Votes given by Markrath

  1. .
    Pfff, ratto, non ti facevo così witty :woot:
    Il moderatore............. si occupa di non far litigare la gente nel Forum, no? Fa tipo l'arbitro :poop: Pfff ma che ne sai tu :*
    L'amministratore invece... uh! :P Lui prende le scartoffie, le cose per tenerlo legale, bello in linea con ForumCommunity ovvio, sono i nostri amati amici sensazionali eccezionali pazzeschi burocrati :silly:
    Il Supervisore è tipo l'Arbitro degli arbitri, che vede che fanno gli staffer, è tipo una Corte costituzionale...prrrrrrr.................... ma che ne sanno i 2002? XD XD XD

    Scacco matto!!!!! :pizsuka:

    Perdona la tristezza
    Quanto c'è di vero in tutto questo??.... :((( , perché non provi ad informarti e dirci com'è andata????????????????????????????????
  2. .
    Grazie e seguiro il tuo consiglio di non fidarmi troppo di markrath :rath:

    Edited by Hexore Majority - 28/8/2020, 18:56
  3. .
    [Info Contestuali
    Tramonta l'estate 2019. C'è stato l'EstaContest, lo shitpost di Rory (su Gigi d'Al) si aggiudica il primo posto con infiniti punti e per un momento, e per errore, lo Smistamento è stato reso accessibile.
    Viene aggiunta una nuova emoticon, quella di Gigi; costui diventa il nuovo tormentoncino del Foro. Ai tempi ero uno Staffer.

    Questo racconto - 'na stronzata colossale - è un'indiretta continuazione di Insuposo.exe. Alcuni tra i dialoghi sono stati scritti, sotto mia richiesta, dagli utenti stessi: Markrath, Tacet e Dama. Erano naturalmente ignari del contesto.

    ATTENZIONE: Per una corretta fruizione del prodotto, UNA VOLTA APERTO UNO SPOILER è opportuno RICHIUDERLO, così da non veder già aperti gli altri.]



    Parzialmente nuvoloso, diceva l'uomo del meteo. Una voce robotica, lontana.
    Il tassista cambiò canale.
    Era la realtà. In quel momento, realtà significava polso destro. Aveva uno strano aspetto - uno che avevo imparato a conoscere bene. Era l'aspetto della "necessità". Il quadrante figurava le 2:47.
    Ero stanca. Non connettevo.
    Era una di quelle notti in cui non sai bene cosa stai facendo. Una di quelle notti in cui l'orgoglio lo lasci assopito, e desideri che qualunque cosa ti trascini via - ovunque, purché via e al contempo innanzi a te.
    Quella notte, mi capitò di spiegare anche al tassista, quel "qualunque cosa" era il CPF.

    Lui mi lasciò a debita distanza dal luogo effettivo.


    Io sistemavo la borsa, il fumo della sigaretta tenuta tra le labbra mi faceva lacrimare gli occhi. La tenni stretta tra l'indice e il medio, ciccai sul marciapiede e mi misi in ginocchio. Cercavo l'indirizzo, che avevo dimenticato.
    Il telefono era completamente scarico. Il gelo mi si annidava tra le dita sonnambule, agenti per una qualche sorta di legge meccanica dentro la mia testa.
    La mia testa... da due anni, contorta dagli incubi. Era la realtà. In ogni momento, dappertutto, realtà significava Markrath. Aveva l'aspetto della "necessità".

    So dove puoi trovare quel che cercavi. È tutto qua dentro: devi solo cliccare. :rath:



    Concessi alla lacrima una fredda morte sul mio viso, lasciandola scendere fino alla fine. Tirai su col naso per ricacciare il muco, gettai la sigaretta, buttai l'occhio sull'orologio. Le 2:49.
    Dovevo sbrigarmi.

    Credevo che il CPF fosse un Forum, di quelli su Internet. Dovetti scavare molto più a fondo per setacciare dalla superficie le pepite della verità; dalla ricerca, notte e giorno, ottenni solo residui granellosi - che mi avevano condotto qui, in una sconosciuta periferia di Napoli.
    CPF significava controllo mentale. Una Fabbrica di colori maligni, di sospetto, di dolore. Aveva rovinato la vita a molti, gente capitata nella mia stessa situazione. Nessuno di loro aveva avuto il coraggio di scoprire cosa fosse loro successo.
    Dicono che l'effetto che mi capitò dopo l'esperienza traumatica nel M̷̡̝͇̋O̵͇͑ͅN̷̼̖̆̓D̷̢͌̂̓Ō̶̲̗ ̸͙̆B̴̯̲̹̏̅ͅỦ̶͈̓̈́ͅO̸̗̻̾̌͒͛Ǹ̵̦͚O̵̯͎̓̀̕͠ sia stato estremamente propedeutico alla mia crescita.
    Di solito, nei soggetti condannati dalla loro curiosità, presso il CPF non avevano ricevuto niente in cambio se non occasioni involutive di natura estremamente dannosa, irresistibile. L'assenza di materia grigia presso il mio cervello, invece, ha contribuito all'inversione totale del processo delirogeno, o quantomeno del suo annullamento.
    Eccomi; sto camminando per davvero. Sto davvero raggiungendo il CPF. Il mio cuore mi suggerisce che c'è qualcosa di nuovo da trovare. Una nuova forma di discordia.

    C'era questa nenia che tremolava attorno alle frasche - la stessa che faceva danzare le mosche attorno ai lampioni a forma di scodella, sospesi in mezzo alla strada. La stessa che mi faceva vibrare dalla testa ai piedi, colta dalla nausea.
    Sembrava un rituale. Un rituale di Staffer, canti... canti malvagi, melodie lungo il tessuto dell'aria come il sangue stesso che sgorga dal CPF, prodotto perfetto dell'essenza maligna che aveva completamente dissestato il florido terreno di felicità, dialogo e cultura che era quel posto.
    Musica che ricordava Let It Be, canzone d'amore, speranza, concordia. Era davvero questa la capacità di pervertimento del CPF. Conoscevo, per testimonianze auricolari, l'incredibile infondatezza logica dei riti del Foro. Solo Dio sapeva chi, o cosa, stesse controllando quel posto, cosa ne stesse determinando la musica.
    Il suono correva in me, ovattato dalla stessa atmosfera terrestre per autodifesa. Si sentivano risate lontane. Stavano facendo festa.

    Non puoi fermare Insuposo.exe! Nessuno può! Io rinascerò...



    Il CPF significava controllo mentale. Significava, forse, anche la mia fine. La fine che ho rimandato sconfiggendo Rosita. Una fine che... non poteva essere fermata.
    Raccolsi l'indirizzo, lo rigirai tra le dita, studiandolo. Sapevo dove andare. Raccolsi anche la torcia. Dovevo porre fine all'incubo. Cominciai ad incamminarmi.

    gesù cri'...

    Cacciai dalla mente con una veloce scrollata di capo quella tremenda voce nella mia testa. Tenni la torcia nella bocca, le mie mani cercavano ciecamente tra le tasche della borsa, una sciarpa, mi serviva. Faceva freddo. Ero fuori dalla strada, ormai. Vicino c'è un paese.

    salva sti criaturi
    a sti mamme...


    Il luogo non doveva essere così lontano.

    d̷a̷c̴c̷e̸ ̷t̴u̶ ̴'̴n̷a̴ ̶m̸a̷n̴o̵.̴.̸.̵

    Via... via dalla mia testa. Via ho detto... le mie orecchie stavano friggendo, il cervello dentro vibrava. Fui costretta a fermarmi.

    Sta furnenn’ u monn’
    e nisciunu ancora po’ capì
    dacce tu na voce


    Non capisco... cosa...? Che... riti stanno... facendo... barcollo all'indietro, non mi tengo in piedi.



    S̷̨͍͔̥̟̙̩̙͚̀̆̐tappac' ̷̼̍̀͗̋'̷̤̞̰̼̺̈́́͘ö̷̯͍͚̎̈͆̽͛́̈̚͝ ̶̭̺͍̇́͆̈̏̈́̿͝ṣ̷̽p̸̥͗̀̒̎̋͠ų̴̰̱͖̟̻̥̲́̕ͅͅm̴̡͇̱͚̭͚̟̟̤͉͛̎̓a̴̼͋nt

    Mi tenni le tempie ben strette... mi sembrava che potessero staccarsi,
    come fossero adesivi... BASTA, VIA! ANDATE VIA! BASTA!
    VIA!


