Votes taken by ´ kagerou.

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    Rispondo qui velocemente: in quale Napoli vivi? Va bene che ormai la metro non fa più le corse Extra fino all'una di notte perché ANM non paga i suoi dipendenti, ma lo sai, vero, che l'ultima corsa da Garibaldi è tipo alle 22:40-22:45? La stazione dove mi è accaduto ciò è quella dei Colli Aminei, sì, e tu quali Colli Aminei conosci? Di recente proprio c'è stata la notte bianca ai Colli, ma per la paura della delinquenza non c'è andato nessuno. I quartieri dell'arenella non sono più così sicuri come si pensava un tempo. Soprattutto la zona della pineta.
    Inoltre, lo stazionamento del Cardarelli (adiacente Colli Aminei, zona Ospedaliera) ha l'ascensore che sta proprio su strada e che porta alla metro al piano di sotto. Ma ci sei mai sceso ai Colli Aminei? Assurdo come vengo messo alla gogna per una LNM di un anno fa dove ho raccontato un episodio sinistro di un tizio che in macchina ha fatto il giro per beccarmi a piedi all'altra entrata. E non è la prima LNM in cui lo fai: accedo al mio account dopo mesi e trovo tipo i tuoi messaggi sotto ai miei post a dubitare dei miei accaduti. Non so.

    In passato su questo forum ero Traduttore e mi occupavo anche di dare un occhio alle storie poco credibili e/o scritte coi piedi; quando ero Traduttore, scrissi questa LNM e come ogni storia che si rispetti passò per lo smistamento. Risultato? Nessuno mi ha detto nulla. Nessuno ha mai dubitato, anche perché oltre il forum mi si conosce nel privato, nel personale. Mi pare assurdo guardar tutti i miei topic e cercare un pelo nell'uovo che NON esiste.
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    Ma è bellissima! Fino al twist finale sembra che si tratti di due normalissime persone coinvolte in un'epidemia zombie, ma wow, fortissimo.
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    Forse lo sanno in pochi, ma tra le tante leggende metropolitane statiunitense che parlano di fantasmi, spettri e infestazioni all'interno di vecchie case ed edifici abbandonati, ne esiste una di cui non se ne parla veramente mai: la leggenda del mostro di Pope Lick.
    Secondo questa storia, che sembra in realtà piuttosto surreale, un vecchio ponte ferroviario sembrerebbe la tana di un mostro ibrido dalle intenzioni malvagie.

    8jsWNpm



    Il tutto avrebbe luogo nella regione di Fisherville, precisamente nella città di Louisville, nel Kentucky. La descrizione del mostro, secondo chi afferma di averlo incontrato, risulta orrenda: l'essere, ricoperto di una folta pelliccia, possiede corna affilate che sporgono dalla fronte e zampe grosse e possenti. Il suo corpo pare deformato, perché somigliante per metà ad un caprone, e per metà ad un uomo.

    Ci sono varie teorie sul modus operandi del mostro nell’uccidere i malcapitati: una di queste lo dipinge come un essere in grado di usare l’ipnosi, tecnica che utilizzerebbe per trascinare le vittime sui binari ferroviari del treno in arrivo per far sì che ne vengano travolte.
    Un'altra ipotesi, sostiene invece che la creatura salti giù dal cavalcavia e atterri sulle auto in corsa, costringendole a fermarsi ed uccidendone i passeggeri, oppure ancora, che sbuchi dal nulla ed attacchi le vittime brandendo un’ascia macchiata di sangue.

    Per quanto riguarda le sue origini, invece, una delle ipotesi più sostenuta anche dai nativi del posto, affermerebbe che il mostro sia in realtà una creatura infernale, che si è reincarnata in un agricoltore che aveva sacrificato delle capre durante vari riti satanici. La sua aura malvagia, inoltre, sarebbe capace di far accrescere nelle persone che lo avvistano, il desiderio di gettarsi dal ponte.

    Secondo il ricercatore David Domine, il mostro sarebbe anche in grado di imitare perfettamente la voce dei bambini che chiedono aiuto, per adescare le sue vittime e non dar loro modo di sfuggire alla terribile morte sotto un treno in movimento. Tuttavia, questo mostro non sarebbe solo in grado di riprodurre pianti di bambini, ma anche urla di persone care alle vittime, spesso anche defunti, riuscendo ad attirarle meglio nella sua trappola.

    Negli anni '80, la leggenda del mostro di Pope Lick fu anche il soggetto di un film di Ron Schildknecht, che lo intitolò, per l'appunto, The Legend of the Pope Lick Monster. Tuttavia, il film venne prontamente criticato in modo negativo, perché al registra vennero attribuite le colpe per aver reso del ponte ferroviario un'attrazione, spesso visitata da giovani adolescenti alla ricerca del leggendario mostro.

