L'abbraccio di Medusa - Parte 5

H. P. Lovecraft

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.      
     
    .
    Avatar

    Ser Procrastinazione

    Group
    Veterano
    Posts
    14,730
    Creepy Score
    +425
    Location
    Da qualche parte in Italia

    Status
    Anonymous
    << Parte 1

    < Parte 4

    «Nel corridoio dell'attico la traccia diventava più debole e le impronte scomparivano, o meglio si confondevano con il tappeto scuro. Tuttavia potevo ancora distinguere il percorso dell'entità che era entrata per prima, da sola: dirigeva verso la porta chiusa dello studio di Marsh e spariva sotto di essa, esattamente al centro. Questo dimostrava che vi era entrata in un momento in cui la porta era aperta.

    «Sconvolto, tentai la maniglia e scoprii che la stanza non era chiusa a chiave. Aprii e mi fermai nella luce sempre più debole del lato nord della casa, pronto a nuovi terrori. Sul pavimento c'era senz'altro qualcosa di umano, e allungai la mano verso l'interruttore del lampadario.

    «Quando la luce elettrica illuminò l'ambiente fui costretto a distogliere lo sguardo dall'orrore che vi stava rannicchiato: era Marsh, povero diavolo. Incredulo spostai gli occhi sull'essere vivente che mi fissava dalla porta della camera da letto del pittore. Era scarmigliato, con occhi da folle, incrostato di sangue secco; impugnava un terribile machete, un oggetto ornamentale che tenevamo appeso alla parete dello studio. Persino in quel momento spaventoso, e nonostante che lo facessi lontano mille miglia, riconobbi l'assassino: era il mio ragazzo, Denis, o meglio il folle relitto di quello che un giorno era stato Denis.

    «Vedendomi il disgraziato sembrò riacquistare un barlume di lucidità mentale, o almeno di memoria. Si mise in piedi e cominciò a scuotere la testa, come se volesse liberarsi da un giogo che lo condizionava. Non riuscii a dire una parola, ma mossi le labbra nello sforzo di ritrovare la voce. Per un attimo i miei occhi tornarono al corpo accartocciato sul pavimento di fronte al cavalletto coperto: il corpo verso cui conduceva la traccia rossa e che sembrava stretto fra le spire di qualcosa di scuro, forse una corda. Mio figlio si accorse che guardavo il cadavere e questo produsse un effetto imprevisto su di lui; cominciò a borbottare qualcosa con un filo di voce, e dopo le prime battute riuscii a seguire quello che diceva.

    «"Ho dovuto distruggerla perché era il diavolo... La grande sacerdotessa, il culmine di tutti i mali... La figlia dell'abisso, come Marsh ben sapeva. Aveva cercato di avvertirmi, povero vecchio Frank... No, non l'ho ucciso io, anche se ero pronto a farlo, prima di rendermi conto di come stavano le cose. Invece sono andato di sotto e ho ammazzato lei. Poi quei maledetti capelli..."

    «Ascoltavo in preda all'orrore; Denis tossì, fece una pausa e riprese:
    «"Tu non potevi sapere, ma le sue lettere si facevano sempre più strane e ho capito che era innamorata di Marsh. Poi smise di scrivermi, mentre lui non ne parlava affatto. Ho capito che qualcosa non andava e ho pensato di tornare indietro per scoprire la verità. Non potevo dirtelo, ti saresti tradito. Io dovevo sorprenderli. Sono arrivato a mezzogiorno, con un taxi, e subito ho mandato via la servitù; dei braccianti non mi sono preoccupato, tanto le loro capanne sono lontane. Ho detto a McCabe di comprarmi certe cose a Cape Girardeau e di non tornare fino a domani. Ho convinto i negri a prendere la macchina vecchia e ho detto a Mary di portarli a Bend Village per una gita; ho inventato che andavamo fuori anche noi e che non avremmo avuto bisogno d'aiuto. Li ho consigliati di dormire dalla cugina di zio Scipione, quella che tiene la locanda per i negri."

    «I discorsi di Denis erano sempre più incoerenti e tesi le orecchie per afferrare le parole. Mi parve di sentire ancora il terribile lamento in distanza, ma per il momento la cosa più importante era il racconto di mio figlio.

    «"Ho visto che dormivi in salotto e mi sono augurato che non ti svegliassi. Poi sono andato di sopra, in silenzio, per sorprendere Marsh e quella donna!"

