L'abbraccio di Medusa - Parte 3

H. P. Lovecraft

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    Ser Procrastinazione

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    «Nei primi tempi Marceline sembrò comportarsi come una buona moglie e i nostri amici l'accolsero senza troppe domande e senza sospetti. Io non potevo fare a meno di inquietarmi al pensiero di ciò che gli amici di Denis a Parigi avrebbero scritto a casa dopo che la notizia del matrimonio si fosse diffusa. Nonostante la segretezza di cui la donna si circondava, la notizia non poteva restare nascosta per sempre; tra l'altro Denis aveva scritto personalmente agli amici più intimi, rivelando l'accaduto non appena si erano stabiliti a Riverside.

    «Presi l'abitudine di ritirarmi a lungo nella mia stanza, trincerandomi dietro la mia salute malconcia. Fu a quell'epoca che cominciai a soffrire violentemente di nevrite, e questo rese più che comprensibile il mio bisogno di riposo. Denis non sembrò preoccuparsi troppo e del resto non mostrava eccessivo interesse per la mia persona, i miei affari e le mie abitudini; anzi si comportava con un distacco che mi feriva. Cominciai a soffrire d'insonnia e trascorsi molte notti in bianco cercando di mettere a fuoco quello che non andava: soprattutto perché mia nuora mi fosse così antipatica e m'incutesse paura. Non era certo per il suo passato di occultista, visto che ormai se lo era lasciato alle spalle e non ne parlava; aveva abbandonato anche la pittura, benché un tempo si fosse dedicata all'arte.

    «È strano, ma gli unici che condividevano il mio nervosismo erano i servitori. I negri che frequentavano la casa trattavano mia nuora con estrema diffidenza e in poche settimane la maggior parte dei domestici si licenziarono; solo quelli che erano particolarmente affezionati alla famiglia rimasero con noi. Il comportamento di questi fedelissimi - il vecchio Scipione e sua moglie Sarah, la cuoca Dalila e la figlia di Scipione, Mary - era civile per quanto possibile, ma era chiaro che la nuova padrona di casa si era conquistata soltanto la loro obbedienza, non il loro cuore. La servitù cercava di restare nell'ala distaccata della casa per quanto era possibile. McCabe, il nostro autista bianco, si mostrava insolentemente attratto dalla padrona e quindi non le era ostile; l'altra eccezione era rappresentata da una vecchia zulù che si diceva fosse arrivata dall'Africa più di cent'anni prima, e che era stata una specie di capo della comunità nera. Ora viveva in una piccola capanna come una pensionante fissa della famiglia. Si chiamava Sofonisba e quando Marceline le si avvicinava le dimostrava la massima devozione: una volta la vidi baciare il terreno dove la padrona aveva camminato. I negri sono bestie superstiziose, e mi chiesi se Marceline avesse usato le sue fandonie magiche per vincere l'evidente diffidenza della servitù.»

    «Bene, le cose andarono così per circa un anno. Poi, nell'estate 1916, cominciarono a verificarsi strani fenomeni. Verso la metà di giugno Denis ricevette una lettera del vecchio amico Frank Marsh che gli confessava di aver avuto un esaurimento nervoso e di desiderare un periodo di riposo in campagna. La lettera veniva da New Orleans, perché quando aveva cominciato a sentirsi male Marsh aveva lasciato Parigi ed era tornato a casa; era chiaro che sperava di essere invitato a casa nostra, anche se il tutto era espresso con molto tatto. Com'è ovvio Marsh sapeva che Marceline era da noi e chiese gentilmente sue notizie. Denis apprese con dispiacere i suoi problemi e invitò l'amico a raggiungerci per un soggiorno indeterminato.

