Happy Urepi Yoropiku ne~
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Rachel tremava nell'oscurità del bosco; la sua auto fumava da qualche parte dietro di lei, distrutta dopo la terribile caduta nel fosso sul ciglio della strada, spenta. Ferita alla testa e confusa, la ragazza non aveva nemmeno provato ad arrampicarsi per tornare sulla strada e si era stupidamente addentrata tra gli alberi in cerca di aiuto: ora, completamente persa e disperata, attendeva con ansia l'alba che pareva non arrivare mai. Ma quanto è buio questo posto? Si chiese, turbata dalla quasi totale oscurità di quel luogo, realizzando subito dopo che in mezzo alla campagna era difficile trovare fonti di luce artificiale. Ogni fruscìo la faceva sussultare tanto era tesa, e il dolore alla tempia iniziava a farla sentire esausta. Se si fosse fermata, pensava, non si sarebbe più rialzata. Buio, buio e ancora buio, davanti e dietro di lei. Di colpo, Rachel sentì qualcosa trascinarsi sulle foglie del sottobosco, così vicino da farla impietrire: non sapeva che genere di animali popolasse quella zona e l'idea di trovarsi faccia a faccia con un orso la gelò; poco dopo, una sagoma le urtò il retro delle ginocchia e lei soffocò un grido, restando immobile. Ma un leggero uggiolio la rinfrancò: era solo un cane! -Hey... Sussurrò dolcemente, cercando a tentoni ed incontrando una testa piccola e coperta di pelo morbidissimo ma sporco. Il cane, in cambio, le leccò una mano ed iniziò a tirarle l'orlo della maglietta con delicatezza, come per guidarla. -Va bene, va bene ti seguo... Che bravo cagnone che sei! Disse Rachel, felicissima di quell'incontro fortunato: si sentiva al sicuro con lui al fianco, e sperava potesse portarla dai suoi padroni. La passeggiata durò poco, ma finalmente la luce della Luna fece capolino tra gli alberi, illuminando una baracca all'apparenza abbandonata. -Hey, ma dove...? Chiese all'animale, che però si era volatilizzato. Incerta, la ragazza bussò alla porta che era così marcia da aprirsi da sola con un lugubre cigolìo. Nonostante la luna, la casetta al suo interno era estremamente buia, dato che le sue finestre erano luride. Odori ben poco invitanti uscirono in una zaffata che la fece tossire. -C'è nessuno? La sua voce rimbombò nel silenzio, e nessuno le rispose. Sentiva soltanto un leggero raspare sotto ai suoi piedi attraverso le assi del pavimento bucate dai tarli e costellate di ossa di piccoli animali, probabilmente prede del suo nuovo amico. Facendo qualche passo con attenzione, Rachel intravide una scala verso il basso, dava su una stanza che sembrava un buco nero nell'oscurità. -Cagnolino... sei tu? Sussurrò con voce tremante avvicinandosi all'apertura e sentendo un suono di passi scomposti sui gradini: era di nuovo il cane, una figura estremamente magra ed ingobbita nell'ombra. La ragazza iniziò a chiedersi se era stata una buona idea seguirlo, vedendo in che stato sembrava trovarsi. -Cosa... cosa c'è? Smettila! Disse Rachel, quando lui ricominciò a tirarla con insistenza verso la stanza buia. Lei fece resistenza e le rispose un ringhio profondo e poi, con sua estrema sorpresa, un dolore lancinante: le aveva morso una caviglia e l'aveva fatta cadere. La ragazza realizzò di essere a terra solo quando si trovò sul primo scalino, trascinata dall'animale che sbavava e sbuffava: gridando e scalciando, colpì più volte il cane sul muso, senza però riuscire a fargli mollare la presa. -Lasciami bestiaccia! Aggrappandosi a tutto ciò trovava, la sua mano si chiuse sul manico di un ombrello che lei usò per menare colpi all'impazzata. Ad un certo punto la punta metallica, con suo estremo ribrezzo, penetrò in qualcosa di molliccio e il cane mollò la presa, emettendo un grido terrificante e rotolando giù per le scale. Rachel si alzò e zoppicò fuori dalla baracca più in fretta che poteva sentendo che l'animale ululava a pieni polmoni. Mio Dio... era un coyote? Si trovò a pensare mentre arrancava. Finalmente, vide tra le fronde delle luci, strizzando gli occhi abituati al buio, e si trovò a sbucare su una strada. Poi collassò cadendo in ginocchio mentre due figure sfocate accorrevano e lei iniziava a piangere disperata.
Qualche ora più tardi si trovava distesa su un lettino del pronto soccorso: due ragazzi l'avevano trovata in stato di shock e l'avevano accompagnata lì. Gli infermieri poi l'avevano medicata a dovere e le avevano fatto qualche domanda, per avvertire la polizia del suo incidente. La ferita le pulsava, ma lei si era rifiutata di guardarla. Il sangue la faceva svenire e aveva solo voglia di riposare ed aspettare che suo padre la venisse a prendere. In dormiveglia, sentì il dottore che parlava al telefono, probabilmente con un poliziotto, e riuscì a cogliere qualche frammento di conversazione: -Ha avuto un incidente sulla strada per... sì... era in stato confusionale... boschetto... credo abbia subito un'aggressione... Aggressione? -Dice di essere stata morsa da un cane o da un coyote... no, non credo... la forma del morso non... canide... Rachel sentì il cuore fermarsi, mentre un dubbio le attanagliava il petto: con lentezza e cercando di ignorare il disgusto, sollevò con delicatezza la medicazione e quello che vide la fece inorridire.
Due mezzelune sanguinolente le decoravano la caviglia, i segni puliti e squadrati di denti umani.
Edited by DamaXion - 7/12/2017, 10:42
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