Il Cosmonauta del Diavolo (parte 3)

Cinque giorni

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.      
     
    .
    Avatar

    Jedi lumberjack from Dagobah

    Group
    Veterano
    Posts
    1,111
    Creepy Score
    +166

    Status
    Offline

    << Parte 1

    < Parte 2



    La prima cosa che notai, quando mi svegliai, fu la temperatura. Una delicata brezza fresca mi sfiorò il volto, probabilmente proveniente dalle pompe d’aerazione che ronzavano piano, ai margini del mio campo uditivo. Il mio orologio, impostato sull’orario di Almaty al momento del lancio da Baikonur, mi avvertì che avevo dormito solo tre ore. La stazione era ancora buia quando feci scorrere la porta del compartimento per dormire, sebbene fossi grato per la tregua alla calura e alla luce accecante.

    Mi stiracchiai, facendo scrocchiare le vertebre lungo la schiena. Nella fredda oscurità non mi sentivo più febbricitante o nauseato, solo stanco. Lentamente, mentre i miei occhi si adattavano, mi trascinai fuori, verso l’apparecchio radio, e presi in considerazione l’idea di chiamare la Soyuz-21.

    L’aria sapeva ancora di stantio; l’odore pungente di sudore e carne secca aleggiava ancora all’interno, anche dopo che l’aria era stata riciclata centinaia di volte attraverso infiniti filtri e pompe. Tuttavia c’era una certa calma nella stazione, con le luci spente e la temperatura bassa. Guardai fuori dall’oblò e anche le fredde profondità dell’universo sembravano meno inospitali; l’infinita oscurità aveva una vaga tinta color blu oltremare e forse per questo il bagliore delle stelle sembrava meno arido. Questo, insieme all’assenza di peso e al tenue mormorio delle pompe dell’aria, dava a tutta la scena un aspetto quasi onirico. Come se fossi stato al riparo, avvolto da una grande crisalide bianca che galleggiava attraverso i bracci spiraliformi di galassie lontane, o lungo i picchi e gli avvallamenti di una vasta nebulosa scintillante. Potevo andare dovunque volessi nello spazio del mio sogno, ed ero al sicuro dovunque andassi.

    Tutto ciò ebbe fine con quel suono. Un ticchettio. Del movimento, quasi impercettibile, visto con la coda dell’occhio destro. Fui immediatamente strappato alla mia trance e rigettato crudelmente nel mondo reale. I peli sulla schiena mi si drizzarono per l’attenzione, mentre mi giravo lentamente a fronteggiare la fonte del rumore, dietro di me.

    Nulla. Forse me l’ero solo immaginato, dopo tutto, le cose di solito non ticchettano in micro-gravità; fluttuano alla deriva senza meta, ma non si mettono a sbattere ripetutamente. Per cui appare ragionevole pensare che fosse solo uno scherzo giocatomi dalla mia mente, che si figurava rumori dove non ce n’erano. Dopo tutto, nulla in quella sezione della stazione mostrava alcun segno di movimento.

    Gettando sguardi nervosi in giro per la cabina, scossi la testa biasimando il potere della mia immaginazione e la mia iniziale irrazionalità nell’averci creduto. Nulla nella stazione poteva aver fatto quel rumore.

    Nel tentativo di tranquillizzarmi di nuovo, nuotai verso la console principale e controllai la lettura del termometro. 19.8, proprio come immaginavo. O il problema si era riparato da solo, e il controllo termico aveva automaticamente riportato la stazione a 19.8 gradi, o il problema era ancora lì, ma riguardava il termometro e non invece il sistema di controllo termico. Ad ogni modo, ero sollevato di non essere più inzuppato di sudore.

    Mi ero rapidamente rassegnato al fatto che non sarei riuscito a dormire per un po’, così, con un sospiro di sconfitta, attivai l’interruttore delle luci principali dell’abitacolo. Lampeggiarono e si accesero, una dopo l’altra, con un profondo mormorio gutturale, che si perse presto nell’orchestra di altri sibili e ronzii leggeri. La luce colpì le mie pupille con un’intensità feroce e dovetti chiudere gli occhi per ripararli. Mi ero abituato al comfort del buio e i miei occhi furono sconvolti da questo stimolo nuovo e accecante.

    La cosa successiva da fare era infilarmi dei vestiti. Con addosso la biancheria per dormire iniziavo a sentire un po’ di fresco, mi sarei sentito molto meglio con qualcosa di più caldo.

    “Soyuz-21, mi ricevete?” tirai su la lampo della mia tuta mentre parlavo. Dopo non aver ricevuto risposta, mi chinai più vicino al microfono della radio, mi inumidii leggermente le labbra e riprovai.

    “Soyuz-21, mi ricevete?”

    “Ti ricevo, compagno. Cosa posso fare per te?” la risposta arrivò flebile. Era bello sentire di nuovo la voce del Comandante Zudov.

    “Volevo solo dirvi che il problema del sensore è cessato, Comandante. Siamo di nuovo alla temperatura normale.”

