Votes taken by Glypto

  1. .
    Sarò strano io, ma mi sono sempre immaginato un finale action per questa storia, una cosa tipo:

    Finalmente Jackie era davanti a me. Una cosa nera, forse perché in controluce, o forse perché quello era il suo aspetto. aveva un busto e una testa, come quella di uno spaventapasseri coperto di stracci, e dei prolungamenti simili a rami o radici al posto degli arti.

    Rose sorrise, mentre Jackie iniziava ad avanzare minaccioso verso di me. "Bene", dissi. "Io vi do...vi do la mia benedizione" gettai a terra, davanti a quella cosa, la boccetta d'acqua santa che tenevo nascosta sotto il vestito. Jackie iniziò a contorcersi all'indietro non appena il contenitore in vetro si ruppe, schizzandolo d'acqua. Era chiaramente infastidito, e almeno per qualche secondo ero riuscito a ritardare la mia morte.

    "No!" Rose, il suo volto da bambina reso deforme dalla rabbia, si lanciò su di me, con le mani protese verso il volto e tirando calci alle gambe e alle parti basse. "Lui Ti ucciderà! TI UCCIDERÀ! ...COME HA FATTO CON LA MAMMA!" A quelle parole feci il gesto meno paterno di sempre, ma che forse mi salvò la vita, la colpii al volto con il gomito, facendola ricadere a terra, immobile.
    Mi girai nuovamente verso Jackie, che si stava riprendendo dai movimenti convulsi che l'acqua aveva provocato su di lui. "Ciao Jackie, benvenuto in famiglia." Puntai la pistola, che avevo nascosto ed infilato nei pantaloni, e feci fuoco. Il proiettile, realizzato con medagliette in argento e fatto benedire, si piantò nella testa di Jackie, producendo un rumore sordo e facendolo piegare all'indietro. Sparai un altro colpo, poi un altro e un altro ancora. Jackie era piegato, come una bestia ferita. Esplosi un altro colpo e l'essere si ruppe come vetro in una miriade di frammenti, che a loro volta andarono a disgregarsi e a formare un fumo nero, che subito svanì nell'aria.

    Jackie non c'era più. Ero libero.
  2. .
    CITAZIONE (The Lurker @ 24/11/2016, 02:17) 
    Oltre alle critiche sopra, tecnicamente sono le palpebre che dovrebbero scivolare sugli occhi e non il contrario :ahse:

    Grazie, ho modificato ;).
    Per la questione del risveglio: il motivo per cui l'ho fatto risvegliare, semplicemente, è perché se fosse rimasto incosciente non avrei potuto finire la storia. Anch'io mi sono fatto la stessa domanda, e l'idea è che per divorarlo servisse prima ristabilire le normali funzioni organiche e quindi risvegliarlo, oppure che lo scongelamento comportasse necessariamente il risveglio, almeno in questo caso.

    Per il metodo di congelamento, la cosa dell'azoto liquido l'ho letta sui giornali all'indomani della notizia della ragazzina britannica che si è fatta ibernare (storia che ha poi ispirato questa pasta), ma non sono un esperto quindi non saprei dire se è corretto oppure no.
  3. .
    Hai sonno, senti le palpebre che ti scivolano dolcemente sugli occhi, vuoi dormire, vuoi assolutamente dormire.
    Non hai sonno. Questo è quello che si prova quando si muore, dunque. La malattia che hai ereditato fin da quando eri bambino è venuta a fare il suo lavoro. Ha vinto lei, o forse no.
    Intorno al lettino gira un’infinità di persone, non solo amici e familiari, ma anche medici, dottori, gente col camice bianco. Alcuni sono chini su macchinari e strumenti, intenti a fare ciò che ti salverà. O forse no.
    “Tenetevi pronti, manca poco!”
    Ti senti tutto intorpidito. I sensi si offuscano e tutto intorno a te diventa nero.

    “Credimi Richard, questo è il futuro!”
    “No, questa è una cazzata John, non ti risveglierai e lo sai anche tu”.
    “Ma la morte…”
    “…Non la puoi battere, tanto meno immergendoti nell’azoto liquido a meno 162 gradi centigradi. E non c’è modo di tornare indietro”.
    “Loro sapranno come fare”.
    “Loro chi?”. “Loro, quelli del futuro. Loro sapranno come fare”
    “No. Non lo sai per certo”. “So che in cento anni la medicina ha fatto passi da gigante. Loro sapranno come fare”.


    Senti i muscoli intorpiditi risvegliarsi. Senti il sangue scorrere di nuovo nelle vene.
    Alle sensazioni segue a poco a poco la coscienza. Ti stai risvegliando.
    L’oscurità si dirada come all’apertura di un sipario, tra poco potrai vedere.
    Poi senti un dolore lancinante al fianco. È dunque questa la rinascita? Fai per tastarti il costato, da dove proviene la sgradevole sensazione, ma nessun braccio risponde al tuo comando. Nessun braccio.
    “Scusa amico, so che puoi sentirmi. Mi spiace ma dobbiamo farlo, adesso c’è poca carne da queste parti e noi abbiamo fame” è quello che senti dire in una sorta di inglese.
    Mentre tieni gli occhi forzatamente chiusi fa capolino dal tuo cervello semicongelato l’ultimo tuo pensiero:
    Il passato non era poi così male, in fondo.

