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    Consulente: Benvenuto a Mi Sa che Sto per Fare una Cazzata Consulting ®, sono Veronica come posso esserle utile?
    Davide: Mi sa che sto per fare una cazzata.
    Consulente: Be', allora è nel posto giusto. Di che tipo di cazzata si tratta?
    Davide: Sentimentale.
    Consulente: Ottimo, è la nostra specialità. Immagino abbia a che fare con un'altra donna.
    Davide: Immagina bene.
    Consulente: Vede noi forniamo diverse terapie per impedirle di fare una cazzata, terapie molto specifiche che dipendono dal livello della minchionata in questione.
    Davide: Capisco.
    Consulente: Ad esempio, se il cliente è sul punto di infatuarsi di una persona che non sia il partner, lo coinvolgiamo in sessioni di gruppo volte a distoglierlo dall'intento. Se il cliente è sessualmente attratto da un'altra donna, il nostro pool di psicologi provvede a strutturare un percorso di terapia volto a definire le cause sottostanti a questa sua pulsione. Nei casi estremi possiamo ricorrere persino all'ipnosi pur di sradicare la pervicace tendenza all'infedeltà. A che grado di cazzata ritiene di trovarsi?
    Davide: Non ne ho idea.
    Consulente: Facciamo così, mi provi a descrivere questa ragazza.
    Davide: Okay. Vediamo… ecco, quando avevo nove anni l'estate era diversa da adesso. Tanto per cominciare pioveva di più. Temporali caldi e spaventosi, da cui dovevi scappare pedalando forte. E poi la stagione aveva un lato più selvaggio, più imprevedibile e più avventuroso. Le giornate soleggiate duravano il doppio. E tutti i giorni di sole erano un miracolo. In un certo senso mi rendo conto che non dipendeva dalla stagione, dipendeva da me. Be', quando io la guardo negli occhi, ho di nuovo nove anni. Ed è estate.
    Consulente: Perfetto, le chiamo un collega che provvederà a spararle in testa.
    Davide: Ben gentile.

    Umberto: Ciao Luca.
    Luca: Ciao.
    Umberto: Come stai Luca?
    Luca: Bene.
    Umberto: Tutto bene?
    Luca: Sì, sì.
    Umberto: Sai perché sei qui?
    Luca: Per fare ripetizioni con te.
    Umberto: No.
    Luca: No?
    Umberto: No. Sei qui perché la tua mamma e il tuo babbo mi pagano un'oscena quantità di danaro nella pia illusione che tu possa trasformarti in qualcosa di più che un taggatore di treni. Ora, vogliamo dare a quei due poveri vecchi l'illusione che tu non sia solo un fermaporta a forma di adolescente?
    Luca: Ochèi.
    Umberto: Molto bene. Com'è andata l'interrogazione di storia?
    Luca: Ho preso tre.
    Umberto: Molto molto bene.
    Luca: Dici?
    Umberto: L'ultima volta era due, giusto?
    Luca: Sì.
    Umberto: Vedi? Poco alla volta si cresce. E, se posso permettermi, come mai la professoressa avrebbe deciso di darti tre?
    Luca: Boh. Io ho ripetuto quello che mi hai detto tu.
    Umberto: Ovvero?
    Luca: Che l'Impero Romano era una cloaca di corruzione morale, superstizione religiosa e prostituzione intellettuale e che in mille anni non è cambiato niente.
    Umberto: E ti ha dato tre?
    Luca: Sì.
    Umberto: Non me lo spiego.
    Luca: Le ho anche detto tutto sul buco romano.
    Umberto: Il buco romano.
    Luca: Sì.
    Umberto: Il foro romano?
    Luca: Quello.
    Umberto: Tu mi stai sul cazzo Luca.
    Luca: Ochèi.
    Umberto: Te lo dico così perché ci tengo che tra noi due ci sia un dialogo franco.
    Luca: Fico.
    Umberto: Vuoi sapere perché mi stai sul cazzo?
    Luca: Va bene.
    Umberto: Mi stai sul cazzo perché hai sedici anni. Perché sei giovane. Perché sei bello. E perché hai l'intelligenza, la curiosità e la sensibilità di un colino per la pasta.
    Luca: Ochèi.
    Umberto: Quante ragazze hai Luca?
    Luca: Boh, tre.
    Umberto: Tre. Sai quante ragazze avevo io alla tua età?
    Luca: Quante?
    Umberto: Zero. Era una domanda retorica. Ti ricordi che abbiamo studiato le figure retoriche? Cosa vuol dire retorico?
    Luca: Che è uguale a zero?
    Umberto: Che è uguale a zero. Bravissimo, Emilio. Ora, mentre tu tiri fuori i libri io vado un attimino di là a sbriciolare dello Xanax.
    Luca: Ochèi.
    Umberto: Che ci tocca oggi?
    Luca: Italiano.
    Umberto: Che cosa di italiano?
    Luca: Gli stilnovisti.
    Umberto: Ah, gli stilnovisti! Bellissimo argomento. Facciamo lo schema come ti ho insegnato. Scrivi. “Stilnovisti” in grande, poi fai una freccia e metti “stalker”. Fai una freccia in basso e metti “questi loschi pervertiti, ossessionati dal sesso ma troppo terrorizzati per metterlo in pratica, hanno trascorso le loro inquietanti brevi vite a scrivere e pentirsi di cose che non osavano fare. La fortuna che ha permesso loro di ottenere l'immortalità letteraria è dovuta al fatto che, a quel tempo, le donne non potevano pubblicare raccolte in versi. Altrimenti staremmo qui a leggere centinaia di sestine che raccontano con varie sfumature la sgradevole esperienza di essere oggetto delle attenzioni di un trentenne ossessivo, vergine e religiosamente contorto”. Scritto tutto?
    Luca: Sì, ma…
    Umberto: Ma?
    Luca: Non è che mi dà tre anche qua?
    Umberto: Va be', allora approfondiamo. Quale metodo ti ho insegnato per mettere bene a mente le informazioni?
    Luca: La droga.
    Umberto: No, mio ottuso padawan. L'altro metodo.
    Luca: Era tipo...tipo...tipo...
    Umberto: Tipo. Tipo. Tipo. Tipo usare concetti familiari per memorizzare concetti non familiari.
    Luca: Quello.
    Umberto: Eh, quello. Allora, cosa ti è familiare?
    Luca: Niente.
    Umberto: Andiamo. Escludendo per decenza il più sfrenato onanismo, ci sarà qualcosa in questo periodo che fai con maggior frequenza del solito.
    Luca: Dragon Ball Fighterz.
    Umberto: Cos'è Dragon Ball Fighterz?
    Luca: Un videogioco su Dragon Ball.
    Umberto: Benissimo. Dragon Ball allora. Ascoltami bene. Gli stilnovisti sono una serie di poeti toscani a cavallo fra il Milleduecento e il Milletre. Dante è Goku. Il più famoso del gruppo, quello che alla fine ci ricordiamo un po' tutti. Ottuso, infantile, perso nella contemplazione di sé stesso, ma si fa amare dal grande pubblico. Fin qua ci siamo?
    Luca: Sì.
    Umberto: Okay. Guido Cavalcanti è Vegeta. Nobile, arrogante, con una bassissima soglia di tolleranza per le stronzate. L'unica valida alternativa a Dante e alle sue facezie naïf. Segue Guido Guinizzelli, che è il Genio delle Tartarughe. Maestro del gruppo e ossessionato dalla bernarda in ogni sua forma e manifestazione. Poi ci sarebbe pure Lapo Gianni. Lapo Gianni è Yamcha, quello di cui non frega mai niente a nessuno. Un po' separato dal gruppo, troviamo Rustico Filippi. Rustico Filippi è Crilin, grottesco e inferiore. E poi c'è Cecco Angiolieri. Vediamo se sei stato attento. Secondo il ragionamento fin qui delineato, chi è Cecco Angiolieri?
    Luca: Non so…
    Umberto: Dai, dai.
    Luca: Io…
    Umberto: Non ci sono risposte sbagliate.
    Luca: Freezer?
    Umberto: Sbagliato, braccine strappate a youtube! Freezer è Petrarca, ci arriviamo poi. Cecco Angiolieri è Mr Satan, ovvero la spalla comica. Vedi che non segui. Se non segui devi dirmelo però.
    Luca: No, no, ho scritto tutto.
    Umberto: Bene. E con lo Stilnovo abbiamo chiuso. Poi?
    Luca: Ci sarebbe la verifica di inglese giovedì.
    Umberto: Argomento?
    Luca: Shakespeare.
    Umberto: Scrivi. Shakespeare, in grande. Poi tre frecce. Prima freccia, tragedie, due punti muoiono. Seconda freccia, commedie, due punti si sposano. Terza freccia, drammi storici, due punti fanno la guerra. Altro?
    Luca: No.
    Umberto: Tutto qua? Be' oggi va di lusso.
    Luca: Veramente…
    Umberto: E guarda, ti avanzano ancora tre quarti d'ora buoni per esercitarti sulla creazione di siti web.
    Luca: Ma io mi rompo a fare i siti web.
    Umberto: Piccolo ingrato, guarda che qua io ti sto insegnando un mestiere! Ma dove credi di andare te? Ma quale futuro pensi ti aspetti lì fuori? Quando ci sarà sto benedetto olocausto nucleare e il mondo diventerà una sterile landa postatomica popolata da mutanti, assassini e stupratori, saper costruire bei siti one page farà la differenza tra vivere e morire. E ora raus, che ti voglio vedere fluido con quell'html.
    ...