    Fu per questo motivo che il governo diramò un comunicato avvertendo della pericolosità del sito, ma fu tutto inutile perché molte persone continuarono a visitarlo e, inevitabilmente, morire lì. Una delle morti più recenti è quella di una turista ventiseienne proveniente dall'Ohio, nel 2016. Era alla ricerca del mostro quando venne investita da un treno in corsa, assieme al suo ragazzo, il quale però riuscì a salvarsi aggrappandosi al lato più esterno del ponte.

    Non sappiamo affermare con certezza se questa sia solo l'ennesima leggenda metropolitana narrata per guastare il sonno ai bambini, ma... una cosa è certa: se potete, evitate di attraversare quel "ponte maledetto".



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    Benvenutissimo! Spero che tu possa trovarti bene.
    Ti consiglio di leggere il Regolamento prima di esplorare la nostra community, ti sarà molto utile. Buona permanenza!
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    La sindrome locked-in


    Una condizione fisica abbastanza inusuale che si affronta dopo aver subito un ictus al tronco-encefalo, e che vede danneggiata la parte ventrale tronco-encefalica con conseguente paralisi di tutti i muscoli volontari del corpo, si chiama sindrome locked-in o sindrome del chiavistello. Si parla di pazienti afflitti da tetraplagia ed inabilità a parlare, il cui cervello resta, tuttavia, intatto dal punto di vista cognitivo. Per questo motivo, le persone con la sindrome "locked-in" possono comprendere ed ascoltare tutto ciò che hanno attorno, ma senza avere i mezzi per comunicarci. Non possono muoversi, non possono parlare; non possono emettere gestualità o vocalizzi di alcun tipo.
    C'è solo una parte del loro corpo di cui possono usufruire: gli occhi. Possono sbattere le palpebre e guardarsi attorno, esattamente come tutte le persone non afflitte dalla sindrome.

    Jean-Dominique Bauby descrisse la sua condizione di malato "locked-in" come vivere dentro uno "scafandro":
    LuHSRDn



    I pazienti che hanno la sindrome locked-in sono pienamente coscienti. Sanno esattamente dove si trovano i loro arti e, a differenza dei pazienti paralizzati, possono ancora percepire sensazioni tattili e dolorifiche. Alcuni pazienti hanno persino la capacità di muovere alcuni dei loro muscoli facciali.

    Il giornalista parigino Jean-Dominique Bauby ebbe un ictus nel 1995; questo episodio lo tenne bloccato in un profondo coma di circa venti giorni. Quando si risvegliò, scoprì che il suo corpo aveva cessato di funzionare: poteva controllare soltanto la palpebra sinistra. Tuttavia, muovendola, riuscì a dettare un intero libro, una lettera per volta; si trattò del suo libro "Lo scafandro e la farfalla".


    La Sindrome locked-in può essere la conseguenza di differenti tipologie di lesione (ischemica, emorragica e di tipo metabolico) o può rappresentare lo stadio terminale di alcune patologie degenerative come la SLA o la Distrofia muscolare.
    Tra le cause più comuni si riconoscono:

    1. ischemia della porzione ventrale del ponte, generalmente dovuta ad una trombosi dell’arteria basilare;

    2. patologie a carico del sistema cardiocircolatorio;

    3. trauma cranico;

    4. overdose da farmaci;

    5. danno alle cellule nervose dovuto alla distruzione della guaina mielinica e provocato da alcune malattie demielinizzanti e leucoencefalopatie.


    Tuttavia, questa sindrome si divide in tre forme, a seconda della sua intensità:
    1.Forma classica: la persona non riesce né a muoversi né a parlare ma è in grado di muovere gli occhi e le palpebre, di capire e di comunicare.
    2.Forma incompleta: il paziente può muovere volontariamente, anche se in maniera minima, la testa e le dita di mani e piedi.
    3.Forma completa: la persona è incapace di compiere qualsiasi tipo di movimento, anche di occhi e palpebre.

    Il decorso della Sindrome Locked-in si articola in due fasi: all'inizio, la condizione assomiglia molto a quella del coma, con anartria (impossibilità di parlare), insufficienza respiratoria, frequente stato di incoscienza o di coma e paralisi totale; la seconda fase, invece, che subentra alla prima dopo un tempo variabile, è caratterizzata da un recupero più o meno parziale delle funzioni respiratorie, di deglutizione e cognitive.

    Purtroppo, il parziale o completo recupero motorio e funzionale nelle persone con LIS (abbreviazione di "locked-in syndrome") è assai raro.


    Vi siete mai chiesti come ci si senta ad essere intrappolati nel proprio corpo?