    T̶̨̛͔͔͓͚̖̱̼̭̯̜̗̺̙̹̺̟̭͓̲͉̳̺̥̙̬̒̈́̈̆̽̈́́̅̾̈́͛̽͑̄̈́̀̉͒̽̋̐͘̕̚͘͝͝͝Ơ̶̧̢̢̛̦͖̫̳̺̬̯̞̳̙͙͙̝̪̘̭̖̦̬͖̼̅̈́̊͛́̉̏̂͊̾̓̇͂͗́́̅̏̏̚̕͜͜ͅŖ̵̢̧̢̨̛̛̠̖̲̲̺̼̮̱͚̼͉̺͍̱̖̖͎͖̺̹̜̠̙̣̙̱̜͆̂̇͂̓́̍͛̿́͆̑̀̏̽̂͋̈́̃̆̌̿͗͛̔̋̋̾̇͛̐̉̾̎̎̓̍͌͌̇̀̔̄̾̓̽̑̒̎̈̏͌̽̂͊͘̚͘͘͜͜͝͠͠ͅN̸͚̪̲͎̙͇̪̻̗̯͉̜̺̥̐̈́̅̍̚͜Â̷̡̞̼̫̻̪͓͕̭̼̝̫͕̦͇͍̟̘̫͔͇̩̝̥̳̣̬͉̱̗̂͑͐̓̉̆̌̈́͌̃̌͂͑̋̽́̐̎̓̿̇̏̇̀̊͒̆͆̄̉̄̈́̃̋͋̉̈́͗̿̔̓̄̃̓̈́̕̚͜͝͝͝ͅ ̵̢̧̡̢̢̨̛̛̛̩̜̦̥͉̹̬͕̣̭̟̻̝̞̲̦̜̙̖̺͔͖̖̟̪̩̱̯͖̐̆̐́̒̓̑́̓̋̌̾͛̎̈́̄̓̍͋̿̋̈́̒͛́̄͋̔̈̎̈́̔̀͛͌͊́͛̋͌͌̈͋̂̐̍̀̒̍̔͆̕̕̚͜͝͝͝ͅͅ'̵͉͈͉͎͉̤̗͙̦̘̤̫͓̝̩̪͎̟̟̭̝̰͚̻̺̜̤͇͖̱̊̿̓̎̀̌͐̅̆̑̕͠ͅͅN̵̢̡̧̧̨̳͖̯͎̹̬͍̼͕͇͚̫͙̟͖͚̝͎̮̾͗͋̓͌̃͌́͑̎̎̃̾͊́̏͌̿͂̀́͐͑̈́̽'̶̛͍͇͈̱̯̲̥̬̲̑͊͌̓̅̽͑́̇̽̀̌͆̓̌̊̋̉͆̅͗͑̒̑̈́͌̃̀͊̈̓͊̂́̍͑̏͑́̈́̊͐̌̀̀̄̏̂́̚͜͜͝͝͠͝͠Ā̷̧̧̛͈̪͍̳̥̯̼̺̮͙͕̩͍̤͔̹̙̲̬̗̝̮͕̻̝̬̪̻́̋̓͂͊̈́̑̆̈́̈́̅̔̈́̀̋̑̿̔͑͋̀̀̑̂̈́̋͊̉͌̎͐̃͘͜͜͠͝ͅT̴̢̢̢̢̡̨̨͎͙̗̩͎͎̝͚͖̙̮̝̪̣͇̙̠͔̬̲̬̠̦͎̲̲̼̹͍̟̠͓͖̝̲̰̠̭͉̖̣͚̼̹̰̳͖̳̰̱̭̟͉̠̫̩̟̼͇͖̈́̀̂͋̿͒̃̂͊͊̈̿̋̋͋̊̆̑̽̈́̔̀̈́̐͗̉̀͂̆̓̉́̀̈́̆̔͗̏̅͌͆͒̿̿̓̅̕̚̕͝͠͝͝ͅR̷̢̨̧̨̢̡̛̺̻̲͕͚̮̫̭͓̪̬͇̜̩̬̦̮͉̟̘͈̙̼̭͓̖̘̜̱̙̟̳͙̓̋̏̓̓̐̈́͌͌̀̅̆͂̽̑͐̾̍͊̏̈́̔̈́̿̌̀̀͛̒͒͂̑̇̾͐̆̈́̕͜͜͠͠͝͝͠ͅͅĄ̶̛̛̻͍̻̣̘̖͚͕͔̟͍̝͓̮̹̳̱͎̥͎̺̍́̎̅̈́́̃̾̿́͂̈́͌̑͗͂̌̎̓̓̃̊̐̈́͑͌̃̆͂͆̒͋͛͆͐̇̏̈́̑̑͑̓̍͒͐̽̄́̄͂̃́͊̕̕̚̕̕͘̚͠͝͝͠͠ͅͅ ̵̨̧̡̛̮̫̪̖̥̭̤̮͚̗̜͕̤͍̜̜̫̝̮̩͉̞̫̥̠͇̆̍̑̒̽͒̈̑̔̀͌̃̓̉̈́̏͋̓̉͑̍̇͆͂͌̀̆̈͂́͋͗̀͘̚͘͘͝͠͠͝͠͝ͅV̵̡̡̡̡̡̛̛͖̮͉͖̯̩̙̤͇̬̰͚͖̟̣̩͇͇̠̰͇̺̝̖̭̖͎͍͙̯̼͚̝̺̺̳̣͓̼̩͙͔̜̺̞̹́̆̈́̀̈̓̾͑͐̌͒̾͆̇̇͒͒͂̏̽̐̆͌̄͐̋̑̑̽̌͗͊͌̀͆̈́̎̊̀̓̋̑̎̈̔͜͜͜͜͜͜͝͝͠͠ͅO̷̡̢̡̨̧̨̧̨̢̡̢̡̡̩̲̬̜̙̻̲͓͔͈̣̠̼̩̟̺͕̭̮̤̪̙̬̬̺͚̯̲̠̼̳̤̹͖̘̜͉̝̣͕̲͕̜̜̙̱̯̲̼͖̎̿́͛̓̅̀͆͘͘͜͜͠͝͝L̸̢̨̨̙͚̱͙̪̯̝̝̺̞̻͈̰̮̦͎͍̳̰͙̗̮͉̭͈̣͎͍̠̠̬̼̖̖̺͉̰̪̠̣͈̠̼͕͖̖̏̒̐̽͗͆̽͑͆͌̆͑̓̾̆͂̋̈́̌͒̈̓́́̈̍͋̃̍̆̔̈́͘̚̚͜͜͝͝͝͠͝ͅT̵̡̧̧̛̛̥̗̺̤͖̳̯͖̭͕͔͍̟̝͎̹̼̱̼̝̯̲̤̤͂͊̊̈́̋̆͌̈́̆͗̏̄͂͗́̐͋͋͐̒̓̋̍͐̒̓̈́̐͗̆͐̎̎́̽͗̈̾̾͊́̂̔͋̓͌̊̚͘̕͘̕͜͝͠͝͝ͅͅÄ̵̧̛̩̘̻̜̝̝̠̼͎̙͇̙͈̬̰̜̞̩̳̥̌̑̈́̅͆̎͗̈́̇̿̐̂́̑̌͗̕͝͠ ̷̧̨̢͓̺̞̤̯̦̘̰͔̦͉͍͎̘̦̗͔̜̟̜͚̼̥̱͓̪̤̞̫̝̠̙͔͓̻̓̔͑̀͛̑͊̆͊̏̒͗̓́̀̌̎͋̌̅̾̒͌̾͌̈̈́̂͌́̀̎̅̆͗̀͐́̈́̍̂̈́̋́̚̕̚̚͘͘̚̕̚͜͜͠͠͝ͅG̸̢̧̡̡̨̡͍̳̗̙̯̪̲̥͈̰̦͚̣͔̣͔͈̖̪̝̤̙̭̲̪̙̲͔̮͚̣̝̝̼̠̜͓̜̯̯͖̪̩̗̲͓̟͔̜͈̞̹̻̯̩̞͖̰̲͒̈́̀̌́͝ͅͅͅE̶̢̢̞͈̱̥͙̩͚͓̖̘̙͎̻̦̩̜̙͓̯͚̪͚̮̣͈͊͐̈́̅͌́͂͋́̅͝͠͝ͅS̶̨̧̡̧͍̹̻͇̼̘͕̻̪͎̤̗̠̙̙̣̳̣̳͈̲̫͙͇̹̻̦͖̰̱͚̙̟̹̋͆̅͐͋͋̐̔̅̇͒͊̆̏͑͒̄͘͘̚̕͝͠͠͠ͅͅͅͅŲ̴̢̡̢̡̡̧̢͎̙̩̺͈̗̖̻̘͍͓̘̼̮̹̳͓̝̮͎̹̤̩̻̤̥̭̜̪͍͎͖̦̄̾̂̏̓̀͒́͛͆̿̂̿̂̓͂̆͌̇͐͛̃̃̀̌͛̋̕͘͘͜͠͝͝ͅͅ'̸̧̢͈̖̲̺̗̻̬͖͔͔͉̦̫̝̺̟̟͎̺̯̞͇̝̜̯̫͎̮̗̲̼͙̜̼͖̹̯̻̹̯͙̖́̀̋́͊͋́̆͆͒̋̃͛̽͠ͅ ̶̧̢̢̡̢̧̢̺̝͚̺͙̮̦̭̗̞͚̣̭̰͍͈̙̱͍̤̬̫̪̮͈͖͈͎͉̱̈͌͑͗̋̈́̏̓̾͐̐͗͌̄̾̈́̍̌͗̀͘͜͜͜͝͠͝Ç̷̨̛̼̞̝̹̭̠̘̘͇̠̙͍̜̬̠̖̗̮̦͈̩̰̙̞̮̈̓̈́̎̐̇͗̎̌̓̀͗̀̀͋͊̄́̇̋̿̄̉̋̃̍͠R̷̡̧̢̡̨̧̨̡̛̩͕͍͇̺̦̺̼̙̬̣̟͚͖͇͍̺̰̟̻̫̦̙̩̣̲̺̻̰̳̮̺̣͈̳̅̈̉̐̒̂̌̈́́̇͛̒̑̽̍̿͆͂̈́̄̈̑̐͊̑͐̿͑̔̑͌̉̀̂͌̌̌̂͛̀̚̚͘͠I̷̡̧̡̡̨̛͎͕͙͈̙̪̳͓͎̖͍̣͔̮͔̻͇̙̱̩͕̰̫͎̣̙͎̰̝̺̻͆̓̄͂̅̈́̅͆̍̓̔͌̾̍͂̊̇̈́̾̿̾̊̈̓̎͒͌͊̑̊̈̿̾͛̚̕̚̚͝͝͝͠͠͝
    Oessido.
    Inutile
    BASTA:::: AAAAAAAAAH
    Aiuto... aiuto... IN SMISTAMENTO! SEI IN SMISTAMENTO!
    Ti prego... basta...

    Ecco perché... urgh, maledizione, tutto tace e solo quei maledetti ratti continuano a fare rumore, questa volta un po’ più del solito.



    ---



    - Giacovalda... -
    La musica era cessata. La festa... finita.
    - Uh... uhm... cosa... -
    - Giacovalda... sei tu... -
    Markrath. Era lui, la sua voce. Mi tendeva una mano, ma il volto era in penombra.
    Io urlai, ricacciando i piedi per poi scalciare come potevo, tirandomi indietro. Era lui...
    - Giacovalda... dove vai? Ehi, no... che succede? -
    La mia schiena entrò a contatto col tronco di un albero. Dietro Mark, l'enorme edificio segreto, dalla forma di una fabbrica. Il CPF.
    Io raccolsi entrambe le mie mani e le riunii sulla fronte, non capendo niente. La mia gola emetteva singhiozzi di dolore e confusione che quasi facevano sfrigolare la saliva che mi scendeva a forza di deglutire. Faceva freddo. Tenevo socchiusi gli occhi solo per tenere d'occhio il Ratto, che rimaneva attonito, nel contrasto di luci generato dalla Fabbrica.
    Si chinò di poco, come se stesse provando ad approcciare un animale impazzito, ma ancora non riuscivo a vederlo in faccia. Io squittii, non appena fece un passo verso di me. Allora lui avanzò come poteva le mani, di scatto, come a dirmi che non aveva intenzioni cattive. Io presi parola. Sentivo che mi stavo calmando:
    - Tu... tu... è colpa tua se... -
    - Lo so... lo so, Giacovalda, so cosa pensi. Non avrei mai dovuto metterti al corrente di quel file eseguibile. Lo so. Ora... calmati, e... parliamone... -
    - Tu... - deglutii. Cacciai le mani dalla fronte, una passò una carezza sotto il naso, asciugando il muco, l'altra sistemò una ciocca dietro l'orecchio. Avevo la faccia molto arrossata.
    - Tu... sei con loro. So quello che fate. -
    Marco sorrise. Fece un altro passo, io drizzai la schiena. Impose la mani mostrando i palmi, alzò le sopracciglia, occhi innocenti:
    - Cosa, be', cosa credi che facciamo, qui? Illuminami. -
    - Voi controllate. - tirai su col naso: - Voi controllate le persone. Le fate del male. -
    - No. Noi non facciamo questo. -
    Si interruppe. Poi si avvicinò ancora, con l'aria di chi vuole insupare.
    - Io sono un utente come tutti. Giacovalda... fidati di me. -


    Fu allora che uscì dalla penombra. Fece un altro passo.



    - Cazzo! CAZZO! -
    Io mi alzai, scalciando diverse zolle di terra, e una volta in grado di correre cominciai gravitando intorno all'albero. Sentivo le risate di Markrath dietro di me. Sembrava stesse camminando, io non mi voltai.
    Volevo urlare di terrore, sistemare il mal di testa che mi ronzava sulle tempie, ma non potevo sprecare il fiato.
    Cos'era quello? Come poteva essere... questo... andava oltre ogni concezione del reale. Dunque era vero, Markrath stesso era responsabile di Insuposo.exe. A parlare, alla fine di quella strana avventura, non era quella stupida gallinaccia, ma lui stesso attraverso quel corpo.
    - I...Insupiamos! Uh uh!!!! -
    Mi voltai. Quel volto filiforme si allungava attorno ai rami, mentre la corsa sbracciata e squilibrata del suo corpo seguiva paradigmi fisicamente impossibili. Mi stava raggiungendo. Rideva.
    Mi mancava la forza di correre, il cervello quasi spense le gambe e sentii le ginocchia crollare sul peso del mio corpo. Eppure, continuai.
    Corsi finché le gambe me lo permisero, senza guardare niente se non i miei piedi.

    Quando fui sul punto di cedere, mi accorsi di essere in mezzo ad una strada, sotto lampioni che facevano le bizze e facciate di edifici abbandonati a se stessi.
    Caddi in ginocchio, sentii la pelle sbucciarsi e assumere la forma dell'asfalto. Guardai indietro. Niente.
    Mi misi a piangere, stringendomi a me.
    Non ero pronta per quello. I miei incubi dovevano restare tali. Sforzarsi di aprire gli scrigni, così ben sigillati per un motivo, avrebbe significato la mia fine. Era troppo. Il CPF mi chiamava - avrei fatto bene a non rispondere. A non rispondere dei miei ricordi. A non rispondere di me.
    Mi mancava il tempo delle galline. Era tutto più facile. C'era più movimento, più sicurezza, più ingenuità. Era tutto negli scrigni. Schiavitù in cambio di conforto.
    Ma preferivo la fine, rispetto ad una vita tormentata. Non potevo non rispondere del CPF, di me. Preferivo morire... preferivo morire! Avrei vo-
    - Ehi. -
    Una mano sulla mia spalla. Non ebbi il coraggio di voltarmi.
    - Ciao, Oessido. Sono Markrath. -
    Deglutii. La voce era diversa. Cosa... la sua faccia. Era quella di un piccolo e fiacco ragazzino. Sembrava... umano. Gli sfiorai il volto, mentre il mio era ricoperto di lacrime. Quasi fremetti dall'eccitazione.
    - Tu... sei reale... -
    - Purtroppo. -
    - Cosa... cosa ci fai qui? -
    - Cosa? Tu, cosa ci fai qui? :oessido: -
    - Ah... beh... -, mi asciugai le lacrime con il tessuto della manica, e sorrisi, abbassando gli occhi: - Non mi chiamo più Oessido... ma Sixtyten... lo avevo cancellato... ed ero qui per... sai bene perché. Tu sei quello vero, no? Sai bene cosa... -
    - Shhh. -
    Io strabuzzai gli occhi. Lo vidi farsi improvvisamente serio.
    - Dobbiamo tornare alla taverna. -
    - Alla... taverna? Ehi, no... che succede? -
    Lui guardava il punto da cui ero sbucata. Così feci anche io. Qualcosa tra i rami.
    - Lui è Gigi. La nuova forma di terrore, di disagio, che si è impossessata del Foro. Si è accorto di te. Ascolta, non possiamo stare fuori. Dobbiamo andare, seguimi. Non mi vorranno molto bene lì, ma la sopravvivenza e la felicità di tutti è un argomento che mi interessa particolarmente. -

    E fu così che incontrai il vero Marco Ratto, [rimaneva comunque un grandissimo figlio di puttana] e capii subito che si trattava di quello vero, quello che più di tutti mi mancava, perché era quello più autentico - sebbene fossi io, almeno in questa istanza, a dargli voce. Non so cosa avrebbe fatto veramente.
    CPF è controllo mentale.
    Per resistergli, diversi utenti hanno deciso di mantenere le distanze dalla Fabbrica, creando un luogo accogliente con quello che potevano. Staffer - tutti impegnati in strani rituali: erano i veicoli del Maligno, il suo modo di parlare al mondo. Era chiaro che, proprio a causa della loro natura, erano i primi ad essere stati impossessati. Non c'era l'ombra di uno staffer che tutti noi avremmo definito "sano". O almeno, di uno staffer decente :(
    Il Maligno di cui parlava il ratto ad oggi era conosciuto col nome di Gigi. Nel tempo, la forma del Maligno assume varie forme, vari disagi, vari cringe, come intelligentemente alcuni di noi osserverebbero.
    Questa forma, in particolare, era semplicemente troppo da sostenere per la gente comune. Questa forma si dava come un tormentone, qualcosa di simpatico - ma era sottile, cancerogena, e tornava sempre più forte. Come un virus indomabile.