    “Questo è fantastico!” Zudov era chiaramente sollevato. “Mi sono preoccupato per un minuto. Come l’hai risolto?”

    Respirai profondamente, cercando di elaborare una risposta. La pausa dev’essere durata almeno uno o due secondi, perché Zudov trasmise di nuovo.

    “Boris, sei lì? Come hai risolto il problema della temperatura?”

    “Non ho fatto nulla.” Alla fine mi decisi. “E’ sparito così, per conto suo.”

    “Mmm.” Zudov non era soddisfatto, chiaramente.

    “Sono contento che sia di nuovo nella norma.”

    “Beh sì, anch’io. Saremo di nuovo in contatto a breve.” Zudov ebbe una voce abbastanza gelida nel congedarsi.

    “Non vedo l’ora.”

    La radio crepitò per lo statico, prima di ammutolire completamente. Rimisi a posto il microfono e mi allontanai dall’impianto, dirigendomi verso la console principale, con l’intento di controllare un’altra volta la temperatura. Emisi una risata poco convincente quando vidi che era bloccata su 19.8; stava diventando la mia nuova ossessione.

    Con la temperatura tornata alla normalità, e il mal di stomaco passato, mi convinsi che sarei stato capace di fare un lavoro migliore nel diagnosticare il problema con il controllo termico. Sfortunatamente non fu così e io riuscii solo a sprecare di nuovo svariate ore, nel vano tentativo di farmi strada attraverso centinaia di scatole di collegamento e schede di circuiti.

    Alla fine, comunque, la corteccia frontale cominciò a pulsarmi per l’eccessivo sforzo mentale del lavoro. Era una pressione acuta che mi premeva dal tronco encefalico, attraverso il cuoio capelluto e fino alle orbite oculari. A un certo punto divenne così forte che dovetti lasciare il manuale che stavo leggendo per massaggiarmi la fronte, per paura che il cranio mi esplodesse. Mi si offuscò la vista, forme luminose rosse e blu solcavano le mie retine come lampi diffusi. Punture di spillo mi percorsero braccia e gambe, iniziando appena alle estremità, per poi intridermi a fondo, risalendo, lungo le cosce e gli avambracci.

    Sentivo un rombo alle orecchie che soffocava quasi tutti gli altri suoni, ma riuscii a udire uno strano gracidio strascicato al limite dello spettro udibile. Ci vollero alcuni secondi perché capissi che quel rumore usciva dalla mia bocca aperta.

    Il dolore era insopportabile. Ogni secondo mi sentivo come se stessi per affogare in un mare di frattali turbinanti, come se il quella dannata pressione nella mia testa stesse per esplodere e la mia coscienza stesse per essere spazzata via completamente da una valanga di lampi stridenti. Con le mani intorpidite, mi spinsi verso il compartimento per dormire. Sapevo che sarei potuto svenire da un momento all’altro per il calore che sentivo bruciare in testa e avrei voluto essere nel mio sacco a pelo qualora fosse successo, così non sarei rimasto a fluttuare nella capsula privo di sensi.

    Riuscivo a malapena a vedere quando fui nel sacco a pelo e mentre armeggiavo sentendomi vincolato, partii del tutto. La mia faccia si spaccò e si sciolse, esponendo il teschio nudo, ossa dure che si disfacevano come burro caldo. Dall’apertura sulla mia fronte fuoriuscì una luce accecante, mentre il calore mi si spandeva rapido in testa. Altre fratture si aprivano nelle mie tempie e nella parte posteriore dello scalpo, al di sotto dei capelli. Potevo vedere il mio cervello che si separava in sezioni regolari, come un bianco mandarino gelatinoso.

    O almeno era questa la sensazione che mi diede.

    Il dolore era troppo forte. Serrai gli occhi e la mia mente si spense.

    Parte 4 >



    Edited by AndySky21 - 21/7/2016, 00:39
     
    .
  2.      
     
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Moderatore
    Posts
    12,556
    Creepy Score
    +817

    Status
    Offline
    Smisto.
     
    .
  3.      
     
    .
    Avatar

    SaS

    Group
    Member
    Posts
    1,937
    Creepy Score
    +72
    Location
    Giudicato d'Arborea

    Status
    Offline
    Finalmente qualcosa di creepy :sese:
     
    .
  4.      
     
    .
    Avatar


    Group
    Veterano
    Posts
    2,635
    Creepy Score
    +187
    Location

    Status
    Offline
    La parte finale mi ha fatto saltare sulla sedia, per poi capire che in realtà non era successo niente. :asd:

    Tradotta davvero bene e le parti descrittive sono stupende.

    Questa serie mi sta prendendo davvero tanto.
     
    .
  5.      
     
    .
    Avatar

    Ser Procrastinazione

    Group
    Veterano
    Posts
    14,730
    Creepy Score
    +425
    Location
    Da qualche parte in Italia

    Status
    Anonymous
    Molto interessante questa parte, così come le descrizioni che contribuiscono molto a mio parere.
    Curiosissimo di leggere il seguito.
     
    .
4 replies since 31/5/2016, 20:56   487 views
  Share  
.