Votes taken by DamaXion

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    Sì, stavo per dirti anch'io che così com'era sembrava il primo capitolo di una storia più lunga.

    In ogni caso il racconto mi piace molto, è angosciante e non vedo particolari errori

    Horror Stories anche per me :)
  2. .
    Elemento #: SCP-789-J

    Classe dell’Oggetto: Safe

    Procedure Speciali di Contenimento: SCP-789-J è tenuto nel mio gabinetto e solo io posso parlargli.

    Descrizione: SCP-789-J è un fantasma che è una faccia. vive nel water e ti parla mentre fai la cacca. in quel momento allora fa: "no fermo aaaa-" e poi smette perchè ha la cacca in bocca.

    SCP-789-J viaggia attraverso i sederi. te ne puoi liberare solo quando ti pulisci. questa è la morale della storia.

    A volte uccide altri sederi e li trasforma in fantasmi sedere. ma si sente sempre solo perchè è un fantasma sedere.

    Nota aggiuntiva: Se cadi nel gabinetto, si mangia il tuo sedere.

    Dal ricercatore James, anni 11

    Il fantasma sedere





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    Le mie storie

    Creepypasta
    Amico fedele
    Dottor W.R. Abbitt
    Gone viral, Gone violent
    Il cane
    Il Fauno
    Il Ritorno
    L'Attore
    La Cena di Sir Hiburt
    La Fatina dei Denti
    La maschera da clown
    Le cose che faccio per amore
    L'Ultima Penna Nera
    Macchia
    Maròg Dubh
    Μόρα
    Muta intesa
    Musica Meravigliosa
    Nove mesi
    VHS GalORE

    Horror Stories
    Ancora al pc all'una di notte
    And she smiles
    Changeling
    Empusa
    Fratello
    Il Lupo e il Corvo
    Le promesse del Barone
    Nella doccia
    Rattenkönig
    Il Sacrificio di Abramo

    Drammatico
    Coldfront
    Enrico
    Elise, mia figlia
    Il Diavolo sotto la pelle
    La Signora Maria
    Quegli occhi
    Perchè sono tutti tristi?
    Sawmill
    Ti volterai...
    Un'umile servitrice

    Fantastico
    Come una porta sospesa nel nulla
    La Fine dei Draghi
    Matador
    Preda e Pregiudizio
    Una Lacrima alla Luna

    Crime
    Sorrise, infine

    Rosa
    Il Capitano, il Ladro e un duello
    Il primo assioma di Murray

    Comico
    Candidamente Candido
    Il prigioniero di Virginio
    Nascondi tutto
    Snuffed!
    Panchito

    Altri racconti
    Ametropia
    La tua prima volta
    L'osservazione esterna della musa
    Manbot 34
    Venderei l'anima per quella borsa!

    Creepy Series
    FDear David

    Articoli
    Spazi Liminali
    Kathy Rain
    Gloria Ramirez
    Le Loyon
    Joe Metheny
    Brutal Black Project
    Nagoro, il villaggio delle bambole
    Il caso dei fratelli Collyer
    Return to Babylon
    LISA, l'rpg doloroso
    Little Nightmares
    Yume Nikki
    Dreaming Mary
    Gilber Paul Jordan
    La bambola umana
    Rapimento e mutilazione aliena
    Minnie Dean
    La perfida perpetua di Gainago
    Tormentum - Dark Sorrow
    Il sabba nero del Circeo

    Traduzioni
    Ebgerd The Rock n' Roll Troll With Soul
    Haaaaaaaaaa
    Hands
    Il Riflesso
    Ladder to Oblivion
    La ragazza più carina della scuola
    Metroid: Mother?
    My Buddy Sandman
    Radio Silence
    Red Robe
    Super Powers
    Tapping Sound
    The creativity song
    The patient with an empty diagnosis
    Timekeeper

    Edited by DamaXion - 9/11/2020, 09:27
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    Pokèmon Dark Blood Version
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    Io voto Telegram in modo che nessuno debba necessariamente dare il contatto Facebook o il numero di telefono. Skype non mi è mai piaciuto xD
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    Il titolo di questo post potrà far venire in mente centinaia di storie dell'orrore, folli dottori usciti dai peggiori splatter americani, una cantina buia nel bel mezzo dell'outback autraliano dove un collezionista di bambole tiene i suoi più graziosi premi... ma se vi dicessi che invece questo caso è accaduto in Italia, in casa nostra, nel pieno centro di Busto Arsizio?