    ...
    Umberto: Pronto?
    Veronica: Pronto, sono la mamma di Luca.
    Umberto: Ah signora, mi dica, Luca ha fatto l'interrogazione di italiano?
    Veronica: Sì.
    Umberto: E allora?
    Veronica: Ha preso quattro.
    Umberto: L'altra volta aveva preso tre. In economia questa si chiama crescita intensiva.
    Veronica: Pare abbia detto che Guido Cavalcanti è Goku.
    Umberto: Vegeta.
    Veronica: Come dici?
    Umberto: Non importa. Comunque qui da me l'argomento lo sapeva bene.
    Veronica: E poi c'è un'altra cosa...
    Umberto: Dica, dica.
    Veronica: Ha sviluppato una strana ossessione per Pyongyang e l'apocalisse nucleare.
    Umberto: Bizzarro.
    Veronica: Tu cosa mi consigli di fare. Lo mando da uno psicologo?
    Umberto: Ma ci mancherebbe! No, no. Ascolti me. Faccia così. Quest'anno lo bocciano e amen. Vivaddio ha tutti tre. L'anno prossimo me lo iscrive al Cepu, gli fa fare due anni in uno e paga per vederselo diplomato. Combo Smart più vacanzella premio a New York in cui si rompe i coglioni e si fa rapinare. Poi l'università. Una triennale agonica dove gli facciamo pigliare la media del venti e ogni tipo di malattia venerea nota all'uomo. Poi vediamo... suo marito è avvocato no?
    Veronica: Sì.
    Umberto: Lei è medico, capirà, me lo parcheggiate da qualche parte a fare un lavoro ad alto stipendio e bassa responsabilità. In tutto questo lo facciamo drogare, tradire la moglie e non andare mai a votare. Tutto senza un pizzico di poesia o autoironia. Prestanome partime, indifferente a quello che succede nel mondo, miope sia a bellezza che a tristezza, sensibile alla coercizione. Quindi sindaco prima, per un partito che ha sempre bisogno di gente ottusa e determinata, Consigliere Regionale poi. Presidente della Regione. Dopo chissà, il Parlamento…
    Veronica: Oddio lo credi davvero?
    Umberto: Le premesse sono incoraggianti.
    Veronica: Oh, mi togli un peso.
    Umberto: Son qui per questo.
    Veronica: Pensavo non fosse normale.
    Umberto: Stia tranquilla. Me lo rimanda giovedì?
    Veronica: Sì, grazie mille.
    Umberto: Ah signora.
    Veronica: Sì?
    Umberto: I soldi.

    1990: Perché?
    1960: Perché sì.
    1970: Perché abbiamo deciso così.
    1990: No, adesso voi mi date una spiegazione valida del perché non posso venire con voi.
    1970: Se no che fai?
    1960: Ci scateni contro Bim bum bam?
    1970: Son qua che tremo. Dai, smamma nano. Vai a liberare un po' Mandela va'!
    1990: Siete proprio degli stronzi!
    1970: (accendendosi virilmente una sigaretta): Vuoi sapere perché non ti portiamo con noi? Perché sei troppo piccolo.
    1990: Ma portate '00 e '10!
    1960: '00 e '10 hanno stile.
    2000: lol
    2010: #lol
    1990: Ma anche io ho stile!
    1970: No, tu hai i New Kids on The Block, Arafat e Macaulay Culkin. E fidati, quello non è stile.
    2000:: Powned!
    2010: #powned!
    1990: Io... io... non è giusto! Voi non potete!
    1970: Non possiamo? Ma lo sai con chi stai parlando? Le cose che abbiamo fatto...
    1990: Anch'io ho fatto grandi cose!
    1960: Come no...
    1970: Dai, finiamola qua che se no questo scassa tutto il giorno. Sentiamo, cos'hai?
    1990: Kosovo.
    1970: Vietnam.
    1990: Titanic.
    1970: Il padrino.
    1990: I... i Take That?
    1970:Dio santo, un po' di amor proprio. Il punk.
    1990: Io... uhm... ah ecco! Ho la morte di Lady Diana!
    1960: Assassinio Kennedy.
    1970: Aldo Moro. Stragi di stato. Anni di piombo.
    2000: 9/11.
    1990: Eddai questo non può campare di rendita tutta la vita sull'undici settembre!
    2000: 9/11. Vinto. Suca.
    2010: #suca.
    1990: Però non è giusto! '10 non ha niente. Ha appena otto anni!
    1990: Lui ha lo swag.
    2010: #swag.
    1970: Esatto.
    1990: Va be' però io ho avuto Clinton, il boom della borsa, un periodo di quasi pace globale. Friends...
    1970 (sbadiglia): Fatti due mesetti a Khe Sanh e poi ne riparliamo...
    1960: Sì, vatti a sparare in faccia Kurt! Quando avrai organizzato una tua Woodstock, allora forse se ne potrà ridiscutere.
    2000: Lady Gaga!
    1970: Inappropriato.
    2000: Scusa.
    1990: Ma... ma io...
    1970: Dai, non fare così, non ti lasciamo mica a casa da solo, rimane '50 a farti compagnia.
    1950: Hai mai linciato un negro, ragazzo?
    1990: '50 non mi piace.
    1950: Dico linciato come si deve. Ti posso insegnare.
    1970: '50 non piace a nessuno. Però è innocuo...
    1950: O un comunista. O un alieno comunista. Quelli sono i peggiori.
    1970: ...credo. Bon, tutti pronti a partire?
    1990: Ehi! Ho trovato: caduta del muro di Berlino!
    1980: Non ci provare neanche, brutto figlio di puttana.
    1990: Ah, '80... non pensavo ci fossi anche tu...
    1980: E invece guarda un po' ci sono anch'io, stronzetto! Scusate il ritardo...c'è questo maledetto cubo… mi sta facendo impazzire...
    1960 Da' un po' qua... (lo getta lontano)... che ste cose ti fondono il cervello (fa un profondo tiro da una pipa di peyote)...cinghiali blu caricano all'orizzonte...pioverà!
    1980: Siete sicuri che non devo portare anche io un po' di musica per il viaggio?
    1970: No!
    1960 No!
    2000: No!
    2010: #no!
    1970: Non è cattiveria '80, ma davvero no.
    1980: C'è questo nuovo singolo di Madonna...
    1970: Ho detto no. Alla musica ci pensiamo io e '60. C'è un solo motivo per cui ti portiamo con noi.
    1980: Le commedie?
    1970: Le commedie. Quindi ringrazia John Landis che nessuno ti chiede perché hai quel cazzo di Reagan tatuato su un bicipite e metti su i Blues Brothers...
    1960 Okay, i bagagli son tutti caricati. Quando volete si va.
    1990:Il partito socialis ...uhm ...no ...la discesa in campo di Berlu...
    1970: Smettila. Ti stai rendendo ridicolo.
    1940: Che state facendo, voialtri?
    1970: Ecco, bravo, hai svegliato il vecchio. Nonno, noi partiamo, andiamo a vedere un po' il mondo.
    1940: A vedere un po' il mondo? Uh signùr, l'ho visto io il mondo. Io ho fatto la guerra!
    1960: No però il pistolotto sulla guerra no.
    1940: Che voi non avete idea di cosa significhi stare...
    1970: ..."col fango fino a qua a combattere i tedeschi a Montecarotto" ...va be', senti, noi si va eh...(sottovoce) pure sto vecchio rincoglionito ci mancava...
    1930: Che odo!
    1960: Eh no!
    1930: Insulti fellamente questo italico avo tuo e con disprezzo per l'altrui senilità, facendoti barba del più sacro dei vincoli di parentela?!
    1970: '30, dai non mi rompere i coglioni. Stavo semplicemente dicendo...
    1930: Me ne frego! Sei confinato nella tua camera, ad acqua e fette di pan tosto! Da subito! Al passo! Raus! Savoia!
    1960 Dai rilassati, stiamo solo cercando di farci una gitarella...
    1930: Non prendo ordini da un bolscevico vestito come un pagliazzo che puzza di alcole e viltà! Tornatene nel tuo Soviet prima che si decida d'impartirti la dura lezione del ri-ci-no! (estrae un manganello)
    1960 Oh ma il fratello qua è fuori di testa...
    1930: Non sono tuo fratello!
    1950: Qualcuno ha detto negro?
    1970: '50 te devi veramente farti vedere. Ma da uno bravo. E spettinati quei capelli!
    1930: '50 è molto più assennato di voi, mezze calzette! Guardate la balda postura! Il profilo littorio! Ora, se non volete assaggiare la cinta dei miei calzoni e il dorso ruvido del mio italico stivale, sarà meglio per voi disfare i bagagli! A noi!
    (Un gemito strozzato. '30 cade a terra in una pozza di sangue)
    1970: Oddio!
    1960: Che è stato?
    2000: WTF!
    1789: Parbleu!
    1990: Adesso posso venire con voi?
    1970: Tu… cosa... no! Tu l'hai ammazzato. Hai ammazzato un povero cristo a sangue freddo!
    1990: No, io non ho ammazzato nessuno.
    1970: Ma sì che l'hai ammazzato, ti abbiamo visto. L'hai... l'hai pugnalato a morte.
    1940: Eh, voi non sapete cos'è la morte, la morte vera. Ricordo che sul San Martino, col CNL...
    1970: Zitto un po'! '90 sei un assassino.
    1990: Non avete prove.
    1970: Come non abbiamo prove? Noi...aspetta un secondo. O.J. Simpson di che anno era?
    1950: Qualcuno ha detto negro? Ho sentito distintamente la parola negro!