    Non puoi fermare Insuposo.exe! Nessuno può! Io rinascerò...



    Se il forum è morto, consoliamoci tutti! Si adegua bene all'atmosfera. Ma non doveva essere così. Spesso si registravano visite improvvise di viandanti, o gente affezionata. Quando poi scopriva il dissesto e l'orrore che imperversava in quei luoghi, girava i tacchi.
    Non io, sebbene ci abbia provato. Neanche Mark, almeno per adesso.

    Raggiungevamo la "taverna", passando silenziosi tra alcune Sezioni dissestate. Altre brulicavano di vita, a volte. Gli chiesi dove fosse lo Staff.
    - Sei tu lo Staff, brutto carciofo. -
    - Ah... è vero. -
    - Nah, non ti preoccupare. Almeno tu sembri sana di mente. È così che vanno le cose. Con il tempo, le nostre libertà si restringono sempre di più: i messaggi cancellati, la verminosa censura dello smistamento (e la temporanea apertura dell'altro ieri? Una vera e propria provocazione!), e adesso il Cestino è un'area riservata soltanto per il management? Sveglia! -
    Io lo guardai stranita. Smistamento?
    Cos'era lo Smistamento?
    - Lo... Smistamento... Oessido, come fai a non... dai, amico, anche tu!... -
    Gli giurai che non sapevo niente di niente su questo... Smistamento. Lui sorrise tra sé e sé. Sembrava aver accusato il colpo, ma in silenzio, con la pazienza di chi ci aveva fatto il callo, coi colpi bassi. Cos'era lo Smistamento?
    Eccola, la taverna. Vidi due utenti farsi i fatti i propri fuori di essa, li lasciammo perdere. Sembravano dei piccoli killer. Quando entrammo, osservai con chiarezza la natura decadente del luogo. C'erano tante statuine strambe appese, un bancone inutilizzato.
    - Ehi, amica! -, sentii sopra le scale. Alzai lo sguardo. C'era un utente.
    - Ehm... Mark? -, lui era rimasto presso l'uscio della porta. Mi fece distrattamente segno di andare avanti.
    - Vieni qui, non temere, non voglio farti del male. -, fece l'uomo, sorridente. Scendeva le scale, lo sguardo era puntato ai gradini, per non cadere, credo.
    Io rimasi ferma. Proseguii:
    - Potresti... -
    - Presentarti? Bene. -, l'utente si mise a sedere su un sacco di plastica, invitandomi a fare altrettanto. Il suo modo di fare mi portò a seguire le sue istruzioni, e così mi misi a sedere anche io, senza desiderarlo davvero. Entrambi accomodati, davanti a un caminetto spento e inutilizzabile. Mark entrò, e cercò qualcosa dietro il bancone, un drink.
    - Bene... il mio nome. Certo, mi chiamo...ecco, forse è meglio tu non sappia il mio vero nome... Chiamami solo Tacet. -
    - Tacet? Come mai questo nome... -, non mi venne in mente una domanda più pertinente all'assurdità del momento, tanto ero stregata.
    - Perché di solito amo il silenzio. - E difatti, si zittì. Mi studiava, si carezzò le mani. Sussurrò: - Ma non in questo caso. Non più, ormai. -
    Mark continuava ad armeggiare con le bottiglie.
    - Cos'è questo posto, Tacet? - feci io.
    - Vedi, siamo... sono qui da giorni. Là fuori è scoppiato il finimondo e... non avevo nessuno con cui parlare. -
    - E così ha abbellito questo pertugio. - fece Mark, dall'altra parte, seguito dal borbottio del liquido riversato sul bicchiere.
    Tacet proseguì:
    - Ho organizzato questo rifugio con pochissimi eletti che mi ispirano fiducia. Sì, anche tu sei fra questi. -
    Poi si alzò dal sacco di plastica, si grattò il mento, come a pensare. Guardò fuori dalla finestra, sulla strada adombrata.
    - Fra poco ci raggiungeranno gli altri. -
    Mark ingollò un bel sorso di... qualunque cosa si fosse preparato:
    - Chi avevi mandato? -
    - Ho mandato Rory in perlustrazione, accompagnata da Cedric. -

    Ricordavo Rory. Era quello strano ibrido tra il buon Mauri Costa e il Joker. Autoctona, pare. Purtroppo dal Costa ha ereditato il sovrappeso, e dal Joker... la follia, credo? Quanto a Cedric, non lo ricordavo molto bene. In ogni caso, nomi non nuovi.
    Mark trasalì nel sentire il nome di Rory. Poggiò rumorosamente il bicchiere sul bancone, e borbottò disappunto. Io feci:
    - Mark, tutto bene? -
    - No, Oessido. Niente affatto. -, disse, cuocendo lo sguardo verso Tacet, in segno di rancore. Se ne andò al piano di sopra. Io rimasi incredula, ma non volli approfondire la cosa in questa istanza particolarmente grave. Mi sono riavuta. Volevo capire.
    - Tacet, posso... farti una domanda? -
    - Certamente -
    - Chi è... Gigi? -
    Lui sorrise. Un sorriso amaro.

    E così, mi spiegò tutto sulla natura del Maligno.

    ---



    - Lo Smistamento... lo Smistamento! - borbottava Mark, girando in tondo attraverso la stanza, illuminata con una fiacca luce da lampadina. Si teneva la testa fra le mani. Appena mi sentì bussare, si sistemò per bene e chiese:
    - Chi è? -
    - Io, Mark. -, risposi.
    - Entra pure. Ahm... lascia stare il disordine. -
    Quando entrai, mi sedetti sulla branda. Cercavo le sigarette, ma mi bastarono solo due secondi per capire che la borsa non l'avevo più, probabilmente lasciata quando svenni in mezzo al sentiero che conduceva al CPF. Lui non fumava. Ma fremeva, come in astinenza.
    - Si può sapere che ti è preso, prima? -
    - Ah, sicura di... di volermi ascoltare? -
    Io mi accomodai:
    - Certamente. -
    - Vuoi davvero... sapere cosa penso? -, cominciò, preso dalla rabbia. - Penso che ci stiano prendendo in giro. Ci stanno servendo la torta con tutta la glassa, capisci? Io penso... penso che non posso fidarmi di ciò che penso. -
    - A... a che ti riferisci, Mark? -
    - A questa storia del Maligno. Tutta questa cosa è una grande beffa. L'ho detto, quella non era una beffa! Quando l'ho detto, che non era una beffa, voglio dire, ero serio. La gente in alto, l'1% che ci governa, ci stanno prendendo per i fondelli. -
    - Stai dubitando di Tacet? Lui mi ha raccontato del Maligno, sembra una cosa molta vera, e...
    - No, no, no, vai con ordine: poco prima che finisse questa farsa di un contest estivo, Rory, una delle veterane di questo forum, ha pubblicato la sua storiella criptica che ha suscitato tanto scalpore. Ordine. Dunque, allora lo sai, no, tutto quell'affare di Giggi... -
    - Sì, di nuovo, me l'ha spiegato Tacet. E Rory... se non sbaglio se ne sta col Santo Kohei. Ma, quindi, cosa... -
    - Ecco, ecco cosa: quella storia era uno specchio per le allodole, era come il manoscritto Voynich. -
    - Che cosa intendi dire? -
    - Intendo dire che non significava un bel niente, ecco cosa! Pensaci bene, guardami e dimmi se sto sparando stronzate: un membro che è sul forum sin dai suoi albori, che è chiaramente in contatto con i Potenti (infatti uno di Loro ha persino commentato di sapere quanto ha impiegato la stesura della storia!), pubblica questo raccontino così enigmatico, poi si da il caso che alcuni iniziano a teorizzare che questo Giggi sia un'entità tangibile, che agisce sul foro... tutte inezie. -, prese un bel respiro:
    - E a qual fine? Te lo dico io. L'hai vista quella discussione, no, "Eliminare lo smistamento"? Poco tempo prima dell'Evento si era iniziato di nuovo a confabulare su una possibile apertura dello Smistamento. E devo forse dire altro? Non è chiaro come la luce del sole, e altrettanto dolorosa come verità, che i Potenti non vogliono neanche sentir parlare di cose del genere, che potrebbero intralciarli nella loro lenta ma costante oppressione dei nostri diritti? Quindi che fanno? Aprono lo Smistamento, uno Smistamento finto, perché anche un asino si accorgerebbe che quello non era il vero Smistamento, e riducono tutto a scherzo, tutto è facezia. E così viene soppressa la voce insorgente.
    Giggi, no, lui non esiste. Tutte menzogne. Tutte menzogne... -
    Il discorso tornava. Soltanto una scusa per terrorizzarci tutti - una maschera atta a giustificare il tremendo approccio oppressivo dello Staff nei confronti degli utenti; distrazioni di massa. Andava di tormentone in tormentone, di cacca in cacca. Con la scusa della festa, si concedevano sempre più poteri.
    Il Maligno era un'entità vera, però. Mark la evitava, come tutti, a questo credevo ancora. Credevo nella bontà dello Staff; credevo nella maledizione che di tanto in tanto torna a ripresentarsi. Mark credeva nel complotto, ma io credo nel Maligno. E anche Mark dovrebbe conoscerlo; lui mi ha portato nel MoNd0 Bu0No.
    Doveva esserselo dimenticato. Come se fosse stato ipnotizzato, ed ecco, questo confermerebbe la sua tesi.
    Prima ho visto una copia esatta di Mark, una versione che lui ha definito come il "Maligno".
    - Quindi... non esiste il "Maligno", è un modo degli Staffer per giustificare i loro comportamenti oppressivi... per te il Maligno è questo piano di terrore e confusione del Forum. -
    - Esattamente. -
    - Prima, nei boschi... ho visto te... ho visto un incubo di te... e Insuposo. -
    - Capisco, Giacovalda. È così. Non esisteva veramente. Questo Gigi confonde le menti, quando senti le sue canzoni non ci capisci più niente. E in balia al terrore ecco, puf, scomparso. Stanno cancellando ogni prova. Ogni forma di repressione. Per rinchiuderci in Smistamento. -
    - Tutto chiaro, Mark. - sorrisi io. Non sapevo a cosa credere. Continuai, tuttavia:
    - Solo... un discorso non torna... -
    - ...lo Smistamento? -
    - Lo Smistamento. -
    Lui si mise a ridacchiare, affranto.
    - Davvero non sai cosa sia lo Smistamento? -
    - No, ti giuro! -
    - Bene. Mi auguro tu non lo scopra mai. -

    ---

    Riposai un po' e un po', disturbata dal concerto ossessionato dei grilli fuori dalla finestra. Tossicchiavo, dovevo aver preso un po' di freddo. D'improvviso, sentii Mark uscire dalla sua stanza, con quel "clock" della serratura, e seguii i suoi passi veloci e preoccupati, andavano verso il piano terra.
    Tornarono Rory e Cedric dalla ricognizione. Tacet guardava un ritratto del re di Bibbiena, si grattava il mento e...:
    - Ragazzi, dobbiamo andarcene, ORA! - irruppe Cedrata. Un tempo lo ricordavo con la zucca, ora sembrava un'altra cosa. Ansimava, le vesti erano bagnate - eppure fuori non pioveva. La botta che Cedric aveva dato alla porta d'ingresso risuonò per tutte le pareti leggere della taverna, e mi raggiunse, facendomi trasalire. Mi alzai di scatto.
    Tacet si voltò, allarmato. Io uscii dalla camera, e li guardavo da sopra le scale. Mark si era posizionato accanto a Tacet. Entrò anche Rory - accidentaccio.
    - Che succede? -, fece Tacet, con fare bonario. Sembrava voler rassicurare tutti i presenti, ma non attaccava quel tono di voce. Cedric, anzi, si allarmò ancora di più, e lo informò subito:
    - Emily. Ci ha visto. Credo ci abbia marchiati. E... -, deglutì: - E... Rory... -
    guardò tutti, vide anche a me, ma non sembrò soffermarsi. Stringeva i pugni, aveva paura. Rory aveva appena finito di appoggiare il cappotto sull'appendiabito, anche quell'indumento bagnato. Ora sentiva bene, nessun rumore.
    - Rory mi sembra strana... -
    Tutti ci voltammo verso di lei. Silenzio. Lei scrollò il capo, come dopo aver sentito un'assurdità di cui si è vittima. Aggrottò le sopracciglia:
    - Che catto hai detto? -
    - Io... no, non insinuerei niente... non farmi male :gigi: -
    Mark si fece paonazzo. Era lei. Lei, il mezzo attraverso il quale lo Staff aveva creato il Maligno. Scese le scale.
    - Tu. -
    - Tì, io -
    - È arrivato il momento, no? E tu, Cedric, TU, Tacet! Vi avevo detto di non fidarvi di lei, con quella storia della redenzione! Hai richiamato gli Staffer con Gigi. Stanno venendo a prenderci. -
    Tacet a quel punto si mise in mezzo alla stanza, cercando di placare il Ratto, sempre con quel fare semplice. Ma si vedeva che aveva paura. Oltre Mark, guardò un po' tutti, mentre distendeva gli arti, come ad abbracciare per forza una situazione tranquilla:
    - Ehi, no. Ascolta, non possiamo... non possiamo permetterci di litigare, questa situazione è grave. - poi sussurrò a Mark, tenendolo stretto per un braccio: - Ancora con questa storia, topo di fogna maledetto? Ti ho detto mille volte che sono solo cazzate. Prima era "Qui pruende" come mi è stato raccontato. Poi "insuposo", bandiere, e ora questo. Tu hai creato questo. -
    - No. Gigi non l'ho creato io. -
    - Ah sì. Allora perché te ne torni in quel Forum di Gigi, l'unico che ci è andato, sei tu. Ne parli come se ammirassi il posto, l'architettura, la gente, e infesti tutto con bandiere, accidenti, cazzo, Marco. Stai cercando di cancellare inconsciamente il male che ci hai fatto. O almeno, questo crederei, usando la tua logica. -
    Non... avevo mai pensato a questo. Mark ultimamente ci andava spesso, lo aveva riempito di shitpost, e... Dio! Non ci capisco più niente! Io guardavo Rory. Aveva abbassato lo sguardo. Mark si fece incredulo:
    - Io... io non... CAZZO! -, si discostò violentemente da Tacet, e ringhiò a Rory:
    - Perché? Perché ci fai questo? -
    ...
    - Non to di cota parli. -
    - Sto parlando dell'EstaContest. Ora tutto si è risolto, no? Eppure il problema rimane, con la storia dell'infinito e... -
    Lei rise. Rise, facendo sgorgare gradualmente tutto il vomito da pagliaccio che teneva dentro.
    - Non atisco per me. Io tono come te, come voi. -
    - Tu... -
    - Ora... Tono più come un cane che integue un'automobile. La integuirò di continuo, ma quando la prenderò non taprò cota farmene. -
    - Cosa... cosa citi? -
    Rory fece segno fuori dalla finestra.
    - Amiti. -
    Le domeniche d'Agosto...
    - Un betot a todot :) -
    Quanta neve che cadrà...