    Edited by WDR - 30/8/2017, 10:35
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    Avevo completamente rimosso il ricordo di questa storia fino ad oggi, giorno in cui, preparando un curriculum lavorativo per essere assunto in un bar, ho rispolverato un paio di cartacce in cerca di documenti utili. Non cercavo nulla in particolare, solo le varie licenze scolastiche e le varie certificazioni linguistiche acquisite negli anni. Solo che, avendo da poco cambiato la mobilia casalinga, non avevo idea di dove fossero i raccoglitori ad anelli dove custodisco tutte le cose importanti. Ho dunque cercato in lungo e largo la copia cartacea del superamento del B2 di inglese, e pensando a dove diamine lo avessi riposto, mi è tornata in mente la situazione orribile che ho vissuto prima e durante il periodo dell'esame.

    Prima di una qualsivoglia certificazione, generalmente, c'è un corso preparatorio: si è seguiti normalmente da un/a singolo/a madrelingua, il/la quale, per le certificazioni, prende nella sua classe tutte le persone interessate a quel tipo di esame, e le segue fino al fatidico giorno. Il mio era un corso extra-curriculare scolastico, dunque venni inserito in una classe di cinquanta alunni, tutti provenienti dalla mia stessa scuola, ma sezioni differenti. La maggior parte di essi non li avevo mai visti.

    Mi colpì particolarmente una ragazza, esteticamente molto carina, che però sembrava decisamente introversa. Accanto a lei non c'era un compagno di banco, nonostante i banchi fossero doppi, ed era sempre da sola, anche nei lavori di gruppo. Non capivo perché, ma per i primi giorni di frequentazione del corso, evitai di espormi troppo. Chiesi a qualcuno se l'avesse mai vista a scuola, di che sezione fosse e come mai nessuno avesse preso posto accanto a lei, ma tutto ciò che seppero dirmi le ragazze furono un paio di misere paroline riguardo la sua condizione: "Beh, è nuova; è arrivata due mesi fa e nessuno nella sua nuova classe ha legato con lei".
    Da quel momento in poi, continuai a farmi praticamente i fatti miei, non avvicinandomi mai nemmeno per un saluto, nonostante durante le lezioni fossi molto più interessato ad osservarla che non a seguire l'insegnante.

    Nel giro di un mese dalla mia frequentazione del corso, decisi di fare la prima mossa. Da che avevo preso posto fisso accanto ad un ragazzo conosciuto proprio durante le quattro ore pomeridiane settimanali, un giorno qualunque presi posto accanto alla ragazza. Non le dissi praticamente nulla, provai solo a presentarmi, e tutto ciò che lei seppe dirmi fu "Mi ricordi molto una persona". La cosa mi fece sorridere e contemporaneamente incuriosire, ma per tutta la durata della lezione di quel giorno non ci scambiammo ulteriori parole. Lei era molto discreta, gentile nei movimenti, ed ogni volta che mi beccava ad osservarla, arrossiva e distoglieva immediatamente lo sguardo. Non mi disse mai molto sul suo conto, nonostante nelle successive lezioni avessi continuato a sedermi accanto a lei, ma a poco a poco iniziò ad aprirsi e mi rivelò in che sezione fosse capitata, dove fosse nata e come mai si fosse trasferita.

    "Problemi familiari", mi ripeteva puntualmente, nonostante non specificasse mai di che tipo di problemi si trattasse. "Mi sono trasferita per problemi familiari... I miei, sai".

    Dicevo sempre di sì, di capirla, ma senza ulteriori dettagli non ne capii mai molto, ovviamente. Però era semplicemente ok così. Ci vedevamo al corso, facevamo le due ore di lezione assieme e punto, stop.


    Un giorno dopo le lezioni, le chiesi se volesse venire in un baretto con me, a bere qualcosa. Mi disse di essere minorenne e che dunque non le avrebbero mai venduto da bere, ma la rassicurai che qui siamo a Napoli e che da quelle parti fossi un cliente abituale, e che dunque non mi avrebbero fatto problemi (nonostante fossi minorenne anche io, ai tempi). Provò a tirar fuori un paio di scuse, tipo che non le piacesse l'alcol, o che suo padre l'avrebbe messa in punizione se l'avesse beccata, o che avesse da studiare... Ma alla fine la convinsi, e andammo a bere qualcosa. Mi disse che potevamo trattenerci al massimo per un'oretta, perché suo padre era molto apprensivo, quindi decisi che non avremmo passato quell'intera ora al bar. Fatto sta che, al bar ci trascorremmo una buona mezz'ora e lei passò da "non mi piace l'alcol" a "minchia, che addominali che hai". La cosa si infuocò così tanto che inevitabilmente ci appartammo e lei mi chiese di lasciarle il numero di cellulare. La sera che tornai a casa (e rincasai molto tardi, perché andai a trovare degli amici), iniziarono le stranezze.