    Edited by Glypto - 24/11/2016, 12:20
  4. .
    Dov'è il colpo di scena??? Lo sanno tutti che ai bei tempi i rossi russi si mangiavano i pargoli :nono:

    Scherzi a parte, mi è piaciuta +1
  5. .
    “Ehi Bob!”
    L’uomo si voltò verso il suo vicino di casa, che come al solito lo stava chiamando da almeno una cinquantina di metri di distanza. Un vento molto forte e molto freddo soffiava nella prateria, mentre un cielo grigio e scuro oramai da molti giorni faceva presagire una tempesta imminente.
    “Che fai?” chiese il vicino “Ammiri il panorama?”
    “Magari” l’uomo tornò a guardare dritto davanti a se e indicò dei folti arbusti che erano cresciuti in breve tempo davanti alla sua abitazione “Queste erbacce mi coprono la vista!” Pensò a quello che quei dannati viticci nascondevano: la vista dei grandi e maestosi Monti della Luna color indaco. Non li vedeva da troppo tempo. Aveva bisogno di ammirarli. Di vederli e di venerarli.
    “Ho già visto piante simili, vicino alle paludi a Est” disse il vicino “Sono molto resistenti ed insidiose e non sono facili da tagliare. Posso darti una mano, se vuoi”
    L’uomo continuò a tenere lo sguardo fisso “No, faccio da solo”



    “Ehi Bob!”
    L’uomo si alzò in piedi, con la roncola nella destra e un paio di arbusti nella sinistra. Se quel tale fosse un po’ più vicino, pensò, chissà come sarebbe conficcarli la roncola su per la gola e innaffiare il campo con il suo sangue.
    “Allora, come va? Non hai fatto molti progressi, vedo.”
    L’uomo aspettò un po’ a parlare, mentre il vento e il sudore scorrevano sulla sua fronte sporca di terriccio.
    “No, per niente. Queste erbacce sono davvero dure e si attorcigliano dappertutto.” Diede uno strattone al piede spezzando un altro di quei viticci. “Stanno soffocando tutto”
    “Forse posso darti una mano. Domani vedrò di portarti il mio diserbante, forse potrà farci qualcosa.”



    “Ehi Bob!”
    Il vicino guardò le erbacce, oramai ingiallite e cadenti “E’ servito, il mio diserbante, vedo”.
    L’uomo si voltò verso di lui e poi guardò le piante morenti. Finalmente avrebbe potuto vedere le Montagne. Le sue amate Montagne. “Sì, sì, ha funzionato a meraviglia. L’ho usato su tutte, non hanno avuto scampo!”
    “Ahahah, quasi mi spiace per loro, poverette” Spostò il suo sguardo sulla destra “Ehi, ma…. Ci sono altre piante simili sull’altro lato, e sono belle rigogliose… Si sono attaccate alla tua casa come l’edera sulle rocce! Dovresti usare il diserbante anche su di loro, meglio non lasciare superstiti di questa pianta malvagia e prevaricatrice!”
    L’osservazione fece trasalire l’uomo, una vena d’odio lo attraversò dalla testa ai piedi. Si chiese come sarebbe stato fracassargli il cranio con una zappa. A lui interessava solo veder le Montagne. Quelle dannate piante avrebbero anche potuto crescere su tutta la casa, l’importante è che non si fossero interposte tra i suoi occhi e le Montagne della Luna color indaco. Represse il suo moto omicida e disse “No, non ha importanza”

    Si svegliò. Era ancora buio. Doveva essere notte fonda. Stava per rimettere la testa sul cuscino quando sentì un rumore provenire dalla finestra. Qualcosa o qualcuno stava grattando contro il vetro. “Dannati procioni”.

    “Ehi Bob!”
    L’uomo stava estraendo un procione morto da una delle tagliole che aveva sistemato.
    “Come va, Bob?”
    L’uomo alzò la testa e vide le Montagne ergersi vittoriose sopra i viticci oramai rinsecchiti e morti “Benissimo”.
    Il vicino contemplò di nuovo il retro della casa, si grattò un po’ il mento e disse: “Ehi Bob, dovresti proprio tagliarle quelle piante che hai dietro casa. Guarda, sono talmente cresciute che qualcuno potrebbe usarle per entrare dentro casa tua!” Dopo aver pronunciato tale frase guardò Bob e sorrise maliziosamente.
    L’uomo non lo guardò neanche e parlando a bassa voce disse “Un giorno o l’altro finirai anche tu così”. Tirò la parte superiore del procione fuori dalla tagliola, ma nel farlo finì per strapparlo a metà e il suo volto si ricoprì di sangue e budella del piccolo animale.

    Si svegliò di soprassalto, gli mancava l’aria. Mise le mani sulle coperte e vide che erano piene di schegge di vetro, qualcosa doveva aver rotto la finestra, poi sentì qualcosa che gli stringeva dolorosamente il collo. Stava soffocando. Gli tornò in mente il discorso di pochi giorni prima.

    “Ehi Bob!”
    “Sì?”
    “Per me dovresti proprio tagliare quelle piante dietro casa.”
    “Perché?”
    “Insomma… Hai ucciso tutte quelle davanti casa e hai lasciato vivere quelle dietro. Se fossi in loro sarei piuttosto arrabbiato, tenterei di vendicarmi.”


    Pensò alle Montagne davanti a lui e si lasciò andare.

    Edited by Glypto - 28/12/2014, 13:21
  6. .
    Se vi interessa l'argomento vi consiglio questo libro, che è stato tradotto anche in italiano.

