The Truth

The Asylum Series, VI parte

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    "Everyone wants to be Er Mortadella. Even I want to be Er Mortadella." ~ Cary Grant

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    Ragazzi, vi chiedo scusa.

    "Ariecchelo questo!" penserete voi, ma stavolta sono dispiaciuto come non mai.

    Vi chiedo scusa perché per tradurre questo episodio ci ho messo tre mesi ed è comunque venuto fuori una ciofeca.

    Adesso non so se è perché mi sono preso una pausa mentre ci lavoravo, o se è perché l'ho finito a tappe forzate negli ultimi due giorni, o ancora se è perché quel fijo de 'na santissima donna dell'autore ha fatto di tutto per fottere il più possibile la storia, ma vi giuro che per me è stato un calvario e temo proprio che la qualità ne abbia risentito molto.

    Quindi, dato che ho visto che avete riaperto le candidature per i traduttori, se volete usarlo come supplizio da infliggere ai nuovi sventurati o meglio ancora per esempio di come NON si traduce, sappiate che mi trovate completamente d'accordo.

    Scusatemi ancora e tante belle cose. :)



    C'è un certo fascino in questo caso; un intrattenimento nel gioco stesso. Che tu vinca o perda, sei ancora in gioco, stai ancora facendo mosse e contromosse, attivo e pieno di energia. Nel mentre, c'è un senso di importanza che nessun'altra attività può darti. Il gioco è il gioco... ma ora è finito e, lo ammetto, mi manca quella sensazione.

    Sebbene... conoscere l'orribile verità – possederla e tenersela stretta come un prezioso tesoro – la verità può in parte sostituire quella sensazione.

    Ho vinto.

    Sentii di essere sulla via della vittoria subito dopo essermi ripreso dall'allucinazione sui pazienti che fuggivano. Realizzai di avere alcuni assi nella manica da giocare. Il mio sconosciuto oppositore aveva commesso un errore da qualche parte, permettendomi di distanziarlo.

    Il primo: la ragazza che avevo aiutato durante la mia allucinazione era scomparsa. La sua stanza era vuota e la sua cartella era stata cancellata. Nessuno dello staff si ricordava di lei e... mi fido solo di alcuni di loro. Un'anziana infermiera come Mabel non poteva far parte di una cospirazione così vasta e misteriosa. Le sue preoccupazioni principali erano i prossimi episodi delle sue soap-opera...

    Ma io ho scritto della ragazza. Ho le parole sul mio computer e su internet. Non ho detto a nessuno che stavo scrivendo dei pazienti, per ovvi motivi sarei stato licenziato in tronco.

    Ho le parole, e i miei ricordi.

    I ricordi sono ingannevoli, come ben so, ma le parole sono ancora lì. Per di più, ho chiesto ai pazienti uno ad uno, cercando delle discrepanze. Potrei aver aiutato la ragazza a scappare durante l'allucinazione; quello non provava nulla... ma mentre ero in quello stato, vidi un paziente smembrarne un altro, addirittura mi ritrovai un suo polmone contro la scarpa.

    Anche il paziente ucciso era scomparso.

    A quel punto, mi erano rimaste poche teorie sul mio antagonista.

    Una probabile – ma imperfetta – teoria poteva essere che, da qualche parte nel labirinto di proprietari e finanziatori dietro a questo posto, qualche nefanda società avesse un programma che coinvolgesse i pazienti e le loro varie patologie. L'intento più probabile era quello di incubare e raffinare i pericoli memetici; idee costruite appositamente per infettare chiunque le ascolti, costruite appositamente per diffondersi e distruggere. Questa sarebbe un nuovo tipo di arma, che potrebbe cambiare le guerre per sempre.

    Il loro agente principale sarebbe stato il primario, e buona parte della mia paranoia, allucinazioni e incoerenze potrebbero essere spiegate dalle droghe nei miei antidolorifici, che avrebbero dovuto farmi passare per uno squilibrato e screditarmi in caso avessi scoperto i loro piani.