    Mi scrisse su WhatsApp una serie di messaggi con riferimenti sessuali espliciti, per poi dirmi che non voleva più vedermi e che avevo solo approfittato di lei, poi ancora messaggi a sfondo sessuale, e infine un ultimo messaggio: "Mi ricordi molto una persona". Realizzai che me lo avesse già detto una volta, per cui ignorai gli altri messaggi e le chiesi "Chi?", ma non mi rispose ulteriormente. Il giorno dopo iniziò a bombardarmi di chiamate, chiamate in cui non facevo altro che ascoltare sussurri indistinguibili e lamenti, e così i giorni successivi, finché non ci rivedemmo al corso di lingua, la settimana seguente dall'ultimo incontro.

    Quel giorno mi si avvicinò morbosamente (non l'aveva mai fatto). Durante la lezione mi chiese addirittura se avessi voglia di uscire prima dall'istituto e seguirla "per una sorpresa", ma rifiutai e le chiesi semplicemente di uscire con me dall'aula per qualche minuto, per fumare una sigaretta. Lei accettò e scendemmo in cortile. La scuola era ovviamente deserta alle 16:00 del pomeriggio; noi del B2 di inglese eravamo gli unici a restare fino alle 18:00, e questo lei lo sapeva bene. Quando scendemmo in cortile, infatti, provò a farmi un paio di avances, che però rifiutai subito, preoccupato di poter essere beccati da qualche insegnante ancora presente a scuola. La sua reazione non fu per nulla positiva e mi colpì in pieno volto, accusandomi di essere un maiale ed un pervertito. Unico appunto: non l'avevo nemmeno sfiorata, anzi. Era stata lei a mettermi le mani ovunque nel giro di un millesimo di secondo.

    Tornammo in aula e avvisai l'insegnante che sarei uscito prima per un imprevisto. Presi la mia roba e lasciai la scuola intorno alle 17:00. Mentre abbandonavo la classe mi notò smanettare al telefono (stavo cercando di avvisare un amico di quanto successo), e non appena mi allontanai abbastanza dall'istituto mi arrivarono una serie di messaggi da parte della ragazza, nei quali mi chiedeva "con chi cazzo stessi parlando", "perché cazzo fossi uscito prima", "perché cazzo non le avessi fatto sesso orale". Un ultimo, messaggio finale "Sei proprio quella persona".

    Iniziai a sudare freddo, riconoscendo che questo suo comportamento non fosse per niente sano, e raggiunsi immediatamente l'amico che avevo cercato di contattare. Ciò che lui mi disse non mi rincuorò per nulla, ma si raccomandò bene di informarmi sul conto di questa ragazza senza che lei lo sapesse, e così feci.

    Saltai le lezioni seguenti, mi assentai spesso anche nelle lezioni mattutine scolastiche (quelle regolari, insomma), pur di non incontrarla... E cercai di mettermi in contatto con qualche ragazza della sua classe, affinché riuscissi a capire cosa non andasse. Ovviamente le chiamate strane durante le mie giornate continuarono, diventando sempre più sinistre ed inquietanti: spesso sentivo un uomo lamentarsi in sottofondo, un uomo sicuramente più grande di me.

    Riuscii in qualche modo, poi, a farmi dare l'indirizzo di casa sua, senza che la diretta interessata lo sapesse, e in un tardo pomeriggio invernale mi presentai con un amico alla sua porta. Quando bussammo, sperando di trovare i genitori ed avvisarli del comportamento anomalo della loro bambina, non ci rispose nessuno. Tuttavia, ci fu chiaro che in casa ci fosse qualcuno in quel momento, perché si sentivano voci e rumori provenire dall'interno dell'abitazione. Andammo via a mani vuote.


    Il giorno seguente lei mi telefonò in lacrime, chiedendomi scusa e raccomandandosi di non presentarmi mai più a casa sua senza avvisare, perché alla prossima, suo padre "avrebbe perso la pazienza". Le dissi che era ok, che non ci sarei più andato a casa sua, ma le chiesi la cortesia di non telefonarmi più, di non scrivermi più messaggi, e le chiesi di dimenticarsi della scappatella il giorno in cui le feci bere alcol. In lacrime mi disse che se ciò mi avesse reso felice, lei l'avrebbe fatto, "proprio come ho fatto con la persona che mi ricordi". Ci iniziavo a capire sempre meno, e ne capii ancor di meno quando lei, non si sa come, riuscii a scoprire come abitassi IO e non si presentò a casa mia con una confezione di preservativi. Mi disse "Pensavo abitassi da solo, come quella persona, dunque sono venuta a farti compagnia", ma ovviamente non abito da solo e mia madre la cacciò di malo modo. Poco più tardi mi minacciò di morte tramite WhatsApp, e mi disse che se mia madre non si sarebbe fatta da parte "se la sarebbe presa pure con lei". Iniziai ad avere paura, non tanto per la mia incolumità, quanto quella dei miei cari. Stringemmo un patto assurdo (ero veramente immaturo e imbecille), e le dissi che avrei fatto sesso con lei quotidianamente, solo se non fosse più venuta a casa mia e non avesse più parlato di minacce. La reazione fu, ovviamente, positivissima. Mi diede appuntamento in un posto piuttosto isolato della città, e qui mi resi conto che qualcosa non andasse: un orario improponibile, notte fonda, quartiere malfamato. Mi disse di portare tanto alcol con me e di presentarmi con tanti soldi... ma con mille incertezze, alla fine non mi presentai all'appuntamento. Lei impazzì, mi disse che suo padre "mi avrebbe conciato come quella persona", ed io riuscii ad avere la forza di rivolgermi alla scuola e invogliare la preside a mettersi in contatto con i genitori della ragazza. Una settimana dopo aveva chiesto il trasferimento in un paesino VERAMENTE lontano da qui.
    Mai più vista. Né sentita. So che però le cambiarono la scheda telefonica, ma nei giorni successivi continuai a ricevere chiamate anonime per circa un mese, e non dormii tranquillo. Quando terminarono mi arrivò un messaggio stranissimo da un numero che non avevo segnato in rubrica, e diceva "Mi manchi, ma è tornata quella persona". Cambiai numero telefonico.

