Posts written by Pasta Alla Creepy

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    CITAZIONE (Tommas02 @ 31/7/2018, 10:47) 
    Seguo. Per ora mi piace. :)

    Yeah! :B): Grazie :D
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    La traduzione è davvero ottima, complimenti. Hai mantenuto un'atmosfera e un ritmo che di solito in una trasposizione si rischia di perdere. Very good.
    Anche la storia non è malaccio, il finale è inaspettato, forse anche troppo. Mi sembra un po' nonsense, un po' una forzatura.
    Comunque una bella creepy, non c'è dubbio. :D
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    CITAZIONE (Professor Zapotec @ 29/7/2018, 16:19) 
    Niente male, nonostante il mostro abbastanza standard (per ora almeno) la storia è accattivante e leggerò volentieri i capitoli successivi.
    C'è un errore nella frase "ma allo stesso lontano"; immagino dovesse essere "ma allo stesso tempo lontano".

    Un altro dettaglio: a meno di spiegazioni successive trovo molto difficile che la gente per apostrofare Arturo abbia cominciato ad utilizzare un termine in Latino, sarebbe stato molto più plausibile qualcosa in dialetto locale (anche se sicuramente meno evocativo).
    A parte questo +1 meritato

    Corretto l'errore e sì, il soprannome viene spiegato in seguito ;)
    Grazie mille :D
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    Ciao Anonima00! A te il merito di aver riportato una categoria molto apprezzata in auge, le Gamepasta. È una gamepasta dallo stile molto classico, molto ben narrato. Ci sono alcuni errorini di battitura (deskstop) e di logica (Google può oscurare un risultato ma non può chiudere un sito). Purtroppo di Steve Universe conosco poco, non lo seguo e ho solo delle conoscenze sparse poco approfondite (le gemme non sono asessuate? In che senso tratta l'omosessualità il cartone?) e non so assolutamente nulla dei suoi videogiochi. Questa mia ignoranza e gli avvenimenti creepy un po' clichè della tua pasta non me l'hanno fatta apprezzare al 100%. Resta il fatto che è ben scritta e che hai fatto un eccellente lavoro.
    ("Consolle" non si usa molto, meglio console)
    (Elimina il tuo commento sullo Spoiler 😉)
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    Capitolo 1

    «Indossa sempre dei guanti, perché quando si entra in contatto con la sua pelle si muore all'istante»

    «Mi hanno detto che ha creato lui quei guanti, per farli ha messo insieme i resti della pelle morta delle sue vittime»

    «Mio fratello giura di averlo visto davanti la finestra della sua camera, l'altra notte. Manamors lo salutava con la mano e gli sorrideva. Mio fratello conosce la formula magica per cacciarlo, però non vuole dirmela».