    Edited by KingRyuX - 11/5/2018, 22:11
  2. .
    Per il suo regalo lei aspetta che tutti siano andati a dormire. Poi, a casa muta, mi accompagna in punta di piedi fuori, nel giardino, sopra la neve croccante, sotto la notte azzurra.
    L'aria brilla glaciale. Lei ha decorato il melo con fili di lucette pallide che pencolano tristi dai rami e mettono ancora più freddo.
    Sotto quel melo mi prende le mani con le mani e gli occhi con gli occhi. "Come ti senti?" domanda "Come Julia Roberts alla fine del film" rispondo.
    Lei ridacchia e uno sbuffo di condensa le scappa fuori dai denti vorticando nel gelo scuro.
    "In questa famiglia è qui che si fanno le promesse importanti".
    E mentre lo dice arriva una brezza leggera in fuga da una stagione diversa.
    Guardo in basso. Senza sorpresa, mi scopro a volteggiare, le punte delle scarpe sospese a un palmo da terra.
    Lei mi stringe le dita e io mi sento come un piatto di cucina molecolare, freddo e caldo allo stesso tempo.
    Poi guardandomi comincia:
    "Io prometto..."

    Vedi.
    È sempre una questione di promesse.
    Cerchiamo chi è in grado di farci mantenere le nostre promesse e di quella persona, di solito, ci innamoriamo.
    All'inizio sono promesse facili da mantenere.
    Arrivare in tal posto a tal ora puliti, puntuali e ben vestiti.
    Essere cordiali, simpatici, attraenti, possibilmente diversi da chiunque ci abbia preceduto.
    Saper fare del sesso decente aiuta.
    Poi le cose si complicano un po'.
    Al candidato si richiede di mantenere promesse diverse.
    Promesse sul lungo periodo.
    Promesse di continuità.
    Promesse di felicità.
    Nei casi più estremi, promesse di fronte a testimoni.
    Io non sono mai stato bravo con le promesse.
    Chi l'avrebbe mai detto, vero? L'uomo con le borse sotto gli occhi e le braghe del pigiama non sa mantenere la parola data.
    Così, tanto per non sentirmi ipocrita, ti ho promesso con sempre maggiore cautela. Ti ho promesso sempre di meno.
    Ma dentro la mia testa giuro di no. Dentro la mia testa continuo a farti promesse e a mantenere quelle promesse.
    Un po' pochino, dici?
    La verità è che temo di non poter essere migliore di così. Ma posso inventare qualcuno che è migliore di così.
    E scriverlo.
    E fartelo leggere.
    E leggendolo forse capirai che non è pigrizia, è paura.
    E questa è la mia promessa.

    ____________________________________________________________________

    Gabriele: Si può sapere che cosa stai facendo?
    Luca: Pulisco la camera.
    Gabriele: Da cosa?
    Luca: Uhm. Dal sesso.
    Gabriele: Ah ovvio, stupido io che l'ho chiesto.
    Luca: Era un coefficiente di difficoltà otto. Anche otto e mezzo. Guarda qui, dovrò far ritinteggiare.
    Gabriele: Perdonami, un che?
    Luca: Un coefficiente di difficoltà. Dai, le basi. Da uno a quattro è sesso standard. Da quattro a sei è passionale. Da sei a nove è animalesco. Sopra il nove c'è bisogno di una carrucola, di un patentino o devi essere uno di quei tizi del Cirque du Soleil.
    Gabriele: Non mi dirai che è la cosa più perversa che hai fatto con una donna.
    Luca: Ma figuriamoci.
    Gabriele: Allora qual è?
    Luca: Cosa?
    Gabriele: La cosa più perversa che hai fatto con una donna.
    Luca: Ci ho vissuto insieme per cinque anni.

    _________________________________________________________________

    Camilla: Come stai?
    Gabriele: Bene.
    Camilla: Posso stendermi con te?
    Gabriele: Uhm.
    Camilla: Come ti senti?
    Gabriele: Solo.
    Camilla: Ti senti solo?
    Gabriele: Solo. Sì. Solo. Non tanto. Forse appena un po' più solo del normale.
    Camilla: Mi dispiace.
    Gabriele: Non devi. Succede di sentirsi soli ogni tanto. Tu ti sentivi sola oggi pomeriggio.
    Camilla: Sì.
    Gabriele: E come abbiamo risolto?
    Camilla: Mi hai parlato.
    Gabriele: Io non voglio parlare. A me basta tenere l'orecchio qui, sul tuo seno sinistro.
    Camilla: Cosa vorresti?
    Gabriele: Non lo so. Tenere l'orecchio sul tuo seno sinistro è un buon compromesso tra quello che voglio e quello che posso avere.
    Camilla: Vuoi sentirti meno solo?
    Gabriele: Sì. No. Vorrei... vorrei che qualcuno mi fermasse chiamandomi dall'altra parte della strada, attraversasse e mi venisse a dire “no, non sei solo”.
    Camilla: Questo lo fai tu.
    Gabriele: Eh?
    Camilla: Lo fai tu. Sei tu il tizio che ogni tanto attraversa la strada e dice a qualcuno che non è solo.
    Gabriele: Lo pensi sul serio?
    Camilla: Sì.
    Gabriele: Devo scrivere.
    Camilla: Cosa?
    Gabriele: Questa cosa, questa cosa che ci stiamo dicendo. Devo scriverla. Forse è quello. Forse ho solo bisogno di scrivere.
    Camilla: Di scrivere cosa?
    Gabriele: Di scrivere che sono solo. E poi leggerlo. A voce alta. Tutto quello che scrivo, quando lo rileggo, sembra sempre così falso. Forse lo sembrerà anche il fatto che sono solo.
    Camilla: Smettila. Non sei solo. Hai me. E poi ci sono i tuoi amici. E tutti ti vogliono bene.
    Gabriele: Questo non significa…
    Camilla: Non significa?
    Gabriele: Niente. Canteresti per me?
    Camilla: Cosa vuoi che canti?
    Gabriele: Quello che vuoi.
    Camilla: Va bene.
    E allora lei ha cantato quello che voleva.
    Gabriele: Grazie.
    Camilla: Grazie di cosa?
    Gabriele: Grazie di avermi portato via.
    Camilla: Non ci siamo mossi.
    Gabriele: Be', mi hai portato via lo stesso.