    «Il ragazzo rabbrividì, perché non osava pronunciare il nome di Marceline. Quando il lamento lontano si ripeté, i suoi occhi si dilatarono simultaneamente: c'era qualcosa di familiare, in quel verso, e la sensazione si faceva sempre più forte.

    «"Lei non era in camera sua, così sono andato nello studio. La porta era chiusa, ma dentro ho sentito le loro voci. Non ho bussato, mi sono precipitato nello studio di Marsh e l'ho trovata che posava per il quadro. Nuda, con i maledetti capelli che l'avviluppavano e tutta tenera verso il suo pittore. Il cavalletto era girato quasi completamente dall'altra parte, per cui non sono riuscito a vedere il ritratto, ma quando loro hanno visto me sono impalliditi e Marsh ha fatto cadere il pennello. Ero furioso e gli ho detto che doveva mostrarmi il quadro, ma in lui stava tornando la calma. Ha risposto che non era finito e che mancavano uno o due giorni. Io... l'avrei visto allora. Nemmeno lei l'aveva visto ancora.

    «"Non mi sono lasciato convincere. Ho fatto un passo verso di lui e Marsh ha coperto la tela con un drappo di velluto, per non farmela vedere. Era pronto a battersi piuttosto che permettermelo, ma quella... lei... Si è fatta avanti e ha preso le mie parti. Ha detto che dovevamo vedere il quadro. Frank era eccitatissimo e quando ho cercato di strappare il drappo mi ha dato un pugno. Io gliene ho dato un altro e ho creduto di averlo sistemato. Poi, per poco non sono svenuto anch'io alle urla di quella... creatura. Aveva scoperto il quadro e aveva visto il dipinto di Marsh. Mi sono girato di scatto, ma ormai stava correndo come una pazza fuori della stanza... E finalmente anch'io ho visto il ritratto."

    «A questo punto gli occhi del ragazzo lampeggiarono di nuovo, e per un attimo pensai che volesse avventarsi su di me con il machete, ma dopo un breve silenzio si riprese almeno in parte.

    «"Dio, quell'immagine! Non guardarla mai. Tienila coperta con il drappo e bruciala, poi butta le ceneri nel fiume. Marsh sapeva e voleva avvertirmi. Sapeva cos'era... qual era veramente la natura di quella donna, o pantera, o gorgone, o lamia, comunque tu voglia chiamarla. Frank aveva cercato di mettermi in guardia fin da quando l'avevo incontrata nel suo studio parigino, ma le parole non bastavano. Io pensavo che fossero calunnie, non credevo alle voci orribili che circolavano sul suo conto... Mi aveva soggiogato a tal punto che non riuscivo a vedere la verità... Ma il quadro ha catturato i suoi segreti e li ha rappresentati sullo sfondo adatto. Uno sfondo mostruoso...

    «"Frank è un grande artista e quella tela è il più grande capolavoro dell'umanità dai tempi di Rembrandt! È un crimine distruggerlo, ma sarebbe un crimine più grande permettergli di esistere... Proprio come sarebbe stato peccato mortale permettere a quella... diavolessa di vivere ancora. Appena ho visto il quadro ho capito ciò che era e il suo ruolo nei tremendi segreti che si tramandano dai giorni di Cthulhu e dei Grandi Antichi... Segreti che furono quasi cancellati dalla terra quando Atlantide sprofondò tra le onde, ma che continuano a serpeggiare in certe tradizioni nascoste, in certi miti e riti esclusivi che si celebrano nel cuore della notte. Vedi, non era una ciarlatana: sarei stato contento che lo fosse, invece era proprio quello che diceva. Era l'antica, orribile ombra a cui i filosofi non hanno mai osato dare un nome... l'essere di cui il Necronomicon fa solo cenno, ed è simboleggiato dai colossi dell'isola di Pasqua.

    «"Pensava che nessuno di noi riuscisse a vedere la verità, che la facciata posticcia avrebbe retto finché tutti avessimo perso la nostra anima immortale. In un certo senso aveva ragione, alla fine mi avrebbe preso; si limitava ad aspettare. Invece Frank, il povero Frank... Oh, è stato troppo per me. Lui sapeva tutto e l'ha rappresentata. Non mi stupisce che quando lei ha visto il quadro si sia messa a urlare: non era finito, ma Dio sa se c'era abbastanza.