    Luca ascoltava i discorsi dei suoi tre amichetti con aria annoiata. Quando passava davanti la vecchia casa abbandonata, che sorgeva in uno dei vicoli più anonimi di Bosco Roccioso, doveva sorbirsi le solite storielle su Manamors, il fantasma di un uomo che poteva uccidere chiunque solo toccandolo.
    Luca aveva la stessa età dei suoi amici, ma si sentiva più maturo dei suoi dieci anni. Di solito si limitava ad annuire alle sconclusionate storie dei suoi amici, ma quella mattina si era svegliato con il piede sbagliato. La madre gli aveva detto che presto avrebbero dovuto lasciare il piccolo paese di Bosco Roccioso per trasferirsi in città, dove il papà del ragazzino lavorava. Fino a quel momento Luca e sua mamma si limitavano ad andarlo a trovare qualche fine settimana e il ragazzino si era abituato a quella situazione.
    Luca sapeva che la madre non poteva lasciare Bosco Roccioso per via di Lalla.
    Lalla era la nonna di Luca, aveva ottantuno anni. Era una donna socievole e arzilla. Le volevano tutti bene a Bosco Roccioso. La veneranda età e una brutta caduta l'avevano, però, costretta alla sedia a rotelle e questo non le permetteva l'autonomia necessaria per poter restare da sola. Su quest'ultimo fatto si era basata l'obiezione di Luca alla madre quando seppe la notizia del trasferimento.
    «Non possiamo partire, mamma! Chi penserà a nonna Lalla?»
    «Tuo zio» - fu la sua risposta secca - «Sta tornando qui, si è preso un anno sabbatico e ha deciso di trascorrerlo a Bosco Roccioso. A fine anno vedremo cosa fare».
    Luca non sapeva cosa fosse un anno sabbatico, sapeva soltanto che presto avrebbe dovuto lasciare il suo bel paesino, la sua scuola e, soprattutto, i suoi amici che, ignari di tutto, passavano il poco tempo che rimaneva per stare insieme a raccontarsi leggende su Manamors.
    «Tu non dici nulla, Luca?»
    La domanda di Chiara aveva distolto Luca dai suoi pensieri. Lei, Gianni e Marco lo stavano fissando curiosi. Avevano terminato le storielle su Manamors e speravano che Luca ne aggiungesse una alla collezione della giornata.
    «Le storie su Manamors sono solo stupidaggini» - fu, invece, la deludente risposta del ragazzino. I suoi tre amichetti si diedero un'occhiata fulminea.
    «Ma mio fratello giura di averlo visto!» - insistette Gianni.
    Gianni era un bimbo magrolino, i suoi folti e ricci capelli castani rendevano enorme la sua testa rotonda. Le lenti dei suoi occhiali, invece, trasformavano i suoi occhi marroni in due minuscole fessure nocciola. Il ragazzino sembrava tremare e Luca non sapeva se fosse a causa della fresca brezza estiva, tipica di quel paese di montagna, o se a scuotere il gracile corpo dell'amico fosse la paura scaturita dalle storie di Manamors.
    «Tuo fratello ti prende in giro» - gli confidò Luca - «Lo fa per spaventarti. Non ha mai visto Manamors, non è mai esistito».
    «Invece sì, esiste!» - contestò Marco. Le lentiggini che circondavano il naso del bambino sembravano infuocarsi in quel momento. Marco aveva una pelle rossastra, poco più chiara dei suoi capelli color fuoco. Stringeva i pugni e sbatteva i piedi a terra per mostrare il suo dissenso. Del gruppetto era quello più infantile.
    «Perché pensi che siano tutte storie inventate?» - Chiara fu l'unica, incuriosita, a rispondere con una domanda.
    Luca fece un lungo sospiro - «Se Manamors è un fantasma cattivo, come dite voi, perché dovrebbe indossare dei guanti? Non penso si faccia problemi a uccidere le persone, allora perché usare questa precauzione per non farlo?».
    Chiara si grattò la sua lunga chioma nera - «In effetti...»
    Anche Gianni non seppe cosa rispondere. Marco, invece, sbatté ancora i piedi a terra. «Ha paura di uccidersi da solo, no?» - urlò - «Se si tocca per sbaglio, muore anche lui».
    «Si dice che sia morto proprio così» - Gianni gli diede man forte - «Si è toccato il viso senza indossare i guanti ed è morto ».
    Luca sorrise. Vedere i suoi amici cercare in tutti i modi di dar credibilità alle loro storie lo intenerì. Pensò a quanto sarebbe stato doloroso doverli lasciare.
    «Avete ragione» - si arrese - «Non ci avevo pensato».

    Il sole stava per tramontare quando i quattro decisero di congedarsi e di darsi appuntamento al giorno dopo. Gianni e Marco se ne erano già andati, Luca e Chiara si incamminarono da soli. I due erano vicini di casa, si conoscevano da quando non avevano nemmeno l'età per ricordarlo. Erano entrambi figli unici ma insieme si erano creati un rapporto fraterno. Chiara lo conosceva molto bene e aveva capito che c'era qualcosa che lo turbava. Si fermò e costrinse Luca a fare lo stesso.
    «Siamo soli. Puoi dirmelo. Cosa c'è che non va?» - gli chiese.
    «Ci trasferiamo» - Luca non amava i giri di parole - «Finita l'estate, lasceremo Bosco Roccioso».
    Chiara non disse nulla. Guardò in avanti e riprese a camminare. I due amici rimasero in silenzio fino all'arrivo in casa.