    Silvia Da Pont, 21 anni, figlia di una povera famiglia di contadini, fu trovata cadavere una domenica d'autunno del 1951, il 28 ottobre, in una cantina: era morta di stenti.
    In quella stessa casa abitava la famiglia Nimmo, presso la quale lavorava e dalla quale era scomparsa il 7 settembre: era stata proprio la sua datrice di lavoro, Adele Nimmo, a trovarla, poiché era scesa per sistemare alcune cose per l'imminente trasloco. Silvia pesava soltanto 40 chili, la metà del peso che aveva prima della sua sparizione.

    "Il cadavere appariva intatto con le vesti sollevate sullo stomaco ma senza mostrare segni di violenza tranne una piccola scalfitura sulla gamba sinistra.
    La salma era cerea e non esalava odore, o per lo meno esso era attutito da quello dei vari rifiuti raccolti in cantina... Dall'autopsia sarebbe risultata l'illibatezza della DaPont (Corriere della sera 30.10.1951)"


    La sua scomparsa era stata denunciata alla polizia dalla stessa Adele la quale, tornata a casa dopo alcune spese,non l'aveva più trovata: la ragazza era sparita senza lasciare alcuna traccia, e perfino i vicini non sapevano nulla. La cantina era stata controllata, ed era vuota.
    Interrogata dagli inquirenti, un'amica della Da Pont dichiarò che da alcuni giorni Silvia attraversava un periodo di depressione, e lo stato in cui era il cadavere rafforzò l'ipotesi del suicidio per inedia, nonostante gli inquirenti ne non fossero del tutto convinti.

    Ma cosa era successo veramente?

    Nel palazzo dove abitava la famiglia Nimmo risiedeva anche Carlo Candiani, 70 anni, agiato commerciante e dilettante di farmacologia ed erboristeria: l'anziano vedovo aveva un debole per Silvia, un desiderio che, alla notizia del trasferimento della famiglia per cui lavorava, si era trasformato in un'ossessione morbosa.
    L'uomo era riuscito ad attirare la ragazza nel suo laboratorio, l'aveva stordita con l'etere e l'aveva portata in soffitta, dove la teneva sempre priva di conoscenza somministrandole del cloroformio: per un mese e mezzo Silvia Da Pont era stata una sorta di bambola vivente alla mercè dell'uomo, che la teneva in vita alimentandola solo con qualche cucchiaio di vino e latte. Non la teneva nemmeno adagiata su un divano, ma dentro una cassa.
    Quando la ragazza, allo stremo delle forze, era morta, Candiani l'aveva trasportata e nascosta in cantina con l'aiuto di un amico.



    Fonte: I Grandi delitti italiani risolti o irrisolti, Andrea Accorsi - Massimo Centini