    «"Allora ho capito che dovevo ucciderla; eliminare lei e tutto ciò che aveva a che fare con lei. Era una macchia che la vita normale non poteva tollerare, e c'era qualcos'altro... ma ti verrà risparmiato se brucerai il quadro senza guardarlo. Ho staccato il machete dal muro e sono andato di sotto, lasciando Frank ancora stordito. Mi ero accorto che respirava e ho ringraziato il cielo di non averlo ammazzato.

    «"L'ho trovata in camera sua, di fronte allo specchio, che raccoglieva i maledetti capelli. Si è rivoltata come una bestia feroce, ha cominciato a vomitare il suo odio per Marsh. Il fatto che lo amasse, e io sapevo che era così, rendeva le cose ancora peggiori. Per un attimo non sono riuscito a muovermi e c'è mancato poco che mi affascinasse: poi ho pensato al quadro e l'incantesimo si è rotto. Se n'è accorta dalla mia espressione e deve aver visto il machete... Non ho mai visto nulla di più simile a una belva della giungla: è balzata verso di me con le unghie in fuori come una tigre, ma io sono stato più svelto. Ho alzato il machete ed è finita."

    «Denis fu costretto a interrompersi e vidi il sudore che gli bagnava la fronte insieme al sangue. Tuttavia, riprese un attimo dopo:
    «"Ho detto che era tutto finito, ma in realtà una parte dell'incubo era appena cominciata. Sentivo di aver combattuto contro le legioni di Satana e ho schiacciato col piede la cosa che avevo ucciso. Ma in quel momento la mostruosa treccia di capelli neri ha cominciato ad agitarsi e contorcersi per conto proprio.

    «"Avrei dovuto saperlo, i vecchi racconti dicono tutto. Quei capelli maledetti hanno una vita autonoma e non basta uccidere la creatura che li porta. Sapevo che avrei dovuto bruciarli, così ho cercato di staccarli con il machete. È stato un lavoro del diavolo, erano resistenti come il ferro, ma alla fine ce l'ho fatta. Il modo in cui la treccia si contorceva e si dibatteva fra le mie mani era disgustoso.

    «"Avevo quasi reciso lo scalpo quando ho sentito un terribile lamento sul retro della casa. Sai a che cosa mi riferisco, ogni tanto riecheggia ancora. Non so cosa sia, ma ha senz'altro a che fare con questa maledetta faccenda. A volte mi dico che dovrei riconoscerlo, eppure non riesco a vederci chiaro. La prima volta mi ha scosso i nervi e nella paura ho fatto cadere la treccia. Ma mi aspettava uno spavento ancora più grande, perché in un attimo la treccia si è avventata su di me, colpendomi ferocemente con un'estremità che somigliava a una testa grottesca. L'ho colpita con il machete e si è allontanata, ma mentre riprendevo fiato ho visto che si muoveva come un grosso serpente nero. Per alcuni secondi sono rimasto paralizzato, ma quando quella cosa mostruosa è uscita dalla porta ho raccolto il coraggio e sono riuscito a inseguirla, barcollando. Ho seguito la lunga traccia sanguinosa e ho visto che portava di sopra. Sono arrivato fin qui, e il cielo mi maledica se non l'ho vista avventarsi sul povero Marsh come un serpente a sonagli inferocito, proprio come si era avventata su di me, e stringerlo nelle sue spire come un pitone. Marsh aveva cominciato a riprendersi, ma la serpe è riuscita a immobilizzarlo prima che potesse mettersi in piedi. Sapevo che in lei c'era tutto l'odio di quella donna e io non avevo il potere di soffocarla. Ci ho provato, ma era troppo forte per me. Anche il machete non serviva a niente, non potevo usarlo con la dovuta energia per paura di fare del male a Frank. E così ho visto quelle spire mostruose che stringevano... Ho visto Frank schiacciato davanti ai miei occhi, e nel frattempo da un punto imprecisato nei campi continuava a salire l'orribile lamento.

    «"Questo è tutto. Ho rimesso il drappo di velluto sul quadro e spero che nessuno lo alzerà più. Bisogna bruciarlo. Non sono riuscito ad allentare le spire che stringono il corpo del povero Frank: gli stanno attaccate come una sanguisuga e ormai non si muovono. È come se la serpe provasse un affetto perverso per l'uomo che ha stritolato: gli sta aggrappata, se lo abbraccia. Dovrai bruciare anche il povero Frank insieme a lei, ma per l'amor di Dio assicurati che sia ridotto in cenere. E anche il quadro, devi distruggerli entrambi. Ne va della salvezza del mondo."