    Capitolo 2

    La notte sembrò arrivar presto quel giorno. Durante la cena, Luca aveva risposto alle domande di circostanza della madre e della Nonna Lalla, su come avesse trascorso la giornata, con vaghi monosillabi. Erano da poco passate le undici di notte e la mamma trascinò la sedia a rotelle della Nonna verso quella che, fino a qualche anno prima, era la camera da letto di Luca. Dopo l'incidente, infatti, lui e la nonna avevano fatto un cambio di stanza. Nonna Lalla avrebbe dormito al piano di sotto e il ragazzino al piano di sopra, così da evitare all'anziana di dover salire le scale. A Luca mancava la sua camera da letto ma non poteva lamentarsi. La stanza di nonna Lalla aveva un letto matrimoniale solo per lui. Quella notte il ragazzino si stese lì a fissare il soffitto. Pensava ai suoi amici, pensava a Chiara e pensava al completo silenzio della Bosco Roccioso notturna. In città gli sarebbe mancato quel silenzio, Luca ne era sicuro. Il ragazzino spense la luce e chiuse gli occhi. La sua mente stette ancora un po' di tempo a vagare nei meandri dei pensieri ma poi si spense anche lei, permettendo al bambino di dormire.

    Luca passò qualche ora tra le braccia di Morfeo, quando si sentì premere la vescica. Si svegliò di colpo, odiava quando succedeva. Doveva fare la pipì. L'unico bagno della casa si trovava al piano di sotto, vicino alla sua vecchia camera, ora occupata dalla nonna. Avere la toilette vicino era uno dei vantaggi di avere quella stanza. Cercando di non svegliare la mamma che dormiva nella camera accanto, Luca scese le scale in punta di piedi. Non accese nemmeno la luce, abitava in quella casa da dieci anni, la conosceva come le sue tasche. Il ragazzino scese l'ultimo gradino, poi lo sentì. Dietro di lui. Un suono leggero e rapido che però violentò il silenzio assoluto di quella notte. Sembrava un lieve sospiro. Luca non voleva voltarsi. Pensò fosse stata la madre o la nonna a tirar fuori quel sospiro, mentre dormivano. Il ragazzino s'incammino verso il bagno, ma lo sentì di nuovo. Il sospiro assunse un suono diverso. Luca non aveva dubbi. Era un bisbiglio. Un brivido percorse la schiena del bambino. Qualcuno gli stava parlando.
    Luca era paralizzato. L'interruttore della luce era vicino ma allo stesso tempo lontano. Il ragazzino non riusciva a muovere il braccio per raggiungerlo.
    Un altro bisbiglio ruppe il silenzio. Luca percepì una parola.
    "Paura". Sentì qualcuno alle sue spalle dirgli sottovoce "Paura".
    Luca cominciò a tremare, così come aveva fatto Gianni quel giorno. Volse lentamente la testa.
    Vide una figura umana, era in piedi, al piano superiore, immobile sopra il primo gradino. Il corpo della figura era completamente nero e longilineo. Solo la testa era abbastanza chiara da poter essere vista senza difficoltà. Due enormi occhi lo fissavano.
    La figura mostrò i denti in un sorriso inquietante. Luca sentì una calda umidità provenire dalle sue mutande. Le gocce di urina scesero e gli bagnarono i pantaloncini. La figura fece un movimento che, nonostante la poca luce, arrivò chiaro a Luca. Con la mano sinistra, la figura, toccò quella destra e, lenta, si ritrasse, strisciando sull'aria e tirando qualcosa a sé. Il ragazzino spalancò la bocca, urlò a pieni polmoni.
    La figura continuò a sorridere mentre si sfilava uno dei suoi guanti.

