Votes taken by Silent Shadow

  1. .
    Non meno di una settimana fa la nostra Emily è stata promossa a Supervisore. Tuttavia, dopo l'abbandono di Kung, abbiamo ritenuto opportuno promuoverla ulteriormente per i suoi meriti e la sua costante dedizione. Ci auguriamo che possa svolgere un ottimo lavoro!
  2. .


    Morbidi, delicati, setosi, l'unica parte viva del nostro corpo che resta per sempre: i capelli.
    I teschi chiomati terrorizzano, perché danno la sensazione che i defunti possano essere ancora vivi, con quei capelli che sembrano continuare a crescere anche dopo la morte.

    La scienza oggi ci racconta che in realtà è colpa della pelle, che ritraendosi per disidratazione fa apparire un'anomala crescita pilifera.
    Eppure da sempre i capelli hanno avuto una valenza magica e divina; si pensava che l'anima ne fosse in qualche modo legata divenendo sacri (Gesù Cristo e la Maddalena)o motivo di forza invincibile (Sansone) o regale (Meroving), rappresentando così nella storia un importante simbolo di immortalità.

    Un'arma di seduzione devastante: in alcune culture le donne nascondono la chioma che altrimenti farebbe impazzire gli uomini, motivo per cui durante l'inquisizione i preti tagliavano i capelli alle streghe convinti che vi fossero racchiusi magia e potere satanico.
    Regalare una ciocca di capelli al proprio innamorato era un gesto d'amore di grande importanza, perché ammaliava, conquistava, ma allo stesso tempo indeboliva la fanciulla che si metteva a nudo, per aver così donato la propria anima.

    Alla pinacoteca Ambrosiana di Milano una ciocca di capelli aurei è coperta da una teca di vetro come un autentico gioiello. Ma di questo si trattava, di un prezioso regalo che l'amante portava con sé.

    teca_ciocca_capelli_fantasmi_ditalia_7

    Sono i capelli di Lucrezia Borgia, conosciuta non certo per imprese affettuose. Ma l'amore in lei non mancava: regalò a Pietro Bembo questa ciocca, ciò che di più erotico aveva, perché, stando adagiati sul seno, i capelli profumavano della sua pelle.
    Ancora oggi i capelli di Lucrezia Borgia sembrano vivi, brillano di un colore intenso e mai appassito. Lo avrebbe notato non solo il poeta Byron, ma tutti coloro che hanno il piacere di osservarli alla Pinacoteca.

    M c'è un segreto. Dal 1519, quando Lucrezia morì di parto a soli 39 anni, ogni anno nel giorno dedicato ai morti il suo spirito farebbe visita al museo, alla ricerca dei suoi capelli per pettinarli e prendersene cura proprio come faceva in vita.
    È forse questo il motivo che li rende così vivi e tanto perfetti, nonostante siano passati 500 anni?

    I fantasmi sono spesso legati ai capelli: dando l'impressione di continuare a crescere dopo la morte, fanno credere che il corpo sia ancora vivo, motivo che porta l'anima a restare sulla terra nell'attesa di un possibile risveglio.
    Ecco perché i fantasmi sono spesso chiomati, come il caso degli yurei giapponesi, esseri dai capelli lunghi, lisci e neri come la notte, perché nei capelli c'è la speranza di continuare a vivere.

    Lucrezia, rifiutata dal Paradiso per la sua condotta immonda, è ancora oggi attesa dai diavoli, ma la donna sembra rimanere legata all'unico simbolo "buono" di cui si è sempre rivestita con grande orgoglio. Il suo spirito avrebbe dunque deciso di restare qui per svolgere l'azione che più la rende beata tra i beati: prendersi cura dei propri capelli per l'eternità.

    Mistero Magazine Marzo 2017


    Edited by DamaXion - 17/5/2019, 20:39
  3. .
    Siamo lieti d'informarvi che la nostra cara Emily e stata promossa al ruolo di moderatrice, l'intero staff le porge i miglior auguri!
  4. .
    volevamo tenervi sulle spine un altro pò, ma ci sono troppi cuori teneri nello staff, quindi vi annunciamo chi tra i candidati che hanno sostenuto il colloquio passera alla fase successiva (quella in cui verrà frustato a sangue finché non implorerà una morte rapida)

    DarknessAwaits

    IanEmerson

    Hero

    Er Mortadella

    Swaky

    alla faccia, a questo giro siete stati tutti bravi, complimenti!

    a breve verrete sequestrati ed inizierà la vostra avventura come staffer in prova!
  5. .
    I raggi del sole illuminavano le placide acque, l'aria era pregna del tipico odore di salsedine; in sella a Rushaa stava rientrando dal suo giro di perlustrazione.
    In pieno periodo di pace era più che altro un modo per staccare un po' dagli impegni e dai doveri che gravavano su di lei, a causa del ruolo che ricopriva nella sua tribù.
    Un ultimo battito di ali e percorse i pochi metri che la separavano dai mastodontici cancelli della città sospesa di Dravaji; un'immensa isola fluttuante su di un favoloso mare azzurro, che ricopriva quasi interamente le terre di Shiru.
    L'unico modo per arrivarci era in sella ad un drago, ma solo i membri del suo popolo avevano il privilegio di riuscire ad addomesticare e cavalcare quelle fiere creature; quando era solo una bambina il suo insegnante le aveva spiegato che i draghi e i Dravaki, l'appellativo che la sua tribù usava per definirsi, avevano un antenato in comune; molto probabilmente era questo il motivo per cui i draghi si fidavano al punto da permettere loro di salirgli in groppa.