    «Denis avrebbe continuato a parlare, ma i lamenti che venivano da lontano ci interruppero. Finalmente capimmo di che si trattava, perché una folata di vento portò alcune inconfondibili parole. Avremmo potuto arrivarci anche prima, visto che litanie del genere si erano già sentite in passato e nello stesso punto. Era la vecchia Sofonisba, la strega zulù che si era affezionata a Marceline e che urlava disperatamente nella sua capanna, come a coronare l'orribile tragedia. Una parte di ciò che gridava riuscivamo a capirlo, e intuimmo che un oscuro e primitivo legame univa la selvaggia a quell'altra erede di misteri scomparsi, la donna che mio figlio aveva appena ucciso. Le parole della strega tradivano la sua familiarità con tradizioni demoniache antichissime.

    «"Iä! Iä! Shub-Niggurath! Ya-R'lyeh! N'gagi n'bulu bwana n'lolo! Ah, ah, povera missy Tank, povera missy Iside! Padron Clulu, sorgi dalle acque e difendi i tuoi figli... Lei morta! Lei morta! I capelli sono senza signora, padron Clulu. La vecchia Sofia lo sa, la vecchia Sofia ha visto la pietra nera che viene da Zimbabwe, nell'antica Africa. Sofia ha ballato al chiaro di luna intorno alla pietra del coccodrillo di N'bangus, ma poi l'hanno presa e venduta alla gente delle navi! Tanit non c'è più e nemmeno Iside... Non più signora della medicina che tiene acceso il fuoco nella grande casa di pietra! Ah, oh! N'gagi n'bulu bwana n'iolo! Iä! Shub-Niggurath! La vecchia Sofia sa tutto!"

    «Il lamento non finì qui, ma non riuscii a prestarvi più attenzione. L'espressione sul viso di mio figlio dimostrava che quelle parole sconnesse gli avevano ricordato qualcosa di spaventoso e le dita contratte sul machete non facevano presagire niente di buono. Sapevo che era disperato e balzai verso di lui per disarmarlo, ammesso che fosse possibile.

    «Ma era troppo tardi, e un vecchio con la schiena a pezzi non vale granché come avversario. La lotta fu terribile, ma nel giro di pochi secondi Denis si era tolto la vita. Non sono certo che non tentasse di uccidere anche me, perché le sue ultime parole, negli spasimi dell'agonia, furono che bisognava distruggere chiunque fosse stato in contatto con Marceline, o per legami di sangue o per matrimonio.»
    «Ancora oggi mi stupisco di non essere impazzito in quel momento, o nelle ore terribili che seguirono. Davanti a me c'era il cadavere di mio figlio, l'unico affetto della mia vita, e a nemmeno quattro metri di distanza, ai piedi del cavalletto coperto, giaceva il suo migliore amico. Un'orrenda massa nera avviluppava il suo corpo, e al piano di sotto c'era il cadavere calvo di un mostro sul conto del quale ero pronto a credere qualsiasi cosa. Ero troppo sconvolto per giudicare razionalmente la storia dei capelli, e anche se non lo fossi stato le urla terribili di zia Sofia sarebbero bastate a risolvere ogni dubbio.

    «Avrei dovuto fare proprio come il povero Denis mi suggeriva: bruciare il quadro e la treccia che stringeva il corpo di Frank senza perdere tempo; ma ero troppo scosso per seguire quei buoni consigli. Credo di essermi fermato accanto al corpo del mio ragazzo e di aver detto un sacco di sciocchezze, ma poi ricordai che era quasi notte e che la mattina dopo sarebbe tornata la servitù. Era evidente che una tragedia come quella non si poteva spiegare, sapevo che avrei dovuto inventare una storia.

    Parte 6 >

    Nota: in questo racconto, i caporali («) indicano la narrazione di de Russy, mentre gli apici (") sono usati per i dialoghi dei personaggi coinvolti nella tragedia.


    Edited by & . - 18/7/2020, 14:36
     
    .
  2.      
     
    .
    Avatar

    Ser Procrastinazione

    Group
    Veterano
    Posts
    14,730
    Creepy Score
    +425
    Location
    Da qualche parte in Italia

    Status
    Anonymous
    Smisto.
     
    .
1 replies since 2/5/2020, 07:57   64 views
  Share  
.