    Una bianca luce investì la casa. Le vuote scale si videro calpestate dalla madre di Luca che le scese di corsa fino a raggiungere il traumatizzato figlio.
    «Manamors, Manamors» - urlò Luca, terrorizzato - «Manamors è qui!»
    La donna abbracciò il figlio.
    Per tranquillizzarlo gli aveva detto che era stato solo un brutto sogno.
    Solo un terribile incubo.

    Capitolo 3

    Il cucchiaio colmo di latte e biscotti vacillava accompagnato dalla tremante mano di Luca. Il bambino era ancora traumatizzato dalla scena a cui aveva assistito quella notte. Si fosse trattato di un sogno o no, quella figura nera aveva spaventato a tal punto il ragazzino da costringerlo ad andare a dormire nel lettone della madre, qualcosa che non aveva mai fatto nei suoi dieci anni di vita. Il tremante cucchiaio tintinnava tra i bordi della tazza piena di latte provocando un suono metallico debole ma che risuonò in quella vuota cucina. L'armonia e la periodica continuità di quel suono stava calmando i nervi del ragazzino, ma lo scricchiolante e inquietante suono delle ruote della sedia a rotelle di nonna Lalla portò di nuovo alla mente di Luca il ricordo di quel mostro. Spingendo le ruote con le mani, l'anziana entrò in cucina e si posizionò, non con poca fatica, dinanzi al nipotino.
    «Ti ho sentito ieri notte, sai» - gli disse. Luca non riusciva a capire se la nonna si fosse appena svegliata oppure no, il volto, segnato dall'età e dallo sconforto di non poter più camminare, sembrava sempre assonnato, anche quando l'ora del sonno era passata ormai da un pezzo.
    «Mi dispiace, nonna» - Luca non distolse lo sguardo dai cereali - «Non volevo svegliarti».
    Nonna Lalla fece segno di no con la testa, ma il nipotino non lo vide.
    «Hai pronunciato un nome» - continuo la nonna - «Manamors».
    Luca sobbalzò. Fece cadere il cucchiaio a terra, ma decise di lasciarlo lì, guardò fisso negli occhi della nonna.
    «Tu... tu lo conosci?» - le chiese balbettando - «Esiste davvero Manamors?». Luca aveva paura di ascoltare la risposta. Sperava che la nonna lo tranquillizzasse, che gli dicesse che era solo una leggenda.
    «Certo che esiste» - fu, invece, la risposta - «Anzi, è esistito. Io l'ho anche conosciuto».
    Luca saltò in piedi. Era paonazzo in viso. «Allora non era un sogno» - urlò, spaventato - «Ho... ho visto un fantasma, un demone, un mostro» - diceva il bambino senza prendere fiato.
    A quella crisi di panico la nonna rispose con un dolce sorriso.
    «Non hai visto nessun fantasma, piccolo, e di sicuro non hai visto un demone. Te lo sei immaginato»
    «Ma... ma tu hai detto...» - protestò il piccolo.
    «Che Manamors è esistito» - lo interruppe la nonna - «E che io l'ho conosciuto, ma ti parlo di sessantacinque anni fa. Manamors è morto nel 1955. Era un bravo ragazzo, dolce e generoso. Di sicuro non è diventato né un fantasma, né un demone» - una lacrima percorse, rapida, le gote dell'anziana signora - «Ora è sicuramente un angelo».
    Luca ripensò alla figura vista quella notte, non l'avrebbe mai associata a quella di un angelo.
    «Eri amica di Manamors?» - le chiese Luca.
    La nonna mostrò i denti in un sorriso allo stesso tempo tenero e malinconico.
    «Eravamo innamorati, piccolo». Luca si sedette - «Lascia che ti racconti».
    L'anziana signora si asciugò le lacrime e cominciò il racconto.