    Al suo arrivo diverse grida annunciavano l'arrivo del comandante Runa e conseguentemente ordinavano l'apertura dei cancelli.
    Rushaa atterrò con la grazia tipica della sua specie, senza scomporsi minimamente del gran viavai che ogni giorno caratterizzava il porto della città. I mercanti stavano caricando le merci sui loro draghi, pronti a scendere nelle terre degli umani per i loro scambi commerciali; era l'unico contatto che avevano con le tribù della razza da loro definita dei primati, per via della loro discendenza dalle scimmie.
    Alcuni soldati stavano sistemando i finimenti sui loro draghi, giovani reclute che avevano il compito di scortare i mercanti nel loro giro tra i villaggi umani. Per quanto, da molto tempo prima della sua nascita, vi fosse un trattato di pace tra umani e Dravaki, i loro rapporti erano comunque tesi. Le tribù delle terre sottostanti, infatti, non condividevano il loro modo di vivere e la loro cultura; molti della sua razza credevano che il vero motivo fosse l'invidia per via del loro legame con i draghi; serpeggiava il sospetto che avessero acquisito da loro quelle conoscenze che li rendevano tecnologicamente più avanzati sia nel campo militare che in quello scientifico.
    In realtà il loro sapere derivava dal passato, da molto prima che draghi e Dravaki si distinguessero in due razze: la loro tecnologia si basava principalmente sulla magia, tutto nella loro città funzionava grazie alla magia o veniva creato per mezzo di essa, dai mezzi di trasporto interni, alle armi che usavano.

    Stava osservando i soldati, mentre con un dito seguiva il profilo del corno che spiccava sulla sua fronte, un gesto inconscio che aveva sin dalla più tenera età e che la caratterizzava ogni volta che era assorta nei suoi pensieri. Uno dei soldati, l'istruttore della squadra che si sarebbe diretta ai villaggi a est, si rese conto del suo sguardo.
    Si avvicinò al drago dalle scaglie nero fumo, porse una mano alla creatura, essa l’annusò e uno sbuffo di fumo uscì dalle sue narici, segno che gli concedeva il permesso di accostarsi un po' di più senza il timore di essere colpito dalla possente coda.
    “Buongiorno, comandante Runa!”

    La giovane dall’arruffata zazzera nera riemerse dal filo dei suoi pensieri, posò sulla sporgenza della sella la mano che stava accarezzando il
    corno, i suoi occhi blu elettrici saettarono sulla figura del militare e si strinsero in un'aria truce.
    “Com’è andato il giro di pattugliamento?”
    La ragazza sospirò esasperata e, con un unico fluido movimento, scese dal drago.
    “Come al solito, noioso.”
    Scostò malamente l'ufficiale, era stufa che ogni singolo militare ci provasse spudoratamente con lei solo per il suo grado, e si avviò verso la strada principale che si trovava a pochi metri dal nido di atterraggio, poco dopo un magazzino dove venivano stipate le armature dei draghi guerrieri, a portata di mano in caso fosse scoppiata improvvisamente una guerra o avessero dovuto difendersi dall’attacco inatteso da parte di qualche misterioso nemico.

    Non volevano essere colti impreparati, soprattutto perché prima che lei nascesse avevano quasi rischiato di perdere l’isola fluttuante a causa della superficialità di un mercante; costui, non avendo controllato la merce che stava trasportando da un villaggio umano ed ignorando il nervosismo del suo drago, imputandolo solo all’arrivo di una tempesta, aveva involontariamente condotto alle porte della città un manipolo di soldati umani, i quali, appena sbarcati, avevano messo tutto a ferro e fuoco e massacrato molti, troppi Dravaki.
    Alla fine i nemici furono respinti e gettati nel vuoto dalle mura della città, ma per il consiglio militare degli anziani l’intervento era stato troppo lento e le perdite troppo pesanti; per questo le varie caserme che erano posizionate all’interno della città furono spostate a presidio dei quattro cancelli che davano sul mondo esterno. Il vero nemico non era tra loro, ma fuori.

    Runa camminava fiera tra la folla, la sua nascita aveva portato grande lustro alla sua famiglia di umili origini; semplici allevatori di Saliki, grossi uccelli inadatti al volo, ma ottimi alla brace e dalle uova estremamente nutrienti.
    Quando sua madre ancora non sapeva di essere in dolce attesa, ebbe la visita di un sacerdote del dio drago Dravani, che le comunicò che il loro dio si era manifestato e aveva indicato la nuova vita appena concepita nella sua famiglia come il nuovo Dravami, che nella loro lingua significava “figlio di Dravani”.