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    "Dove va questo treno?"
    "Va dove vuoi tu"
    "E perché sta fermo?"
    "Perché va dove vuoi tu"

    In un passato abbastanza recente ho sofferto di depressione. Poi un giorno è sparita.
    Sapete come è sparita? Ho conosciuto chi la depressione ce l'aveva veramente.
    È incredibile quanto bene faccia incontrare qualcuno che sta peggio di te.
    Frequentando questa persona mi sono reso conto che essere un ragazzetto triste e un po' ansioso non faceva di me un depresso.
    La depressione, quella cronica, non è tristezza. La depressione non è ansia. E non è sconforto.
    La depressione è catrame.
    Ti si solidifica dentro in un tempo troppo lungo perché tu possa rendertene conto e alla fine quando capisci di esserci, di essere là dove tutti gli altri non sono, è troppo tardi. E tornare indietro diventa la più grande, eroica, dolorosa, agonizzante, infelice impresa della tua vita.
    Conosco due persone che ce l'hanno fatta.
    Credo. Spero.
    La cautela è d'obbligo in questi casi. Basta guardarli negli occhi mentre ne parlano. Occhi da alcolisti anonimi, da spie in piena Guerra Fredda. Guardinghi e sospettosi, terrorizzati all'idea di ricascarci dentro da un momento all'altro.
    Uno di loro non la chiama neppure depressione, dice che il termine lo deprime. La chiama labirinto. Il mio labirinto. Mi sembra spieghi un sacco di cose in un colpo solo.
    Conosco anche due persone che non ce l'hanno fatta. Una si è persa, l'altra si è uccisa.
    Quando me l'hanno detto, me l'hanno detto così: si è uccisa. E io sono arrossito. Si è uccisa, ho pensato, che modo orribile di dirlo.
    Invece è il modo giusto. Quando combatti contro la depressione non combatti contro un virus, un morbo o un dolore, combatti contro te stesso. Contro un'ombra che ti sta dentro al posto che fuori e ti toglie la voglia di lottare.
    I depressi non sono larve umane, chiuse in casa o stese sul letto a contare le macchie sul soffitto. Non subito almeno. Vanno al lavoro, portano a scuola i figli, fanno la spesa. Poi le cose rallentano. Poi rallentano ancora. E poi ancora. E diventano pesanti. Idee, sogni, ambizioni, dolori, ansie, paure si pietrificano e guadagnano un peso specifico.
    La depressione non spazza via i pensieri, li trasforma in soprammobili.
    Vorrei poter dire dell'altro, dare consiglio o aiuto. Non sono in grado, non ne ho le competenze.
    Una cosa però provo a dirla.
    Ognuno ha la sua ombra personale e la sua guerra personale, da questo non si scappa.
    L'unica cosa che possiamo fare è contarci, riconoscerci e ricordare che, se siamo qui, è perché abbiamo deciso di combattere.

    Edited by RàpsøÐy - 14/4/2018, 11:55
  3. .
    Maria: Hai un minuto?
    Andrea: Certo.
    Maria: Dobbiamo parlare.
    Andrea: Di che cosa?
    Maria: Regali di Natale.
    Andrea: Ma siamo a novembre, tesoro.
    Maria: Lo so.
    Andrea: Natale è a dicembre.
    Maria: Sì.
    Andrea: Dicembre e novembre sono due mesi diversi, ascolta bene il suono delle parole…
    Maria: Piantala. Dobbiamo parlarne e dobbiamo farlo adesso.
    Andrea: Adesso?
    Maria: Adesso.
    Andrea: Perché?
    Maria: Perché ogni anno non ne parliamo e finiamo col farci dei regali di merda.
    Andrea: Ma non è vero.
    Maria: Cosa mi hai regalato l'ultimo Natale?
    Andrea: Un hard disk.
    Maria: E cosa ti ho regalato io?
    Andrea: Un hard disk. Okay, inizio a intuire uno schema.
    Maria: Il fatto è che ci facciamo regali pratici.
    Andrea: A me piacciono i regali pratici. Sono... pratici.
    Maria: Sono freddi e senza cuore. Quest'anno vorrei che, per una volta, ci sforzassimo di regalarci qualcosa di unico, un regalo…
    Andrea: Non dirlo…
    Maria: Spontaneo.
    Andrea: Auch.
    Maria: Personale.
    Andrea: Ou!
    Maria: Fatto a mano.
    Andrea: Argh.
    Maria: Eddai, accontentami per una volta. A te che cosa piacerebbe ricevere?
    Andrea: Dal tuo cuore?
    Maria: Sì.
    Andrea: Un regalo pregno di significati?
    Maria: Sì!
    Andrea: Capace di raccontare le varie sfaccettature del nostro rapporto?
    Maria: Certo!
    Andrea: Che diventi un simbolo dell'amore che proviamo l'uno per l'altra?
    Maria: Esatto!
    Andrea: Vorrei un hard disk.
    Maria: Cristo…
    Andrea: Da due tera.
    Maria: Tu saresti capace di prendere lo Spirito Natalizio, portartelo a letto e la mattina dopo lasciare un biglietto con scritto “Non volevo svegliarti, ti chiamo io”.
    Andrea: Mentre tu blateravi io ho trovato il regalo perfetto. Ti regalo “Ti voglio bene”.
    Maria: Cos'è “Ti voglio bene”?
    Andrea: Il libro di poesie di Francesco Sole. Su Amazon vien via con poco.
    Maria: Sai cos'altro vien via con poco? La cartilagine del tuo naso.
    Andrea: Ma come? L'Umberto Eco della nostra generazione e ce lo facciamo scappare così? Guarda, sto già pagando.
    Maria: E allora io ti regalo un album con le nostre foto.
    Andrea: Non oseresti.
    Maria: Con tutti i font sbagliate.
    Andrea: Smettila!
    Maria: Impaginato alla cazzo!
    Andrea: Non ti voglio ascoltare!
    Maria: Lo chiamerò “Tre anni insieme” e sarà inzuppato nel glitter e nell'amore.
    Andrea: Ah sì? Allora io ti regalerò un alimentatore da pc. Il regalo meno emotivo che esiste.
    Maria: No!
    Andrea: Sì! Un Corsair CP-novezeroduezerozeronovetre! E nel biglietto non ci sarà neanche una frase carina, ci saranno solo le specifiche tecniche!
    Maria: Mostro!
    Andrea: Aspetta un secondo. Forse stiamo sbagliando approccio a tutta la faccenda.
    Maria: Che intendi?
    Andrea: Mi sembra chiaro che sappiamo esattamente cosa non vuole l'altro.
    Maria: Sì.
    Andrea: Dunque, ribaltando il concetto, dovremmo sapere anche cosa vuole.
    Maria: Tu vuoi quel triste, gelido alimentatore senz'anima?
    Andrea: Be', magari con un bel pacchetto. E tu vuoi quel patetico, sdolcinato album di foto?
    Maria: Cazzo, sì.
    Andrea: Bene.
    Maria: Bene un corno. Sai cosa dimostra questa faccenda? Che siamo tutto quello che l'altro odia, tutto quello che l'altro non capisce e che disprezza. La nostra relazione è una farsa. Il nostro è il rapporto tra due pianeti lontanissimi che ogni tanto si lanciano una sonda per vedere come vanno le cose e fare un po' di sesso, ma che per la maggior parte del tempo rimangono ciascuno nella propria orbita, chiusi dentro le loro atmosfere, immuni al cambiamento, alla crescita personale e a un vero, maturo rapporto di coppia. Potremmo sfidarci, metterci in discussione, rischiare, scoprire com'è il mondo osservato dal punto di vista dell'altro, abbandonare i nostri piccoli vili schemi preferenziali e affrontare questa relazione senza più paura di rimanere feriti o delusi.


