese.

    “Il suo nome è David King. Era un mio amico, ma ora non lo è più.”

    “Che è successo?” chiese mentre scriveva il nome.

    “Recentemente mi è stata rubata l’identità. Sospetto che fosse dietro anche a quello, quindi, se mi ha rubato l’identità, è probabile anche che si sia intrufolato. Mi odia.” Dissi.

    “Ok, ma che è successo per farvi smettere di essere amici?”

    Esitai. Non sapevo come spiegare la situazione. Se qualcuno conosce un modo migliore per raccontare questa faccenda ad un poliziotto, me lo faccia sapere. Dissi solo: “Abbiamo avuto un litigio pesante e ha minacciato di rovinarmi la vita.”

    “Quando è avvenuto?”

    “Circa un anno fa.”

    “E lei pensa che proprio adesso le abbia rubato l’identità e le abbia svaligiato la casa…” rispose il poliziotto dubbioso. “Lei era suo amico?” disse indicando Clark.

    “No, sono il suo coinquilino” rispose indicandomi.

    “Ok, ragazzi” sospirò l'ufficiale mentre andava via. “Grazie per il suggerimento e per i vostri inventari. Indagheremo su questo caso come con ogni altro crimine e faremo del nostro meglio. Potrei avere delle copie delle vostre parenti e dei vostri numeri di telefono, così da potervi contattare in caso di domande?”

    Gli demmo le nostre patenti e scrivemmo nel documento i nostri numeri.

    “Torno subito” disse, prendendo le patenti per fotocopiarle.

    Ci guardammo per un minuto, prendendo un sospiro profondo.

    “Non ci crede” dissi rassegnato.

    “Troveremo le prove” mi incoraggiò.

    Passarono cinque minuti, e poi dieci. In seguito l’ufficiale tornò con altri due poliziotti al suo fianco.

    “Clark Ulysses?” chiese.

    “Sì?” rispose Clark, confuso.

    “La dichiaro in arresto per vandalismo e per violazione della proprietà privata.”

    Gli ufficiali lo fiancheggiarono e lo fecero alzare. Fissai sbigottito i poliziotti. Gli occhi di Clark erano spalancati.

    “Quando sono andato a fotocopiare la sua patente," disse l'ufficiale tenendola in mano, "ho controllato la fedina penale. La scorsa sera, qualcuno ci ha chiamato per segnalarci che lei aveva spruzzato “LADRO” sulla sua casa e poi lo aveva aggredito quando si era avvicinato per fermarla.”

    Rimasi a bocca aperta. Figlio di puttana.

    “A chiamare è stato David King, colui che lei aveva appena indicato come sospetto. Mi sembra che lei abbia voluto screditarlo prima che la denunciasse. Direi che l'ha battuto sul tempo. Leggetegli i suoi diritti.” Disse agli altri ufficiali.

    “Aspettate” dissi, alzandomi. “Fermi, c’ero pure io, non è stato solo lui!” Clark scosse leggermente la testa in segno di disapprovazione. No! Non avrei permesso che si prendesse tutta la colpa per questo!

    “Mr. King ha esplicitamente dichiarato che c’era solo un vandalo e che ha visto Mr. Ulysses sgattaiolare a casa sua e spruzzarla da solo. So che stai cercando di proteggere il suo amico, ma non buttare così la tua vita, ragazzo.”

    Uno degli ufficiali iniziò a leggere a Clark i suoi diritti Miranda e nel frattempo lo ammanettarono e lo condussero alla porta che dava al carcere.

    “Chiama mia madre per la cauzione! Uscirò presto!” gridò Clark dietro di lui. “Non farlo vincere!”

    Parte 4 ->



    Edited by & . - 22/7/2023, 13:29
  12. .
    Mi piacciono. Come dice il titolo, le tue short-stories(?) sono piccoli flussi di immaginazione che scorrono fluidamente e non annoiano il lettore. Il tuo stile qui è corto e asciutto e prosegue senza intoppi, il primo mi ha dato perfino un senso di leggerezza :zizi:
  13. .

    BUON APPETITO.