    Un dio tra i mortali, che nasceva dal loro sangue con il compito di proteggere il popolo Dravaki da un pericolo che avrebbe rischiato di farli estinguere.
    Anche se il suo status le dava molti privilegi, lei aveva sempre cercato di non approfittarne. L’umiltà che aveva visto trasparire dal sudore di suo padre l’aveva segnata, ai suoi occhi il potere non aveva alcuna importanza, l’unica cosa che contava era affrontare la vita a testa alta e con determinazione; il padre, nonostante fosse fiero che la sua unica figlia avesse un posto così importante nella società, aveva continuato ad allevare i suoi amati Saliki fino alla sua morte; un brutto male se lo era portato via quando lei era poco più che una bambina.
    Si era fatta strada da sola, era riuscita a mettersi in luce in varie missioni, dimostrando non solo di essere fisicamente più forte dei suoi coetanei, ma di essere in grado di comandare con pugno di ferro centinaia di rudi soldati che non avevano la minima voglia di sottostare ai capricci di una ragazzina, anche se questa era il Dravami delle loro leggende.
    Riuscì a guadagnarsi il grado di comandante supremo dell’intero esercito di Dravaji a soli tredici anni ed ora, a sedici anni, era in procinto di sposarsi.

    L’unica cosa che si era concessa grazie al suo status, era stata chiedere la mano della loro giovane regina, Saryskha, che nonostante avesse molti e molte pretendenti aveva scelto lei. Si conoscevano praticamente da sempre, il loro legame era cresciuto negli anni sino a sbocciare in quel dolce amore.
    L’unica cosa che le piaceva nell’essere il Dravami era stata la possibilità di averla conosciuta.
    Si mise in coda per usufruire del miira, il loro trasporto pubblico; il miira era molto simile ad una carrozza interamente fatta di metallo, senza ruote e con un massimo di venti posti a sedere, aperta nella parte superiore.
    Nell’isola sospesa il clima e la temperatura erano sempre costanti, in ogni stagione: il tutto era regolato da un meccanismo di natura magica situato al centro della città, proprio dove sorgeva la cattedrale del dio drago.
    Il miira viaggiava sospeso nell’aria ad una trentina di metri da terra, lungo un tragitto intervallato da sfere di rame denominate ska, che al loro interno contenevano una carica magica che rilasciavano in minima quantità al passaggio del miira, per caricarlo d’energia fino al ska successivo. Questi globi venivano ricaricati una volta all’anno, nel giorno che chiamavano del grande silenzio.
    Il miira era un mezzo molto veloce e permetteva di attraversare la città in pochi minuti.
    Rifiutò varie volte, garbatamente, le proposte di saltare la fila da parte di chi le stava davanti, anche per questo praticamente tutta la tribù l’amava.

    Quando arrivò il suo turno di salire sul miira dai colori sgargianti, si accomodò al primo posto disponibile rilassandosi il più possibile, pur sapendo che sarebbe arrivata a destinazione in meno di cinque minuti. Si perse nuovamente tra i suoi pensieri mentre guardava case e palazzi sfrecciarle accanto.
    Arrivata a destinazione un ruggito l’accolse.
    Sorrise nel vedere quel furbacchione di Rushaa che l’aspettava come un cagnolino scodinzolante alla fermata del miira. E si ripromise che un giorno avrebbe scoperto come facesse quel burlone di un drago ad eludere la sorveglianza degli stallieri e riuscire a sgattaiolare per la città senza essere visto, un enorme dragone di duecento chili nero come la notte non poteva di certo passare inosservato.
    Saltò giù dal mezzo di trasporto e si aggrappò al collo dell’animale che posò il muso sul suo naso.

    “Come fa un drago della tua età a comportarsi come se fosse appena uscito dall’uovo?!”
    Ridacchiò lasciandosi andare a terra, accarezzò il muso del drago e si avviò verso una gigantesca costruzione fatta interamente di cristallo, le cui vette aguzze toccavano i cento metri di altezza. L'intera struttura era stata creata grazie alla magia e poteva resistere a qualsiasi attacco; era antica, molto: risaliva a prima della costruzione della città sospesa, che era stata eretta intorno ad essa, veniva utilizzata come difesa ultima in caso di attacco. Poteva ospitare l’intera popolazione Dravaki. Era il Palazzo reale.

    Al cancello era stanziato un gruppetto di quattro soldati, con l’armatura da guerra e armati fino ai denti. Stavano chiacchierando, appollaiati intorno a delle carte da gioco sparse a terra.
    “Che diavolo state combinando?! Il vostro compito è di difendere il palazzo di sua maestà, non di prendervi una pausa!”
    urlò furibonda, i quattro scattarono in piedi e portarono la mano destra all’altezza del petto inchinandosi leggermente in avanti, il saluto militare.
    Runa ringhiò, le labbra le tremarono fin quasi a lasciare scoperti gli affilati canini. I soldati rabbrividirono, sapevano che far infuriare il comandante supremo significava morte certa, uno di loro tremando vistosamente si fece avanti.

    “Ci perdoni comandante, è sempre così calmo qui che ci siamo concessi un piccolo svago per non cadere vittime della noia.”
    La Dravami urlò ancora con tutto il fiato che aveva in corpo:
    “Razza d’idioti! il vostro è il più importante e anche il più onorevole dei compiti! La sicurezza della regina Saryskha è nelle vostre mani!
    E voi che fate, giocate?! Ma vi rendete conto che se ci avessero attaccati vi avrebbero assaliti facilmente e sarebbero entrati nel palazzo reale!”
    Ancora più impauriti i soldati iniziarono a balbettare:
    “C-ci scusi ancora comandante, non accadrà più”

    Un ruggito potente fece letteralmente accasciare i militari.
    “Ovvio che non accadrà più! Siete sospesi! Ora sparite dalla mia vista!”
    I quattro scapparono a gambe levate; anche se ora avevano una grossa macchia sulla loro carriera, almeno erano ancora vivi.
    “Ho bisogno di quattro soldati seri ai cancelli, ora!”
    urlò ancora una volta Runa, e in meno di due minuti altri quattro soldati arrivarono di corsa, le fecero il saluto militare e si posizionarono al loro posto.