    In sostanza, molti dettagli di presunta sepoltura prematura (scheletri in altre posizioni, ecc...) sono spiegabili con i normali effetti della decomposizione e da ciò ne consegue che la sepoltura prematura sarebbe molto meno diffusa di quanto si pensa, specialmente in passato, quando non si sapeva bene come distinguere la morte da altri stati simili (coma, svenimento...).
  7. .
    Io ho sempre pensato che, più che dei gufetti, fossero una copia dei Gremlins :asd:
  8. .
    Incredibile come, con un po' di fantasia, si possa fare una pasta inquietante su qualsiasi cosa :sisi: .
  9. .
    Dopo lo sconcerto, Kurt si ricordò delle parole della madre di Lisa: oltre alla bambina, era scomparso anche il suo amato pokémon, un ditto.
    “Tu eri il suo pokémon.”
    “No, tenente, io ero il suo migliore amico.” Sul suo viso scesero delle lacrime.
    Il poliziotto era sconvolto, mai si sarebbe aspettato che un pokémon potesse provare emozioni così intense.
    “Spiegami cos’è accaduto.”
    “Certo…..Il giorno della nostra scomparsa io e Lisa stavamo giocando assieme nella strada di fronte alla nostra casa. Sua madre ci osservava dalla finestra, ma non appena si assentò un attimo fummo rapiti.
    Fummo colpiti da proiettili anestetici che ci fecero perdere i sensi istantaneamente. Poi ci risvegliammo in una zona sotterranea.”
    “Chi vi portò in quel luogo? E perché?”
    “Esiste una setta, agente Emerson, o meglio, una società segreta. Essa è formata dalle persone più importanti del mondo. Questa gente non sono umani, tenente, sono ditto in forma di persone. Essi si ritrovano periodicamente per adorare i pokèmon e mew in particolare. Attraverso la loro influenza, intendono governare il mondo e rovesciare il dominio dell’uomo. Si servono di pokémon catturati e controllati attraverso un oggetto sulla fronte e rapiscono periodicamente le persone per le loro….offerte”
    Chambers iniziò a singhiozzare.
    “Vuoi dire che Lisa…..”
    Il ditto annuì.
    Kurt era ancora più sorpreso. L’intera storia gli appariva improbabile, e del resto quel ragazzino no aveva uno straccio di prova, però….
    “Dove si trova questo posto?”
    “Beh…” Chambers tirò su col naso “la sede centrale è a Zafferanopoli, ma ci sono distaccamenti per ogni città. Ad Azzurropoli non c’è un luogo adatto per il culto, così coloro che vi aderiscono si ritrovano qui, in una miniera abbandonata in mezzo alla foresta….Loro mi hanno lasciato vivere e tornare indietro perché sono un ditto, vogliono che anch’io aderisca al culto, e vogliono la risposta per domani sera….Ma io preferisco morire piuttosto che unirmi a quegli assassini!”
    Kurt scosse la testa. Quella era una testimonianza assurda, ma c’era qualcosa che lo intrigava, che lo smuoveva a tal punto da concedere un minimo di credibilità a quel ditto.
    “Beh, di tutto questo, voglio dire, della tua testimonianza nonché del tuo ritorno dovremo informare la famiglia”.
    Chambers rinvenne dalle lacrime “No, loro non….Non sapevano del fatto che io potessi prendere questa forma e parlare. Se non le dispiace vorrei che fossero tenuti all’oscuro di questo dettaglio, per il momento. Ne riparleremo quando l’indagine sarà finita.”
    “Come vuoi. Adesso ripetimi tutto da capo, devo trascrivere quello che hai vissuto”.
    “Non è prudente” Assunse un’espressione seria.
    “E perché mai?” Kurt stava incominciando ad insospettirsi. Legalmente parlando poteva andar bene che la famiglia non sapesse di lui, ma addirittura le forze dell’ordine!
    “Come le ho detto al culto appartengono personalità importanti, probabilmente anche alcuni dei suoi colleghi agenti.”
    Kurt si volse di lato perplesso: quella storia stava diventando paranoica.
    “Posso capire i suoi dubbi, ma mi creda se le dico che conoscere questa storia potrebbe esporla a dei rischi.
    Tanto per fare un esempio, so per certo che il sacerdote del culto di Azzurropoli si trova attualmente qui a Snorlax creek per officiare i riti.”
    Il tenente si protese in avanti oltre la scrivania “E chi sarebbe costui?”
    “Il suo nome è Paul Federman”
    “Non è possibile” Federman era un potente industriale di Azzurropoli. L’idea che uno come lui fosse un ditto ai pari di altre persone famose ed influenti era sconcertante.
    Se è davvero così allora è vero che controllano tutto e tutti.
    “E va bene. Faremo come vuoi tu”
    Kurt sapeva che stava facendo una follia, ma in quel racconto c’era qualcosa per cui era disposto a mettersi in gioco e rischiare.
    Voglio sapere la verità.

    Erano oramai le 18, e se ne erano tornati a casa quasi tutti. Mentre Kurt percorreva i corridoi semideserti della centrale, si formava nella sua mente un piano, un piano a cui aveva pensato senza interruzione da quando aveva sentito il nome di Federman. Si diresse verso i distributori automatici dove sapeva di trovare il collega di cui si fidava di più “Ciao, Lambert , com’è andato il lavoro oggi?”
    L’agente Lambert alzò le spalle mentre teneva in mano un bicchiere di caffè “Le solite cose. E per quel che riguarda te? L’hai fatto cantare quel bambino misterioso?”