    Andrea: Vero. Oppure potremmo aver risolto i regali di Natale con un mese e mezzo d'anticipo.
    Maria: Allora, dettamelo bene: Corsair CP-novezero...

    ____________________________________________________________________________________________________________________

    Luca: Ciao.
    Agnese: Non ti ama.
    Luca: Come va?
    Agnese: Non ti ama.
    Luca: Io insomma, ho qualche problemino.
    Agnese: Non ti ama.
    Luca: Con Veronica. Vuole che rimaniamo solo amici.
    Agnese: Non ti ama.
    Luca: Io non capisco...
    Agnese: Non ti ama.
    Luca: Prima mi confessa che sono la persona più importante della sua vita...
    Agnese: Non ti ama.
    Luca: ...poi non fa altro che parlare del suo ex.
    Agnese: Non ti ama.
    Luca: Alla fine viene a letto con me.
    Agnese: Non ti ama.
    Luca: E dice che è stato bellissimo.
    Agnese: Non ti ama.
    Luca: Ma poi si sente in colpa.
    Agnese: Non ti ama.
    Luca: E scoppia a piangere.
    Agnese: Perché non ti ama.
    Luca: E allora io dico, va bene, basta sesso. Rimaniamo solo amici.
    Agnese: Leggi il labiale: non ti ama.
    Luca: E lei dice di no, perché…
    Agnese: ...Non ti ama.
    Luca: ...Perché sa che il nostro rapporto è diverso...
    Agnese: Non ti ama.
    Luca: ...È speciale.
    Agnese: Non ti ama.
    Luca: E mi chiama tutti i giorni.
    Agnese: Non ti ama.
    Luca: E dice che le manco.
    Agnese: Ma non ti ama.
    Luca: E che non vede l'ora di stare con me.
    Agnese: Però non ti ama.
    Luca: Allora usciamo assieme e stiamo bene.
    Agnese: Non ti ama.
    Luca: E sul più bello è lei che dice di averci pensato, che vuole solo un'amicizia con me.
    Agnese: Stop. Fai una cosa per me. Concentrati. Indirizza tutti i tuoi organi ricettivi ai suoni che escono dalla mia voce. Attento bene eh. Veronica...fin qua ci siamo?
    Luca: Sì. Veronica.
    Agnese: Benissimo. Veronica non. Occhio che questa è una parola chiave. Non.
    Luca: ...Okay…
    Agnese: Ti. Nel senso di te.
    Luca: ...Continua…
    Agnese: Ama.
    Luca: Sarà, ma io proprio non capisco perché fa così.
    Agnese: Perché non ti ama, sordo imbecille!
    Luca: Forse dipende da me...
    Agnese: Non ti ama! Non ti ama! Stupido mentecatto! Non ti ama! Anzi, ti odia! Ti tortura! Gioca col cibo! Sei la sua cavia! Il suo porcellino d'india! Ti sta disossando e ha cominciato dalla spina dorsale!
    Luca: Sai, parliamo tanto io e lei, un po' di tutto...
    Agnese: Povero, triste, patetico e ottuso essere che cerca di avvicinarsi ad esser descritto come uomo! Potete parlare finché volete ma se si trovasse nella condizione di salvare te o Adolf Hitler da morte certa, salverebbe Adolf e se lo limonerebbe duro mentre ti guarda precipitare nel vuoto!
    Luca: Ma…
    Agnese: Ma niente! Non ti ama! Sta solo cuocendo la tua anima aspettando che diventi abbastanza tenera per farla a pezzi e darla in pasto ai suoi Jack Russel! Non ti ama! Non ti ama! Non ti ama!
    Luca: Sai che forse hai ragione.
    Agnese: Non ti ama.
    Luca: Devo rassegnarmi.
    Agnese: Non ti ama.
    Luca: Avevo proprio bisogno di fare questa chiacchierata.
    Agnese: Non ti ama.
    Luca: Grazie.
    Agnese: Prego.
    Luca: Ah! Quindi secondo te c'è una possibilità!

    Edited by KingRyuX - 28/3/2018, 10:57
  4. .
    51esimo giorno, intrattieni un discorso con ilsignorottopiumatto.
  5. .

    Se non sei corpo, in questo mondo, non sei nulla;
    vedere oltre gli occhi ormai non è normale
    identità non più vera, non altro che fasulla,
    speranza senza vita; non infinita, ma mortale.

    Credevo in tutto e la fiducia, mia grande culla
    Ha portato via ogni cosa ha reso ognuno a me rivale.
    Hai fatto, della donna, la più grande burla.

    Senza chiedere ufficio e assente d’ogni morale
    fece ogni anima divenir grulla
    più semplicemente senza fatica e lavorare
    prese possesso della vita senza urla.



    Ogni giorno, nelle nostre vite siamo bombardati di immagini che, susseguendosi, creano nella nostra mente l'Ideale. Un ideale che non può essere raggiunto, che è sempre pronto a farci sentire inferiori a chiunque altro. In TV, radio, per strada, su internet, in pubblicità di ogni genere; ovunque noi giriamo la testa, non potremmo che trovare immagini di perfezione assoluta. Immagini che esistono.
    Nel corso della storia dell'uomo filosofi di ogni epoca hanno discusso ampiamente la differenza tra essenza ed esistenza, ma quando è iniziato tutto?

    Tra il 428 a.C. ed il 347 a.C. visse Platone, un filosofo ateniese che, insieme al maestro Socrate e all'allievo Aristotele, ha fornito le basi per la costruzione del pensiero filosofico occidentale. Platone fu il primo a differenziare essenza ed esistenza parlandone in termini di separati; il mondo sensibile (esistenza) esisteva appunto solo in funzione dell'iperuranio, il mondo delle idee, che rappresentava per il filosofo l'essenza stessa. L'allievo Aristotele si allontana invece da questo pensiero e descrive come esistano diversi modi in cui gli oggetti possano essere; così facendo Aristotele ha dato vita all'ontologia: quella branca della filosofia che si occupa di studiare l'essere. Il filosofo ci parla dell'esistenza come di un sinolo che unisce materia e forma.

    Avvicinandoci alla contemporaneità nasce con Kierkegaard la filosofia dell'esistenza. Kierkegaard vive tra il 1813 e il 1855 e parla dell'esistenza come possibilità che ha l'uomo di stare nel mondo terreno, relazionarsi con la società e Dio. Dopo un lungo periodo di pensiero idealista e universale dovuto alla filosofia hegeliana, Kierkegaard cambia drasticamente il soggetto della sua filosofia che passa dal generale al singolo. Descrive come l'uomo abbia infinite possibilità e come queste stesse lo portino a cadere in un abisso. Definisce, inoltre, tre stadi della vita: stadio estetico (Don Giovanni) caratterizzato dalla possibilità che porta alla disperazione, stadio etico (marito) dove è estremamente presente il senso del dovere, della fedeltà e dell'universalità che però porteranno al pentimento; infine, lo stadio religioso (Abramo), l'uomo in questo stadio ha un rapporto individuale e solitario con Dio, con la presenza costante però del dubbio che causerà nell'uomo un senso di timore e tremore.
    "Ci sono uomini che sono sfruttati perfino da Dio: sono profeti e santi, nella vacuità di questo mondo." (Fernando Pessoa - Il libro dell'inquietudine, Feltrinelli Editore Milano, ottobre 2000)
    "La sofferenza e l'angoscia del paradosso consistono nel silenzio. Abramo non può parlare. È dunque contraddittorio chiedere che lo faccia, a meno di non liberarlo dal paradosso; così che egli sospenderebbe all'istante decisivo, cessando perciò di essere Abramo." (Kierkegaard - Timore e tremore, Mondadori, Milano 1991)
    L'uomo ha sempre vissuto un rapporto difficile con la propria esistenza, un rapporto che si intensificava nei momenti difficili della storia (come ad esempio guerre o crisi) o che si alleviava nei momenti più felici. Esiste una domanda; una domanda che tutti prima o poi si pongono nella vita. Una domanda per la quale non esiste, però, una risposta corretta: "che ci faccio qui?" In molti hanno provato a rispondere a questa domanda, Bruce Chatwin, uno scrittore inglese, vi ha
    dedicato un'intera opera: "Che ci faccio qui?" (Titolo originale: What am I doing here?").