    Edited by DamaXion - 8/5/2016, 13:33
  7. .
    Benvenuto! ^^
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    Devilz, ma esiste una CP che ti piaccia? Non vedo un tuo commento positivo da mesi xD
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    Il sole tramontava lento, sull'orizzonte infinito che si allargava abbracciando le montagne, sfiorando il minuscolo villaggio che, lontanissimo, si estendeva come una ragnatela tra i due lati di uno strapiombo.
    Al ragazzo piaceva sempre quella vista: dondolando i piedi nel vuoto, ogni giorno alla stessa ora sognava di poter visitare quelle casupole, respirare l'aria pura e libera dal fumo e conoscere i monaci guerrieri, che Nonno Storas gli aveva spesso descritto.
    Un sospiro malinconico risalì dal suo petto, mentre sentiva che dentro le caverne risuonava la campana del coprifuoco, e lentamente si alzò per tornare nello scuro tepore della sua casa.
    -Ragazzo! Cosa ci fai ancora lì?
    Un vecchio raggrinzito lo prese per un braccio, mettendogli davanti al naso un dito ossuto, con unghie talmente lunghe da sembrare artigli, storto come il ramo di un albero.
    -Stavi guardando Trì-Tue, non è vero?
    -Io... sì...
    L'uomo sospirò mentre, per un attimo, nella fitta rete di rughe passava un'espressione affettuosa. Con una pacca sulla schiena, indicò al ragazzo la mensa comune e lo esortò a sbrigarsi.
    -Va', o ti si fredda la cena! E non dimenticare di passare a trovare tua madre!
    Un'ombra scura passò per un attimo sul volto del giovane, che annuì e se ne andò senza rispondere, con un peso sull'anima denso come pece. La fame era scomparsa.
    La mensa era calda ed accogliente, ma allo stesso tempo, guardandosi attorno, il ragazzo provò una fitta di tristezza: più della metà dei tavoli era vuota, e nella stanza gravava un silenzio mai sentito.
    Era così da quando era arrivata la Piaga Pallida.

    Il corpo si raggrinziva, la mente era persa in una febbre delirante, e in sangue sembrava acqua colorata, rendendo la pelle del malato bianca e diafana come carta di riso: erano questi i sintomi della piaga, un male incurabile che consumava le persone come candele. Non permetteva più a nessuno di trasformarsi, perché rendeva le scaglie molli e le ali deboli.
    E sua madre ne stava venendo lentamente divorata.
    Il ragazzo entrò silenziosamente nell'infermeria buia, cercando di fare meno rumore possibile: i malati erano tanti, e c'erano anche bambini piccoli in mezzo a loro.
    -Madre...
    Sussurrò lui, cercandola nei vari letti e sussultando quando la scorse, come un fantasma, seduta a guardarlo. Andò da lei approfittando dell'assenza dei dottori: rischiava di ammalarsi anche lui, ma in quel momento non gli importava.
    -Hey... ciao.
    Gli disse lei con un sorriso quando si avvicinò. Gli accarezzò i capelli biondi con la mano stanca, cercando di mostrarsi più forte di quella che non era da molto tempo: si era ammalata subito dopo averlo dato alla luce, ma di una forma più leggera che le aveva permesso di resistere molto più degli altri, ormai erano dodici anni che affrontava la malattia. Ma recentemente, la morte era tornata a rivendicarla, e il tempo che le rimaneva era molto poco.
    -Come... come stai?
    -Sto bene... sono solo un po' stanca... Nonno Storas oggi ti ha insegnato qualcosa di interessante?
    -Madre, io... io non ce la faccio a...
    Le lacrime riempirono gli occhi castani del giovane, mentre guardava il sorriso sforzato della madre, tirato su un volto che somigliava più ad un teschio. Non ce la faceva più ad essere positivo, nella sua anima si combattevano tristezza ed odio: quella malattia non era normale, aveva sentito cosa dicevano gli anziani. Dicevano che era opera degli Underish del sottosuolo che volevano conquistare le grotte della Gola di Viverna, o degli umani della Città Prisma, da sempre timorosi di venire conquistati dal placido popolo del vulcano.
    I suoi pensieri vennero interrotti dalla donna, che lo prese tra le braccia e lo strinse al petto, straordinariamente forte in quell'attimo di lucidità.
    -Tu puoi fare quello che vuoi... siamo in pochi, ormai, e tu sei forte: tu puoi guidare quelli che sono rimasti. Apprendi dai tuoi maestri, e diventerai un leader.
    -Ma io non voglio! Io voglio stare con te!
    Lamentò lui alzando il viso, guardando in quegli occhi, identici ai suoi, ancora pieni di energia. Ancora per poco.
    -Tesoro mio... so già come andrà, e tra poco per me sarà finita, non piangere perché andrò dove riposano tutti i miei fratelli, un luogo dove i Draghi possono volare di nuovo. Tu, invece... cosa ti dico sempre? Tu sei...
    -La... la tua prima stella
    -Esatto... la mia prima stella... così luminosa... guiderai tutti...
    -Ma-madre?
    La voce della donna si affievolì, mentre accarezzava il viso del figlio con una mano che diventava sempre più fredda.
    -Il mio piccolo Aràstor...
    Il sussurro si spense in un ultimo sospiro, e il ragazzo restò immobile e muto, non riuscendo a capacitarsi di ciò che era appena successo. Fece per stringere il corpo pallido, quando il resto del suo mondo cadde a pezzi in un'esplosione violentissima.