    “Un misto tra Essi vivono e Piramide di paura, quindi?” Disse Lambert dopo che ebbe ascoltato la storia di Chambers.
    “Qualcosa del genere”
    “Per me è una marea di cazzate, si sarà inventato tutto…..” si mise a ridere “Di un po’ non crederai veramente a quelle fandonie?”
    “Mah….”
    “Eddai, kurt!” Lambert coprì le parole del tenente “Ok, questa storia del ditto che si trasforma in bambino e si mette a parlare e a piangere sconvolge un po’ anche me ma…..Dai, è troppo irreale!”
    “Ci sarebbe….Ci sarebbe un modo per capire se Chambers dice la verità” Kurt si volse con un espressione seria verso il collega.
    “E cioè?”
    “Federman si trova qui a Snorlax creek, adesso. All’Hotel La Sequoia, per essere precisi. So che oggi sarà ad una riunione d’affari e perciò rientrerà molto tardi. Potremmo…..Catturarlo e interrogarlo”.
    “Ah, si e con quale mandato?”
    Kurt non disse nulla.
    Lambert piegò la testa all’indietro e si mise a ridere “Oh, cazzo Kurt, non dirai sul serio….”
    “E invece è così” L’espressione del tenente rimase imperturbata.
    Lambert tornò più serio “Merda….Ma dai, Kurt, ma che stai dicendo? Cosa abbiamo contro di lui? La testimonianza di un bambino-ditto! E tu vorresti andare da lui, portarlo qui e farlo cantare? Senza uno straccio di mandato?! Sei pazzo!”
    “Può darsi. Però io non mi fermerò, puoi starne certo. Con o senza di te.”
    Lambert scuoteva nervosamente la testa “Possono toglierci il lavoro per questo. Possono sbatterci in galera per sempre. E per cosa?”
    “Per la verità.”
    “E va bene.” Il suo tono si era fatto rassegnato. “Alle 23:30 davanti a quell’Hotel, e porta il mostriciattolo con te.”

    Pioveva. Lambert e Kurt aspettavano sotto un piccolo portichetto che si trovava in un vicolo adiacente all’Hotel. Da quella posizione, potevano vedere chi arrivava senza essere visti a loro volta. Chambers era accanto a loro.
    “Allora, quando arriva il tizio?” Lambert era piuttosto nervoso.
    Kurt diede una veloce occhiata all’orologio “Oramai non dovrebbe mancare molto. Piuttosto, ti ricordi il piano?”
    “Certo….” Sbuffò “Appena lo vediamo, io corro dietro l’hotel, spunto dall’altro vicolo e lo fermo. Voi arrivate da dietro, lo tramortite e poi ce ne andiamo.”
    “Eccolo” disse Chambers.
    Un uomo non molto alto, di circa 30-35 anni, si stava dirigendo verso l’hotel con un ombrello in mano.
    Lambert corse per il vicolo e aggirò l’Hotel, spuntando alle spalle dell’uomo.
    Con una scusa, fece voltare l’industriale e iniziò a parlare con lui.
    “Perfetto” Poi Kurt sbiancò: con cosa doveva colpirlo? Non avevano portato niente!
    “Ehi!”
    Kurt si voltò e vide una mazza da baseball per terra. Sorrise: portare con sé il ditto aveva poi i suoi vantaggi.
    Con l’arma in mano, Kurt si avvicinò a Federman e lo colpì alla testa, facendolo cadere a terra in uno stato d’incoscienza.
    “Ok, muoviamoci!” I due uomini presero per le gambe e per la testa l’industriale e lo portarono via.

    Dalla piena oscurità si passò ad immagini sfocate, e dopo una decina di secondi la sua vista si fece normale.
    Era in un ufficio. Riconobbe lo stemma della polizia su di un documento posato su una scrivania.
    “Ma dove diav…”
    “Finalmente ti sei svegliato” sentì il rumore di una sedia che si spostava dietro di lui.
    Paul si trovò di fronte un tizio corpulento con una leggera barba bruna. Dove l’aveva già visto? Ma certo, era il tenente di Snorlax creek!
    “E tu…..Che cavolo vuoi?”