    Il problema principale di questa teoria è la perdita di memoria da parte dello staff. Forse alcuni stavano mentendo, forse Mabel aveva interagito raramente con la ragazza, forse alcuni non si interessavano abbastanza da ricordarsi di ogni paziente... ma tutti loro? Sembrava improbabile.

    Mentre un'inusuale acquazzone batteva sul tetto riempiendo l'edificio con il ritmo costante della pioggia, io mi aggiravo per le sale, scrutando ogni dettaglio. Chiesi ai pazienti coscienti se si ricordavano della ragazza – e lo facevano. Le uniche persone che potevano ricordarsi di lei erano i pazienti e me. Questo mi sembrò un dettaglio estremamente importante...
    No, la teoria della società non tornava.

    Il fragore del tuono proveniente da fuori aumentò la mia tensione. C'erano anche altre spiegazioni.

    Potevo essere io stesso un paziente, la probabilità era alta. Claire era stata assunta qui, e sospetto che il primario sapesse qualcosa sulla sua instabilità – ma il suo tipo particolare di malattia era innocuo... per la maggior parte delle persone. La mia mano fasciata ha cominciato a darmi qualche fitta di dolore questa mattina, aggiungendo un sottofondo di rabbia ai miei pensieri.

    Ho rimuginato spesso sulla natura dei ricordi e della pazzia. Non avevo nulla per dimostrare di essere io stesso un qualche tipo di paziente impiegato, con un illusione accuratamente organizzata di una vita normale. Il sole mi sembrava distante di ere, ma la tempesta che aumentava d'intensità là fuori rendeva anche quel lusso impossibile.

    Tutti i ricordi di cui disponevo non avevano altre garanzie oltre all'inviolabilità che gli attribuivo io. Mi chiesi se valesse qualcosa... mi chiesi dove quel ragionamento mi potesse condurre...

    Mi avrebbe condotto al passato, alle condizioni che hanno creato questa situazione. Qualcuno come Claire, qualcuno come me – potenzialmente – assunti per vigilare sugli altri pazienti... questo indicherebbe una tremenda mancanza di fondi, così tanto che le le regole morali ed etiche sono state da tempo riscritte – o cancellate. Significherebbe un mondo pieno di persone, un mondo in lotta per le risorse... una triste, cupa e tremenda realtà per la razza umana.

    Una battaglia senza nemici, e quindi senza possibilità di vittoria. L'umanità avrebbe sofferto sempre di più all'aumentare della popolazione e solo una catastrofe o il rigetto delle regole morali avrebbe potuto offrire una via di salvezza.

    A dar forza a questa teoria erano le storie di ogni paziente internato qui. Le pressioni e le brutalità della società li avevano spinti tutti in questa direzione – forse era la società stessa ad essere malata, e questi poveri uomini e donne sono solo le vittime più sfortunate di questo decadimento.

    Quel pensiero sembrava funzionare – ma la mia pazzia richiedeva una società in decadenza, d'altronde, l'esistenza di una società in decadenza non significava per forza che io fossi pazzo.

    Questi ragionamenti avevano consumato la mia indagine, ma ho aggiunto una terza opzione dall'ultimo paziente che ho interrogato. La sua era una storia di complotto e controllo, e mi inquietò profondamente. Sono stato interrotto mentre la riscrivevo ma... più ci penso... e più i pezzi sembrano combaciare.

    Un improvviso picco d'intensità nella pioggia mi ricordò qualcosa... e poi capii.

    Avevo già letto questa storia prima.

    L'avevo letta su internet.

    Il suo documento mancava qui... possibile che qualcuno l'abbia letto e riportato? O che l'abbia fatto lui dopo che è stato internato qui? Probabilmente i dettagli si erano persi nel tempo, quindi ho deciso di non considerarli. Era il quadro generale che importava.

    Ho cominciato ad accarezzare l'idea di... una più ampia concezione della realtà, ipoteticamente. Se il camminatore delle ossa era reale, stava combattendo qualche forza più malvagia su scala maggiore.