    Il vulcano aveva eruttato.
    In un attimo, ogni galleria era crollata, fiamme e fumo riempivano gli angoli, e tutti i Draghi di Hespeeria erano stati spazzati via.
    Tutti tranne uno: accecato dalla polvere e schiacciato dai detriti, Aràstor giacque per ore sulla pancia, scavando disperatamente. Aveva lasciato il cadavere di sua madre indietro da molto tempo, ma il delirio della febbre aveva eliminato ogni suo pensiero razionale.
    Le sue mani insanguinate grattavano centimetro per centimetro, senza riposo.
    "Tu puoi guidare... leader... guiderai tutti... leader... guidare..."
    La voce di sua madre si ripeteva come una litania nella sua mente, marchiandosi a fuoco nella sua anima.
    "Diventerai un leader... guiderai tutti... un luogo in cui i Draghi possono volare di nuovo..."
    La terra e la cenere divennero deboli ostacoli sotto la forza dei suoi artigli e del puro istinto di sopravvivenza, finché finalmente la luce della Luna non gli colpì il viso e lui precipitò nell'oscurità.
    "Aràstor... Aràstor..."

    -Mio signore!
    L'uomo in armatura si voltò, seccato, il filo dei suoi pensieri rotto dalla voce di una delle sue guardie personali.
    -Che c'è?
    -Il Principe Crishatàn della Città Prisma è qui, signore.
    -Fallo entrare...
    Re Aràstor, l'ultimo dei Draghi e signore di Utopia guardò ancora una volta l'orizzonte, dove si estendeva il grande muro che divideva la sua città dal resto del mondo, con un leggero sorriso sul volto: finalmente, dopo tanto tempo, avrebbe sistemato tutto, ogni torto subito sarebbe stato ripagato con la forza.
    Sentendo la porta aprirsi dietro di lui, si voltò, per accogliere i suoi nuovi ospiti a braccia aperte, con l'espressione più gioviale che il suo odio profondo gli permetteva.
    -Benvenuto ad Utopia, giovane principe!

    Edited by DamaXion - 1/4/2016, 19:13
  10. .
    CITAZIONE (XSabath @ 31/3/2016, 14:38) 
    Il bello è che stavo sul tavolo della cucina a disegnare. Mia madre stava cucinando e probabilmente andò in camera a fare il letto. Mia sorella maggiore non ricordo, forse era andata anche lei ad aiutare mia madre con il letto matrimoniale.
    Il fatto è che appena sentii l'ultimo tocco mi girai come un fulmine di spalle. A meno che mia sorella non sia scappata come Flash... Anche perchè rumori di passi non ne sentii affatto.
    M'è capitato in totale due volte di sentirmi toccare dietro senza che nessuno ci fosse realmente...

    Intendo non che ti abbia toccato alla velocità della luce, ma che il tuo corpo ti abbia fatto sentire la sensazione del tocco... senza il tocco
  11. .
    Probabilmente è stato un inganno del tuo corpo: eri convinto che ti avrebbe toccato a breve e il tuo cervello ti ha fatto sentire la sensazione, può capitare.
    E' come quando vedi che c'è una zanzara in giro: comincia a prudere ovunque, no? Stessa cosa
  12. .
    Non intendo problemi in questo senso, per questo post. Non ho creato questa discussione per queste cose.