    Bruce Chatwin fu uno scrittore e un viaggiatore inglese vissuto tra il 1940 e il 1989. B. Chatwin poneva al centro della sua opera l'inquietudine umana, cercando di dare una risposta alle domande di senso dell'umanità. Guardava agli esseri umani come dei migratori che una volta stabiliti in un posto, cambiavano comportamento e bisogni, diventando avidi e violenti. La migrazione e il viaggiare erano, per Chatwin, l'unico modo che aveva un essere umano di dare un senso alla propria vita, di scoprire il perché della loro esistenza. In "What am i doing here" Chatwin spiega il tema del viaggio, ritenuto un enorme topoi della letteratura. I suoi personaggi avevano sempre viaggiato in tutto il mondo per trovare il loro posto o il loro scopo per la vita, ma per Chatwin ciò che rappresenta la natura umana è il viaggio stesso. Lo scrittore avrebbe detto "siamo fatti per viaggiare", come egli in realtà fa in "The Nomadic Alternative".
    La domanda: "che ci faccio qui?"; non avrebbe quindi una risposta secondo Chatwin, poiché un "qui" non dovrebbe esistere. L'unico mezzo che abbiamo per scoprire il motivo della nostra esistenza sarebbe viaggiare e quest'ultima azione risulterebbe essere anche la risposta alla nostra domanda. Il tema del viaggio è sempre stato presente nella letteratura mondiale, a partire dalle "Argonautiche" di Apollonio Rodio dove Giasone accetta un'impresa per riuscire ad adempire al senso della propria vita: diventare re di Ioldfghco; e completare quindi la sua essenza; alla "Divina Commedia" di Dante Alighieri, in cui il viaggio che lo stesso scrittore compie nel mondo dei morti gli permette di correggere la propria essenza.
    "La vera casa dell'Uomo, non è una casa, ma la strada" (Bruce Chatwin - What am I doing here?, Gli Adelphi, Milano 2004)
    "La vita stessa è un viaggio da fare a piedi" (Bruce Chatwin - What am I doing here?, Gli Adelphi, Milano 2004)
    Si potrebbe quindi considerare il viaggio come mezzo di scoperta, un'esplorazione reale e surreale del mondo e della nostra esistenza, o della nostra essenza. L'esistenza, in cosa consiste però? E l'essenza?

    Sartre, filosofo esistenzialista francese vissuto nel 20esimo secolo, scrive chiaramente nel suo saggio "L'Esistenzialismo è un Umanesimo" che l'essenza è in realtà preceduta dall'esistenza, poiché l'uomo può decidere di essere sotto vari aspetti e quindi protrarre un'esistenza di un certo tipo invece di un'altra, non può invece decidere di non esistere in quanto umano e se anche morisse ancora nel feto della madre, questi sarebbe esistito a priori. Essendo quindi l'esistenza umana una caratteristica intrinseca dell'uomo che viene rilevata a priori, questa non può che essere la base per la costruzione di una certa essenza. Sartre si avvicina di conseguenza ad una visione più aristotelica dell'ontologia umana
    "[...]vi esistono due specie di esistenzialisti: gli uni che sono cristiani, e fra questi metterei Jaspers e Gabriel Marcel, quest'ultimo di confessione cattolica; e gli altri che sono esistenzialisti atei, fra i quali bisogna porre Heidegger, gli esistenzialisti francesi e me stesso. Essi hanno in comune soltanto questo: ritengono che l'esistenza preceda l'essenza, o, se volete, che bisogna partire dalla soggettività." (J.P. Sartre - L'Esistenzialismo è un umanesimo, Ugo Mursia Editore s.r.l., Milano 2008)
    Anche guardando la definizione del verbo essere sull'enciclopedia Treccani viene scritto: "[...]è la parola che ricorre più frequentemente nel discorso e la più necessaria all'espressione del pensiero. Differisce da tutti gli altri verbi perché nel suo uso assoluto non <<determina>> il soggetto, ma soltanto lo <<pone>> come esistente."; il verbo essere quindi, se non utilizzato come predicato nominale o semplicemente nella sua forma più pura, non incide sull'essenza, ma pone la situazione di esistenza. L'esistenza quindi è principio fondamentale dell'essenza e non potrebbe essere il contrario a causa della sua unicità ed invariabilità poiché posso esistere in una sola forma: la mia; non ho altre possibilità di esistenza, ma per quanto riguarda la mia essenza, questa stessa, ha talmente tante possibilità ed è così effimera e variabile che mai potrei dare una definizione certa della mia essenza. Sono le nostre azioni, i nostri comportamenti, le scelte che facciamo che cambiano la nostra essenza, ma sul piano esistenziale siamo tutti uguali; tutti esistiamo sotto forma di umani (se della razza umana stiamo parlando).

    Per ora abbiamo parlato di personaggi esteri, al di fuori della nostra patria, ma anche noi, nella nostra cultura letteraria, abbiamo autori che riflettono sull’esistenza e l’essenza, come ad esempio Pirandello.
    Luigi Pirandello nato a Girgenti nel 1867 da famiglia borghese agiata. Influenzato sin da subito all’educazione patriottica e al culto dei valori risorgimentali, condivideva idee anarchiche con amici e intellettuali a Palermo durante i suoi studi, Molto importante però è la sua visione della vita che ha come base una concezione vitalistica, ovvero tutta la realtà è vita ed in continua trasformazione seguendo un flusso. Siamo dotati di una forma che ci viene data da noi stessi e dagli altri, questa altro non è che una maschera, che ci fa pensare di essere uno, ma in verità siamo centomila, quindi nessuno.


    "Sono diverso da loro solo perché scrivo" (Fernando Pessoa - Il libro dell'inquietudine, Feltrinelli Editore Milano, ottobre 2000)
    "Ognuno di noi è più d'uno, è molti, è una prolissità di sé stesso." (Fernando Pessoa - Il libro dell'inquietudine, Feltrinelli Editore Milano, ottobre 2000)
    È evidente che il poeta portoghese Fernando Pessoa abbia una concezione dell'esistenza analoga a quella sartriana. Pessoa visse
    tra il 1888 e il 1935 ed in tutta la sua produzione poetica il tema dell'essenza è perpetuo. La caratteristica per la quale il poeta è così conosciuto è la particolarità degli "eteronimi" (artificio poetico da lui stesso inventato) che differiscono però dagli pseudonimi. Pessoa creava questi nomi, questi poeti fittizi, dava loro un'esistenza. In seguito però durante la produzione stessa della poesia, questi poeti ex immaginatio si creavano. Pessoa dava loro delle vere e proprie personalità poetiche. Si fece Dio del nulla e i "poeti" si davano un'essenza, assumevano personalità e comportamenti diversi tra loro
    anche nello stile di produzione.
    "Com uma tal falta de gente coexistìvel, como hà hoje, que pode um homem de sensibilidade fazer senao inventaar os seus amigos, ou quando menos, os seus companheiros de espìrito?"
    "Con una tale mancanza di gente coesistibile come c'è oggi, cosa può fare un uomo di sensibilità, se non inventare i suoi amici, o quanto meno, i suoi compagni di spirito?" (Fernando Pessoa)
    Pessoa ha introdotto, più di Settanta anni fa uno tra i problemi della società che purtroppo è ancora molto presente: la società spesso si ferma ad esistere, molte persone ormai non sono più neanche capaci di ragionare con la propria mente e spesso si affidano in tutto e per tutto a trascendenze di ogni tipo, dimenticando che anche Dio ci ha donato il libero arbitrio che purtroppo viene affidato troppo spesso da noi uomini ad altri uomini, che decidono ogni cosa per noi, come se questi fossero essi stessi un dio. Nietzsche, filosofo nichilista per antonomasia, nel 1887 quando scrive "Genealogia della Morale" tratta di come la morale del genere umano sia decaduta; dà delle cause a questo decadimento, che possono essere o meno condivise, e la moralità dell'uomo diventa così nefasta.