    Kurt si trovò di fronte l’industriale appena rimessosi dall’imboscata. Era legato saldamente ad una sedia con delle funi. Per un attimo esitò: era davvero lui quello che cercavano?
    Che sia lui o meno, non possiamo fermarci ora.
    Kurt prese dalla scrivania la foto di Lisa e gliela mise davanti alla faccia.
    “Allora?”
    “Ah….quindi sospettate di me? “ mise la faccia di lato e fece un sorrisetto sarcastico “Spiacente, ma io non centro nulla con questa storia. E comunque sia non avete nessun diritto di farmi questo!”
    Kurt prese la pistola dalla scrivania e mise la canna sull’occhio destro dell’uomo. “Va bene amico, dì quello che sai, altrimenti ti ammazzo subito”
    “POSA SUBITO QUELL’ARMA, IO SONO PAUL FEDERMAN E NON HO FATTO NULLA DI MALE A NESSUNO! GIURO CHE APPENA SARO’ USCITO DA QUI CHIAMERO’ I MIEI AVVOCATI E VI SBATTERO’ IN GATTABUIA PER SEMPRE, LURIDI MANIACI DEL CAZZO!”
    Lambert divenne isterico “Kurt, ti prego, posa la pistola e smettiamolo, evidentemente non è lui, ci siamo sbagliati, ma ti prego smettila!” La sua faccia divenne rossa, sembrava che stesse per piangere “ti prego, Kurt, hai una famiglia, abbiamo delle vite, forse possiamo ancora rimediare….”
    Kurt esitò per un istante, poi dietro di lui apparve Chambers con In mano aveva un fil di ferro.
    Federman lo guardò sorpreso, poi vide cosa aveva in mano ed ebbe un accenno di paura.
    Il bambino-ditto sorrise e senza nessun indugio piantò il fil di ferro nella faccia dell’interrogato.
    Con grande sorpresa per i due agenti, l’oggetto, anziché incidere la carne, ne fu assorbito come se fosse stato piantato in un budino, deformano l’espressione di Federman. Dal punto in cui il ferro incontrava la carne, uscì del vapore, mentre la bocca dell’industriale si deformava in modo cartoonesco, facendo sentire un lacerante fischio di dolore.
    Chambers ritirò il fil di ferro e la faccia dell’interrogato tornò distesa come prima, seppur con un segno sulla fronte lasciato dal metallo incandescente e un ghigno feroce dipinto sul volto.
    “Tu, lurido stronzetto, come hai osato colpire…..”
    “ ….un sacerdote del culto poké” terminò Kurt. Si voltò verso Chambers e gli sorrise, poi tornò a guardare l’interrogato “Sappiamo tutto del culto, dei sacrifici, e dei pokémon catturati, quindi risparmiaci l’atteggiamento da finto innocente.”
    Federman contrasse e poi allungò le membra, come nel tentativo di liberarsi. “Ah, ah, bastardo” Kurt mise il volto a pochi centimetri da quello di Federman “Ti abbiamo drogato. Niente trasformazioni per un paio d’ore, ok?”
    Federman urlò: “Misera carne da macello!Potete avermi catturato, ma non ci fermerete!”
    “Tu credi?”
    “Sì! Uccideremo te, uccideremo quel traditore” si voltò verso Chambers “ e uccideremo tutti gli uomini sulla Terra, e i pokémon regneranno, e la benedizione di Mew sarà sopra di noi!”
    Kurt si voltò verso Lambert, che non aveva detto parola, talmente era sconvolto “Direi che basta come prova, no?” Lambert annuì con gli occhi verso Federman, oramai senza controllo.
    “Chambers, vai nell’altra stanza!” Il bambinio- ditto fece come gli aveva chiesto.
    Kurt prese la pistola e la puntò contro il ditto, che oramai era uscito di senno “….Vidi un charizard con sette teste e sette corone, e una donna dal vestito color porpora sedeva su di lui….”
    “Fine dei giochi, merdaccia rosa”
    Federman smise di cantilenare per un attimo e disse “Sai qual è la cosa buffa? Noi domineremo il mondo, e tu non puoi farci niente”.
    Premette il grilletto, e la testa di Federman saltò in aria. Sui muri dell’ufficio, anziché sangue, schizzò una sostanza rosa e viscosa. I due agenti la raccolsero e, assieme al resto del corpo, la inumarono in una zona tra i boschi.
    Alla luce della luna, Kurt disse al collega:
    “Domani li faremo fuori tutti”.

    FINE SECONDA PARTE
  10. .
    Molto bella.
    +1
  11. .
    Carina l'idea, anche se un po'troppo splatter per i miei gusti :sisi: .
    +1
  12. .
    L' americano si asciugò il sudore dalla fronte con la mano e mostrò nuovamente le immagini.
    Gorilla, Bai.
    Elefante, Mbielu
    Poi si arrivò nuovamente al bivio: due immagini, una di rinoceronte e una rappresentante un Brachiosaurus.
    Elmek Nokuta, disse riferendosi al mammifero cornuto, ma in riferimento al dinosauro rispose ancora: Mokele Mbembe.

    L' americano piegò la testa di lato, sbuffando ed imprecando a bassa voce in inglese.
    Com'era possibile? Lui, il debunker, come lo chiamavano i suoi numerosi fan, lui che aveva risolto moltissimi casi apparentemente "misteriosi", lui che ogni suo libro era un best-seller, lui che conduceva un noto programma TV per cui proprio in quel momento stavano girando l'episodio conclusivo? Lui, messo nel sacco dal primo pigmeo che incontravano dall'inizio del viaggio?
    Erano partiti poche ore fa dal loro campo base, il villaggio di Embresa, lui, la sua assistente Amy, il cameraman e François, il loro traduttore, per visitare l’isola che si trovava sul lago, dove si diceva avvenissero molti avvistamenti di quell’inesistente creatura che era il Mokele Mbembe, il “dio” della giungla africana, ma dove avevano invece trovato quel vecchio pazzo, una sorta di eremita che non voleva stare al gioco.
    Il suo gioco.
    Era così chiaro.
    Il Mokele Mbembe, non esisteva: non era che una favola causata da avvistamenti di rinoceronti, che gli abitanti del luogo non conoscevano.
    Ma ora quel dannato autoctono non voleva dargli retta. Insisteva nel voler tener separati il Mokele Mbembe dall’ Elmek Nokuta, quando invece erano la stessa cosa.
    Quel dannato viaggio si stava rivelando più difficile del previsto, e il guaio era che se l’indigeno continuava ad insistere, la sua fama di debunker poteva andare a farsi fottere.
    “Signore, forse è il caso di non insistere.” S’intromise François.
    “Tu sta zitto e traduci”, lo zittì l’americano.
    “Va bene, riproviamo ancora una volta. Dimmi i nomi di questi animali”
    Gorilla, Bai.
    Elefante, Mbielu
    “Bene, bravo, vai avanti così”
    Ma poi rispuntarono le due dannatissime parole: Elmek Nokuta per il rinoceronte, Mokele Mbembe per il dinosauro.