    Dalla finestra, un'enorme esplosione. Delle schegge finirono per prendermi la caviglia, un'altra centrò il braccio di Markrath. Ricordo appena un folletto spaccare la porta ad asciate, particolarmente sorridente e buono... DamaXion... ed Emily?... Tacet corse via, saltando il bancone e raggiungendo le cucine, mentre Cedric si rannicchiò, tremante dalla paura. Perdevo molto sangue.
    Poi, il buio.

    -------------------------------------

    - Oessido, tutto bene? -
    - mmhhh... -
    - Oessido... Ehi, sveglia! Svegliati, cazzo! -
    Markrath...?
    - Sta arrivando qualcuno... vuoi darti una mossa?! -
    Era Markrath! Riaprii gli occhi, ci vedevo sfocato. L'atmosfera puzzava di polvere e benzina - era tutto molto buio. Il pavimento gelido e ruvido, pungente, infastidiva le mie ginocchia. La caviglia, non osavo muoverla, ma sembrava che la mia ferita fosse stata medicata. Provai ad orientarmi.
    Ero stesa a terra, Markrath era alla mia destra. Lui si era appena svegliato. Alla mia sinistra, un Cedric tremante - con le orecchie sanguinanti. Non sembrava udire, né parlava. Tutti noi eravamo incatenati.
    - Markrath... cosa... -
    - Credo... che ci abbiano catturati, Oessido. Siamo, con tutta probabilità, dentro il CPF. Siamo in trapp... -

    - GYU! -

    Io alzai lo sguardo, spaventata. C'era un po' di luce, era lo spiraglio al centro di una porta cellare, era stata aperta. Ma non c'era nessuno. Io guardai Markrath, ma lui era troppo concentrato sulla soglia, gli sudava la fronte, non mi degnava d'attenzione. Sembrava avesse riconosciuto quella voce, era una voce squittente e felice. Amica. Dopo un momento di silenzio, in quella penombra, sentii il sordo click di una chiave.
    La porta venne spalancata. All'altezza del pomello, un piccolo folletto.
    ...
    Ma certo! Era Damaxion! Lei è una persona buona, così la ricordavo, ma... Gigi... si fece vedere appena, non era ancora entrata.
    - Tu... tu sei, s-sei Damaxion, giusto? -
    Lei fece un mmh mmh, era un sì. Sembrava fosse indaffarata con degli oggetti che non potevamo vedere, dietro l'angolo sinistro della porta. Io guardai Cedric, sembrava si fosse ripreso, e ansimava - come tentando di arginare, sopportare il dolore che le orecchie frantumate gli portavano. Sembrava avesse una richiesta urgente, ma faticava a parlare. Come DamaXion tornò a farsi vedere, portava con sé un bel vassoio di Muffin. Dietro di lei c'erano grandi luci bianche, rendendola così una sagoma oscura e particolarmente contorta.
    Io cominciai a scuotere le braccia, generando un fracasso di catene che quasi superò la mia voce:
    - Liberaci, ti prego! -
    Lei non rispose; si avvicinò piuttosto a ciascuno di noi, poggiando delicatamente porzioni di quei deliziosi Muffin. Non appena si avvicinò a Cedric,
    d'improvviso calciò via il piatto coi muffin. Le sue orecchie zampillavano ancora, e finì quasi per contorcersi gli arti, trascinandosi quanto più avanti possibile; lacrimava, implorando:
    - TI PREGO! PORTARMI... portami allo Smistamento... -
    Dama sollevò gli occhiali, e saltellò sino alla soglia. Markrath cacciò una bestemmia silenziosa, e osservava la scena con occhi furenti e preoccupati; Cedric non doveva proprio parlare di Smistamento. Era stato un errore.

    Lo "Smistamento".
    - Cercate lo Smistamento? Io credo di sapere dov'è, posso portarvi là! -
    Io ai tempi non sapevo cosa fosse. Di che si trattasse, ma fui contenta di sapere che DamaXion serbava ancora un po' della sua gentilezza nei confronti di noi poveri sfaccendati utenti; una fortuna che lei, indirettamente, mi avesse confermato che ci avrebbe liberati, anche momentaneamente.
    Cedric lacrimava di gioia:
    - Sul, sul serio? -
    - Sul serio! -
    Io guardavo Mark, tuttavia. E mitigava eloquentemente tutta la mia gioia.
    - Scusami... Dama... - feci io, spostando lo sguardo da Mark a lei: - Cos'è lo Smistamento? -
    Mark si voltò verso di me, facendo segno di "no" con la testa. Merda. Ho sbagliato. Dama rispose:
    - Lo smistamento? È un luogo di amicizia e confronto, di costruttività e colori! Sì, sì... lo smistamento... hehehe...
    S̘̯͉̮m̻̝̘̱i̗̲͍͔̥st̜͚̬͝a̴̳m҉̬̮̘e̥̱͜n͉̹t̳̗o͙̥̲̞͇̩ -

    Dama sembrava fremere un po' più del solito, un tamburellio interno che le faceva schizzare i capelli e gli arti, non conosceva quiete. Liberò Cedric, allora. Io mi feci leggermente più lontana, facendomi vicina a Mark. Gli occhi di Dama sembravano... diversi.
    - O ┴ N Ǝ W ∀ ┴ SI W S!!!!!!!!!!!!!!!!-
    Poi, aprì le fauci, e scatenò dei morsi minuscoli ma tremendamente profondi, sulla mascella di Cedric, poi passando al cranio e il collo. Ora cascate di sangue andavano a macchiare le sue vesti e il pavimento sottostante, mentre il povero utente goglottava parole incomprensibili. Allungava la mano verso Dama, nei suoi occhi provavano ad accendersi ormai spenti lumi di desiderio, di voglia di smistamento... Dama nel frattempo si puliva la bocca con una veloce passata di braccio. Ora digrignava, ridendo:
    - Cercate lo smistamento? Che sciocchi... guardatevi, così pieni di certezza nella vostra ricerca... pensate di essere voi a cercarlo? Lui h̹̫͍a͔ ̟̪̱̭̟f̮̫̞̦̳͎͍a̠m͍̠̹͓̬̬e lui... att͉̮̣̮̭ḙ͈̦̦̩͕̣n͍̱͍d͉̗̻e̯̼̳ , on siete voi che lo cercate, è lui che vi sta dando la caccia. -
    E orientò lo sguardo verso di noi.
    L͙O͖͇ ͚̱͙͉̘S̡͖̰̲̦̞̝̲M͖I̬̝S̲̘Ṯ̠̖̺̙͉͕A͓̺M̛̩̖͔̲E̜̩̟͇̜N̪͇͚̞̞̫̜T̶̖̟͇̩̝O̸͓̜̫̗ AT͖͖̮̰̬̯Ṯ̦̙͇E̬͝N̶̪͚̭͈DE̼̮ ̼͚̻͉͝F̳̖͙͇͟A̴M͜E͕̦ͅL̰̩I̴̬̳C̬̥̩O̟͚͖̩̤
    ̘̮̼̱͉̯̜I̹͕̣ͅǸ ̮͖̱͈̠͉̖̀U̗͕͠N̴̠̝͖ ̖͉̬͓͙A̢͚͙͇̳̯B̨̯̞͔̱̹̥IS̜̬̤̜̼̮̬S̷͉͙͙̭O̥̞̦̤ D̨̪I҉̤̣̪̱ ̴L̷̩̯̟̺ͅE̸̯̻͇T̸̖̤̤ͅṮ̝̼̺̟̝́ER̜̱͢E
    T̞̭̰R̵̦ͅͅA̘̖̥͎͖̯ ̠͕̭͟L͟E͝ ̷͎̖̱̖̝̳͖O͓̘͖M̰͡B̸̫͍͎̘͍̮R̸̙̰͕E͕̥̰̬ ̴̯̝͚̦N͘E͎͓R̸Ȩ
    ̦T͔͙̯̤̫͔͢R̘̯̯͈̮͔Á̫̹̥̤ ̩̖͕̪̠͙Ḅ̶̝̪̘̼E̠̻̟̥͖ͅC͇̼̜̠͉ͅE̺̥̣̺̰̭͝R̙̬͓͍̪E҉͙̦ ̟͙̠̭͓̼̙P͇̮̮͙̕A̡R҉͈O̠̫̯̯͇̣L̶̦E̵̞͓̫ͅ

    Fu in quel momento che mi ricordai. Io ero stata in Smistamento. Eccome, se c'ero stata. Si diceva che quello fosse un luogo simile... simile ad una stanza per le torture. Venivi portato a "Postare un contenuto". Eri felice di condividere al Foro una tua composizione, un racconto, una traduzione, qualsiasi cosa di non tuo, e poi... venivi irradiato da raggi cancerogeni. Venivi... schiavizzato.
    Silent, Kung, si muovevano in questo senso. La prima schiavizzava i giovani staffer per abituarli alle atrocità di livello successivo che avrebbero dovuto portare avanti; Kung invece costituiva la faccia buona della medaglia. Lo Smistamento. Gli Admin... cominciavo a ricordare...
    Esatto! Nessuno poteva entrarci. Solo l'utente e il branco degli Staffer. Lui contro tutti. Un suicidio, un'involontaria messa a morte, una truffa, un crimine. Io forse... avevo postato qualcosa, ma... perché, una volta usciti, alcuni risultavano felici, soddisfatti? Erano complici, in malafede? O erano stati risparmiati? Certo è che altri non tornavano più. Nessuno ricordava cosa fosse successo veramente, là dentro.
    Venivi forzato a dimenticare, e a subire il disagio. Il Maligno. Cedric, mi avrebbe detto Mark successivamente, era stato reso dipendente dal Maligno, durante la ricognizione con Rory.
    Nessuno, pareva. Adesso... lo Smistamento, lo avevano "aperto" per sbaglio. Grandissimi figli di puttana!

    - Mark, mi sono ricordata... -
    Lui annuì, borbottò un "fantastico" mentre provava a divincolarsi dalle catene, Dama si stava avvicinando, ma non ci stavo facendo caso...

    ne͢͟l̛̕l̴ą ͘b̕ó̸c͢c͏a̵̢͠ d̨҉̧e̢l͏ ̷te͘͜͠r͠͠͝r͞o̴ŗe͡
    ̸̶m̷̸̨i̧̛ļ͡l̢̢̀e̵͘ ̶̶d̢҉e҉̢n̵t̀ì̴̛ ̧̀i̢n ͡a̶͢tt̸͘͠e̴s̵a͢ ̷͞di̴ ͏͟er͡r̛or҉̸͝i҉

    - Ho capito... perché lo avevano aperto... l'avevano lasciato aperto per... per ipnotizzarci tutti. -
    - A-ah, molto brava... ora... LIBERATI! -

    ̶n̨̕e̶̛͝l͡l͘͝͠'̕oś̶c͜͠͡u͏̀͘r̕à̴̸ ̴́̀g͏ó̴l̕͝a̢̕
    ̷̧null͏҉̷à ̶͏s̨̀f͢͏u̶g̶͟g̨͡e̵̢͟

    Io mi voltai. Dama stava per divorarmi le gambe, io strillai dalla paura. Mancò il primo morso, il secondo stava per essere assestato - proprio per affondare nel mio polpaccio; la gamba si irrigidì per prepararsi al colpo, quando... la porta si spalancò, con un calcio. Così, d'improvviso. Non potevo crederci.
    - Oessido, fatti più in là. Farà male :o: -
    Era davvero lui!
    - &.! - fece Mark - con sottintesa erezione. Woody sparò un proiettile magiko compressato d'aria orrorificamente ventilata, colpendo l'ormai irriconoscibile folletto nel petto.
    D'improvviso, Dama cominciò a gonfiarsi lentamente in una gelatina, senza avere possibilità di replicare; non riusciva a parlare, emise solo un verso acquoso non appena marcì completamente sul pavimento. Tutti i muffin nella stanza si corruppero d'improvviso.
    - La sostanza sul pavimento è acida. Usatela per liberarvi dalle catene. :o: -
    E così FACEMMO. Ci massaggiavamo i polsi, mentre nei nostri sguardi rifioriva la speranza. Nessuno si aspettava Woody.