    “Se vi spostate solo di un centimetro vi sbranerò tutti!”
    ordinò furiosa. E mentre si allontanava, mosse la mano nella direzione di Rushaa, che si accucciò accanto ai cancelli reali, puntando lo sguardo sui quattro militari; tutti impettiti, sotto i pesanti elmi, costoro sudavano vistosamente: avere il drago di Runa che li controllava era come avere lo stesso comandante che li teneva sott’occhio.
    Entrata nel palazzo si servì del miisa, una variante ridotta del miira che permetteva di salire diversi piani evitando la fatica di percorrere svariate rampe di scale.
    Runa scese dal miisa, percorse pochi metri e si fermò dinanzi ad una semplice porta di mogano scuro. Mosse la mano all’altezza della vita, una sfera incastonata nella porta s’illuminò e quest’ultima si aprì senza alcun rumore.
    La ragazza entrò nella stanza, era appena pomeriggio ma era già stanca, si avvicinò ad una specie di panca lunga ricoperta di pelli animali, iniziò a togliersi l’armatura che in quel momento le pesava come un macigno, e la buttò sulla panca.

    “Non pensi di aver esagerato con quei poveri soldati?”
    Si aspettava quella soave voce d’angelo, come si aspettava l’ennesima ramanzina sulla sua rigidità.
    “Ti ha sentito l’intero palazzo, urlavi come un’ossessa.”
    Runa sospirò e con addosso solo una semplice maglietta smanicata si buttò sul letto.
    “Finirai per perdere la voce, e anche la sanità mentale, se continui ad arrabbiarti per ogni più piccola cosa.”
    La snella figura dai lunghi capelli corvini posò il libro che stava leggendo sul basso tavolino di ciliegio dinanzi a lei, si alzò e con grazia paradisiaca, esaltata da un lungo abito azzurro che le superava i piedi, si avvicino al letto.

    “Quegli idioti non hanno la minima idea dell’immenso onore che hanno nel servire la famiglia reale e il popolo Dravaki! Perdono tempo invece di fare il loro dovere, la sicurezza di migliaia di Dravaki è nelle loro mani ma sembra non importargli.”
    Sbottò il comandante cercando di trovare una posizione comoda sul suo giaciglio.
    “Hai ragione, ma proprio perché devono difendere migliaia di Dravaki non credi che turni così lunghi, nell’unico posto della città dove non c’è molto movimento, possano tediare i soldati, alla lunga?”
    Runa fissò Saryskha negli occhi nocciola riflettendo sulle sue parole.

    “Accorcerò i turni di guardia ai cancelli del palazzo reale.”
    Rispose alla fine distogliendo lo sguardo. Gliela aveva data vinta.
    “Sono sicura che i tuoi soldati apprezzeranno.”
    Rispose Saryskha sorridendo dolcemente, un sorriso così bello Runa non lo aveva mai visto; e probabilmente era una delle tante cose che l’aveva fatta innamorare della ragazza.
    La lunga e sinuosa coda della giovane dai corti e selvaggi capelli ebano si strinse delicatamente al polso dell’altra.
    “La mia regina vuole stendersi accanto a me?”

    La ragazza sorrise ancora più dolcemente.
    “Volevo finire di leggere i mille racconti di Brasar”
    Disse, voltandosi leggermente ad osservare la copertina bluastra del libro abbandonato sul basso tavolino
    “Ma non è una raccolta di racconti erotici?!”
    Chiese Runa sorpresa.
    La regina ridacchiò sommessamente mentre si lasciava guidare sul letto dalla coda della compagna.

    ringrazio per l'aiuto Andysky21, InKubus e KungFuTzo


    Edited by RàpsøÐy - 31/12/2017, 15:03
  6. .
    ATTENZIONE: Le candidature sono ufficialmente chiuse, chi si è proposto a breve verrà contattato per essere colloquiato, buona fortuna a tutti voi!
  7. .
    Chi si reca al Castello della Rotta (Moncalieri, Torino) cammina inconsapevolmente su quello che è stato un campo di molte battaglie, una delle quali gli avrebbe fatto meritare il nome Rotta, che significa per l'appunto sconfitta. Questo castello, che già porta un infausto nome di sventura, è divenuto celebre per una grande quantità di foto di spettri che hanno colorato la cronaca negli ultimi tempi.

    Qui si svolsero moltissimi scontri armati con conseguenti morti violente: non solo il campo è intriso del sangue dei soldati, ma in esso furono sepolti molti uomini, tra i quali la figura di un cavaliere ancora con il suo cavallo e con una croce di ferro al collo.

    Quando questo soldato emerse dal terreno, colpì molti animi perché da sempre si narrava di un fantasma di un cavaliere a cavallo vagante per il maniero, con la stessa croce di ferro al collo; fatto non solo dichiarato da testimonianze oculari di residenti, ma anche da documenti del passato, che hanno sempre attribuito alla Rocca la fama di castello più infestato d'Italia.