    «Il vero nome di Manamors era Arturo. Lavorava insieme a mio padre in una fabbrica che si trovava a pochi chilometri da qui. Aveva diciotto anni, viveva con la madre, che era malata, poverina, aveva problemi ai polmoni, se non ricordo male. Si erano trasferiti qui nel cinquantatre, venivano dal sud e gli abitanti di Bosco Roccioso non li vedevano di buon occhio. Mio padre, invece, stravedeva per quel ragazzo. Lo invitava spesso a cena da noi. Fu in una di queste cene che ci innamorammo l'uno dell'altra. Avevo solo sedici anni all'epoca, ma Arturo era così bello, alto, forte e, soprattutto, dolce. Non riusciva a distogliere lo sguardo dal mio viso, ma ogni volta che i miei occhi si incrociavano con i suoi, lui li abbassava subito. Era così timido. Decidemmo di fidanzarci. Ci vedevamo di nascosto. Ci intrufolavamo nei vicoli del paese, oppure proprio nel bosco accanto al cimitero. Nessuno ci aveva mai scoperto. Intanto, però, la gente cominciava a diventare sempre più cattiva con Arturo. Passarono da insultarlo a usargli violenza. Dicevano che era uno sporco contadino del sud, che era portatore di malattie. Il fatto che Arturo indossasse sempre dei guanti non migliorava certo la sua situazione».
    Luca ascoltava la storia in silenzio, con viva attenzione, ma quell'ultimo dettaglio lo spinse a intervenire.
    «Quindi è vero che indossava sempre i guanti? Perché lo faceva?» - le chiese.
    «Non lo so, piccolo» - Nonna Lalla sospirò piano - «In tre anni non mi ha detto perché portasse quei guanti. Gliel'ho chiesto tante volte, non mi ha mai risposto. In tre anni le nostre mani non si sono mai incontrate»
    Luca era davvero inquieto. Forse le leggende erano vere, quell'Arturo poteva davvero uccidere le persone solo toccandole.
    Come se gli avesse letto la mente, la nonna rispose anche a quei dubbi che il nipotino stava celando.
    «La gente diceva che Arturo indossasse quei guanti perché poteva uccidere chiunque lo toccasse. Lo chiamavano Manamors, mano della morte. Tutte sciocchezze, te lo dico io».
    La voce della nonna Lalla si fece, all'improvviso, più cupa.
    «Un gruppo di ragazzi lo seguì all'uscita della fabbrica. Aspettarono che fosse solo... lo circondarono, lo spinsero, lo presero a calci... gli tolsero persino i guanti. Arturo non sopravvisse a quelle percosse. Fu mio padre a dirmelo. Per lui, io e Arturo, eravamo solo buoni amici, non capì mai perché scoppiai in un pianto tanto disperato quella notte».
    Gli occhi arrossati della nonna incontrarono quelli del piccolo Luca.
    «Manamors...» - scosse la testa - «...Arturo era un ragazzo gentile e dolce. Ora è in cielo con la sua mamma, il suo papà ed è felice. Sono sicura che non ha alcuna intenzione di tornare in questa Terra che non ha fatto altro che farlo soffrire».
    La nonna era riuscita a tranquillizzare Luca. Ormai aveva capito che i racconti dei suoi tre amici lo avevano suggestionato e lo stress dovuto alla prossima partenza gli avevano creato quell'allucinazione.
    Regalò un bacio alla guancia della vecchina e corse via, la sua amica Chiara lo stava aspettando fuori casa.

    Se il piccolo fosse rimasto solo qualche minuto in quella cucina, forse, avrebbe visto tutto.
    Avrebbe visto una mano, coperta dal nero tessuto di un guanto venir fuori dal muro alle spalle di nonna Lalla.
    Avrebbe visto quella mano accarezzarle i capelli.
    Avrebbe visto il volto spaventato della nonna.
    Avrebbe sentito la nonna bisbigliare «Lascia questa casa, ti prego».
    Avrebbe visto la mano sparire nel muro.