    Edited by ´ kagerou. - 14/7/2017, 11:32
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    Nella città di Bisden, nessuno esce di casa quando cala il buio. Non appena il sole comincia a tramontare - le imposte vengono sigillate, le fiamme delle candele si spengono e le porte sono ben chiuse. Prima che la luna diventi piena, l'intera città sembra deserta, ed il silenzio regna supremo.

    "Hai sentito?" sussurrò Freja, sembrando molto piccola e spaventata, nel buio.
    "Stai. Zitta." Soffiò suo fratello maggiore, Freud, a denti stretti, notando le finestre nere della casa vicina a loro. Probabilmente erano chiuse.
    Nessuno sano di mente avrebbe lasciato le finestre aperte, durante la notte. Almeno, non a Bisden.

    "Ti avevo detto che non avremmo dovuto giocare nella foresta," continuò Freja. "Ti avevo detto che saremmo dovuti tornare prima."
    "Ed io ti avevo detto di stare zitta," disse Freud. "Piangere sul passato non cambierà il presente." Diede un'occhiata a sua sorella, che stava tremando nel buio. "Non cambia la situazione in cui siamo."

    Prima che Freja potesse rispondere, il debole suono della risata di un bambino riecheggiò controvento. A Freud venne la pelle d'oca sul collo e sulle braccia. Qualcosa di quel suono sembrava... strano.

    "Forse ci sono altri–", Freud mise le mani sulla bocca di Freja. Stringendola a sé, indietreggiò nell'ombra del vialetto. Ancora una volta, lo spettrale suono si diffuse nell'aria. Freja si irrigidì tra le braccia di Freud, realizzando la gravità della situazione. La voce di un bambino, stranamente distorta, ruppe il silenzio della notte come un pugno in un vetro.

    "Venite fuori, venite fuori, ovunque voi siate!"

    La Cosa scheggiò all'entrata del vialetto — appena a pochi passi di distanza dal nascondiglio di Freud e Freja. Aveva pressapoco le dimensioni di un bambino, con le braccia che penzolavano grottescamente vicino al suolo — facendo decisamente assomigliare il suo corpo sproporzionato a quello di una scimmia. Era completamente nudo, ed aveva la pelle così terribilmente bianca che rifletteva il bagliore della luna. La Cosa voltò la sua luccicante testa calva verso il vicolo, attraversandolo. La sua faccia era perfettamente liscia, e del tutto priva di caratteristiche — salvo per un inverosimile ampio sorriso, marcato da sottili labbra dal colore del sangue.
    Lo squarcio scarlatto della sua bocca sembrava allungarsi da un orecchio all'altro.

    Freud sentì il calore propagarsi tra le sue cosce, non appena la sua vescica si liberò.

    Freja iniziò a piagnucolare.

    La Cosa si bloccò durante il passo, col corpo che gli diventava rigido come una pietra. Lentamente, girò il torso finché non si trovò di fronte l'entrata del vialetto. Tentò di muovere un passo avanti. Freja cacciò fuori dal naso un forte respiro e andò in iperventilazione. Freud portò le mani a coprirle la bocca, ma fu troppo tardi. In modo assurdamente veloce, La Cosa infilò la testa nel loro nascondiglio, producendo un ripugnante crepitio col suo collo.

    "Vi ho trovati!"


    Nella città di Bisden, nessuno esce di casa quando cala il buio. Ogni giorno, i più piccoli vengono rigidamente raccomandati di tornare a casa al tramonto. Gli viene raccontato del male che infesta le strade di notte. Gli viene detto di restare sempre in silenzio, perché se ti dovessero sentire — i Bambini della Luna ti faranno a pezzi un arto alla volta.