    Woody era un agente in incognito all'interno del CPF, cambiava spesso forme e account per confondere le acque. Si chiamava &., ma tutti lo conoscevamo in modo diverso. Ormai sordo data la gravità della situazione [non so come faceva a sentirci], sapeva perfettamente come muoversi, quali fossero i turni di guardia, quali luoghi evitare e come arrivare in ogni dove nel modo migliore possibile. Stavamo procedendo a gattoni in un condotto d'areazione, Woody ci aveva promesso che ci avrebbe portato in un luogo sicuro. Ci aveva informato del fatto che Dama non era stata affatto sconfitta, ma solo momentaneamente neutralizzata. E che il salvarci gli aveva fatto saltare indubbiamente la copertura, che non avevamo molto tempo.
    In effetti, mancava la sua presenza, il sapiente equilibrio tra la serietà e l'attenzione alle stronzate. Mancava Woody, lasciato da solo in ricognizione presso la Fabbrica del CPF. E seppi felicemente di un altro disertore.
    - Il Santo Kohei? -, feci io, stupita.
    - Proprio lui. :o: -
    - Com'è possibile, lui... lui è la mente dietro tutto questo... -
    Mark intervenne:
    - Kohei ha sempre agito per il bene del Forum. Non sapeva delle malefatte del... Oessido. -
    Si fermò. Non potevamo permettercelo.
    - Mark, che stai facendo? -
    - Ti devo ringraziare. Credevo di essere pazzo... solo io, credevo, ricordavo dello Smistamento? Da quando lo avevano aperto, tutti se n'erano dimenticati. Ora so di non esserlo. Devi aiutarmi a diffondere la notizia. -
    - No. -, fece Woody: - Non servirebbe. Possiamo fare di meglio. :o: -

    Kohei non sapeva di Rory. I due sono molto vicini, come ben sappiamo, ma la natura del Maligno sapeva portare con sé, nella propria faretra, scherzi tremendi del destino.
    Kohei fu spinto, intuii, a piegarsi alle volontà del Maligno. Per quell'occasione, maledettamente, si impossessò di Rory - neutralizzando così la lucidità critica del Santo, colui che reggeva la baracca, che la informava con le sue prodezze tecniche. E piegò la baracca, lo Smistamento, il punteggio alle volontà di Giggi, presentatosi con la storia di Rory.
    Woody aprì silenziosamente la grata. Ci ordinò di tacere, poi allungò il capo, diede due o tre sbirciate. E, infine, diede il via libera. Scendemmo faticosamente. La caviglia mi faceva ancora male, Mark aveva il braccio fasciato ma sembrava cavarsela meglio. Una volta scesi, Woody si orientò nel buio e accese un interruttore.
    Lentamente, a scacchi, i cassoni di luce nel soffitto si illuminarono, scoprendo la stanza - un macchinario, e un pover'uomo sudato - accasciato a un computer. Era Kohei.
    - KOHEI! - corsi verso di lui. Mark rimase fermo, con le sopracciglia aggrottate. Woody lasciò fare.
    Una volta arrivata, notai che stava piangendo silenziosamente - lacrime sciatte e trasparenti, quasi ignorate. Continuava a lavorare. Io gli scossi la spalla:
    - Kohei, sei qui! Che bello vederti! -
    Nessuna risposta.
    - Ehi, dai! Rispondimi! -
    Nessuna risposta. Lui stava continuando a fare... quello che stava facendo. Non capivo. Arrivò Mark, posò una mano sulla mia spalla e sentenziò:
    - È ricolmo di sensi di colpa. Non ci appartiene più. -, poi strinse i pugni accanto ai fianchi, e ringhiò a Woody:
    - Come... come credi che possiamo "fare di meglio" con lui, ah? È completamente fuori gioco. -
    Woody però, sembrava allarmato, con un sorrisetto nervoso stampato in faccia, innaturale. Tirò fuori l'arma. Il suo volto immobile e freddo si stava contraendo in decine di crepe - era concentrato e sembrava puntare qualcosa dietro Markrath. Io cominciai a spostarmi dal corpo di Kohei, lentamente, senza navigare nel panico. Guardai Markrath con la coda dell'occhio, lui sembrava star facendo altrettanto. Dopo due o tre paia di passi, sentii l'aria dietro di me sfilacciarsi - come se qualcosa si stesse muovendo.
    - Eheh... Mark... Oessido... -
    Mi voltai, deglutendo. Ero congelata dalla paura. Quella voce. Quella era la voce di...
    - Ti ricordi di me? -
    Era il Markrath che avevo incontrato fuori dalla Fabbrica, all'inizio dell'avventura. Ne ero sicura, quegli occhi... quel ghigno, eppure le fattezze erano quelle di Kohei. Non capivo. Io lo osservai, contraevo le sopracciglia fino a stressare la bassa fronte, con la bocca spalancata. Come guardai il vero Markrath, osservai che non si stava curando affatto dell'impostore dietro di noi.
    Guardava &.
    - Ehi... Woody... che fai? -
    &. stava puntando l'arma contro Mark. Io alternavo lo sguardo tra due fuochi. Quel Kohei, che faceva per alzarsi dalla sedia, e Woody, che nel mentre fece precipitare l'aria in una risata squallida, malata. Cominciò, sembrava, ad accarezzarsi il collo con la mano libera, tuttavia svolgeva un altro genere di azione. Si rimosse una maschera. Io rabbrividii.
    - Francesco...? -
    Sparò un colpo, con la sua arma mortale orrorificamente ventilata. Markrath venne preso in pieno. Guardò me, mentre si accasciava a terra. Io corsi, zoppicando, verso di lui.
    - Cof, cof... -
    - MARK! CAZZO, STAI BENE? -
    - ti pare...? -
    - Cazzo... cazzo..., non so che fare... NON SO CHE FARE! -
    - devi... andartene... -
    - C-cosa? No, non TI LASCIO QUI. -
    - ascolta, oessido... va'. Trova i superstiti, e vattene via da... -
    Un altro colpo, stavolta alla testa. Il colpo mi assordò completamente, tanto che mi buttai indietro strisciando, trascinandomi all'indietro coi gomiti. Le mani a coppa sulle orecchie. Non appena riacquistai l'udito, mi avvicinai alla postazione computer e alla macchina di mantenimento della fabbrica. Non osavo guardare.
    Bastardo... BASTARDO! Mark... l'avete ucciso! Dov'è il vero Woody?... perché l'avete sostituito con Francesco? Era lui Francesco? Perché questa follia?
    Il falso Kohei si posizionò al centro della stanza, sotto un fascio di luce molto chiaro: alzò le braccia al cielo e rise di gusto, un riso senza corde vocali - la musica tombale del demonio. Del Maligno.
    - E così la storia... prende una brutta piega?! -, si avvicinò verso il corpo esanime di Markrath, scavallando il suo cadavere mentre riprese ad arringare: - Oh... povera Giacovalda... povero Staff, povero Kohei, povero &.... non doveva finire così... -
    - Tu... BASTARDO! -, strillai io, incontrollabilmente. Sussultai, e mi nascosi tra me e me avvinghiandomi con entrambe le braccia. Lui sembrò non concedermi neanche un briciolo d'attenzione, ma prese a bofonchiare:
    - Io esisto... io esisto davvero... e TU! -, si voltò verso di me. Con l'aiuto di un paio di tentacoli si sollevò da terra, conducendosi rapidamente vicino a me. Io strillai, e tentai di nascondermi dietro la macchina. Lui però allungò il tentacolo ( :inlove: ) sino alla caviglia ferita, e mi trascinò in aria. Io urlavo di dolore e per la collera:
    - Ti fa male? Credevi di avere qualche possibilità? -
    - Ehm, no...? -
    - Tsk. Non ci credo. Ragiona con me. Ero debole qualche mese fa, lo sapevi. Mi avresti sconfitto, tu, Mark, &., Kohei, Tacet, e tutta la combriccola di Staffer salvati dalla nostra grande... eroina. Questa era la tua storia? Comparivo qui, io?-
    Non dissi niente. Lui allora urlò, con la sua voce a frantumare l'udito:
    - ERA QUESTA LA TUA STORIA? -
    - Sì... è c-così -
    - Ah... e dimmi... come doveva finire? -
    - C-che... che &. ci salva e noi salviamo K-kohei, proprio qui... tu non compari ancora, e... -
    - Sì? -
    - Lui dice che è possibile -, singhiozzai - Che era possibile contenerti tramite una... emoticon. Ma Kohei è un tipo retto e per farlo... - deglutii - per farlo aveva bisogno dell'approvazione dello Staff... eheh. -
    - Bene... infine? -
    - Infine io e Mark raduniamo altri utenti rimasti e... incontriamo Dama, Emily, Captain, gli Admin e li combattiamo per farli rinsavire e così dopo una battaglia finale con Giggi, pensavo fosse, eh, divertente, ecco che tipo cantava e ci faceva male... poi lo chiudevamo nelle emoji e quindi tutti felici e contenti... cioè, era una possibilità, sarebbe stato anche... -
    - Ma era possibile. -
    Singhiozzai ancora. Lui si fece più vicino, fino a solleticarmi le orecchie:
    - Se solo... fossi arrivata prima... -
    Francesco, dall'altra parte, gongolava. Il falso Kohei interruppe il dialogo con me, si avvicinò a Francesco e si congratulò con lui, con delle pacche sulle spalle incessanti e rumorose, ridacchiava con colpetti di gola, come se stesse tossendo. Io osservavo, con le labbra che mi tremavano. Il Maligno sospirò, e riacquistò, con una furiosa metamorfosi - immediatamente le sue fattezze originarie. Io indietreggiai. No, non c'era modo di scappare o nascondersi. Il Maligno, con un certo accento napoletano, disse:
    - Bravo, Francesco. -

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    F̴̰͉̯̞̯̖̘̞͡I̢̟͈̞̭͘̕͘Ń̬̹̹͙͈̟̲͍͚͈̪̹͉̠͘A̷̧̩̲͙̰̮̟̰͇̺L̛͔͍̩̗̯͜͞M̴̧͎̳̭͚̖̪̗̜̹̥̳̬̳̬̠̫̯͍̕͝È̢̺͙̝̼̲͍̜̰͍̦̪͡͡ͅN̴̰͓͖̟͈̲̩̬̱͎͢ͅŢ̸͞͏҉͇͍̹̭͕̬̞̝̙E̸̷͡҉̥̪̪̬͔̜͕̼ ̛̦̗̫̥̀T͏̷̼͔̪̩̦͔̼͍̣̥̥̞ͅI̵̵̪͎̼͇̠̹͚͝ ̨͕̖͇̪̯̮̗͔̰͝S̵͎̖̟͓̼̳̦̬̕͜͡M̧͍̟̬̤̱̹̀͜Į͟͠͏̹͖̩̳͔̪̰͡S̨̨̮̻͚͚T̡̜̼̳͇͢I̧̲̩̣͍͔͓̱͕͈̝̕͘͡A̢̨͖͙̟̫̼̱̻M̧̛̥̯͇͖̱̀͡O͙̫̤̺̥̦̣͜͡ͅ ̩̭͎̘̳́͟͡Ù̢̢̮̻̩̝̟͙̬̪̤̣̩̕ͅN̴̹̞̟̭̜̣̮̭͍̺̣̙͕̮̭͟͟͠A̵̫̜̩͉͖͈̭͚͚͇̰͎͉͟͜͠ͅͅ ̵̢̢̰͙̺͚͎͈̖̟̫̻̘̖̬́ͅS̜̣̙̤͓͉̯̻̺͡͡͞͞ͅT̷̡̢̡̧͍͖̮̖O͉̼͕͍̳̜̗̮͞R̻͓̖͔̤̥̞̣̻̱͈̟̳̙̻͎̫̱͞ͅḬ̡̺̦̗̼́͞͝Ą̧̡̲̭̪̻̲̗̯͕̻͍̦




    Ciccio si dimenava come durante un solletico. Poi si voltarono entrambi verso di me, io di contro orientai le pupille sul pavimento, tenevo stretti i pugni accanto ai fianchi. Il Maligno prese da Francesco la pistola, e se la puntò alla tempia - ma guardavo in basso, non lo vidi. Fece:
    - Tu sei una delle poche rimaste, Sixtyten. Non ho interesse a controllare una come te, o come Markrath. -
    - T... ti prego... -, feci io, singhiozzante: - Lasciami andare... io non sapevo di tutto questo... non lo MERITO! -
    - Ma avresti dovuto saperlo... non trovi? -
    - C-cosa? -
    - Sei tu l'ultima Staffer rimasta. O almeno, lo credi... - Deglutii assieme al Maligno. Mi fece strano.
    - Tu... credevi di avere il controllo? Sin da quando hai incontrato me, all'inizio dell'avventura... credevi di avere il controllo. Sì, è così, ah! Ma sono io che ti correggo. Solo io... e te... dimmi... dove ci troviamo? -
    ...
    - Lo... Smistamento. -
    - Finalmente l'hai riconosciuto! Era ora... e dimmi, perché sei qui? -
    - Perché... sono una schiava... del Forum... -
    - Esattamente. - e si mise a ridere. Io tenevo ancora gli occhi piantati sul pavimento, in attesa di una risoluzione. Sussultai quando sentii il click dell'arma, il Maligno aveva tolto la sicura ed era pronto a sparare:
    - Vedi, mia cara, temo di non avere una coscienza, o qualcosa di simile. Né prevedo complotti, faccio piani... io prendo la forma dei peggiori incubi di ciascuno di voi utenti. E, in questo momento... -, io serrai gli occhi. Non volevo vedere: - In questo momento sei tu e la tua negligenza. E... sopravvivrò a te. -
    Silenzio. Attendevo il colpo. Silenzio. Troppo lungo.
    Riaprii gli occhi, lentamente. E... non ero più accanto alla macchina, ma ero al posto del... Maligno? Francesco stava accanto a me... ma che significa? Non... NON RIESCO A PARLARE, a controllare i miei movimenti... ho una... pistola puntata alla tempia e...
    Dissi, contro la mia volontà:
    - Addio, Sixtyten -
    E feci fuoco.