    Edited by Pasta Alla Creepy - 29/7/2018, 16:45
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    Era partito bene. Ora è palesemente fake, che magari non è male, però Adam nella finzione inserisce un botto di clichè e elementi di mistero davvero poco coinvolgenti.
    Comunque ottimo resoconto DamaXion, ho letto tutte le tre parti con vero piacere!
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    Ciao Margheee!! Buona permanenza 😁
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    Scrivi davvero bene. Bravo Tommaso. Non usi un lessico inutilmente e fintamente complicato, sei molto secco e questo regala alla storia una lettura fluida e piacevole, i miei complimenti.
    La storia in sè, tuttavia, non mi ha fatto impazzire, ma solo perché non è il mio genere e quindi non mi ha appassionato più di tanto, ma è più una colpa mia che della storia in sé, perché quest'ultima è, ripeto, comunque davvero piacevole da leggere.
    La trama mi sembra un pochino povera, non c'è intreccio, il colpo di scena è leggermente prevedibile ma comunque non causa nessun tipo di scalpore, forse mi sarei concentrato un po' di più sulla speranza che la sorella potesse curarsi in qualche modo per poi dirci che, in realtà, è morta già da un pezzo, forse così mi avrebbe colpito di più.
    Questa rimane l'opinione di un povero, ignorante e brutto ragazzo della bassa società, prendila come tale. Comunque hai un talento nella scrittura. Bravo :)
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    Mi è piaciuta. Scritta davvero bene, i due cambi di prospettiva sono resi egregiamente. È decisamente poco intuitiva, per capire il perchè siano successe alcune cose ho dovuto rileggere il testo e poi leggere lo spoiler, però è giusto anche così.
    Bella😁
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    Non male. Mi sembra scritta bene, anche se ho notato diverse imprecisioni per quanto riguarda la punteggiatura. La storia scorre in maniera lineare, il che è un bene. Forse, al tuo posto, avrei trovato una situazione diversa per giustificare il cambio dall'apatia alla pazzia omicida del protagonista. Sentire i suoi amici che ridacchiano e che ammettono di averlo come amico solo per sfruttarlo mi sembra un motivo valido per arrabbiarsi, ma troppo povero. In una storia del genere ci vorrebbe un crescendo di situazioni, una più grave dell'altra fino ad arrivare all'apice che porta alla follia, invece qui ho visto solo dei momenti sporadici, tutti allo stesso livello.
    Manca un po' il fattore creepy. Le scene della pazzia sono troppo grottesche e i giovani Hulk fanno poca paura.
    Per il resto, bella! Complimenti :D
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    Nessun commento a questa storia? Perché?
    Molto poetica a mio avviso. Mi sembra più una Horror Story che una Creepypasta, a onor del vero, però davvero molto ben scritta e, se ci si riesce a immegersi completamente, spaventa anche. Tanto.
    Il colpo di scena finale è ben strutturato, magari viene un po' troppo all'improvviso. Qualche foreshadowing all'inizio su Voltaire l'avrei messo come richiamo al finale, come hai fatto con la genziella, però tolto questo particolare è una bella storia.
    La scena del "mostro" è veramente terrificante. Complimenti davvero.
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    Molto bella e inquietante, bravo. Ho apprezzato lo stile dell'io narrante molto raffinato che entra in contrasto con il povero ma quotidiano dialogo della ragazza. Forse leggermente troppo prolisso all'inizio nelle descrizioni, ma comprendo lo scopo di dover far entrare in un mood calmo e dettagliato in modo da spiazzare alla fine, quindi ci sta. Ancora complimenti, bella! :)
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    CITAZIONE (& . @ 10/6/2018, 09:08) 
    Che poi Pasta Alla Creepy era un buon utente, ma tutto d'un tratto si era rincoglionito.

    Vero, vero...
    era un così bravo ragazzo!
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    Dipende dall'obiettivo, se il mio obiettivo è uccidere tutti, lo faccio anche se so che verrò fermato
    Se il mio obiettivo è pubblicizzare il sito, non lo posto per farmelo censurare, non lo vedrebbe nessuno
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    Sì, ma se sapessero che il loro post verrebbe comunque censurato non lo farebbero. Quindi è sempre ignoranza
133 replies since 19/6/2016
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