    Edited by DamaXion - 4/7/2017, 23:09
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    L'altra sera ero di ritorno da un lungo ed estenuante corso di recupero di fisica a casa di un'amica. Avevamo iniziato a studiare alle diciassette, circa, che ero arrivato da lei, e mi sono diretto verso casa solo verso le ventidue. Non munito di mezzi propri, nonostante fosse tardissimo, dovevo per forza dirigermi verso l'entrata della metropolitana, accanto allo stazionamento dei pullman della città (uno dei tanti).

    Lì la strada è veramente orribile, le macchine sfrecciano a tutta velocità, e appena cala il sole non c'è un'anima. Ero da solo, ma la cosa non mi ha intimorito, che sono abituato alle zone peggiori della mia città. Voglio dire, ci abito io stesso, in uno dei quartieri più malfamati e pieni di delinquenza, dunque per me non è realmente un problema.

    Allora, nulla, ero uscito dal giardino della casetta in cui abita la mia amica, e mi stavo dirigendo allo stazionamento a piedi. La strada da percorrere per arrivare là offre un bel marciapiede e fortunatamente le luci funzionano tutte, dunque è anche ben illuminato. Ero arrivato di fronte allo stazionamento, dovevo trovare le strisce pedonali per attraversare dall'altra parte e prendere l'ascensore per accedere alla metro, quando notai, da lontano, una macchina parcheggiata alle spalle dell'ascensore (l'ascensore è su strada, la metro è un livello sotto terra).
    Non prestai molta attenzione, ma la cosa un po' mi fece rabbrividire, perché sembrava una sorta di appostamento. Nella macchina c'era un tizio sulla quarantina, aveva spento i fari e i tratti del volto non erano ben distinti, perché alle spalle dell'ascensore l'illuminazione non funziona.

    Continuai a fare finta di nulla e, arrivato all'ascensore, aspettai che l'aggeggio salisse su e che si spalancassero le porte. Ero stanchissimo.

    Non appena il tizio si accorse della mia presenza, a pochi metri dalla sua macchina, iniziò a suonare il clacson con insistenza, per richiamare la mia attenzione. Alzai lo sguardo e notai che mi stava facendo un gesto veloce e nervoso con la mano, indicandomi di andare da lui. Ovviamente non sono cretino e nemmeno nato ieri, dunque restai semplicemente a guardarlo.

    Per mia fortuna l'ascensore, intanto, era arrivato su, e in fretta e furia entrai e schiacciai il tasto per scendere. Non appena il macchinario iniziò a funzionare, ed il tizio se ne accorse, accese la macchina e iniziò ad accelerare. Ovviamente ero tranquillo che di certo non avrebbe sfondato i vetri dell'ascensore buttandocisi dentro con l'auto, ma la cosa mi lasciò non poco insospettito. L'ascensore scende e lui inizia a correre?

    Tutto tranquillo, l'ascensore mi portò a -1, io iniziai a camminare nel corridoio che collega l'entrata secondaria della metro (dov'ero io), alla principale (dove ci sono i tornelli). Feci giusto in tempo a tirare fuori il portafogli per prendere l'abbonamento dei mezzi pubblici e obliterarlo, che sentii una sgommata spaventosa sull'asfalto, proprio fuori alla metropolitana. Mi voltai verso l'entrata principale mentre oltrepassavo i tornelli, e vidi che lì fuori s'era appena fermata la stessa auto che c'era agli ascensori, al volante lo stesso tizio di prima. Mi stava seguendo.

    Vi dico solo che scese dalla macchina e fece per venire verso di me. Per un secondo pensai stupidamente che tanto non potesse raggiungermi oltre i tornelli, che sicuramente non aveva il biglietto, ma un attimo dopo (ringraziando il cielo), tornai lucido. E mi chiesi che cazzo gliene fottesse del biglietto, se il suo desiderio non era prendere la metro, ma solo fare qualcosa di molto brutto. A me.

    Diedi uno sguardo al gabbiotto della sicurezza (per trovarlo assurdamente vuoto, nessun agente al suo interno), e poi, senza nemmeno dargli il tempo di arrivarci, ai tornelli, iniziai a correre come un matto giù per le scale mobili, sperando che un miracolo facesse in modo di far passare al volo la metro, per qualsiasi direzione, per salvarmi la pelle.

    Ovviamente non fu così. Non ero mica in un film.

    Il tabellone segnava che la prossima corsa ci sarebbe stata tra sette minuti. Ed io che cavolo avrei fatto in quei sette minuti? Sarei morto? Sarei stato rapinato? Violentato? Picchiato?


    Arrivato sulla banchina, non potevo più fuggire da nessuna parte, solo nascondermi. Ed ho avuto la fortuna che la metro in cui sono capitato, Linea 1, non fosse composta altro che da una singola banchina (per entrambe le direzioni) e tantissime colonne portanti. Foto presa da Google.

    Inutile dire che ho iniziato a giocare a nascondermi dietro ogni colonna. Tutto perché non ero armato, e da un uomo che sembrava un gorilla, non potevo proprio difendermi.