    I problemi qui, sono di tipo emotivo, qui c'è gente che necessita conforto e consigli veri per problemi VERI, hai letto i post indietro? Le pagine e pagine indietro?
    Ne dubito, dato che vieni qui a chiedere pareri su una discussione che non centra nulla né con il forum né con ciò di cui tratta questo post.

    Detto ciò, io non dirò nulla su ciò che hai postato, perché sinceramente non me ne può fregare di meno, ti consiglio di copiare il tuo post, perchè appena leggerai questo messaggio, lo cancellerò
  13. .
    Questo caso del 1994 è una delle morti più disturbanti mai osservate per un essere umano: non si è trattato solo di un caso brutale di mutilazione. E' stata una mutilazione sistematica.
    Chiunque sia stato aveva un livello di precisione impressionante, ed era molto specifico nelle parti che desiderava: al corpo sono stati tolti l'occhio sinistro, l'orecchio sinistro, le labbra, la lingua e la mascella. Oltre che numerosi organi interni.
    Per questa assurda precisione, il caso è considerato il rapimento alieno più violento di sempre.


    ricostruzione dello stato del cadavere


    Ulteriormente, era stato estratto completamente il primo tratto del retto, e sul petto dell'uomo si trovavano due buchi perfettamente circolari. Non c'era alcuna traccia di sangue in tutto il corpo.

    Le prime informazioni sulla misteriosa morte furono rivelate al pubblico nel 1998 dal ricercatore Brasiliano Zapata Carcia e dal Dr. Rubens Goes: il corpo era stato trovato nella riserva di Guarapiranga, nell'area sud della città di San Paolo, in Brasile.
    La polizia responsabile del caso si trovò veramente perplessa, dopo che arrivò il documento dell'autopsia: non c'era stata lotta nè violenza, non erano state usate armi o corde.

    Dall'autopsia:
    "Le regioni ascellari da entrambe le parti mostrano punti molli, dove gli organi sono stati rimossi. Incisioni sono state fatte su viso, interno del torace, addome, braccia, gambe e petto. Le spalle e le braccia presentano perforazioni uniformi di diametro tra i due e i tre centimetri dai quali sono stati estratti tessuti e muscoli. Il petto si è rattrappito per la rimozione degli organi interni."

    Il rapporto dell'autopsia continua: "Abbiamo osservato la rimozione di entrambe le aree orbitali e dello svuotamento della cavità orale, della faringe, dell'orofaringe, del collo, delle regioni ascellari, dell'addome, della cavità pelvica e dell'area inguinale."
    Sono stati trovati dei fori netti "a stampo di biscotto" in posizioni strategiche su tutto il corpo utilizzati per estrarre gli organi interni. Questo livello di precisione suggerisce che l'operazione venne effettuata con rapidità, l'applicazione di una fonte di calore o un laser e tutto l'occorrente necessario affinché il soggetto rimanesse in vita.

    "ESAME INTERNO:
    [...] dopo aver aperto la cavità cranica usando la tecnica Griessinger, abbiamo trovato:
    [...]
    17) La calotta cranica intatta
    18) Un edema cerebrale"

    In casi del genere, la presenza di un edema cerebrale senza che questi sia la conseguenza diretta di un trauma, è un chiaro sintomo di una morte agonizzante. A conferma, nelle conclusioni dell'autopsia viene detto chiaramente che la causa del decesso è: "... un'acuta emorragia dovuta a traumi multipli. Un altro fattore è stata la stimolazione del nervo vago"
    (Il che implica un arresto cardio-respiratorio dovuto al dolore eccessivo)
    "La vittima mostra delle ferite con sintomi di una reazione vitale, vale a dire che c'è stata la componente della 'tortura'. Il modus operandi suggerito è: incisioni nelle parti molli e negli orifizi naturali e utilizzo di dispositivi succhianti."