    Se non sei corpo, in questo mondo, non sei nulla;
    vedere oltre gli occhi ormai non è normale
    identità non più vera, non altro che fasulla,
    speranza senza vita; non infinita, ma mortale.

    Credevo in tutto e la fiducia, mia grande culla
    ha portato via ogni cosa ha reso ognuno a me rivale.
    Hai fatto, della donna, nel mondo la più grande burla.

    Senza chiedere ufficio e assente d'ogni morale
    fece ogni anima divenir grulla
    più semplicemente senza fatica e lavorare,
    prese possesso della vita senza urla.





    Bibliografia:
    • Fernando Pessoa, Il Libro dell’inquietudine, Feltrinelli, Editore, Milano, ottobre 2000

    • Søren Kierkegaard, Timore e Tremore, Mondadori, Milano 199

    • Bruce Chatwin, What am I Doing Here?, Gli Adelphi, Milano 2004

    • Jean Paul Sartre, L’Esistenzialismo è un Umanesimo, Ugo Mursia Editore s.r.l., Milano 2088

    • Sergio Givone, Francesco Paolo Firrao, Filosofia, vol.3, a cura di Fausto Mariani, Edizioni Bulgari

    Sitografia:
    • Enciclopedia Treccani Online www.treccani.it/enciclopedia/

    • Wikipedia www.wikipedia.com
  6. .
    Con solo delle parole scritte su di un computer sei riuscito a rendermi felice e di questo ti ringrazio. Inoltre, pur sapendo la differenza che c'è tra me, un semplice uomo a cui piace immaginare, e te, uno che fa delle parole e delle espressioni non solo un mezzo per comunicare, sia quello un concetto o un sentimento, ma per far sentire, in senso astratto e talvolta anche materiale, ciò che comunichi, e il modo il cui utilizzi quelle parole (come ho potuto vedere nei tuoi racconti o semplicemente nei tuoi commenti) che rimangono impresse come un corpo ancora vivo dopo anni e anni, affermare che siamo molto simili mi ha fatto sentire migliore, per certi versi. In questo commento non parlerò della mia storia, sarebbe come un mago che rivela il proprio trucco. Voglio ringraziare te e tutti coloro che hanno letto questo racconto, pur non commentandolo, e, anche se per un minuscolo e impercettibile lasso di tempo, hanno pensato "mi è piaciuto" "si, carino" grazie a tutti voi.
  7. .
    Salve a tutti. Ciò di cui andrò a parlare potrà essere giusto come potrà non esserlo, dato che poco è il tempo passato qui e molto poche sono le informazioni che ho riguardo di queste vicende, quindi è probabile che dica cose che non c'entrino o siano sbagliate. Detto questo vorrei dire, tutto ciò ha senso? Stiamo qui a discutere di una decisione presa da una persona e non solo ce la prendiamo con lei, ma con altri membri dello staff. Attenzione, non sto dicendo che noi siamo intoccabili, siamo supereroi, siamo una molteplicità di Gesù scesi in terra per fare a gara a chi ce l'ha più grosso. Siamo esseri umani come voi e quindi talvolta possiamo sbagliare e in questi casi è giusto criticare poiché ci rende consapevoli dell'errore fatto e ci fa migliorare, ma non qui. Qui non si sta parlando di un errore, qui non si sta parlando di sbagli fatti dai membri dello staff, qui si sta prendendo in giro un lavoro che facile non è. Queste non sono critiche, queste sono affermazioni che devono per forza essere prese per vere perché per coloro che le scrivono sono vere e certificate pure con il bollino CE. In questo momento non ha senso criticare poiché ciò che stiamo criticando è una decisione presa da un membro dello staff, e come tale dev'essere rispettata. Ognuno di noi a cose da dire e accuse da muovere, ma non è qui che bisognerebbe fare tutto ciò. Per concludere vorrei dire qualcosa che non centra minimamente col discorso fatto prima: le mia parole hanno la stessa importanza delle vostre, perché come le vostre, sono solo scritte in uno schermo.
  8. .
    Chiedo gentilmente a coloro che stanno partecipando alla discussione di moderare i toni. Non vogliamo impedirvi di discutere, tutt'altro, ma perché sia una discussione ci dev'essere calma e raziocinio, altrimenti verranno presi dei provvedimenti.
  9. .
    Devo dire sinceramente che la ripetitività delle azioni di cui ha parlato il mio collega non mi dispiacciono, certo non letto l'originale in quanto sono state apportate delle correzioni, ma nello stato di adesso non le trovo brutte. Ciò che mi piace di questo testo è come il parlare di una cosa che porta al caos, che porta alla distruzione di tutto e di tutti, ti faccia sentire calmo. La storia di per sé è antifrastica, ovvero personaggi e luoghi tranquilli dentro ad una situazione terribile, ed è bello come questo ti trasmette a te una sensazione di malinconia e di tranquillità. Il paesaggio, pur in un contesto del genere, è rimasto imperturbato (senza contare la mancanza delle persone) come se la fine che si avvicina non lo scalfisse. Purtroppo non sono riuscito a capire il vero significato del testo, ma ciò non lo rende meno bello di come è. Suggerisco fantastico
  10. .
    Mi dicevano che era ok.

    Mi dicevano di stare bene, che tutto sarebbe passato. Mi guardavano come se fossi un cane bastonato.
    Mi dicevano che non c'era niente di male, mentre si facevano i fatti loro.
    Mi parlavano in modo dolce, pensavano fossi stupido.
    Mi facevano sentire bene, per sentirsi bene con loro stessi.
    Mi toccavano con dolcezza per ciò che è successo, per poi lavarsene completamente le mani.
    Mi dicevano "domani è un altro giorno", era sempre lo stesso.
    Mi dicevano che quando ti sveglierai vedrai il suo volto davanti a te. Il volto che ho visto non era il suo.
    Mi dicevano... ma niente era così...

    Mi disse che non possiamo fare niente, mi disse che le cose dovevano andare così, mi disse la verità con la sua voce pacata, mi abbracciò e dette un bacio, mi disse di fotografare quell'istante, mi disse di non dimenticare, mi disse di chiudere gli occhi e sognare.
    Mi svegliai, il suo volto non c'era, però sorridevo.