    Questa volta la sua reazione fu più brutale: l’americano si lanciò sull’indigeno, buttandolo a terra e serrandogli la gola con la mano destra.
    “Va bene lurida testolina del cazzo, non capisci eh? Allora te lo spiego io: Mokele Mbembe=Elmek Nokuta, chiaro il concetto?”
    L’indigeno non parve per nulla sorpreso o spaventato. Sul suo volto segnato dalle rughe si delineò un sorriso e pacatamente disse: “Mokele Mbembe, il dio della giungla può assumere molte forme.
    Egli ti punirà per quello che hai fatto”
    Accanto a loro, François guardava sconvolto la scena, ovviamente senza tradurre quello che i due si stavano dicendo.
    Pochi minuti dopo, i quattro stavano camminando nella giungla lasciandosi alle spalle l’indigeno e la sua capanna. Poi l’americano si fermò e chiamò a sé François: “Ecco la tua paga, puoi tornare a Embresa se vuoi, noi stiamo qui per fare un po’ di riprese. Ci sentiamo domani per i tuoi prossimi incarichi”.
    E così facendo si separarono.

    François, bevve un altro po’ di birra e guardò l’orologio: erano le 21: 37. “A quest’ora dovrebbero essere già arrivati, pensò”. Poi si girò e riprese a discutere con Seline, la figlia del calzolaio: era davvero carina.
    Era una vera fortuna che l’avesse incontrata a quell’ora al bar del villaggio. Parlando del più e del meno, al ragazzo venne in mente l’eremita che stava sull’isola, e decise di chiedere a Seline se ne sapeva qualcosa di più.
    “Mais François, tu m’etonne! Sur cette ile il n’y a personne!”
    François si sentì raggelare il sangue. Eppure quella mattina qualcuno c’era!
    I suoi pensieri furono interrotti da delle grida.
    Provenivano dai moli. François lasciò ragazza e birra e si precipitò verso i moli. Una folla era riunita attorno ad una barca. Facendosi strada tra la gente li vide. Tre corpi: l’americano, la sua aiutante e il cameraman.
    Erano stati trovati alla deriva, la barca distrutta, i corpi in acqua, decapitati.
    François si ricordò delle parole del vecchio pigmeo: “il dio della giungla può assumere molte forme”.
    Era stato lui. Era il Mokele Mbembe.

    Edited by Glypto - 17/6/2012, 08:52
  13. .
    La giornata volgeva al termine su Zafferanopoli, quando Maurice iniziò a lavorare.
    Chiuso nel suo piccolo studio nella periferia della metropoli, Maurice si sentiva un po’ come il detective di qualche film noir, invischiato in mille casi pericolosi ed intriganti.
    In realtà Maurice si occupava soprattutto di casi banali e poco entusiasmanti: mariti che chiedevano di pedinare la moglie per controllare che non avessero amanti, piccoli furti, qualche truffa e poco altro.
    Ma da più di un anno aveva iniziato a collaborare con la polizia di Zafferanopoli, il che aggiungeva un po’ del fascino che ci si aspetterebbe per una carriera come investigatore privato.
    All’inizio Maurice aveva lavorato su alcune misteriose scomparse che avevano colpito la città.
    Il detective aveva intelligentemente collegato le sparizioni ad un traffico di congegni illegali che in alcuni paesi erano usati per comandare in modo coercitivo i pokémon.
    Questi apparecchi venivano piantati direttamente nell’encefalo del pokémon, attraverso un foro precedentemente creato, ed erano visibili esternamente come una sorta di sfera tagliata a metà sulla fronte del pokémon. Grazie a tali dispositivi, i pokémon potevano essere controllati a voce senza bisogno di essere rieducati: un metodo veloce per usare subito pokémon rubati o troppo ribelli.
    Le indagini sembravano ad un passo dalla risoluzione quando furono stranamente bloccate. Venne addirittura un uomo importante, un senatore, un certo Temple, ad informarli che le ricerche non dovevano più proseguire, senza però che ne spiegasse il motivo. A Maurice questo genere di cose puzzavano.

    Ad ogni modo, adesso aveva nuovi casi su cui indagare.
    Da un po’ si occupava delle attività del Team Rocket in città. Fino ad allora, il Team Rocket aveva mantenuto un profilo basso nello svolgimento dei suoi crimini: alcune sparizioni di pokémon, di sfere e di altra attrezzatura per il loro allevamento erano state loro imputate.
    Ma da qualche tempo, a Zafferanopoli, il Team Rocket non era solo più un gruppo di ladruncoli.
    Ad organizzare le attività in città c’era uno nuovo, un ex marine australiano, dicevano gli informatori. Il suo nome: Johannes Bartell.
    Bartell era un tipo pericoloso, possedeva un solo pokémon, un porygon, e alla discrezione preferiva la violenza.
    Solo pochi giorni prima, aveva condotto un agguato contro un gruppo di poliziotti, uccidendoli tutti.
    Maurice pregava perché non fosse il prossimo.