    -----------------------------

    Edited by Sixtyten - 15/5/2020, 13:57
  4. .
    CITAZIONE (Markrath @ 12/5/2020, 10:43) 
    Sulla questione sintassi, non ho detto che il tuo stile è ampolloso, infatti il mio problema era solo con quelle due frasi all'inizio. Comunque mi era chiara la questione dell'abbigliamento, solo che non mi pare che la prima frase abbia senso logico. Credo che come minimo il verbo decidere dovrebbe essere al trapassato prossimo, altrimenti sembra che le giacche se le mettano lì, sul posto...
    Lasciamo perdere queste piccolezze. Riguardo l'IC dei personaggi, non so cosa sia IC ma immagino sia importante. Non credo che sia così strana la brutalità dei due - alla fine, se uno è violento, non lo si deduce da come parla col fratello. Poi il tizio aveva appena cercato di ucciderli e chissà quante persone aveva ucciso, la rabbia è comprensibile, e non credo che sia raro che i due vigilanti spaziotemporali debbano essere abituati a usare violenza. Sì può dire usare violenza? non lo so.

    Certo, è vero che c'è un notevole distacco tra il Peter di prima, che è abbastanza fentasi come personaggio, e quello di dopo che è serio e crudo e tortura i suoi nemici neanche un secondo dopo averli catturati (anche se non è tortura vera e propria, sta anche cercando di difendersi e impedire a Viktor di muoversi). Comunque io non lo avevo neanche notato, mi davano fastidio soltanto Peter e suo fratello in quanto persone. Ripeto, è abbastanza personale. Se non sono i protagonisti tanto meglio.

    IC significa "In character", è una dicitura che indica se un personaggio mantiene o no le sue caratteristiche peculiari. Cambio il verbo (in effetti suona anche molto meglio al trapassato prossimo), ti ringrazio per la correzione e cercherò di renderla più esplicativa.

    PS: mi dispiace che non ti piacciano t.t Ma de gustibus non disputandum est. :siga: Spero che la protagonista possa piacerti (un giorno lontano, quando la leggerai ahah).
  5. .
    Roy Gribbleston, o semplicemente Roy, è il principale antagonista della web serie Don't Hug Me, I'm Scared. Padre di Yellow Guy, viene ritenuto il responsabile di tutte le atrocità e le disavventure che i protagonisti subiranno durante la serie.



    Aspetto fisico
    Come suo figlio, Roy ha la pelle gialla, un naso arancione e mostra tre denti da coniglio. Indossa una tuta da lavoro marrone e scarpe bianche. Ha qualche ciocca di capelli blu in testa, ma il tratto che lo distingue di più è la sua espressione vacua.
    Non parla mai, ma è possibile sentirlo respirare pesantemente. L'unica volta che lo si sente parlare è durante un'intervista fatta al cast principale. Qui descrive suo figlio come una persona arrogante e maleducata, per questo ha deciso di fargli fare “un viaggio attraverso la terra del dolore”.

    Personalità

    Roy è il personaggio più misterioso. Molto spesso viene mostrato come se avesse qualcosa da nascondere e, infatti, nella puntata finale della serie, si è dimostrato essere colui che muoveva tutti i fili. È stato lui a creare gli “Insegnanti” che torturano e tormentano i protagonisti, e questo lo rende un soggetto sadico e malizioso.
    Oltretutto è anche perverso. Durante lo stacco musicale nell'episodio “Tempo”, lo si può notare mentre guarda un porno pixellato sul computer.

    Durante la serie
    Roy fa la sua prima apparizione nell'episodio “Tempo”, dove suo figlio Yellow Guy lo presenta come suo padre e amico. In seguito farà solo piccole comparse di sfondo come ad esempio nel terzo episodio, durante l'indottrinamento di Yellow Guy da parte del Culto dell'Amore. Nel quarto osserverà Red Guy da un angolo buio della stanza e nel quinto video lo si può notare in cima al set ad osservare gli altri pupazzi nel momento in cui Duck Guy farà cadere la telecamera, cercando di fuggire.
    L'ultima apparizione di Roy è nel sesto episodio, durante il penoso spettacolo di Red Guy ad un bar, e alla fine, quando si rivela essere il proprietario della macchina simulatrice che tiene prigionieri i tre personaggi dello show e creatore degli “Insegnati”. Cercando di avvicinarsi a Red Guy, quest'ultimo staccherà la presa che alimenta la macchina, dando il via ad un “reset” e la serie ricomincerà da capo con un nuovo inizio.

    Teorie
    Fin dalla sua prima apparizione Roy è stato indicato come il probabile artefice dietro a tutte le cose negative avvenute nello show. Secondo una teoria, avrebbe rapito e ucciso i tre amici il 19 giugno 1955, spedendoli in una specie di purgatorio. Questo lo si dedurrebbe dal poster per persone scomparse attaccato ad un albero nel terzo episodio.
    Un'altra teoria formulata dai fan è che Roy sfrutti suo figlio e i suoi amici per far pubblicità ad una società agricola. Nel quinto episodio, infatti, il suo nome continua ad apparire su prodotti alimentari e bevande e viene mostrato il suo numero di telefono su un post-it attaccato al frigorifero. Verso la fine dell'episodio, farà mangiare Duck Guy a suo figlio con l'inganno, rendendolo obeso e depresso.
    Una possibile interpretazione è che Roy rappresenta i media. Per questo controlla costantemente i tre personaggi e cerca di metterli in riga. Dall'ultimo episodio si può dedurre che Red Guy abbia stretto un accordo con Roy per dare il via ad una serie per bambini e dare libero sfogo alla sua creatività. Tuttavia, quando vede il suo amico Yellow Guy venire torturato dal simulatore, decide di chiudere tutto, staccando la spina alla macchina. Red Guy potrebbe simboleggiare l'artista dilettante che vende i suoi prodotti a grandi aziende, ma, una volta che queste lo possiederanno, soffocheranno la sua creatività. “Staccando la spina”, il creatore di contenuti si libererà dell'invadenza delle grandi aziende, ma dovrà cominciare il suo lavoro da capo.

    Infine, non tutte le teorie mostrano Roy come il colpevole, anzi, forse anche lui è una vittima dei media. Molti indicano la scena in "Tempo" in cui viene mostrato agganciato ad un berretto di stagnola mentre guarda porno. Oppure, un altro esempio è nell'episodio "Amore". Invece di essere il leader del Culto, appare come un semplice seguace a cui hanno fatto il lavaggio del cervello.
    Ma, cosa più importante, alcuni indicano l'ultima scena, quando Roy allunga il suo braccio per toccare la spalla di Red Guy, come un momento di redenzione da parte sua; vuole che Red Guy spenga il simulatore e salvi suo figlio da ciò che lui stesso ha creato.




    Edited by _DarkPrince_ - 11/5/2020, 12:37
  6. .
    Questa storia non ha un colpo di scena.
    Non scoprirai che sono davvero il killer alla fine, perché ve lo dirò sin dall'inizio.
    Sono io il killer.
    Sono stato io ad averlo ucciso.
    Sono stato io ad aver trovato il vecchio che zoppicava mentre passeggiavo con mio figlio.
    Sono stato io ad averlo voluto seguire lungo la strada quel giorno.
    Sono stato io ad essermi procurato un paio di forbici per ucciderlo.
    Sono stato io ad averlo seguito nel vicolo, tenendo per mano mio figlio di sei anni.
    Sono stato io ad averlo colpito trentasei volte.
    Sono stato io ad aver consolato mio figlio in lacrime.
    Sono stato io ad avergli fatto promettere di mentire per proteggermi.
    Vi prego, credetemi. Questa storia non ha un colpo di scena. Sono io il killer.


    Edited by & . - 9/7/2020, 17:15
  7. .
    Più o meno 6 anni fa, su Reddit, un utente di nome Dan Wickham aprì un thread intitolato "The Box of Crazy".

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    CITAZIONE
    So a friend of mine found this box by the trash, it is full of wonderful, crazy illustrations. Clearly something happened to this guy that was very memorable. It measures roughly 29" by 38" and almost all the drawings are very large.

    L'utente affermava che un suo amico avesse trovato, vicino ai cassonetti della spazzatura, una particolare valigetta con all'interno strani ed inquietanti scritti, studi e disegni datati 1975-1977. Il ritrovamento aveva avuto luogo ad Asheville, North Carolina, intorno al 2008.
    Al suo interno, come già citato, c'erano pile e pile di fogli contenenti testi scritti a macchina e note scritte a mano scarabocchiate, nonché risme di diagrammi, schizzi e disegni geometrici indecifrabili a dir poco bizzarri.
    Molti fanno riferimento al Misticismo del Carro, una corrente del misticismo ebraico che deriva da visioni estatiche come quella di Ezechiele 1.
    Oltre a numerose raffigurazioni di angeli e serafini a quattro teste con doppie ali, tra i vari disegni sono presenti creature umanoidi con le teste di animali, creature volanti simili a draghi e varie altre strane bestie. C'erano anche molti disegni di quelli che sembrano essere alieni e UFO, a volte mescolati tra le immagini religiose e il serraglio di mostri, oltre a numerosi diagrammi, schemi di strane macchine volanti e altri aggeggi come faretti a scomparsa e turbo-jet.

    La valigetta creò all'interno di Reddit una notevole curiosità, perché molto del materiale ritrovato era palesemente in anticipo sui tempi tecnologici della nostra era. Infatti, molti disegni mostrano un sorprendente livello di conoscenza tecnologica e ingegneristica.
    Alcune delle macchine e delle invenzioni sono persino contrassegnate come "brevettate", sebbene non sia mai stato trovata alcuna prova che lo siano effettivamente.

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    C'è anche una tavola periodica degli elementi accuratamente disegnata a mano, disegni geometrici che sembrano non avere alcun significato, così come tante mappe geografiche risalenti agli anni '30, la maggior parte meticolosamente disegnate a mano.
    Queste mappe sono sconcertanti, poiché sembrano avere schemi aerei e percorsi di trasporto aereo delineati su di esse, concentrandosi principalmente sul confine tra Marocco e Algeria. Inoltre, tutte hanno un buco anomalo al centro. Perché?

    È presente anche una fitta pila di documenti su un avvistamento e uno studio sugli UFO condotto dall'APRO (Arial Phenomenon Research Organization), e un foglio con una calligrafia scarabocchiata in cui è descritto l'avvistamento di un UFO nel 1977 a Tampa, in Florida, accompagnato da un schizzo di un UFO e un tornado intitolato "Touch-down del Tampa Bay Tornado".

    Secondo altri disegni, ci sono ulteriori presunti incontri dello scrittore con creature extraterrestri negli anni, oltre a riflessioni sconclusionate e pensieri sulle credenze dello scrittore sulla religione, gli UFO, le proiezioni astrali e strani schemi meteorologici, ed è tutto piuttosto sconcertante, persino ancora di più perché nessuno ha idea di chi sia l'artefice. Qualche utente di Reddit ha ipotizzato si trattasse di un certo "Daniel Christiansen", perché alcune pagine possono vedersi firmate a suo nome.

    Inutile dire che questo topic su Reddit abbia generato ogni tipo di dibattito, discussione e teoria che continuano senza sosta e soprattutto senza risposte complete e soddisfacenti. Ma che cosa significa tutto questo?
    Le molte idee avanzate includono il fatto che Christianson abbia avuto veri e propri incontri alieni, forse con qualche telepatia che ha influenzato la creazione del contenuto della sua valigetta, o che in qualche modo abbia viaggiato in un'altra dimensione, altre idee suggeriscono che sia solo un progetto artistico o un'opera di finzione, o ancora una sorta di manifesto, oppure semplicemente le conclusioni sconclusionate di un matto.
    C'è anche la domanda sul perché Christianson avrebbe impacchettato tutto questo materiale in quella vecchia custodia di legno e lo avrebbe buttato via.
    Naturalmente è stata sottolineata la possibilità che questa sia forse tutta una bufala, o perpetrata dallo stesso Christianson o dall'utente del thread, Dan Wickham, che avrebbe potuto inventare totalmente il tutto. Alla fine nessuno sa la verità, e questo della "Box of Crazy" continua ad essere un mistero molto singolare che non è stato ancora adeguatamente risolto.