    Quella forza era il mio nemico adesso? Qual era il suo interesse per me, per questo edificio e per i pazienti? Non ho visto alcuna traccia di una forza esterna...

    A quel punto, ricordo di essermi spaventato. Stavo immobile nel corridoio, davanti ad una finestra che proiettava l'ombra delle gocce di pioggia sul pavimento, sapendo implicitamente di aver raggiunto il primo briciolo di verità.

    Le prove erano fuorvianti! Mi hanno fatto scavare in ogni direzione tranne che in quella giusta.

    Incapace di comprendere appieno l'immensa idea che stavo costruendo nella mia mente, raggiunsi la camera della ragazza cieca. La trovai seduta in un altro angolo della stanza, ma stava ancora scrivendo. Appena entrai nella stanza, la mia mano bendata cominciò a dolere lievemente e ritornò l'emicrania.

    “Perché non vuoi parlarmi?” le chiesi. “All'inizio pensavo che fosse perché ero pazzo, come loro, e non me ne rendevo conto... ma ora penso che tu sappia cosa sta succedendo e ti vuoi proteggere.”

    La sua penna si fermò, immobile sulla carta. “Come puoi farmi questa domanda?”

    “Che vuoi dire? Non dovrei essere in grado di fare domande?”

    “Non quella...”

    Mi abbassai su un ginocchio, avvicinandomi a lei. “Perché?”

    Mi lanciò uno sguardo con i suoi occhi ciechi.

    Sbarrai i miei occhi. “Tu non parli con chiunque non abbia...”

    All'improvviso, con un forte senso di disagio, alzai le mie mani fino alle mie tempie. Tastando cautamente la pelle vicino agli occhi, cercai di sentire ogni irregolarità... la sensazione era perturbante. Sotto le mie mani roventi e all'emicrania che continuava ad aumentare, sentii... due risultati conflittuali.

    Le mie tempie erano lisce. La pelle era soffice e normale, esse presentavano entrambe delle strane e sottili linee in rilievo, come delle grosse vene varicose...

    “Cosa diamine è questo?” Respirai affannosamente, trasalendo per un'esplosione di dolore nella mia testa. “E qui, e poi non c'è più...”

    “Mi dispiace...” sussurrò lei.

    “Che cos'è? Che diamine è?” Mi costrinsi a resistere, la mia faccia deformata dal dolore in continuo aumento che minacciava di farmi svenire. Faticavo così tanto a respirare che la mia vista cominciò a sfocarsi e a sfarfallare. “Quante persone... hanno queste cose?”

    Le sue labbra tremolarono in risposta ai miei versi di dolore. “... tutti... tranne gli altri pazienti...”

    Con un impeto di adrenalina e coraggio, barcollai fuori dalla sua stanza, correndo verso la sala operatoria del pronto soccorso. Spinsi energicamente la porta quasi cadendo per il dolore e velocemente cercai gli strumenti medici.

    Guardandomi allo specchio, affrontai il dolore accecante per vedere – riuscivo a vederle – quelle piccole vene chiaramente visibili che percorrevano tutta la testa, partendo dagli occhi, attraversando le tempie e finendo sul retro del cranio come una sorta di orribile cicatrice da lobotomia...

    Incisi le mie tempie con un bisturi. Il sangue cominciò a sgorgare, ma lo ignorai, frugando con accortezza nella vena con delle pinze.

    Per un attimo vidi un lampo bianco, poi tutto nero.

    Ma non mollai la presa. Diedi uno strattone a quel tessuto estraneo sotto pelle... cacciai un urlo agonizzante, ma mi rifiutai di arrendermi... lentamente e dolorosamente, tirai fuori una lunga e filamentosa striscia di tessuto fibroso. Penzolante dalla mia tempia e ancora incastrata nelle mie pinze, sapevo che era quello che stavo cercando. Ne era una parte, almeno. Ho considerato l'impossibile... e ho avuto ragione.