    «All'arrivo di Marsh fui sorpreso di notare quanto fosse cambiato negli ultimi anni. Era un uomo piccolino, fragile, con gli occhi azzurri e il mento sfuggente; a tutto questo si aggiungevano gli effetti dell'alcool e non so cos'altro, ma è un fatto che aveva le palpebre gonfie, le narici dilatate e solchi pesanti intorno alla bocca. Penso che avesse preso molto sul serio le sue pose da artista decadente e avesse deciso di somigliare per quanto poteva ai suoi Rimbaud, Baudelaire e Lautréamont. E tuttavia era un ottimo conversatore, perché come tutti i decadenti era sensibilissimo al colore, alle atmosfere e ai nomi delle cose. Era vivo nel senso più pieno e ammirevole del termine, arricchito dai ricordi di esperienze che avevano spinto la sua coscienza nelle regioni più incerte e oscure dell'esistenza, tra sentimenti che la maggior parte di noi sfiorano senza nemmeno accorgersi che esistano. Povero diavolo, se almeno suo padre fosse vissuto più a lungo e avesse potuto assisterlo! C'era del talento, in quel ragazzo.

    «Fui lieto della visita, perché sentivo che avrebbe ristabilito un'atmosfera normale in casa nostra, e sulle prime fu proprio ciò che avvenne. Come ho detto, Marsh era un ottimo compagno e uno degli artisti più profondi e sinceri che abbia conosciuto in vita mia; credo che niente gli importasse più della percezione ed espressione della bellezza. Quando vedeva un oggetto squisito o era intento lui stesso a crearne uno, gli occhi si dilatavano fino a quando le iridi chiare parevano scomparire, e nel volto debole, delicato, bianchissimo, rimanevano soltanto i profondi pozzi neri delle pupille: abissi che si spalancavano su mondi arcani che nessuno di noi riusciva a indovinare.

    «Quando arrivò a casa nostra, tuttavia, queste facoltà si erano alquanto smorzate: come disse a Denis, qualcosa lo aveva prosciugato. La sua carriera di artista del bizzarro - una sorta di nuovo Fusli, Goya, Sime o Clark Ashton Smith - era cominciata in modo promettente, ma poi si era inaridita. Il mondo quotidiano che lo circondava non conteneva più nulla che egli considerasse bello, o almeno di quella bellezza poetica e suggestiva che era in grado di accendere le sue facoltà creative. Si era trovato spesso ad attraversare momenti del genere - succede a tutti i decadenti - ma questa volta non riusciva a scoprire nessuna sensazione nuova, strana e outré che alimentasse un'illusione di fresca bellezza o almeno di avventurosa, eccitante aspettativa. Era come un Durtal o un des Esseintes arrivato al punto più opaco della sua bizzarra parabola.

    «Quando Marsh arrivò Marceline non era in casa. Non era mai stata entusiasta della sua venuta e aveva deciso di non rifiutare un invito di alcuni amici di St. Louis che proprio in quel momento richiedevano altrove la sua presenza e quella di Denis. Mio figlio, naturalmente, era rimasto per accogliere l'amico, ma Marceline si era allontanata da sola. Era la prima volta che si separavano e speravo che l'intervallo avrebbe aiutato mio figlio a uscire dallo stato ipnotico di cui era schiavo e che lo faceva comportare come uno sciocco. Marceline non mostrava alcuna fretta di tornare a casa, anzi ebbi la sensazione che volesse prolungare la sua assenza quanto più a lungo era possibile. Denis sopportò la cosa meglio di quanto ci si sarebbe aspettati da un marito così dipendente, e durante le conversazioni in cui tentava di risollevare l'amico mi sembrò tornato il ragazzo di sempre.
    «Ma era proprio il pittore a mostrare segni di impazienza per il ritorno di mia nuora: forse pensava che la sua strana bellezza, o le credenze magiche che facevano parte del culto di cui si era occupata potessero aiutarlo a ritrovare interesse nelle cose, a dargli nuovo impulso verso la creazione artistica. Ero assolutamente certo che non ci fossero motivi più sordidi, perché conoscevo il carattere di Marsh. Nonostante le sue debolezze era un gentiluomo, ed era stato un sollievo apprendere che voleva venire da noi; il fatto che accettasse l'ospitalità di Denis dimostrava che non c'erano ragioni morali che glielo impedissero.