    Perché diavolo sono stati estratti gli organi quando l'uomo era ancora vivo? Un'altra domanda che lascia confusi è perché non siano state nascoste le prove. Per quale ragione plausibile svolgere un processo così complesso di mutilazione ed estrazione degl'organi per poi lasciare il corpo straziato agli occhi di tutti?

    Sfortunatamente, ciò che è stato descritto non è un caso isolato. Ci sono letteralmente centinaia di ritrovamenti del genere - tutti con le stesse modalità e le stesse procedure tecnologiche avanzate che sembrano andare oltre le capacità delle più moderne tecniche di chirurgia conosciute.
    Inoltre, questo caso ha molti punti in comune con il fenomeno della mutilazione del bestiame. Si tratta di ritrovamenti di animali morti, uccisi in maniera inspiegabile e attribuiti a presenze aliene. Nella maggior parte dei casi si tratta di bovini ma sono stati rinvenuti anche resti di altri animali, sia domestici che selvatici. Il tipo di ferite, l'eviscerazione attraverso di esse, il dissanguamento e l'abbandono del corpo sono avvenuti in maniera identica. I casi riportati avvengono in tutto il mondo fin dagli anni '60, insieme ai presunti rapimenti alieni, e sono troppo simili per non sembrare collegati.

    www.alienvideo.net/0805/alien-abduction-mutilation.php qui l'articolo, contiene foto grafiche del cadavere, è sconsigliata la visione ad un pubblico sensibile


    Edited by DamaXion - 29/3/2016, 14:56
  14. .
    Era notte nella Foresta delle Scimmie, e l'aria profumava di erba e foglie umide; in cima ad un albero, Zine, la vedetta, sbadigliò sonoramente: non stava succedendo niente di diverso dal volo dei gufi da ore, e cominciava davvero ad annoiarsi.
    Il suo sguardo salì verso il cielo nero e terso, punteggiato da numerosissime stelle, per poi scendere verso l'orizzonte e le lontane luci tremolanti delle Scogliere Taglienti, dove risiedevano gli Orchi.
    Il sonno stava pian piano prendendo posto nei suoi pensieri, e i suoi occhi acuti si stavano chiudendo, quando qualcosa catturò la sua attenzione: una figura più scura dell'oscurità stava strisciando sul terreno sotto di lui.
    Allertato, Zine cominciò lentamente a tendere la corda dell'arco, ma sentì un fruscio simile a quello prodotto da lui: l'altro aveva avuto la sua stessa idea, e ora era in piedi, puntando la sua arma.
    Il vento fece muovere l'erba, mentre i due arcieri, immobili, si guardavano silenziosi: chi era l'altro, invisibile nell'oscurità? Una minima distrazione e le frecce sarebbero partite, e qualcuno sarebbe morto.
    Le falene si dileguarono, mentre una linea infuocata all'orizzonte faceva la sua comparsa...

    Strisciando nel sottobosco, Kenea il cacciatore cercava di confondersi nell'erba alta come un cervo: l'area era ben sorvegliata, lo sapeva bene, e il minimo errore avrebbe causato la sua morte. Ma aveva davvero bisogno di quella caccia, o non ci sarebbe stato cibo per il giorno dopo.
    Maledì nella sua mente la nottata limpida, e aggiustò meglio che poteva le lepri che penzolavano dalla sua schiena, appese malamente alla faretra. Si guardò intorno, guidato dai frammenti di luce tenue che erano le lucciole, in cerca di un altro animale incauto da eliminare silenziosamente e rapidamente, stanco ed infreddolito: l'umidità gli aveva bagnato gli stivali come se avesse immerso i piedi in un fiume, e il freddo delle estremità si era propagato in tutto il suo corpo. Ora aveva la pelle d'oca perfino sulle braccia.
    Qualche metro più avanti al suo naso apparve il muso fremente di un coniglio.
    Ecco... c'era quasi... tese l'arco ma sentì un rumore simile alla sua corda in alto, sopra gli alberi, e puntò subito in quella direzione: nel buio intravide a malapena una figura su un ramo, anch'essa armata.
    Non poteva muoversi, ma anche l'altra persona, erano bloccati in quel confronto mortale.
    Un luce tenue iniziò ad illuminare il bosco, mentre l'alba scivolava pigra sulle foglie.