    Alla fine, l'uomo è sceso davvero in banchina. Mi cercava, ma quando si è reso conto che avrebbe dovuto camminare su tutta la banchina (molto lunga), prima di trovarmi, ci ha rinunciato e se n'è tornato all'uscita, risalendo le scale mobili. Mai più visto da lì.

    Stamattina sono passato nella stessa strada in cui il tipo s'era appostato l'altra sera, precisamente oltre gli ascensori, solo che 'sta volta ero su moto e avevo un coltello, in più c'era un amico con me. Ovviamente della macchina, o del tipo, nessuna traccia.


    Beh, strano-tizio-dalle-dubbie-intenzioni-appostato-oltre-gli-ascensori, non incontriamoci mai più.

    Edited by ´ kagerou. - 27/6/2017, 14:37
  9. .
    Gli spaventapasseri non si muovono.

    Questo è ciò che mi sono detto durante quelle freddi notti autunnali della mia infanzia. Le ombre sulla parete sembravano non essere d'accordo. La famiglia di spaventapasseri diventava decisamente più attiva dopo che tutti erano andati a letto.

    Gli spaventapasseri non si muovono.

    Questo è ciò che mi diceva mio padre dopo che io avevo gridato aiuto durante la notte. "Si trova esattamente dov'è sempre stato. Se non vuoi guardarlo, tira giù le veneziane." Non ho mai trovato le parole per spiegargli che non potevo vedere lo spaventapasseri dal mio letto. Solitamente no. Questo rendeva il tutto ancora più terrificante, quando la sua faccia era premuta contro il vetro della finestra.

    Gli spaventapasseri non si muovono.

    Questo è probabilmente ciò che la famiglia O'Briens diceva al loro bambino Charlie. Avevano comprato la mia fattoria di famiglia dopo che i miei genitori erano morti. Avevano persino sistemato il loro spaventapasseri nello stesso punto, nel prato qui dietro, durante il periodo del raccolto. E Charlie dorme nella stessa stanza in cui dormivo io da bambino.

    Gli spaventapasseri non si muovono.

    Questo è ciò che canticchio mentre resto fuori alla finestra di Charlie durante la notte, con le cavità oculari nei tagli di fortuna sulla mia maschera di tela ruvida, il fieno che viene fuori dal mio maglione enorme. Mi vede, ma di solito non urla per chiamare i suoi genitori. Di solito si copre la faccia con le coperte, piangendo. Non sono sicuro che ciò lo renda più coraggioso di quanto non lo fossi io.


    Gli spaventapasseri non si muovono.

    Questo è ciò che ricordo a me stesso, ascoltando il suono del legno scricchiolante alle mie spalle... il distinto fruscio del fieno contro la stoffa... il crepitio delle foglie asciutte calpestate da un peso.


    Gli spaventapasseri non si muovono.

    Lo canticchio a me stesso, prima nel panico, poi nel dolore. Anche mentre mi si rompono le ossa e il mio sangue cola a terra. Sono sicuro che Charlie ed i suoi genitori non riescano a capire le parole che pronuncio nelle mie grida agonizzanti. Ma se ci riuscissero, sentirebbero una frase familiare.


    Gli spaventapasseri non si muovono.



    Edited by DamaXion - 21/6/2017, 14:59
  10. .
    Heh welcome! :siga: hope you'll find your place in this place of both hope and despair :asd:
  11. .
    Questo tipo di storie mi sono fin troppo familiari. Nella mia città non è rarissimo un episodio del genere. Dalle mie parti è comune sentir parlare di delinquenti che adescano vittime a bordo strada, fingendo malori e/o guasti ai loro veicoli. La vittima, inconsapevole, accosta per prestare soccorso e quando scende dal suo veicolo viene rapinata.

    Successe una cosa simile anche a me. Ero di ritorno a casa e un uomo mi si è letteralmente lanciato di fronte al CBR. Saranno state le tre del mattino, qualcosa del genere. Disse che qualcuno gli aveva distrutto ruote e vetri della macchina mentre lui era entrato in un bar lì vicino (ma la macchina era davvero TROPPO polverosa e TROPPO in cattivo stato per essere stata semplicemente vandalizzata da qualcuno nel tempo record di un quarto d'ora-venti minuti). Praticamente voleva che io scendessi dal mio cavallo, per aiutarlo a spingere quel rottame fin non-so-dove, e che gli prestassi il cellulare per una telefonata.