    «Quando finalmente Marceline tornò a casa, mi resi conto che Marsh non stava più nella pelle. Non tentò di indurla a parlare delle strane pratiche a cui aveva rinunciato, ma non riuscì a nascondere la forte ammirazione che provava per lei e che lo costringeva a tenerle gli occhi addosso ogni volta che era presente; occhi che, per la prima volta dopo il suo arrivo, erano di nuovo dilatati in modo anormale. Marceline sembrava a disagio sotto questo attento esame e niente affatto compiaciuta; questa, almeno, fu la mia impressione all'inizio, perché in pochi giorni l'imbarazzo svanì del tutto e i due riuscirono a trovare un punto d'incontro sulla base della più cordiale e misteriosa congenialità. Quando Marsh credeva che nessuno li guardasse la osservava attentamente, e mi chiesi fino a che punto le misteriose grazie di mia nuora risvegliassero in lui l'artista invece dell'uomo puro e semplice.

    «Com'è naturale, Denis mostrò una certa irritazione per la piega che avevano preso gli avvenimenti, ma si consolava al pensiero che il suo ospite era un uomo d'onore e che, accomunati dagli stessi interessi estetici e occulti, Marceline e Marsh avevano da discutere molte cose che individui più prosaici non avrebbero potuto affrontare con loro. Denis non provava invidia per la moglie e l'amico, ma rimpiangeva che la sua immaginazione fosse troppo limitata e convenzionale per permettergli di partecipare ai discorsi di Marsh e Marceline. In quei giorni vedevo mio figlio più spesso del solito: con la moglie quasi sempre occupata Denis si ricordò di avere un padre, e un padre pronto ad aiutarlo in qualunque dilemma o difficoltà.

    «Ci incontravamo spesso sulla veranda e guardavamo Marsh e Marceline che percorrevano a cavallo il viale d'ingresso o giocavano a tennis nel cortile che si stendeva a sud della casa. Parlavano soprattutto in francese, lingua che Marsh, benché non avesse più di un quarto di sangue gallico nelle vene, padroneggiava meglio di Denis e me. L'inglese di Marceline, sempre corretto da un punto di vista grammaticale, migliorava rapidamente nell'accento, ma era evidente che le faceva piacere tornare alla lingua madre. Dovevamo convenire che formavano una coppia ben affiatata, ma mio figlio stringeva i denti e mostrava segni d'ansia; nonostante questo rimase un ospite ideale per Marsh e un marito premurosissimo per Marceline.

    «Tutto questo accadeva di solito nel pomeriggio, perché Marceline si alzava tardi, faceva colazione a letto e aveva bisogno di moltissimo tempo per prepararsi. Non ho mai conosciuto una persona così coperta di cosmetici, lozioni per capelli, unguenti e altri prodotti di bellezza.

    «Durante le ore del mattino Denis e Marsh erano liberi di frequentarsi e scambiarsi le confidenze che tenevano viva la loro amicizia nonostante la tensione che nasceva dalla gelosia.

    «Bene, fu proprio durante una di quelle chiacchierate mattutine sul terrazzo che Marsh avanzò la proposta destinata a far precipitare le cose. Io era stato a letto per un attacco di dolori, ma ero riuscito a trascinarmi al piano inferiore e a sdraiarmi sul divano del salotto, davanti alla grande finestra. Denis e Marsh erano fuori, a qualche metro da me, e non potei fare a meno di sentire quello che dicevano. Parlavano d'arte e dei capricciosi, imprevedibili elementi dell'ambiente da cui l'artista ha bisogno di essere stimolato per produrre la sua opera, quando a un tratto Marsh passò dal terreno astratto all'esempio pratico che doveva aver avuto in mente fin dall'inizio.