    Il dolore diminuì immediatamente quando tagliai il tessuto fibroso più vicino alla pelle che potei. Ce ne era ancora un po' dentro, vicino agli occhi e intorno all'altro lato della mia testa... ma quello era un inizio.
    Lo avvicinai al volto e cercai di capire cosa stavo guardando.

    Sembrava tessuto nervoso – era un fascio filamentoso composto da reticolati di piccole fibre... ed era proprio questo che disse all'inizio la ragazza quando venne internata qui. Disse che non avrebbe parlato con nessuno che avesse fibre nervose nelle tempie...

    … ma lei era qui da anni...

    Ripetei la stessa procedura nell'altro lato. La mia emicrania mi dava ancora un po' di dolore, ma mi sentii risanato e risollevato.

    Era quello? Ero libero? E cosa diavolo erano queste fibre nervose? Un qualche genere di infezione o parassita? Da sole queste fibre non avrebbero avuto modo di controllarmi o raggirarmi... semplicemente non c'era abbastanza tessuto per delle interazioni complesse con il cervello... in effetti le fibre sembravano provenire da un nervo ottico. Era un nervo sensoriale, usato per... confondere i sensi?

    Tutto questo aveva stranamente senso. Collegato ai miei occhi e orecchie... e probabilmente al mio cervello attraverso il mio nervo ottico... queste fibre potevano illudere i miei sensi, forse anche i miei ricordi. Mi disse che non dovevo essere in grado di fare quella domanda...
    Quanto controllo esercitano normalmente queste fibre?

    E perché adesso ero in grado di individuarle e persino di rimuoverle?

    Sarò onesto, sentii la necessità buttarmi a terra e piangere, sia per la mia improvvisa liberazione, sia per l'implicita dominazione assoluta che avevo vissuto per così tanto tempo – probabilmente per anni.
    Probabilmente sarei crollato, se non avessi avuto la terribile idea che queste fibre ricevevano segnali o ordini da qualche altra parte.

    L'antagonista...

    Dopo aver pulito il mio sangue, feci un veloce giro per i corridoi, cercando di non farmi notare. Mabel mi sorrise e poi si girò – si vedeva chiaramente la venatura sottile sul lato della sua testa.

    Era infetta. Continuai a camminare, a guardare – erano tutti infetti.

    Ritornai alla sicurezza della sala operatoria del pronto soccorso quando il dolore nella mia testa cominciò a ripresentarsi. Guardai nello specchio, terrorizzato – potevo vedere la pelle delle mie tempie che si alzava mentre le fibre nervose all'interno iniziavano a rigenerarsi.

    Me lo ricordo abbastanza chiaramente – iniziai a ridere rumorosamente, una risata macabra e sincera. Tutto questo era troppo per me. L'infezione sarebbe ricresciuta anche se l'avessi tagliata, cosa diavolo avrei dovuto fare?

    La mia risata morì quando mie conoscenze mediche mi fornirono la risposta.

    Mi disinfettai le mani e mi infilai i guanti mentre mi preparai per qualcosa che sapevo essere da pazzi – e mi ero ripromesso di non superare quel confine quando sarebbe arrivato ma, oh, quanto ero illuso allora – e posizionai molti specchi.

    Non avevo antidolorifici, poiché non potevo rischiare di offuscare la mia già scarsa abilità chirurgica.

    Col respiro pesante e imbottito di adrenalina, misi il separatore chirurgico sulle palpebre... e lo regolai in modo da aprirle il più possibile. Mi preparai a quello che stavo per fare...

    Il mio occhio scivolò fuori molto più facilmente di quello che mi aspettassi.

    Mi servivano giusto uno o due centimetri, solo per mantenere il nervo ottico in tensione... raggelato da un dolore che non avevo mai immaginato, presi il bisturi, e cominciai con attenzione a tagliare via le fibre estranee connesse.

    Cinque respiri... dieci... venti... continuai per quanto riuscii a resistere, tagliando attentamente le connessioni alla loro base. La mia mente animale urlava incessantemente nella testa – potevo vedere il mio stesso occhio fuori dall'orbita, potevo vedere i vasi sanguigni e i nervi che lo collegavano al cervello! Ma combattei il panico.