    Al ristorante marito e moglie consumano una cena fuori dall’ordinario: niente pasta né pizza, stavolta è una sostanziosa zuppa speziata di carne a imbandire il loro tavolo. Il marito divora tutto ciò che gli finisce sotto mano: non fa neppure in tempo a deglutire che voracemente si tuffa nel morso successivo. Si unge la bocca con il grasso della carne, rompe le costine, succhia il brodo. Non consente spazio ai residui.
    Gli ansimi e i sospiri tra un boccone e l’altro non fanno che conferirgli un tono alquanto rivoltante. Ingordo, famelico, insaziabile l’uomo apprezza la cena più di quanto vorrebbe darlo a vedere.
    La moglie, in netto contrasto con l’immagine del marito, a stento tocca il pane. Giocherella con il vino per dare l’illusione di star aspettando qualcosa o qualcuno, quando in realtà ha un tarlo che le picchietta in testa e le annoda lo stomaco.
    “Tesoro” fa ad un certo punto la moglie mentre la cena sembra avviarsi alla conclusione “Sono preoccupata per Fuffy, non torna a casa da un paio di giorni oramai”. Il marito, senza interrompere la sua malsana relazione con la carne untuosa, alza gli occhi al cielo. “Stà tranquilla, il tuo barboncino avrà sentito l’odore di una cagna in calore e si sarà allontanato. Appena svolto il suo dovere da cane maschio, tornerà ad abbaiare fastidiosamente contro la nostra porta in men che non si dica.” Con quelle guance gonfie, è un miracolo che la moglie sia riuscita a cogliere pienamente le sue frasi. Ad ogni modo vuole credere alle parole del coniuge ma il massimo che replica in risposta è un poco convinto “Se lo dici tu”.
    Il volto di lei si annuvola: dove si è cacciato il suo soffice e tenero barboncino dagli occhi color blu cobalto? E' merito di quegli intensi e magnifici occhi se la moglie ha voluto sborsare 500 euro, prediligendo Fuffy ad altri cani.
    Naturalmente l’argomento non finisce lì. Trascorrono un paio di minuti dall’ultima risposta e la donna riprende parola: “Forse dovremmo chiamare la polizia”. A tale considerazione l’uomo per poco non si strozza con un pezzettino di carne. La vena che gli pulsa sulla fronte è l’evidente prova che non tollera ulteriori interruzioni dalla sua deliziosa cena. “Disturbare la polizia per trovare un inutile ammasso di pelo? Non dire assurdità!”. Accigliato afferra il piatto intatto della moglie e lo avvicina a sé. “Il cibo non va sprecato”.
    Quando non c’è più nulla da mettere sotto i denti, il marito finalmente decide di rincasare. Non vuole dimostrarlo ma è soddisfatto con sé stesso per aver dato un’opportunità al ristorantino dietro l’angolo che fino ad allora ha sempre dato una cattiva impressione alla moglie e tuttora continua a darla.
    Un’ora più tardi qualcosa disturba il resto della sua serata libera. Una fitta, una seconda fitta, una terza fitta, il dolore allo stomaco si fa via via più intenso. L’uomo dà la colpa alla cattiva digestione e si prende le famose pasticche viste in televisione per calmare il dolore. Passa una mezz’ora e le medicine si rivelano inutili. Passano i minuti e nulla sembra riuscire a dargli sollievo.
    Arriva una fitta acuta, forse la più spietata di tutte, e l’uomo corre in bagno sentendo il violento impulso di scaricare tutto nel water tramite il lato posteriore. Fa quello che deve fare, e lo fa piuttosto in fretta. Il volto gli torna rilassato e sereno: il dolore finalmente è svanito.
    Quando, però, si solleva dalla tavoletta per lanciare un’istintiva occhiata alla sua creazione, diventa terribilmente pallido in volto. La bocca si apre per dire qualcosa ma poi, senza successo, si chiude mentre i suoi grandi occhi esprimono null’altro che puro terrore. Nel water c’è qualcosa che mai si sarebbe aspettato da se stesso, o meglio, uscito da se stesso. Lì, al centro del water, a galleggiare c’è un occhio aperto. La sua iride, color blu cobalto, è spenta e vitrea ma l’uomo ha come l’impressione che gli stia restituendo lo sguardo.
    Vuole urlare. Vuole piangere. Vuole chiamare ad alta voce la moglie ma, senza rendersene conto, sviene sul pavimento del bagno. Dalla tasca del pantalone fa capolino il biglietto da visita del ristorante, su cui è impressa una faccina sorridente che urla a caratteri cubitali il nome del locale. In basso, molto minuscolo, a mò di nota il suddetto biglietto recita: tutti i nostri ingredienti sono rigorosamente a chilometro zero.






    Il mio primissimo creepypasta è concluso, ma mi piacerebbe molto avere vostri pareri a riguardo. Naturalmente gradisco, anzi, chiedo la correzione di eventuali errori.
  14. .
    Come ti avevo detto per messaggio su Telegram mi piace questa idea, è molto liberatorio scrivere questi snippet senza sentirsi tesi verso una storia. Sono ottimi esercizi di scrittura anche, perché sono contenuti brevi, non diluiti - anche se non nascono per esserlo, naturalmente.

    Quello che scrivi sostanzialmente va bene, solo la forma e lo scopo di tutto questo è molto difficile da smistare. Quindi OT avrebbe sicuramente senso.
  15. .
    Posso confermare :love:
113 replies since 6/4/2020
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