    "Gli Orchi... bleah! Zine mi raccomando, non averci mai a che fare!"
    Sua madre gli aveva raccontato spesso di quelle creature dalla pelle grigia e rugosa come pietra pomice e dal costante puzzo di pesce marcio, diceva che mangiavano i cadaveri dei grossi esseri marini che si conficcavano sulle acuminate pietre che spuntavano dalle mura delle loro caverne e che erano rozzi bestioni sacrileghi. Non credevano neanche nell'esistenza della Grande Dea!
    Il suo villaggio era così vicino alle Scogliere da rendere ogni turno di guardia teso, perlomeno finché c'era buio: quei bastardi si confondevano troppo bene, scuri com'erano!
    Non ne aveva mai visto uno, in realtà, ma l'immagine che si era fatta di loro era molto vivida nella sua mente: grossi, muscolosi, brutti come cinghiali nudi, con denti simili a zanne e gli occhi iniettati di sangue. Eppure...

    Quell'orco lì non sembrava proprio uno dei bruti dipinti dalla sua immaginazione: era giovane, anche più di lui, e nonostante la decisione nei suoi occhi ambrati, tremava in tutto il corpo. La sua pelle era grigia, sì, ma tenue e perlacea, priva di rughe data la sua età,
    La luce del sole illuminava entrambi i ragazzi, mostrandone le borse scure, i capelli bagnati, lo sguardo arrossato dalla veglia: nessuno dei due aveva l'intenzione di scoccare la freccia, ed entrambi lo capirono appena videro in volto la terribile minaccia che credevano di stare fronteggiando.
    Zine abbassò l'arco, Kenea distese la corda e si guardarono a lungo, incerti: la vedetta avrebbe dovuto dare l'allarme, il cacciatore ucciderlo per impedirglielo, ma in quel mattino silenzioso sembrava ingiusto. Un accordo silente e sciocco fu suggellato.
    Il ragazzo sull'albero fece in tempo a fare un gesto con la mano per dire all'altro di scappare, quando si sentì una voce:
    -Zine! Pigrone, il tuo turno è finito, su che albero ti trovi?
    Kenea si voltò, silenzioso, e cominciò ad allontanarsi, ascoltando la conversazione sempre più lontana.
    -Sono qui! Caspita, c'era uno di quei bastardi orchi qui qualche ora fa! Avresti dovuto vedere che denti, per fortuna l'ho spaventato e lui...

    Il cacciatore tornò al villaggio, sospirando al sentire scomparire il dolce odore dell'erba, sostituito dall'aspra brezza marina: sua sorella lo accolse a braccia aperte, felice nel vedere i frutti della sua nottata all'aperto, mentre i suoi due nipotini gli si accalcavano attorno con i grandi occhi gialli pieni di meraviglia infantile.
    -C'era qualche mostro nella foresta?
    -Oh sì, uno di quei brutti e cattivi uomini degli alberi! Era in alto, appeso come una scimmia ai rami, e gli sono passato vicinissimo senza che se ne accorgesse...
    -Aveva gli occhi rossi?
    -Oh sì... rossi come il fuoco e...
    Kenea si fermò un attimo, colpito dal ricordo che aveva di quell'incontro privo di parole: un ragazzo bruno, stanco, così diverso dalla deforme creatura simile ad una scimmia che gli avevano descritto, dagli occhi verdissimi e profondi, pieni di un fiume di parole che non si sarebbero mai potuti scambiare.
    -Indimenticabili

    Edited by DamaXion - 1/4/2016, 12:01
226 replies since 9/11/2011
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