    L'album delle "opere", contiene 102 foto: click

    fonte: reddit, vari thread. non riesco più a trovare l'originale, ma questo sembra un fedele repost www.reddit.com/r/WTF/comments/1puj..._strange_texts/


    Edited by ´ kagerou. - 15/4/2020, 12:24
  8. .
    Non meno di una settimana fa la nostra Emily è stata promossa a Supervisore. Tuttavia, dopo l'abbandono di Kung, abbiamo ritenuto opportuno promuoverla ulteriormente per i suoi meriti e la sua costante dedizione. Ci auguriamo che possa svolgere un ottimo lavoro!
  9. .
    «Solo tu puoi farlo»
    Gabriella rabbrividì al suono di quelle parole, le attraversarono la pelle come tante piccole scariche. Se ne stava lì, seduta sulla grande scrivania in mogano del suo studio, ad ascoltare la supplica dell'uomo che le stava di fronte. Lei era bassina, giusto un metro e settanta, con una cascata di riccioli biondi che le accarezzavano il collo e le spalle, e due occhi dello stesso colore del ghiaccio che, nell'insieme, contribuivano a farla apparire più severa di quello che fosse. Lui era un uomo anziano, con due folti baffi bianchi su un volto altrimenti rasato, ed occhi castani che, ora, la guardavano supplichevoli, dal basso della sedia su cui era seduto.
    Con un sospiro, Gabriella si lasciò scivolare giù dalla scrivania, i tacchi delle sue costosissime scarpe toccarono il suolo con un tintinnio acuto.
    «Non posso, Giu»
    Lo chiamava così, “Giu”, amichevolmente, invece di usare il più formale “Giuseppe”, nonostante l'età apparente che li separava.
    «Gab...»
    Voltò lo sguardo, per non osservare ancora i suoi occhi, ma il tono con cui la stava pregando era sufficiente a causarle una coltellata nel petto. Mosse qualche passo in direzione della vetrata, fermandosi dopo averla raggiunta. Attraverso il grande vetro a specchio, osservò la città che si dipanava sotto il suo ufficio, diversi piani più in basso, mentre sapeva di non poter essere vista da nessuna di quelle formiche che affollavano la strada.
    Lei e quell'uomo si conoscevano da tanti anni, molti più di quanto chiunque altro avrebbe potuto ritenere possibile, guardandola, e forse per questo non riusciva a sostenere il suo sguardo, e aveva bisogno di rifugiarsi nella contemplazione della città.
    «Non posso»
    Lo ripeté di nuovo, questa volta il dolore di quella risposta riuscì a filtrare attraverso la sua voce, e fu sufficiente perché lui si convincesse di avere qualche possibilità di convincerla.
    « È la mia unica figlia, Gab...»
    Ancora quel nomignolo che aveva sentito tante volte, quel nomignolo che concedeva solo a lui e a pochi altri eletti.
    «Lo so...» sapeva quanto Elena contasse per lui, c'era quando lui l'aveva stretta tra le braccia la prima volta, c'era quando l'aveva cresciuta, senza contare sulla figura di una madre ad aiutarlo. Aveva visto gioie e dolori e sapeva, sentiva, quando quell'uomo la amasse. Eppure...
    «... ma non posso»
    Si girò verso di lui, dando le spalle alla città che scorreva senza sosta, inconsapevole dei suoi problemi, di quei dilemmi che le dilaniavano l'animo, in bilico tra fede e sentimento.
    «Gab...» se avesse sentito ancora una volta pronunciare il suo nome in quel modo, si sarebbe messa a urlare.
    Alzò lo sguardo, i suoi occhi azzurri incontrarono la figura dell'uomo, che adesso si sera alzato dalla sedia, ma ancora non aveva osato muoversi.
    «Nessun altro può aiutarmi»
    “E non posso neppure io”. Avrebbe voluto dirlo, sapeva che quelle erano le parole giuste, ma non riusciva a mettere a soffocare quella piccola vocina che si faceva strada dentro di lei “Sì che puoi, hai il potere di farlo”.
    «... puoi... portarla?» si ritrovò a chiedere, maledicendosi poi internamente per averlo detto, per avergli dato una qualche speranza, ma ancora di più si maledisse perché sapeva che lei stessa stava iniziando a cedere.
    E, difatti, gli occhi dell'uomo mandarono un lampo di risolutezza, quindi un sorriso si allargò sotto i suoi folti baffi.
    «Sì» con uno schiocco di dita, un lampo di luce apparve a circa un metro di distanza da dove si trovava Giuseppe, ed in quel punto, subito dopo, apparve un tavolo con sopra stesa una donna di neanche quarant'anni, bionda, con dei boccoli dorati simili a quelli che ricoprivano il capo di Gabriella.
    La donna osservò quella figura, muovendosi ancora, questa volta nella sua direzione.
    «Ciò che Dio da, Dio toglie» pronunciò con voce bassa, misurata, gli occhi sempre fissi su quella figura che sembrava dormire: «Perderai i tuoi poteri, per questo». Ma sapeva quale sarebbe stata la risposta, ancora prima di sentirla.
    «Quali poteri? La capacità di richiamare a me gli oggetti? La vita di mia figlia vale di più, Gab. Ti prego, riportala da me».
    Si ritrovò ad annuire, e a maledirsi ancora, la mano sinistra che già si muoveva a sfiorare la pelle del cadavere, fredda al tocco. Da viva, Elena era stata una donna bellissima, e la morte non sembrava averle portato via nulla, se non quegli occhi dello stesso colore degli smeraldi più puri, che adesso restavano chiusi al mondo.
    Ciò che Dio da, Dio toglie.
    Adesso lei stessa avrebbe scoperto quanto quella frase potesse essere vera. Nell'arco della sua vita, aveva fatto diverse cose in grado di far arrabbiare l'Altissimo, ma mai aveva osato tanto come compiere una resurrezione, pratica assolutamente proibita per gli angeli.
    Soprattutto per quelli che erano stati cacciati dal Paradiso, ed ora, non abbastanza indegni per finire negli Inferi, vagavano sulla terra cercando di guadagnarsi nuovamente i favori divini. Lei non ci aveva mai provato davvero, si era sempre mantenuta su quel terreno neutrale che si staglia tra Paradiso e Inferno, un limbo che le impediva di tornare nei cieli superiori, ma le impediva anche di vincere in dotazione delle ali nere e la coda e di finire a torturare dannati.
    Ora, forse, anche lei avrebbe assaggiato la spada di Michele e sarebbe finita insieme a Lucifero.
    Però, in fondo, a Giuseppe lo doveva. Certo, quello che era successo non era stata interamente colpa sua, non è forse vero che ambasciator non porta pena? Nonostante tutto, aveva ritenuto giusto un risarcimento per quell'uomo, e così gli aveva donato una nuova vita, una nuova identità, una figlia da amare. Fino ad ora.
    «Solo perché sei tu...» sospirò ancora e, anche se non poteva vederlo, sapeva che dietro di lei Giuseppe stava sorridendo. La destra andò ad avvicinarsi alla sinistra, per posarsi a sua volta sul corpo della donna distesa. Chiuse gli occhi, con un ultimo, profondo, sospiro.
    Richiamare l'anima come aveva fatto Gesù con Lazzaro, per loro non era possibile. L'unica cosa che potevano fare – ma che era severamente proibita – era andare a riprendersela, così da legarla nuovamente al corpo che l'aveva ospitata.
    Così utilizzò il corpo di Elena come un canale per unire sé stessa ed il Paradiso dove la donna riposava, così da potersi trasportare là, o, più nello specifico, mandare là una sua proiezione astrale, mentre il suo corpo terrestre restava ben ancorato in quell'ufficio al nono piano del palazzo più grande della città.

    Era davvero tanto tempo che non vedeva il Paradiso, da quando aveva mancato ai suoi doveri ed era finita sulla Terra, e per questo rivederlo le diede uno strano effetto: immaginava di provare nostalgia, forse persino di piangere per il dolore di essere stata allontanata, invece desiderava solo fare tutto in fretta, senza indugiare oltre nella contemplazione di un luogo che non era più casa sua e, di questo era sicura, non lo sarebbe mai stata. Non si illudeva di compiere quell'operazione all'insaputa di Dio, sapeva che ciò non era possibile, si augurava solo di riuscire a riportare indietro l'anima di Elena prima che qualcuno degli angeli superiori riuscisse a dare l'allarme. Una volta resuscitata, nessuno le avrebbe arbitrariamente tolto la vita di nuovo, solo per punire lei di quella grave insubordinazione, e a quel punto sarebbe stata pronta a qualsiasi punizione l'Altissimo avrebbe voluto infliggerle.
    Si guardò intorno, c'era solo bianco intorno a sé. Utilizzando il corpo di Elena come canale, si era ritrovata nel posto più vicino alla sua anima e quindi, per sua fortuna, già oltre i cancelli controllati da Pietro, altrimenti passare sarebbe stato impossibile.
    Adesso, però, doveva trovarla senza ulteriori aiuti, in quella distesa di bianco, soffice come zucchero filato. Mosse qualche passo in avanti, l'unica direzione in cui poteva andare adesso, dal momento che tornare indietro avrebbe voluto dire finire dritta dritta al cancello. Il bianco piano piano si diradava, fino a lasciare spazio ad una collina d'erba che dolcemente scendeva. Nonostante il tempo passato, i suoi ricordi non erano affatto sbiaditi, sapeva che, una volta superata la collina, avrebbe trovato alcune delle anime che avevano ottenuto l'accesso al Paradiso – tra cui anche Elena, visto che era stata catapultata direttamente lì – ma sapeva anche che avrebbe trovato ad attenderla anche una moltitudine di angeli.
    Doveva dunque farsi coraggio, e cercare di dare poco nell'occhio, con un po' di fortuna, forse, sarebbe riuscita a farsi passare per un'umana.
    Prima che potesse muovere ulteriori passi, però, avvertì distintamente il calore di una mano che si posava sulla sua spalla e poi un altro calore, più intenso, espandersi dal suo cuore. Conosceva quella sensazione bruciante, e non aveva neppure bisogno di voltarsi per sapere chi si trovava alle sue spalle, tuttavia lo fece.
    «Raffaele...» pronunciò, guardando negli occhi colui che per millenni aveva chiamato fratello.
    «Gabriele» quel nome non le apparteneva ormai da troppo tempo, scosse quindi le spalle, e, con quelle, anche i lunghi capelli biondi.
    «È Gabriella, sulla Terra»
    Il sorriso di Raffaele ancora una volta le scaldò il cuore, facendole provare quella fitta di nostalgia che non aveva provato al suo arrivo in Paradiso.
    «Non ha importanza. Sei tu»
    Questa volta, il medesimo sorriso si rifletté anche sul volto della donna.
    «Sì... sono io...» ma durò solo un istante, poi tornò a rabbuiarsi, consapevole di ciò che stava per fare, di ciò che aveva accettato di fare.
    «Perché sei qui?» eppure qualcosa, nel tono di Raffaele, le suggerì che lui era già a conoscenza della sua venuta, voleva solo sentirselo dire.
    «Per una resurrezione» le uscì così, senza tante esitazioni e senza giri di parole. La verità secca e cruda, così com'era.
    Come aveva previsto, non passò alcuna sorpresa attraverso gli occhi nocciola dell'Arcangelo.
    « È lì» al contrario, unì a quelle parole un ampio gesto del braccio, l'indice puntato verso un gruppetto di persone che correvano beate all'interno di quel prato incantato. Tra di esse, distinse senza grosse difficoltà proprio colei che stava cercando.
    «Come fai a-»
    «Non ho mai smesso di osservarti»
    Naturalmente non lo aveva fatto. Erano fratelli, erano stati arcangeli insieme, prima che la sua disubbedienza la portasse a cadere in quel limbo, Raffaele non poteva averla dimenticata, e si diede della sciocca per aver pensato, anche solo per un secondo, che potesse farlo.
    Adesso, però, occorreva prendere una decisione, perché quello che avrebbe fatto avrebbe deciso le sue sorti future.
    «Gabriele...»
    La voce di Raffaele la costrinse a voltarsi, per osservarlo ancora, il volto adesso reso triste, anche attraverso la luce che splendeva perpetua in quel luogo.
    «... è già stato duro perderti... se cadrai ancora... non ci vedremo mai più. Non potrò vegliarti, laggiù».
    Ne era consapevole, naturalmente.