    Ovviamente non scesi dalla moto :omg: piuttosto gli dissi che avrei chiamato qualcuno, ma lui iniziò ad insistere dicendo "ma dai, in due ce la facciamo, scendi, spingiamo insieme", e quando vide che non c'era modo di convincermi e che avevo preso il cellulare per allertare un amico di famiglia (un carabiniere) per farsi un giro di pattuglia da quelle parti, si rimangiò tutto e disse che in breve qualcuno lo sarebbe venuto a prendere e che non c'era più bisogno :gratt: guarda caso, in quel momento, un suo complice sbucò da dietro un'altra macchina parcheggiata poco più in là e, facendo finta di nulla, gli disse di salire nella sua auto (probabilmente fresca di rapina, accertato poi più tardi).

    Quando tornai a fare un sopralluogo con quell'amico (armato, ovviamente), se n'erano andati entrambi. La macchina vandalizzata era ancora lì e si venne a sapere che quella era semplicemente una macchina abbandonata, e che era lì da secoli, lasciata in quello stato dopo un incidente stradale mortale.


    MAI scendere dai propri mezzi quando c'è qualcuno che cerca "soccorso" per strada. Piuttosto, accostate e chiamate qualcuno, ma preparatevi veloci sull'acceleratore, che nel caso ve ne scappate verso l'infinito e oltre :ehno:
  12. .
    Quasi tutti i giorni della settimana sono uguali. Mi sveglio e mi preparo per andare al lavoro, poi sveglio mia moglie e i bambini e mi accerto che tutti facciano colazione e siano pronti per affrontare la giornata. Mi assicuro di preparare il pranzo ai bambini e dire loro di lavarsi i denti e spazzolarsi i capelli. Adeline protesta sempre, ma lei è in quella fase in cui ogni cosa che dico viene seguita da una domanda.

    Sin da quando ero giovane, ho sempre immaginato di poter vivere una vita serena, tipo un uomo di famiglia americano. Nel mio immaginario futuro, il sole splendeva sempre, mia moglie era sempre bellissima come in un quadro ed i miei due bambini altrettanto, assomigliando alla madre, ovviamente. Quando finalmente diventai abbastanza grande, trovai la donna dei miei sogni e realizzai questo progetto.

    Alcune persone sognano il denaro, altre la fama, ma tutto ciò che ho sempre desiderato io era avere una famiglia tutta mia.

    Bacio la guancia di mia moglie e la fronte dei miei due bambini, mentre afferro la mia giacca e faccio per andare al lavoro.

    Proprio poco prima di varcare la soglia della porta, faccio un lungo respiro, assaporando l'aria mattutina, poi mi volto verso di loro, sorridendo.

    "Tornerò prima di quanto possiate immaginare. Vi voglio bene."

    Dal suo posto a tavola, tirando le corde legate attorno ai suoi polsi, mia moglie dice: "Per favore, lasciaci andare."

    Forse riuscirò a trovare una nuova famiglia domani.



    Edited by RàpsøÐy - 4/6/2017, 17:58
  13. .
    A volte, noi adulti siamo così infantili. Come i bambini che spesso non fanno ciò che gli viene detto.

    Come quando gli dici di andare a dormire, ma non ci vanno, ed inventano scuse come "Devo fare pipì", oppure, "Devo fare la cacca". O ancora, quando non ascoltano i consigli che gli danno gli adulti per tenerli al sicuro, come "Non parlare agli sconosciuti", oppure "Non attraversare la strada senza guardare".

    Io lo detesto, soprattutto quando a farlo sono gli adulti.

    Dovrebbe essere ovvio che non è colpa mia se quei bambini sono morti in una cippatrice.

    Che tipo, dai, ho avvertito i loro genitori non una, ma sette volte! Gli ho detto di pagare il riscatto entro le prossime ventiquattrore, ma mi hanno ascoltato? No!

    Diamine, gli adulti possono essere così infantili certe volte.



    Edited by DamaXion - 9/6/2017, 14:55
  14. .
    Andarsene per essere stato ripreso dallo staff, in un topic dove non hai permesso uno scambio di opinioni, ma solo imposto aggressivamente la tua idea come unica e vera certezza, è una cosa un tantino discutibile, ma mi secca da morire iniziare una polemica qui sotto, quindi mi risparmierò.

    Se vuoi andare, ciao, e che un giorno tu possa tornare magari con la testa più a posto, con un atteggiamento meno aggressivo e con meno presunzione.
  15. .
    Credo che sia una storia ben scritta, sicuramente frutto di un essere dalla forte sensibilità ed empatia. Scrivere cose di questo calibro non è esattamente una passeggiata, sono temi davvero delicati e pesanti da affrontare, ma il racconto è veramente scorrevole e godibile, e in più riesce a creare nel suo lettore quel senso angosciante di vuoto e impotenza, proprio tipico di chi una situazione del genere la vive in prima persona e nella sua realtà personale. Toccante.

    Quando leggo queste cose mi sento davvero attaccato alla vita, ed io non lo sono mai stato poi troppo. Vi lascio immaginare che reazioni mi procurano queste storie.
    Metto un +1.
    Complimenti per la traduzione, Em :sisi:
199 replies since 4/8/2009
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