    Tirai via il resto delle fibre nervose dal lato della mia orbita – da lì venivano via piuttosto facilmente... e allora, incredibilmente, avevo finito. Presi dolcemente il mio occhio tra le dita avvolte nel guanto e lo feci scivolare al suo posto.

    Mi ci vollero cinque minuti per calmarmi, per vedere se l'occhio funzionasse ancora, per lasciare che il panico scorresse via... e poi feci la stessa operazione per l'altro occhio.

    Quando finii, il mio mal di testa era scomparso. Le fibre nervose non si rigenerarono, le avevo tolte tutte.

    Per un'ora stetti sdraiato nella stanza, godendomi la libertà, pensando, respirando, rilassandomi...

    Da dove venivano queste fibre nervose? C'era senza dubbio un essere senziente dietro tutta questa illusione. Chi era? Era colui che cercavo? L'illusione non avrebbe funzionato sugli schiavi del camminatore delle ossa – loro non conoscevano il motivo delle loro azioni; seguivano solamente i suoi ordini dietro la minaccia di morte...

    E i pazienti erano liberi dalle fibre nervose... perché? L'illuminazione mi convinse che la ragion poteva essere la stessa della società: contenimento. La gente qui dentro era pericolosa, e le loro malattie mentali lo erano anche di più.

    Forse tutte le spiegazioni avevano un filo logico in comune: il mondo è oscuro e corrotto, la sovrappopolazione, come disse il mio mentore, basandosi su un semplice calcolo probabilistico, genera un aumento di pericolose e virulente malattie mentali...

    E forse questa forza, qualunque cosa abbia infettato le persone con le sue fibre nervose per sfruttarle secondo i suoi scopi... beh, era piuttosto ovvio. Io non vorrei collegare le mie fibre nervose ad un cervello pieno di deliri e idee virulente. Non vorrei mai che queste idee si diffondessero per la mia rete raggiungendo i miei schiavi... infettandoli, rovinandoli, distruggendoli... e probabilmente liberandoli.

    Stavo impazzendo. A quel punto ne ero piuttosto sicuro. Gli antidolorifici, l'esaurimento, l'ossessione... ho lasciato che i deliri degli altri pazienti mi raggiungessero, considerando le loro idee sempre più vere ogni giorno che passava, alla fine ero... libero. Era per questo che adesso potevo vedere le fibre nervose, era per questo che erano avvinghiate intorno al mio cranio, era per questo che contrastavano ogni mio tentativo di affrontarle.

    Era ironico, davvero... il dottore che diventa il paziente; che diventa pazzo, che prende coscienza della realtà...

    Ma le mie storie erano su internet. La sua storia, quella del paziente che si è pugnalato i suoi stessi occhi – la sua storia era su internet. Come era possibile che l'Antagonista abbia permesso che una cosa simile accadesse e si diffondesse? Era forse lo stesso concetto di tenere qui i pazienti internati ma non controllati? Era forse l'idea stessa un anatema per la sua rete di controllo? Non poteva identificare l'idea, non poteva considerarla, senza prima capirla... e diventare infetto.

    Ridevo sempre di più, solo in quella stanza, mentre tutti i tasselli cadevano sempre di più al loro posto.

    Non c'è modo di difendersi da un'idea.

    Ritornai nel corridoio come un uomo nuovo. Ero libero e non c'era niente che l'Antagonista potesse fare. Non avrebbe potuto più considerarmi, non avrebbe potuto nemmeno pensare a me. Per lui non dovevo esistere, poiché riconoscermi vorrebbe dire pensarmi, e quindi capirmi, e quindi... diventare infetto. Ho persino avuto la malsana idea che, ad un certo punto, le fibre nervose mi abbiano lasciato di loro iniziativa, quando ho permesso la mia discesa nella pazzia.