    Edited by RàpsøÐy - 23/2/2017, 15:05
  11. .
    kevin-carter-vulture

    L'immagine che vi sto mostrando è stata catturata dal fotografo Kevin Carter nel 1992, conosciuto anche come Colui che aspetta la morte. Soprannome datogli dai suoi soggetti, che per lo più sono persone vicine alla morte, come questo bambino Sudanese, collassato a terra per il denutrimento.
    Nessuno può immaginare l'orrore che Carter aveva visto con i propri occhi, quello stesso orrore che lo portò lungo un percorso di auto-distruzione, nello stesso anno in cui venne pubblicata la foto nel New York Times, immagine che creò molto scalpore, ribrezzo e rabbia da parte della comunità, emozioni che non giovavano allo stato emotivo di Kevin.

    kevin-carter-in-action

    Nel 1993 Carter ha preso parte alla spedizione nel Sudan a fianco delle Nazioni Unite per assistere la popolazione affamata sotto la guida dell'Operation Lifeline Sudan. Durante la catastrofe il loro compito era fornire cibo alle persone attraverso delle Stazioni di Alimentazione sparse per tutto il paese. Il compito delle Nazioni Unite era quello di volare da stazione a stazione per rifornirle di cibo.
    Come possiamo immaginare, i residenti locali dei vari paesi non si facevano scrupoli ad urtare e a spingere qualsiasi cosa ci fosse davanti a loro per accaparrasi un posto in prima fila. Ed è proprio in questo contesto che Kevin, avvertito da i suoi compagni, decide di precipitarsi e fare una foto. I testimoni ricordano che questa era la prima volta in cui Carter assisteva ad una scena del genere, una scena dove l'unica cosa che provava era terrore.

    kevin-carter-starving-boy-anus

    Quando tutti si stavano spostando verso l'aereo, Carter notò vicino a lui un debole bambino che stava cercando di avvicinarsi alla stazione di alimentazione. Sua madre era corsa avanti per prendere del cibo, mentre lui era rimasto dietro cercando di tenere il passo. Ad un certo punto però, il bambino oramai stremato, si lasciò cadere a terra. Carter non poteva fare niente se non guardare la scena, non poteva toccarlo per paura che potesse trasmettere delle malattie, era a nove metri da lui e non poteva fare niente, era impotente.
    Decise quindi di scattare delle foto.

    La foto in questione gli fece vincere nel 1994 il Premio Pulitzer per la migliore fotografia.
    Tre mesi dopo, Carter si suicidò.

    Un caro amico di Carter racconta di come gli eventi che aveva fotografato lo portarono verso un percorso di distruzione:
    "Parlava di come si sentiva in colpa verso quella gente che non poteva salvare dalla loro morte, la depressione lo colpiva sempre di più, si poteva vedere Kevin sprofondare in una fitta oscurità"
    Altri suoi amici dicevano che non ha mai recuperato da quel tragico evento, né dall'inaspettata attenzione causata dalle sue foto.

    Carter sentiva su di sé il peso di quelle morti e non riusciva più a vivere in quel modo, così, il 27 luglio del 1994 si diresse verso Parkmore’s Field and Study Center in un'area vicino a Johannesburg dove era solito giocare da bambino, prese un tubo, mise un capo nel tubo di scappamento e l'altro dentro la macchina, chiuse porte e finestrini e morì poco dopo per avvelenamento da monossido di carbonio
    Ciò che Carter lasciò fu una nota:
    "Sono davvero, davvero dispiaciuto. Il dolore che provo adesso è superiore alla gioia sino a tal punto da annullarla completamente... depresso... Sono ossessionato dai ricordi vividi di omicidi e cadaveri e la rabbia e il dolore... dai bambini feriti o affamati, dai pazzi dal grilletto facile, spesso la polizia, dai carnefici assassini... adesso mi unirò a Ken se sono così fortunato." ( Ken era un fotografo compagno che era stato recentemente ucciso in azione)

    Per quanto riguarda il bimbo morente presente nella foto di Carter, il New York Time afferma di non sapere niente di cosa sia successo al suddetto bambino. La sua identità e il suo fato rimangono tutt'oggi sconosciuti.



    Edited by & . - 21/6/2020, 08:10
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    Salve milady e lord
    Volevo oggi iniziare una discussione su questo tanto lodato/odiato Nintendo Switch
    Oggi stesso ha avuto luogo la presentazione ufficiale della nuova console di casa nintendo che verrà rilasciata il 3 marzo 2017 contemporaneamente in tutto il mondo al prezzo di 29.980 Yen in Giappone e 299,99 $ in America. Ancora non si sa quanto costerà in Europa se 9999 guil o qualche tappo di (per adesso di certo è il prezzo di prevendita che corrisponde a 329.99 €).
    Nella conferenza hanno parlato dei servizi online che, fino ad autunno, saranno gratis. Inoltre la console sarà region free e si potranno utilizzare gli smartphone per invitare gli amici online.
    3 sono le modalità di funzionamento: TV mode, Handheld mode (i joy-con agganciati o non) e la Tabletop mode (uso del piedistallo).
    La batteria ha una durata di circa 6 ore.
    I joy-con permetteranno di utilizzare gli amiibo o catturare screenshot e video. Ciascun controller sarà dotato di un sensore che leggerà la posizione degli oggetti davanti ad esso e di una nuova funzione HD Rumble che fornirà nuove sensazioni a chi lo impugna.
    Queste funzionalità sono accompagnate dell'introduzione di due nuove tipologie di gioco: combattimento stile cowboy e uno pugilato, vi invito ad informarvi.
    E poi ovviamente ci sarà l'uscita di nuovi giochi, sequel o giochi adattati alla console: Splatoon 2, SUPER MARIO ODYSSEY (mario in una realistica città), Xenoblade 2, Fire Emblem Warriors, Sonic, Bomberman, Dragon Ball XenoVerse 2, The Legend of Zelda: Breath of the Wild e molti altri a venire.

    Io credo particolarmente in questo nuovo passo della nintendo e, anche se sicuramente non mi sarà possibile comprarla il giorno in cui uscirà, continuerò a risparmiare sperando in un miracolo. Che dire, voi cosa ne pensate?
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    Questa è la mia prima RE quindi mi scuso prima per eventuali errori.
    Tutto ciò che scriverò qui non è frutto di fantasia, sta a voi crederci

    Quindi,tutto ciò ha avuto inizio circa all'età di 8 anni e continua tutt'ora. Io mi reputo un ragazzo normale, non ho mai avuto problemi mentali, ma riesco a vedere cosa mi accadrà o cosa sentirò, esempio: guardo il telegiornale e improvvisamente le parole che dice il giornalista o altri nella mia mente sono già presenti tanto che riesco a ripetere ogni parola che dice.

    Questo è un fatto banale rispetto a tre che vi elencherò e che, secondo me, sono i più strani:

    -Aprile,7:30: un giorno mi svegliai per andare a scuola e mentre stavo per scendere le scale la mia mente mi proietta quest'immagine: io che cado e mi rompo una gamba per colpa di un calzino. Subito dopo guardai in basso e il mio piede era proprio su un calzino. Dato che di mattina la il mio cervello è ancora addormentato non ci faccio troppo caso ma ciò mi da comunque una strana sensazione.

    -Aprile,20:00: ascoltando il notiziario sento parlare di una strage per colpa di alcune persone che, se non fossero state individuate prima, si sarebbe potuta evitare. Ecco questa e la stessa situazione dell'esempio soltanto molto più seria.

    Questa è la più strana

    -Maggio,16:00: ero andato al mare con un mio amico per il weekend. Io avevo la casa là dove andammo dato che al mare ci andiamo qualche weekend e poi tutto il mese d'agosto. A casa mia c'è un giardinetto dove teniamo le bici per andare in spiaggia. Preparati e in sella alle bici partiamo io e il mio amico (i miei rimasero a casa per preparare il pranzo alla spiaggia). Arrivati, dato che per entrare si devono agganciare le bici a degli alberi prima di andare, legammo le bici e ad un certo punto sento che il cervello mi fa male e mi accascio urlando per terra mentre il mio amico non sa che fare e resta li con me gridando aiuto, intanto il mio subconscio, mente o che cose mi fa vedere una specie di video dove il mio amico corre a chiamare aiuto e un albero gli cade addosso,poi fine, basta. Mi alzo, vedo il mio amico che sta per iniziare a correre e subito con uno scatto gli prendo la gamba e cade a terra insieme all'albero che gli cade a due centimetri di distanza. Il mio amico si chiede come ho fatto a sapere prima dell'albero e io gli ho detto che l'avevo visto cadere, mi chiede ancora perché strillavo e gli ho detto che avevo un forte mal di testa quindi ci alzammo e andammo verso la spiaggia.

    La cosa strana è che il mal di testa mi è venuto solo in quel caso, non in quello dove stavo per cadere dalle scale. Queste cose, come ho detto prima, continuano anche oggi pur non sapendo dove le vedo. attendo risposte

    Edited by Gabriele Giacomelli - 2/7/2014, 19:06
13 replies since 9/6/2014
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