    Del fantasma a cavallo si sentirebbe risuonare il rumore degli zoccoli nelle stanze interne come nel racconto La maschera della Morte Rossa scritto da Edgar Allan Poe, in cui si narra di un gruppo di nobili che per sfuggire alla peste (trama analoga alla cornice del Decameron di Boccaccio) si rinchiude tra le mura della rocca a passare le giornate in festa, fino a che uno strano individuo mascherato si imbuca, interrompendo musica e danze e terrorizzando gli invitati destinati alla morte rossa.

    Egli non sarebbe stato "avvistato" da solo, ma affiancato da altri spettri che ogni anno, nella notte tra il 12 e il 13 giugno, marcerebbero in processione intorno al castello. Ognuno con la propria storia terribile: c'è il sacerdote murato vivo per i terribili crimini commessi; il ragazzino travolto da cavalli imbizzarriti; la sua nutrice disperata per averlo perso; il decapitato che vagherebbe ancora nel cortile con la testa sottobraccio.

    Una donna suicida lascerebbe invece profumi di rose e gigli. E soldati, tanti soldati in marcia verso eterne battaglie ancora da compiersi.

    Il corteo di spettri è qualcosa di terribile che esiste fin dall'XI secolo grazie alla narrazione della Banda Hellequin, anime sofferenti che patiscono le punizioni dei peccati in terra, narra del monaco Orderic Vital.

    Anche nella Storia Ecclesiastica si parla del corteo Hellequin, uomini torturati da demoni ognuno per un'efferatezza compiuta in vita, come lo stupratore obbligato a cavalcare un animale su una sella piena di chiodi.

    Ne abbiamo un'idea nel quadro di Hieronymus Bosch in cui alcuni prelati supplicano di essere aiutati a fuggire, possibilità ottenibile solo grazie ad azioni riparatrici dei parenti rimasti in terra, e unico modo per rompere le catene di questi poveri fantasmi destinati a vagare per l'eternità.



    CITAZIONE
    castello_della_Rotta__2
    castello della Rotta

    FONTE
    Mistero Magazine Marzo 2017


    Edited by Silent Shadow - 3/3/2017, 14:01
  8. .
    "Impara che sono fatto interamente di morte, dalla testa ai piedi, che è un cadavere quello che ti ama, ti adora e non ti lascerà mai, mai più"

    Mette i brividi questa celebre frase tratta dal musical de "Il fantasma dell'opera"; il romanzo di Gaston Lerox, scritto nel 1910 e ambientato nel Teatro dell'Opera di Parigi. Parla di Erik, il fantasma dal volto sfigurato, precursore dell'Uomo Ombra per la capacità di apparire e scomparire tra le botole e gli angoli delle scenografie. Un'entità tra l'etereo e il reale, al punto da sembrare un uomo in carne ed ossa.
    Nato con il viso sfigurato, trascorre l'intera esistenza con una maschera sul volto, rendendosi così ancora più mostruoso. Un essere indefinito che ama la bella Christine, e come un novello Cyrano de Bergerac, nonostante il suo aspetto, tenterà di conquistarla.

    Sembrerà assurdo, eppure il Fantasma dell'Opera esiste, e si trova in Italia nel Teatro Carlo Felice di Genova, forse oggetto di ispirazione di Leroux, anche se le parti sono ribaltate. Qui lo spettro è quello di una bellissima donna, Leila Carbone, figlia di un liutaio. Fu proprio la sua bellezza a condannarla: nel Cinquecento un ricco giovane si innamorò di lei, ma non essendo nobile, la ragazza non venne accettata dalla famiglia del ragazzo.

    Per contrastare il loro amore, la madre diffuse la voce che la povera Leila raggirava suo figlio con la magia, accusandola di stregoneria. E dato che a Genova erano esperti in materia (si era in piena Inquisizione), e la famiglia del ragazzo era molto importante, la arrestarono. Tenuta in catene nelle segrete del monastero di San Domenico, morì per il terrore prima ancora di subire la tortura, rimanendo sepolta nelle segrete.

    Ma perché il suo spirito si troverebbe dunque in teatro?

    Questo edificio prima era la chiesa di San Domenico, sede dell'Inquisizione. Il processo più importante che lo riguarda fu quello relativo alle streghe di Triora, nel cui paese una targa ricorda ancora oggi le donne uccise con l'accusa di stregoneria.

    Il teatro fu costruito nel 1797 al posto della chiesa, che negli anni veniva impiegata come prigione. Forse lo spirito di Leila fu risvegliato della musica delle serate mondane, solleticando antichi ricordi del padre liutaio e della sua infanzia. La prima apparizione avvenne nel 1851 di fronte alla soprano Sophie Crüwell, che era anche una medium, e spesso si faceva notare per qualche follia teatrale.
    Chi ha visto visto il fantasma di Leila racconta che si annuncia con un profumo di rose, forse l'ultimo gesto d'amore prima della morte, quel dolce regalo del suo amato, spine che poi la crocifissero.

    Altri affermano di aver sentito il suono di un liuto senza capirne la provenienza. Appare e scompare come il Fantasma dell'Opera di Leroux, questa donna dal pallido volto e dal profumo soave, muovendosi attraverso corridoi come un'eterna, giovane fanciulla che vive sempre lo stesso giorno.