    “Che cosa ti sei fatto?” mi urlò il primario, guardandomi dall'altro capo del corridoio. Lo sentii chiamare urgentemente gli infermieri, ma un fulmine oscurò il suo primo urlo.

    Scappai.

    La serratura dell'uscita laterale era stata riparata – dannazione! Usai le mie chiavi, aprendo ogni porta che incontravo, liberavo i pazienti come distrazione. Sentii gli infermieri urlare mentre si organizzavano da qualche parte lì vicino – improvvisamente, mentre passavo vicino alla sala di manutenzione, mi venne un idea. Fu più facile di quanto credessi. Tirai giù gli interruttori principali e le luci si spensero.

    Quando riemersi nel corridoio, sentendomi stranamente a mio agio tra l'oscurità e le luci rosse d'emergenza, gli unici rumori che si potevano sentire erano la pioggia che si abbatteva contro il tetto e i tuoni intermittenti.

    Strano... l'avevo già immaginato... o forse non era immaginazione... la notte prima... no questa volta c'era la pioggia...

    Presi il mio portatile dalla saletta di reperibilità gettandomelo sulle spalle nella borsa e gettai via il mio camice bianco. Riempii la mia borsa di snack del distributore più che potei, promettendo in futuro di ripagare il vetro rotto e il costo di quello che presi.

    Urla e grugniti riempivano l'oscurità. Potevo sentire i membri del personale urlare e cercarsi l'un l'altro. Sentivo i pazienti mormorare... e qualche urlo di dolore.

    Sorrisi mentre strisciavo nell'oscurità. La confusione stava funzionando alla perfezione.

    Un tuono scosse l'edificio mentre raggiungevo la porta principale. L'area era vuota, tutti gli infermieri si stavano occupando dei pazienti evasi – ero libero.

    “Aspetta!” mi chiamò, mentre misi la mano sulla porta. Potevo sentire la pioggia picchiettare dall'altro lato.
    “Non farlo!”

    Era il mio mentore.

    “Ho seguito le tue azioni al meglio che ho potuto,” mi spiegò, preoccupato. “Quel paziente, alla fine dell'ala più lontana – lo teniamo laggiù nascosto il più possibile per un motivo. Ricordi quello che ti ho detto?”

    Lo fissai, pronto a scattare fuori dalla porta, ma desideroso di ascoltarlo.

    “La sua psicosi ti ha infettato!” urlò sovrastando i grugniti e le grida dal corridoio. “E so che tu pensi che la pazzia sia una scelta. Scegli di restare, di rimanere qui, di far parte dello staff e della vita reale!”

    Mi girai, pronto ad andarmene.

    “Cosa c'è la fuori per te?” mi disse con tono rude. “Cosa farai – scapperai, ti nasconderai dalla comunità, ferirai le persone per una tua qualsiasi credenza?”

    Il suo ragionamento e la sua compassione avevano senso... perfettamente senso. Esitai. Ero davvero così andato? Cosa sarebbe successo se avessi accettato quella realtà? Che una qualche entità esterna mi stesse ingannando o meno la vita era... piuttosto decente, no?

    Fu quello il momento. Lo sentii. Fuori da quella porta ero di fatto un pazzo, almeno se comparato a qualsiasi cosa la società accetti come normale – qui ero uno di loro, un membro dello staff, accettato e normale...

    Era troppo giusto. Troppo perfetto.

    “Sei tu!” Realizzai, praticamente strillando.

    Illuminato di cremisi, lui scosse il capo confuso... non mi sarei mai aspettato che l'Antagonista si rivelasse, avevo immaginato che parlasse attraverso il mio mentore – no, le sue reazioni fisiche erano perfette, ingannevolmente reali.

    Un tuono risuonò e io mi spinsi fuori, all'esterno, correndo per la mia vita.