    “Spiegami perché non c’è nessuno”
    “Eddai, detective, cerca di essere un po’ meno paranoico!”
    “E invece ti dico che qui c’è sempre gente....Tranne oggi! Semplice coincidenza?
    Maurice si voltò verso l’agente Sanderson, aspettando una risposta, ma il suo compagno guardava da tutt’altra parte.
    “Allora? Che c’è?”
    “GIU!”
    I due si abbassarono appena in tempo per non venire colpiti dal proiettile che si infranse in un bagliore di fuoco contro un muro.
    Tra il fumo che aveva invaso tutta la strada, videro delinearsi quattro figure. In mezzo c’era Bartell, alto, muscoloso, capelli neri, tante cicatrici sul suo brutto muso. Vicino a lui il suo fido porygon, e ai lati due ragazzi, un maschio e una femmina, che non dovevano avere più di diciassette anni, nell’uniforme del Team Rocket.
    Sanderson estrasse la pistola dalla fondina e gliela puntò contro “Johannes Bartell! Sei in arresto per associazione a delinquere, furto di pokémon, contrabbando d’armi, omicidio volontario plurimo premeditato!”
    Bartell rise “Ha si? Beh, dillo al mio amico!” E alzò il lanciagranate contro i due, che alla vista dell’arma fuggirono via.
    Maurice e l’agente si infilarono in un vicolo che scoprirono essere senza via d’uscita.
    “Siete nella merda, stronzi!” Si girarono e si trovarono davanti il quartetto.
    A questo punto a Maurice non rimase che afferrare la sfera poké dalla cintura e lanciarla: “Marcus, scelgo te!”
    Il Team Rocket si trovò di fronte Marcus, un grosso granbull.
    Marcus era l’unico pokémon che Maurice avesse mai avuto. Il detective non era un grande amante delle lotte pokémon, che riteneva crudeli, ma, come tutti i granbull, Marcus aveva le sue grandi mascelle che forse potevano toglierli dai guai.
    In effetti il quartetto rimase piuttosto sorpreso dalla sua entrata in scena, ma ancora più sorpreso rimase quando Marcus si accasciò improvvisamente a terra. Poi anche il Team Rocket e porygon, uno dopo l’altro, caddero a terra.
    Maurice sentì il suono di un corpo che cade pesantemente a terra e si voltò. “Anche Sanderson….”, pensò.
    Si avvicino e vide che sul collo dell’agente c’era una piccola freccia, di quelle usate per anestetizzare i pokémon irrequieti. Il detective sentì un rumore sordo e subito dopo cadde anche lui, privo di coscienza.

    Si risvegliarono in un luogo spazioso, forse una grotta.
    Quando sentì una sorta di litania alle sue spalle, Maurice provò a mettersi in piedi, ma si accorse che mani e piedi erano saldamente ancorate al terreno umido e duro da delle catene.
    Cosa ancora più sorprendente, anche Bartell e la ragazza erano prigionieri come lui.
    Mancavano però Sanderson e il ragazzo. Dov’erano?
    “Arme, lanste icgumh sonthrok!”
    Maurice poté girare la testa abbastanza da vedere quello che stava accadendo. Un uomo piuttosto alto gli dava le spalle. Indossava un talare nero e aveva una folta chioma di capelli bianchi. Sembrava che stesse officiando una qualche cerimonia. Quando si voltò, il detective notò che indossava una maschera scura raffigurante il volto mew, il pokèmon più raro di tutti.
    “Eh eh eh eh… E’ stata una vera fortuna per i vostri due amici che fossero ancora anestetizzati quando li abbiamo sacrificati.”
    A quelle parole, Maurice sbiancò. Notò che in effetti, dietro l’uomo c’era un lungo altare di pietra nera su cui c’era tracce evidenti di sangue, seppur nessun cadavere. “Oh, cazzo….”, disse.
    Intanto, anche gli altri due si erano rimessi dall’anestetico. “Ma in che cazzo di buco merdoso siamo finiti?” esordì l’ex marine.
    “Credo di dovervi delle spiegazioni” L’uomo mascherato aprì le braccia “Io sono il sommo sacerdote, quello che comanda, qui, e voi tutti vi trovate nei sotterranei di Zafferanopoli, dove noi, che aderiamo al culto poké, veniamo per adorare di nascosto i nostri signori e padroni, i pokémon.”
    Sentendo le litanie dietro di lui, Bartell provò a girarsi e vide con la coda dell’ occhio centinaia di persone in abito nero dietro di lui.
    “Come voi stessi potete constatare, non siamo in pochi. Al nostro culto aderiscono tutte le più importanti personalità del pianeta; noi controlliamo tutto, abbiamo il mondo nelle nostre mani”
    “E c’è il caso di catturare la gente per portarla qui?”, chiese Maurice.
    Il sommo sacerdote rimase muto. Poi prese una torcia e andò sino ad una parete che si rivelò essere un grosso bassorilievo, anch’esso in pietra nera.
    Tale bassorilievo era largo quattro metri e alto almeno sei. L’uomo puntò la torcia in alto al centro, rivelando una piccola immagine raffigurante mew.
    “Quattordici miliardi, ottocentocinquantasei milioni, tremiladiciannove anni fa, da un mare non d’acqua, che nessuna nave mai solcò, uscì un uovo splendente più di mille soli, da cui uscì il pokémon primigenio, Mew. Per quanto tempo Egli riposò? Non lo sappiamo. Quello che è certo è che abbandonò il suo luogo natio per giungere in questo universo, dove si mise al lavoro. La sua prima e più perfetta creazione furono i pokémon.” Il sommo sacerdote mostrò un raggio centrale che partiva da mew e che racchiudeva varie raffigurazioni di pokémon.
    “ Dai pokémon Egli prese spunto per la creazione degli animali, delle piante, delle rocce, del vento, del fuoco, dell’acqua. E poi creò l’essere umano.” L’uomo s’interruppe per scuotere la testa “Quale terribile errore….Subito l’uomo si dimostrò timoroso dei pokémon, che venerava giustamente come dei. Ma poi, mosso dall’arroganza e dall’effimera potenza delle sue opere, si autoproclamò sovrano e tentò di spodestare i pokémon dal trono della creazione.” La sua voce si fece più cupa. “Ci furono delle guerre, sapete, tra uomini e pokémon, e anche se adesso ciò non avviene più l’arroganza umana ha perdurato.
    L’uomo non li venera più, anzi, dà loro la caccia, li rinchiude, li alleva li fa combattere….QUALE TERRIBILE ERESIA! L’UOMO NON PUO’ OPPORSI AI SUOI CREATORI, E’ UNA BESTEMMIA!