    «"Immagino" disse "che nessuno sia in grado di stabilire quali elementi contenuti in un certo scenario o in determinati oggetti li trasformino, per alcuni individui, in stimoli estetici. Dev'essere qualcosa che ha a che fare con il retroterra emotivo di ciascuno di noi, con la riserva di associazioni psicologiche che abbiamo accumulato nel tempo, perché non esistono due persone che abbiano lo stesso tipo di sensibilità, la stessa facoltà di reazione estetica. Noi decadenti siamo artisti per cui tutto ciò che è ordinario ha smesso di avere il benché minimo significato emotivo o fantastico, ma anche all'interno del nostro gruppo non ci sono due individui che rispondano nello stesso modo ai fenomeni fuori dell'ordinario. Prendi me, per esempio..."

    Fece una pausa e poi riprese:
    «"So di poterti dire certe cose, Denny, perché hai un intelletto miracolosamente vergine: limpido, acuto, diretto, obbiettivo e tutto il resto. Non mi fraintenderai come potrebbe accadere a un uomo troppo prezioso e contorto."

    «Fece un'altra pausa.
    «"Vedi, credo di aver scoperto ciò che può rimettere all'opera la mia immaginazione. Ne avevo una mezza idea fin da quando ero a Parigi, ma adesso ne sono certo. Si tratta di Marceline, mio caro: il suo volto, i suoi capelli, la catena di misteriose associazioni che evocano in me. Non è soltanto la sua bellezza esteriore, e Dio sa che non le manca: è qualcosa di speciale, di molto individuale e che non posso spiegare con chiarezza. Ti confesso che negli ultimi giorni ho provato sensazioni così acute che credo di poter superare me stesso; sento che se riuscirò a procurarmi tela e colori nel momento in cui il suo viso e i suoi capelli mi accendono la fantasia, potrò creare il capolavoro. C'è qualcosa di fatale, di ultraterrestre in lei: qualcosa che mi riporta all'essere vago e antico che Marceline rappresenta. Non so quanto ti abbia parlato di questo aspetto di lei, ma posso assicurarti che è predominante. Tua moglie è legata in modo straordinario all'ignoto..."

    «Ci fu un lungo silenzio: un brusco cambiamento d'espressione in Denis doveva aver interrotto l'ospite. Io fui preso del tutto in contropiede, perché non mi ero aspettato niente di così esplicito e mi chiesi che cosa pensasse mio figlio. Il cuore mi batteva violentemente e tesi le orecchie senza vergognarmi del fatto che ascoltavo i loro colloqui con intenzione. Finalmente Marsh riprese:

    «"Capisco che sei geloso, mi rendo conto che un discorso come il mio deve farti questo effetto; posso giurarti, comunque, che non ne hai motivo."

    Denis non rispose e Marsh continuò:
    «"Ad essere franco, non potrei mai innamorarmi di Marceline e neppure essere suo amico nel senso più stretto del termine. Maledizione, mi sento un ipocrita per averle parlato come ho fatto, e per giorni. Le cose stanno semplicemente così: una parte di lei mi affascina in modo strano, fantastico, addirittura terrificante... Proprio come un'altra parte tiene in scacco te, sebbene in modo più normale. Vedo qualcosa in lei, o, per essere più precisi da un punto di vista psicologico, vedo qualcosa attraverso e oltre lei; qualcosa di cui tu non ti accorgi affatto. Chiamalo come vuoi, ma per me evoca una folla d'ombre che salgono da abissi perduti, finché mi prende il desiderio di dipingere cose incredibili, i cui contorni scompaiono nel momento stesso in cui cerco di farmene un'idea precisa. Non fraintendermi, Denny, tua moglie è un essere meraviglioso: un epicentro di forze cosmiche che ha tutto il diritto di essere definito divino, semmai esiste su questa terra qualcosa del genere!"

    «A questo punto mi sembrò che la situazione si chiarisse un poco, perché nonostante la loro franchezza gli apprezzamenti di Marsh appartenevano alla sfera dell'astratto e del bizzarro, e le lusinghe con cui lodava Marceline inorgoglivano un marito come Denis, sempre fiero della sua compagna. Anche Marsh si rese conto del cambiamento, perché quando ricominciò a parlare nelle sue parole c'era più fiducia.