    CITAZIONE
    Teatro_Carlo_Felice_di_Genova
    Teatro Carlo Felice di Genova

    FONTE
    Mistero Magazine Marzo 2017


    Edited by Silent Shadow - 1/3/2017, 18:44
  9. .
    La scorsa notte intorno all'una, mia moglie e mia figlia si stavano dirigendo verso la mia auto dopo una festa da suo fratello. Mio cognato vive in un quartiere un po' strano e ogni volta che ci andiamo facciamo attenzione a ciò che abbiamo intorno. Mentre mi stavo accomodando al lato guida, notai un giovane di colore che mi fissava. Lo guardai a mia volta e gli feci un segno con la testa, ma se ne stava lì, mi guardava.

    Non ero tranquillo ma il mio istinto paterno prese il sopravento mentre gonfiavo il petto e tentavo di assumere un'aria fintamente minacciosa, tipo "Fatti sotto, amico". Il tipo alzò la mano puntando il dito contro di me con fare minaccioso, poi iniziò a correre. Non avevo mai visto nessuno correre così veloce. E mentre avevo l'impressione che le dimensioni del mio pene fossero aumentate di qualche centimetro in ricompensa per essere stato un duro, ero abbastanza sicuro di me d'accomodarmi dentro l'auto, ma non prima d'urtare leggermente la fottuta cassetta delle lettere in metallo. Sono partito comunque, pensando che avrei riferito l'accaduto al mio cognato una volta rientrati a casa.

    Ci fermammo al negozio per del latte, qualche snack Slim Jim (ovviamente) e altre cose. Mentre mia moglie faceva la spesa, io restai in macchina con nostra figlia. Quando è tornata, le ho aperto il portabagagli in modo che potesse appoggiare gli acquisti. Dopo averlo chiuso ed essere salita in macchina iniziai a lasciare il parcheggio. Allora notai che c'erano delle impronte di una mano sul lunotto posteriore. Le chiesi, un po' inquieto, perché avesse chiuso il portabagagli appoggiandosi al lunotto posteriore. Disse che non era stata lei. Arrivati a casa entrambi notammo che le impronte appartenevano a dita lunghe e sottili di qualcuno che guardava fuori dal lunotto, appoggiandosi ad esso. Controllammo gli altri finestrini e trovammo delle impronte persino sul lato del conducente.

    Chiamai subito mio cognato e gli dissi che lo stronzo incontrato in precedenza doveva essersi messo a guardare nella mia macchina. Questo spiegava perché mi stesse fissando. Il fratello di mia moglie mi disse che avrebbe gettato uno sguardo alla sua macchina e avrebbe chiamato la polizia per ispezionare l'area. Mia moglie, mia figlia ed io eravamo piuttosto stanchi, così abbiamo spento i nostri telefoni e siamo andati subito a dormire.

    Questa mattina, al nostro risveglio, mia moglie ed io abbiamo trovato più di trenta chiamate perse, tutte dalla moglie di mio cognato. L'ho richiamata ed era isterica. Compresi che avevano forzato e vandalizato la sua macchina. Mi sono sentito subito in colpa. Non avrei dovuto guardare il tipo come avevo fatto. Pensai che doveva essere una sorta di vendetta. Poi mia cognata ha iniziato a divagare su qualcosa che era stato fatto a pezzi.
    A quanto pare era la figlia dei loro vicini. Il suo "corpo" era stato trovato proprio accanto alla casa di mio cognato, tra la sua e quella della vittima. Sembra che la povera ragazza fosse sgattaiolata fuori da casa sua per un'uscita e stava tentando di rientrare quando qualcuno, o qualcosa, l'afferrò per mutilarla a morte. Era stata sventrata e le avevano strappato due arti. Per il momento, non hanno ancora trovato la sua mano destra.

    Mi si è rivoltato lo stomaco alla notizia. Il ragazzo non stava fissando me. Guardava dietro di me, pietrificato, vedendo quello che stava uccidendo la giovane nel buio. Non mi stava puntando il dito contro, stava indicando quello che c'era dietro di me.

    La polizia ha appena lasciato casa mia. Stavano cercando informazioni circa l'uomo che ho visto. A quanto pare pensano che sia un testimone o un probabile sospetto. Ho detto loro che non penso che fosse l'assassino, ma non vogliono scartare nessuna ipotesi. Hanno anche preso le impronte digitali e le misure dal finestrino della macchina. Data la lunghezza e la sottigliezza delle tracce pensano che non siano quelle del killer, sembravano femminili.

    Se il fatto che questo maniaco, questa cosa, ha trascinato la mano della ragazza morta lungo la mia auto mentre mi stava guardando dal lunotto posteriore non è sufficiente a farmi storcere lo stomaco, mi hanno appena comunicato che la targa della mia macchina è stata staccata dal paraurti. A quanto pare non avevo urtato la casetta delle lettere.



    Edited by Rory - 18/1/2017, 22:53
  10. .
    ah, il "famoso", benvenuto, come per gli altri vale anche per te il: rispetta la legge suprema del forum o ti frusto (come ovviamente sa bene kage... u.u)
  11. .
    Requisiti necessari per giocare:
    - deve essere un qualsiasi venerdì 13;
    - devono essere le 23:13;
    - uno specchio;
    - una candela.
    Regole del gioco:

    Spegnete tutte le luci, prendete la vostra candela spenta, e posizionatevi davanti allo specchio. Aspettate quindi le 23:13 continuando a fissare lo specchio. NON distogliete lo sguardo nel gioco, potrebbe essere fatale. All’arrivo dell’ora accendete la candela e dite le parole: THELO̱ NA PAIXO̱.
    Sentirete un freddo dietro le spalle, potrete intravedere qualcosa dietro le vostre spalle nello specchio, ma non succede a tutti.
    Se non vedete niente, beh il gioco non fa per voi, andate a dormire, non succederà niente.
    In caso vedete qualcosa dovete chiudere gli occhi finché la sensazione di freddo non svanirà. A questo punto quando riaprirete gli occhi dovrete spegnere la candela.
    Andare a dormire, se sognate una persona che rompe uno specchio avete perso, altrimenti se sognate qualcos’altro avete vinto. In caso di perdita qualche persona cara morirà nei prossimi dieci giorni.