    Corse ancora una volta con lo sguardo ad Elena: sembrava felice, e per un istante si chiese se non fosse giusto lasciarla lì, permetterle di vivere eternamente nella luce del Signore, senza riportarla indietro solo per gli egoistici desideri del padre.
    «Devo fare quello che reputo giusto»
    «No» questa volta nella voce del fratello vibrava una nota diversa, più decisa «Devi fare quello che è giusto. Elena ha finito il suo tempo»
    Continuava a guardarla, le lacrime iniziarono a pungerle l'interno degli occhi, minacciando di sgorgare da un momento all'altro.
    «È così giovane...»
    «Tanti sono stati chiamati anche più giovani di così».
    Era vero, tanti ragazzi e bambini venivano chiamati tutti i giorni a giocare in quel parco, senza che mai nessuno si presentasse a reclamare la loro anima. Non avevano meno diritto di Elena, e lei non aveva alcun diritto di privilegiare un'anima a scapito di un'altra.
    Eppure...
    «Lo so»
    Eppure c'era quella supplica a bruciarle dentro, lo sguardo di Giuseppe a scavarle nell'animo. Non era stato facile, essere ripudiata dal Paradiso. E, quando questo era successo, non c'era nessuno ad aiutarla. Non c'era Michele, la cui arma scintillante era già pronta a scagliarla più in basso, non c'erano gli altri fratelli con cui aveva condiviso la luce. Non c'era Raffaele. L'aveva seguita, l'aveva osservata, ma lei non ne era mai stata consapevole, neanche una singola volta, non aveva mai davvero goduto della sua vicinanza, del suo sostengo. Giuseppe era stato l'unico ad accoglierla nella sua vita, a permetterle di trovare un piccolo scopo anche in una vita terrestre. Lui l'aveva spronata a studiare le leggi terrestri, lui l'aveva spronata ad intraprendere la carriera di avvocato, per poter aiutare, anche lì, delle anime innocenti a non perire sotto i soprusi.
    «Davvero sceglierai Giuseppe, invece dell'Altissimo?»
    Raffaele aveva sempre avuto la capacità di leggerle dentro, di leggere i suoi pensieri più profondi.
    «No» rispose, e mentre lo faceva congiunse le mani, animandole di un bagliore che rivestì anche Elena, qualche metro più in là: «Scelgo di fare quello per cui sono stata creata... aiutare».

    Aveva scelto.
    Giusta o sbagliata, aveva preso la sua decisione.
    Riaprì gli occhi dentro il suo ufficio, le mani che ancora brillavano di quella luce a cui aveva legato l'anima di Elena. La donna ancora giaceva stesa sul letto, e Giuseppe si era nel frattempo avvicinato, ed ora, accanto a lei, teneva la mano della figlia tra le sue, rozze e callose.
    Gabriella portò le mani alle labbra, e subito la luce che le animava si mosse verso il suo volto, quasi volesse farsi risucchiare da lei. Giuseppe si limitò ad osservarla, senza proferire parola, neanche quando l'angelo si chinò verso Elena, posandole un bacio sulla fronte.
    Fu questione di un attimo, la luce si spanse su tutto il corpo della donna, riportando il colore sul suo volto ed il calore nella sua pelle, che l'uomo stringeva.
    « È...?» chiese lui, titubante.
    «Viva, sì» confermò la donna, per poi allontanarsi e tornare verso la scrivania, il corpo proteso in avanti, e le braccia posate sulla scrivania, a sostenerne il peso.
    Ormai non poteva più tornare indietro, aveva violato il giuramento e messo fine alla sua possibilità di redenzione.

    «Stai bene?»
    Non c'era una risposta, o, per meglio dire, la risposta era ovvia, e nel giro di pochi secondi si palesò davanti agli occhi attoniti di Giuseppe. Non ci fu nessun annuncio, nessuna avvisaglia, semplicemente il corpo di Gabriella iniziò a raggrinzirsi, come quello di una prugna, ed un pallore mortale prese il posto del roseo incarnato che l'aveva contraddistinta, mentre anche i capelli presero a invecchiare sotto la spinta di un invecchiamento tanto rapido quanto ineluttabile.
    Gabriella ebbe giusto il tempo di voltarsi verso di lui, di allungare una mano nella sua direzione, in una muta e inutile richiesta di aiuto, poi il suo corpo non resse più il fardello dell'età e finì per cadere su sé stesso. Giuseppe si mosse rapido, allungò le braccia verso di lei e prese quel corpo ora fragile come quello di una centenaria, prima che potesse toccare il suolo.
    «Gab...» la chiamò ancora una volta, mentre cercava di sostenerle la testa.
    «Ho... paura...» una lacrima solitaria scivolò lungo la guancia di colei che era stata messaggera di Dio, poi, con un ultimo singhiozzo, chiuse gli occhi.

    Edited by Emily Elise Brown - 26/2/2020, 22:26
  10. .
    Interpretazione delle emoticon rattiane:

    :oessido: - esprime sconcerto, sgomento. Può essere usato con accezione determinativa di uno stato d'ansia, fredda meraviglia, stupore preoccupato - disagio mescolato a sorpresa. In determinati contesti, inoltre, può assumere il valore di un :o: di memoria woodyana. Ma non solo...

    Es: "Oggi ho avuto la diarrea a scuola, ho pisciato cacca sulla maestra"
    " E com'è andata a finire? :o: "
    " Ha assaggiato, era buona."
    "Ah, però! :oessido: "



    :rath: - varie sono le interpretazioni di questa emoticon, il suo uso molto variabile e adoperato in contesti in cui sembra non centrare nulla, spesso uso volutamente generalizzato per costituzione stessa dell'emoticon, come detto, molto versatile e ineffabile.
    Il riso non esprime in sé disagio, ma malizia nelle sue varie accezioni a seconda dei contesti: nasce infatti come espressione del desiderio di insupare. Può essere usato, inoltre, in momenti comunicativi che richiedono specificatamente un apporto di mistero, violenza sessuale e pernacchia. In termini positivi, può esprimere specifica soddisfazione/ironia. In ultimo, la faccia può assurgere al ruolo di mitigatore di scherzi di cattivo gusto e osservazioni pungenti.

    Es: Captain Soyuz è grassa :rath:


    :gigi: - deve ancora trovare un posto nel mondo, questa emoticon, ma a guardarla l'interpretazione di Marco pare essere quella azzeccata. Assomiglia al sorriso di quel vecchietto, avete presente, no - Pain Harold.
    Dolore celato, fatica di vivere, o, in altre accezioni, essenzialmente CRINGE.

    - Ehi, allora, com'è andata a scuola? -
    - Tutto a posto mamma :gigi:
    - Amore di mamma, non temere, ti nutro io :rath: -
    - Che vorresti dire, mamma? :oessido:
    - Anche a me ribolle l'intestino di shit :rath:
    ...
    Ok :gigi:
  11. .
    Intanto l'entità malefica continuava a creare scompiglio all'interno del forum, mandando misteriosi messaggi sfruttando i profili delle ignare vittime.

    Il demone guardava soddisfatto il suo lavoro, mentre tutti continuavano a parlare di lui. Gli ignari utenti del forum non potevano immaginare che il colpevole si celasse dietro un volto così familiare, così innocuo, così... Insospettabile.

    Nascosto nell'ombra, osservava il suo operato, sapendo che avrebbe creato scompiglio ancora per molto, molto tempo.

  12. .

    vmdE32r


    La stagione estiva è ricca di colori e profumi, di immagini e di sensazioni caratteristiche. Basti pensare al rumore delle onde del mare sulla battigia, al tepore mattutino dei raggi del sole, al profumo della salsedine. Ma l'estate è anche sinonimo di scoperta e di avventura: passeggiate serali in compagnia dei propri amici, viaggi, nuovi amori. E se tutto questo non fosse vero? Abbiamo considerato solamente alcuni degli aspetti positivi dell'estate. Se pensassimo quindi all'estate come sinonimo di horror? Cosa ne verrebbe fuori?
    Noi dello Staff siamo molto curiosi e abbiamo pensato di dare a voi utenti l'opportunità di raccontarcelo attraverso un nuovo contest di scrittura. Ma attenzione, questa volta ci sarà un vincolo da rispettare e vogliamo sfidarvi dandovi un limite massimo di parole da rispettare. Are you ready?

    Regolamento


    • I voti delle storie andranno da 0 a 5 con la possibilità di usare i mezzi voti. Potranno votare tutti coloro che non partecipano al contest. Verranno presi in considerazione solamente i voti degli utenti che avranno commentato e argomentato in modo adeguato le storie dei partecipanti;

    • Gli staffer potranno partecipare al contest, ma le loro storie non saranno presenti in classifica. Sarà possibile però votare le storie dello Staff che verranno poi inserite in una classifica secondaria senza premi. Gli unici vincitori sarete voi utenti;

    • Il limite massimo di parole da utilizzare è: 600;

    • Il periodo di durata del contest va dal: 04-08-2019 al 04-09-2019.


    Premi


    • La storia del primo classificato sarà pubblicata sulla pagina Facebook del CPF;

    • I primi tre classificati riceveranno una targhetta di partecipazione da poter inserire nel proprio profilo.


    Bando alle ciance, diamo inizio all'Estacontest!!!




    Avvisiamo la gentile utenza che le votazioni NON verranno prese in considerazione se non presentano motivazioni valide e argomentate.

    Edited by Emily Elise Brown - 21/8/2019, 21:35
  13. .
    Siamo lieti di annunciarvi che BobaFett95 ha superato il colloquio. In bocca al lupo per il prosieguo!
  14. .
    Un centro di raccolta cadaveri a Phoenix, Arizona. Una struttura che dovrebbe in apparenza usare i corpi a scopi scientifici, ma in realtà vi si svolgono macabri esperimenti e mercato di organi. Pure il nome del proprietario, Stephen Gore, fa pensare a un film horror o a una creepypasta.

    E invece è tutto vero.



    Era il 2014 quando, durante un'indagine per traffico illegale di organi, l'FBI fece irruzione nella sede del Biological Resource Center, un centro di raccolta cadaveri. I corpi venivano recuperati gratuitamente dagli addetti della struttura, dalle famiglie che credevano che i loro cari sarebbero stati utili alla ricerca scentifica. Una pratica comune, soprattutto in Arizona dove ha sede la Fondazione Alcor per la preservazione crionica, ma ciò in cui gli agenti si sono imbattuti era più simile a un mattatoio, o al laboratorio di uno scienziato pazzo. I rapporti resi pubblici solo ora nel 2019 parlano di uno spettacolo raccapricciante: cadaveri ammassati ovunque molti dei quali smembrati, nessun tipo di identificazione sulle parti del corpo staccate, freezer con secchi pieni di membra e teste, per un totale di oltre 1.700 corpi. Appeso a una parete era stato trovato il torso di un uomo, su cui era stata cucita la testa di una donna. I media lo hanno definito human chop shop, termine calzante visto che i chop shop sono quei luoghi dove smontano i veicoli rubati, principalmente le automobili, allo scopo di vendere le loro parti. Infatti il Biological Resource Center non si limitava ai macabri esperimenti, ma copriva un vero e proprio traffico di parti umane: da 375 dollari per un ginocchio fino a 2.900 dollari per un corpo senza testa.


    Stephen Gore durante il processo

    Ma come è stato possibile fare tutto questo per Stephen Gore, proprietario della struttura, che non aveva nessuna qualifica medica ma solo un attestato di scuola secondaria? Il fatto è che in Arizona le leggi sul trattamento dei cadaveri erano molto fumose all'epoca ed è stato molto facile per Gore creare questo centro di raccolta, approfittando della buona fede delle famiglie in lutto per mero profitto. Gore è stato giudicato colpevole nel 2015, condannato a un anno di carcere e al pagamento di 121.000 dollari di risarcimento. Dopo questo fatto l'Arizona ha implementato un obbligo di permesso per il trattamento dei cadaveri nel 2017, ma la legge non è ancora entrata in corso per ora.



    Edited by eFesti - 28/7/2019, 20:48
  15. .
    Il rosso acceso di quella scatola di cartone brillava alla luce di una lampada da lettura. Entrambi gli oggetti erano posti su un tavolino in mogano al cui fianco vi era una comoda poltrona in pelle marrone. Su di essa sedeva un signore sulla quarantina.

    Una vestaglia a quadri in lana, una camicia col colletto aperto, delle pantofole ed una fede al dito.
    Il suo volto era madido di sudore, i capelli scomposti, gli occhi spenti, vitrei, e con la mano sinistra stringeva tremando una tabacchiera.
    Allungando la destra scoperchiò quella scatola rossa posta affianco a lui e da lì prese una pipa ed insieme a quella un bigliettino contornato da disegnini infantili:
    «Auguri papà!»
    Recava scritto.

    Dal suo occhio stava colando una lacrima che rapida stava iniziando a farsi strada per tutto il volto mischiandosi poi col sudore all’altezza della guancia... ma l’uomo fingendo di non curarsene, posò la tabacchiera sul tavolino ed a quel punto riempì la pipa di tabacco e la mise in bocca. Compattato il tabacco, cacciò fuori dalla tasca dei pantaloni una piccola confezione di fiammiferi e ne utilizzò uno per iniziare a fumare.

    La stanza si stava riempiendo di fumo e l’uomo non riusciva a trattenere le lacrime tanto che scoppiò in un profondo pianto.

    Continuava a guardare pallido di fronte a sé, mentre le lacrime gocciolavano sulla lana della vestaglia.
    Impietrito, sofferente.

    Il tabacco si era quasi esaurito e l’uomo aveva ormai smesso di piangere. Il suo volto ora trasmetteva solo la più pura apatia.
    A quel punto spense la pipa e la posò.

    Mise la mano in tasca: voleva cacciarne fuori qualcosa ma per qualche ragione esitava.

    Deglutì.

    Rapidamente tirò fuori una pistola e senza chiudere gli occhi se la puntò alle tempie.

    Un colpo secco.

    Il suo cadavere, con un tonfo, cadde per terra.

    Lentamente del sangue iniziò a sgorgare dal foro creatosi e spandendosi iniziò a mischiarsi a quello di un’altra pozza rossa... ed al centro di quel salotto venne a crearsi un vero e proprio lago di sangue.

    Di fronte all’uomo, ormai inerte, giacevano immobili i corpi di due bambini e quello di una donna.


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    Edited by Sergio Marchello - 31/3/2019, 23:07
82 replies since 7/12/2016
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