    «"Devo farle un ritratto, Denny, devo dipingere quei capelli... Non te ne pentirai. C'è qualcosa che va al di là della materia nei suoi capelli; non è soltanto questione di bellezza."

    «Tacque e mi domandai quali fossero i pensieri di mio figlio, ma avrei fatto meglio a chiedermi quali fossero i miei. L'interesse di Marsh per mia nuora era davvero quello di un artista, o se ne era infatuato come Denis? Quando studiavano insieme avevo pensato che Marsh invidiasse il mio ragazzo e forse ora la cosa si ripeteva. D'altra parte, quando parlava di ispirazione artistica sembrava più che sincero; più ci pensavo, più ero disposto a prendere le cose per quel che sembravano. Anche Denis dovette fare il mio ragionamento, perché sebbene non riuscissi a cogliere la risposta a bassa voce che diede all'amico, dall'effetto che produsse si capiva che era stata affermativa.

    «Sentii distintamente che i due amici si davano una pacca sulla spalla e Marsh concluse con parole di gratitudine che a lungo ricorderò.

    «"È magnifico, Denny: come ti ho detto, non te ne pentirai. In un certo senso lo faccio quasi per te. Sarai un altro uomo quando vedrai il quadro, ti farò tornare quello che eri una volta: consideralo un mezzo per svegliarti o per salvarti... Ma è ovvio che adesso non puoi capire ciò che intendo. Ricordati la nostra amicizia e non pensare un solo momento che io non sia il tuo fedele compagno!"

    «Mi alzai, perplesso, e li vidi allontanarsi sul prato, fumando insieme e tenendosi a braccetto. Cosa aveva voluto dire Marsh con la sua strana e misteriosa rassicurazione? Più le mie paure si calmavano in un senso, più venivano risvegliate nell'altro. In qualunque modo lo considerassi, era un affare spiacevole.

    «Le cose procedettero. Denis attrezzò all'amico una stanza con lucernario in soffitta e Marsh ordinò tutto ciò che gli occorreva per dipingere. Eravamo eccitati dai preparativi e per quanto mi riguardava ero lieto che la tensione dei giorni precedenti si fosse attenuata. Le sedute cominciarono e tutti le prendemmo molto sul serio, perché capivamo che Marsh le considerava un avvenimento artistico di grande importanza.
    Denny ed io ci aggiravamo per casa in punta di piedi, come se ci trovassimo in un santuario: per quanto riguarda Marsh il paragone non aveva nulla di inappropriato.

    «La reazione di Marceline, me ne accorsi subito, fu piuttosto diversa. A prescindere dai sentimenti del pittore, i suoi erano dolorosamente palesi. In ogni modo tradiva un'aperta e banale infatuazione per l'artista, e ogni volta che poteva respingere le affettuosità di Denis lo faceva senz'altro. È strano, ma mi resi conto della situazione meglio di mio figlio e cercai un sistema per risparmiargli il dolore fino a quando avessimo trovato il modo di risolvere la questione. Era inutile farlo soffrire, se potevo evitarlo.
    «Alla fine decisi che Denis doveva allontanarsi finché fosse durata quell'incresciosa situazione. Ero perfettamente in grado di vegliare su mia nuora e presto o tardi Marsh avrebbe finito il quadro e ci avrebbe lasciati. Ancora una volta riflettei che l'onorabilità del nostro ospite non faceva temere sviluppi peggiori. Quando la faccenda si fosse sgonfiata e Marceline avesse dimenticato la sua nuova infatuazione, Denis avrebbe ripreso il suo posto accanto a lei.

    Parte 4 >

    Nota: in questo racconto, i caporali («) indicano la narrazione di de Russy, mentre gli apici (") sono usati per i dialoghi dei personaggi coinvolti nella tragedia.


    Edited by & . - 15/7/2020, 15:02
     
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