    FONTE:
    Anni fa, su un sito ormai morto che aveva come tema i videogiochi, conobbi un ragazzo che come me aveva la passione per la forma di intrattenimento videoludico.
    Una sera parlando di videogiochi horror venne fuori l'argomento rituali/giochi creepy e me ne scrisse alcuni, li trascrissi su alcuni foglietti (non conoscevo ancora la funzione copia/incolla era da poco tempo che possedevo un pc).
    Dopo tanto tempo li ho ritrovati e ve li propongo, buon gioco!


    Edited by Rory - 5/1/2017, 11:23
  12. .
    Ogni notte, a mezzanotte e diciassette minuti, hai l’opportunità di risvegliare un’anima alternativa. Il mezzo più comune per vederne una?
    Attraverso uno specchio.

    Il modus operandi per chiamare l’anima è il seguente:

    comincia il tutto esattamente a mezzanotte. Con a disposizione un’unica fonte di luce, ovvero una candela, dovrai stare in piedi di fronte allo specchio scelto. Per dieci minuti dovrai rimanere in silenzio, concentrato unicamente sulla tua immagine riflessa. Non staccare lo sguardo dagli occhi nel riflesso; sarebbe interpretato come gesto di debolezza.

    Una volta trascorsi dieci secondi dopo tale procedimento, dovrai tracciare con del sangue una linea parallela agli occhi del riflesso. Facendo ciò, quest’ultimo perderà la capacità di vedere, così potrai notare i tuoi dettagli nello specchio sbiadirsi lentamente.
    Lentamente, gradualmente, questi ultimi muteranno in una creatura spaventosa, fuori dalla comprensione di chi non ha vissuto tale esperienza. Non dovrai distogliere lo sguardo durante tale mutazione.

    Presto gli inquietanti movimenti del riflesso finiranno. Da questo momento un rumore inumano ed echeggiante risuonerà intorno a te, potrai vedere la creatura avvicinarsi allo specchio. Dovrai continuare a guardarla avvicinarsi.
    Se non spegni la candela esattamente a mezzanotte e diciassette minuti la creatura uscirà dallo specchio.

    Un avvertimento, nel caso dovessi riuscire col rituale; attraverso una qualsiasi superficie levigata, che sia uno specchio oppure un vetro, il tuo riflesso sarà sempre lì a guardarti.

    FONTE:
    Anni fa, su un sito ormai morto che aveva come tema i videogiochi, conobbi un ragazzo che come me aveva la passione per la forma di intrattenimento videoludica.
    Una sera parlando di videogiochi horror venne fuori l'argomento rituali/giochi creepy e me ne scrisse alcuni, li trascrissi su alcuni foglietti (non conoscevo ancora la funzione copia/incolla era da poco tempo che possedevo un pc).
    Dopo tanto tempo li ho ritrovati e ve li propongo, buon gioco!


    Edited by Silent Shadow - 2/1/2017, 10:56
  13. .
    Raccomandazioni:
    1)Giocare solo se si è bravi con gli scacchi;

    2)Non barare per nessun motivo.
    Regole:

    1)Si deve essere soli mentre si gioca;

    2)Le regole del gioco sono uguali a quelle degli scacchi.
    Necessario:

    -Una scacchiera e i pezzi (preferibilmente in legno e ben lavorati, ma vanno bene anche in plastica);
    Per cominciare a giocare deve essere esattamente mezzanotte (ora del luogo del mondo dove vi trovate) e dovete essere soli, seduti davanti ad un tavolo con una sedia dalla parte opposta, in una stanza con una luce accesa. Il tavolo deve essere vuoto ad eccezione della scacchiera, che deve essere già sistemata e posizionata in modo che i bianchi siano rivolti verso la sedia vuota.

    Da questo momento inizia il gioco:

    Esattamente a mezzanotte comparirà davanti a voi un essere completamente nero con sembianze umane (chiamato checkmate man), che vi chiederà se volete sfidarlo. Se risponderete di no lui scomparirà, se risponderete di sì lui muoverà di due caselle il primo pedone sulla sinistra e così darà inizio alla partita. Il checkmate man è un giocatore esperto e vi darà molto filo da torcere. Una cosa da evitare è barare, si accorge sempre quando l’avversario bara. Se lo farete si dichiarerà vincitore e sparirà, portando con sé i vostri occhi.

    Se riuscirete a sconfiggerlo, lui vi chiederà la cosa che più volete e ve la darà. Se perderete non ci sarà alcuna conseguenza negativa per voi, ma per ogni pezzo che perderete (sia che vinciate, sia che perdiate), morirà una persona intorno a voi, la cui importanza è pari al valore del pezzo che avete perso (in caso di sconfitta sarà come se aveste perso tutti i pezzi). Se affronterete il checkmate man e perderete, la mattina dopo non vi ricorderete di aver giocato contro di lui, ma vi sembrerà di non averlo mai incontrato e di averlo aspettato a vuoto.