    Ma il potere dei pokémon ritornerà, ne sono certo. Per il momento, l’unico modo per favorire i nostri dei è offrir loro un sacrificio insufficiente ed impuro quali siete voi, luridi esponenti di una cultura che ha messo in gabbia i nostri creatori.”

    Due energumeni in abito nero spuntarono da dietro la ragazza e la liberarono dalle catene agli arti solo per poi denudarla completamente.
    “Che mi state facendo, smettetela!”
    Rispose l’uomo mascherato “Non temere, ragazza, la tua offerta sarà la migliore che voi possiate offrire.”
    Dopo che i due uomini l’ebbero legata con altre catene sull’altare, il sommo sacerdote alzò la mano e fece schioccare le dita.
    Dall’oscurità apparve un pokémon, un alakazam. Gli occhi erano rivolti all’insù, come in uno stato d’incoscienza e nelle mani non aveva nessuna posata. Ciò che colpì Maurice fù però un oggetto metallico rotondo che spuntava dalla fronte del pokémon. “Ma certo….Erano loro che contrabbandavano quei dannati affari!”
    L’alakazam, in un vistoso stato d’eccitazione sessuale, si avvicino all’altare e incominciò a violentare ripetutamente e brutalmente la poveretta.
    Bartell era sconvolto “Per la miseria, ma che cazzo state facendo……Ehi, voi, piantatela, è solo una ragazzina!”
    Il sommo sacerdote si mise a ridere.
    “Luridi figli di puttana piantatela! Voi non siete uomini, capito?! Non siete uomini!”
    Quando la scena fu finita, uno degli uomini che aveva legato la ragazza, oramai senza vita, all’altare prese un vaso d’argento e ne raccolse il sangue. Il vaso venne dato all’alakazam che ne bevve avidamente il contenuto. Poi fu portato via.
    “E ora veniamo a voi. Siccome possedevate dei pokémon domestici è giusto che moriate assieme a loro, che hanno tradito il loro lignaggio divino per servire gli uomini.”
    Ai lati dell’uomo comparvero porygon e granbull, anche se solo quest’ ultimo aveva il marchingegno sulla testa. Il sommo sacerdote si voltò verso il pokémon cibernetico, che venne circondato da tre uomini con in mano delle mazze.
    “Ammirate! La gloria dell’uomo, il pokémon artificiale, il feticcio pseudo divino, cadere vergognosamente!”
    Gli uomini iniziarono a colpire il povero porygon proprio mentre altre tre persone pestavano il suo allenatore, Bartell.
    “No, smettetela, smettetela!”, urlò.
    Dopo pochi minuti, porygon era ridotto ad uno straccio, la sua stessa forma si increspava e diveniva meno visibile. L’ultimo colpo subito dal pokémon lo fece scomparire in un esplosione multicolore.
    Subito dopo, anche Bartell, ridotto ad una maschera di sangue e lacrime, spirò.
    “Povero Bartell….” Disse a bassa voce Maurice. Non avrebbe mai creduto di provare pena per uno come lui.
    “Ed ora veniamo a te.” Il sommo sacerdote si chinò su di lui “Mi divertirò a vederti smembrato dal tuo stesso pokémon!”
    Marcus si chinò e aprì le fauci come per ingoiarlo. “Ehi, Marcus….” Disse con voce tremolante il detective.
    “Che ne dici se chiudi la boccuccia e facciamo pace….?” A Maurice non rimaneva altro che giocare quella carta. Aveva passato molto tempo con quel pokémon, ed avevano avuto esperienze indimenticabili assieme. “Marcus, ti prego….ti ricordi quando eri un piccolo snubbull e ti davo quei gustosi croccantini? O quando sei stato morso da quell’ arcanine e ti ho portato dal veterinario” Maurice si mise a piangere “Ti prego Marcus, non farlo.”

    Marcus alzò la zampa come per schiacciarlo, ma distrusse invece le catene. Maurice si alzò e l’abbracciò “Marcus, sei un bravo cagnolone” Ma il pokémon cadde di lato, con una freccetta piantata nella schiena.
    Il sommo sacerdote reggeva un fucile.
    “Tu, lurido bastardo!”
    “Non puoi vincere, umano”.
    Maurice estrasse il coltellino dalla cintura, a quanto pare non li avevano perquisiti, e si lanciò sul pokécida.
    La lama affondò nella carne come se fosse stato burro.
    Maurice sorrise.
    La lama continuò ad affondare.
    E sta volta Maurice non sorrise più
    Il coltellino scomparve nel corpo del sommo sacerdote, come se vi fosse stato inglobato.
    Maurice era incredulo.
    L’uomo davanti a lui incominciò a mutare, le sue forme si fecero più labili, il colore dell’intero suo corpo, vestiti compresi, divenne più chiaro.

    Maurice si voltò.
    Vide la moltitudine di uomini e donne che si trovavano nella sala per assister alla cerimonia.

    Anche il loro aspetto stava mutando.

    Riconobbe molti volti noti dello spettacolo, dello sport, della scienza, della politica.

    Molti se non tutti i capi di stato del mondo si trovavano lì.

    “Quello stronzo aveva ragione”, pensò.

    Loro sono dappertutto.

    Loro controllano tutto.

    Ma loro non sono uomini.

    Già.

    Ben presto, Maurice si trovò di fronte ad una moltitudine di ditto.

    Edited by Glypto - 16/6/2012, 13:53
  14. .
    Una delle "versioni" più belle di anubi :sisi:

14 replies since 18/4/2012
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