    La vita sarebbe stata più difficile da adesso, ne ero sicuro. Sono oltre la normale realtà della società... ma adesso egli non può più considerarmi, non può più pensarmi, senza rischiare la sua stessa esistenza. Sono libero di muovermi nascosto e ignorato, per la maggior parte. Penso che cambierò nome, mi troverò un lavoro, metterò su una facciata di normalità e opererò da dietro una maschera – poiché lui doveva ignorarmi, quindi le uniche persone che dovevo ingannare erano gli altri umani.
    Non posso fermare le mie idee, che rilascerò nel mondo come i virus che sono. Siamo stati tutti ingannati, ognuno di noi. Vidi la vera natura del mondo quando le nuvole di pioggia si diradarono. Vidi cosa ci era davvero successo.

    Ero su una collina fuori città quando le nubi si diradarono e il sole benedetto finalmente mi portò il sollievo da tanto sperato. Avevo visto delle tracce di verità mentre correvo tra la pioggia, ma l'oscurità e l'acqua nascondevano la sua interezza.

    Mi fermai a guardare giù verso la città.

    Delle escrescenze si innalzavano tra gli edifici, i lampioni e gli alberi – fibre spesse e intrecciate – fibre nervose. Avevano infestato quasi tutto, avvolgendosi intorno ai fasti della nostra civiltà come una rampicante. A quel punto ebbi un'intuizione – questa cosa, questa infestazione, che sicuramente avvolgeva il mondo intero...

    Nervi, neuroni, cervelli, interconnessi e traviati, una rete simile ad internet... l'entità potrebbe essere nata da qualche parte come un'idea, un meme, o una mutazione e da lì si è diffusa.. e adesso era un immenso parassita per gli umani. Potevo sentire i segni della sua influenza passata su di me, ora che se ne era andata, e capii cosa voleva.

    Di più.

    Vuole più persone, più cervelli, più stress, più consumo. Ama la caffeina. Ama gli stimolanti di ogni genere, ma la caffeina in particolare. Vuole che tu beva di più. Che tu mangi di più. Che tu consumi e che tu ti riproduca, mentre egli guida la razza umana verso un qualche oscuro e sconosciuto obiettivo... mentre la tensione che egli stesso crea, con i bisogni umani spinti all'estremo, distrugge intere popolazioni.

    Potrebbe essere l'ossessione per il proprio corpo, o la disperazione di essere povero e sulla strada, o la schiavitù finanziaria dovuta ad un grosso debito, o il bisogno di affetto o – come nel mio caso – il semplice desiderio di credere che la sofferenza non è la natura fondamentale dell'esistenza... qualunque sia il tuo punto debole, farà aumentare il nostro numero e ci spingerà oltre i nostri limiti, poiché egli è la società, egli è noi, e siamo tutti sacrificabili.

    Ma oggi è il primo giorno della resistenza. Adesso sto scrivendo dalla rete wifi gratis di un bar, sorridendo agli altri avventori. L'Antagonista non mi può trovare, e tutti gli altri sono troppo concentrati sulle loro battaglie private contro la pressione della società. Sono tutti troppo stressati per notare che qualcuno come me – un pazzo, se comparato alla realtà della società – è seduto accanto a loro. Dopo questo messaggio, scomparirò anche da qui, e nessuno se ne accorgerà.

    Ma non preoccupatevi. È questo il mio lavoro adesso. Ho portato il mio bisturi e i miei arnesi con me. Vi troverò e vi libererò tutti – un paio di occhi alla volta.



    Edited by & . - 24/6/2020, 16:01
     
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  2. ReaperBrown
         
     
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    Ripulisco e smisto
     
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    Non conoscere alcune cose vuol dire sopravvivere

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    Ha tolto gli occhi dalle orbite e ha tagliato delle nervature attorno al nervo ottico a mani nude, con degli specchi e senza anestesia ?!?
    Non lo so, non ho parole, ma tutte le creepy series si sputtanano ? Happy appy la stessa cosa !
    E comunque per la cronaca questo è un pazzoide frullato sotto ogni punto di vista, proprio nell'ultima parte della storia la narrazione diventa letteralmente delirante è priva di logica (e non solo per colpa tua Er Mortadella) :asd:
     
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2 replies since 6/1/2017, 13:39   283 views
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