    Il checkmate man si può affrontare solo una volta nella vita.

    Secondo alcune versioni il checkmate man scomparirà cinque ore dopo l’inizio del gioco e dichiarerà vincitore chi avrà sottratto più pezzi all’avversario, quindi un modo per ingannarlo, sarebbe di mangiargli un pezzo qualsiasi (stando attenti che lui non faccia altrettanto) e aspettare la fine delle 5 ore senza muovere più.

    Secondo altre versioni, il checkmate man vi toglierà una parte del corpo per ogni pezzo che perderete.
    E se farà scacco matto, beh…
    Vi toglierà la vita.


    FONTE:
    Anni fa, su un sito ormai morto che aveva come tema i videogiochi, conobbi un ragazzo che come me aveva la passione per la forma di intrattenimento videoludica.
    Una sera parlando di videogiochi horror venne fuori l'argomento rituali/giochi creepy e me ne scrisse alcuni, li trascrissi su alcuni foglietti (non conoscevo ancora la funzione copia/incolla era da poco tempo che possedevo un pc).
    Dopo tanto tempo li ho ritrovati e ve li propongo, buon gioco!


    Edited by ´ kagerou. - 7/1/2017, 17:02
  14. .
    Come vedere un fantasma?

    "Come vedere un fantasma?" è un gioco o rituale spaventoso del Giappone, che ti può permettere di vedere degli spiriti reali. Puoi giocare da solo e scoprire se hai la capacità di vedere i morti. Non riteneremi responsabile se scopri che la tua casa è infestata.

    Come vedere un fantasma? - Istruzioni:

    Fase 1: devi essere da solo in casa. Trova una stanza tranquilla. Puoi sederti su una sedia o sdraiarti sul letto.

    Passo 2: chiudi gli occhi e visualizza la tua casa.

    Fase 3: immagina di trovarti al di fuori dalla porta principale. Apri la porta ed entra in casa.

    Fase 4: percorri la casa in senso orario e apri le finestre una per una.

    Fase 5: ora torna indietro sui tuoi passi in senso antiorario, chiudendo tutte le finestre, una per una.

    Passo 6: esci dalla casa attraverso la porta d'ingresso, quindi apri gli occhi.

    Non leggere ciò che segue se non hai completato la procedura descritta sopra.
    Ora ecco la domanda:
    mentre percorrevi la casa nella tua immaginazione, hai notato una strana figura che si nascondeva in alcune stanze?

    Questa strana figura che hai visto era un fantasma...



    Edited by Silent Shadow - 26/12/2016, 10:54
  15. .
    Non ci sono altre parole per descrivere ciò che ho visto: sono davvero all'inferno.

    In realtà non so perché... Infine, non vedo alcuna ragione che spiegherebbe la mia presenza qui. Non conosco nessun luogo del pianeta che gli assomiglia. L'inferno, o almeno la parte dell'Inferno dove mi trovo, non è assolutamente come lo si potrebbe immaginare. Questa non è una grotta piena di fuoco e fiamme e demoni rossi che mi tormentano.

    Invece, vi è solo un grande deserto, vuoto. Non c'è nessuno qui, a parte me. Ora voi penserete che non è così male, dopo tutto. Potrebbe essere peggio. Ma, che ci crediate o no, lo è. Anche se sono all'inferno, ho sempre fame. Questa deve essere la mia punizione. Sono perennemente affamato. E non c'è niente da mangiare in questo deserto. Nulla, se non un animale. E questo mi prende in giro, come se sapesse della mia fame insaziabile. Ovviamente, cerco di prenderlo per nutrirmi. È a quel punto che la situazione peggiora.

    Visto che questo è l'inferno, l'animale non può essere catturato. Ogni volta che ci provo, ogni volta che sono sul punto di catturarlo o ucciderlo, questo miracolosamente riusce a fuggire. Dunque, è questo il mio destino. Una fame eterna, il cibo a portata di mano, ma inaccessibile.

    A volte divento creativo, per testare nuove idee per catturare la mia preda, sperando che sia la volta buona. C'è una sorta d'invisibile presenza qui che mi dà nuovi strumenti per aiutarmi, ma non è per gentilezza o compassione, solo per il piacere di vedermi fallire nuovamente. Per darmi un barlume di speranza. Dopo tutto, ero certo di non poter mai acciuffare quel maledetto animale, non ho mai sofferto tanto, non è vero?

    Altre volte, decido di non sottostare al gioco dei miei aguzzini. Rifiuto questa caccia inutile e cerco di trovare un altro modo per passare il tempo. Ma la fame non cessa mai, ed è una questione di tempo prima che riprendo la caccia.

    E se non è la fame ad obbligarmi, lo fa la noia. Ed è tutta la bellezza dell'inferno, potrei fermare questa tortura se lo volessi, ma quando lo faccio, non c'è letteralmente niente altro da fare.
    La noia o un atto inutile perpetuato. Questo è l'inferno.

    Posso solo sperare che quando riuscirò a prendere quell'animale, il sapore di BEEP BEEP ne sarà valsa la pena.




    Edited by WDR - 15/11/2016, 11:17
62 replies since 10/1/2012
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