Votes given by † Death †

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    Edited by & . - 22/6/2020, 14:11
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    Edited by & . - 22/6/2020, 14:10
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    Paranoia3
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    Senza offesa, ma non mi ha trasmesso nulla, l'ho trovata abbastanza inconcludente
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    Da recenti studi scientifici (spero di si xD) la mente umana è cosi complicata e sofisticata che riesca a percepire alcuni secondi prima alcuni movimenti,azioni (cose) che sarebbero successe di lì a pochi secondi. Possiamo identificarlo come "riflesso", penso. Ovviamente come in tutte le cose, ci sono persone che hanno una predisposizione a questo tipo di riflesso.

    c'è uno strano paradosso nella storia:

    il cervello ti fa male, ti accasci, il tuo amico cerca aiuto ma per farlo c'è "l'ostacolo" dell'albero che la tua mente aveva predetto . . . ma la tua mente poteva anche non predire ciò visto che così facendo ha causato questa situazione . . . non so se mi sono spiegato

    Non ha senso che il tuo cervello ti avverta di una cosa che non doveva succedere
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    Alla morte non piace essere presa in giro :asd:
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    Non male, ma il finale era abbastanza scontato.
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    Ogni sette generazioni, nella famiglia di mr. T, nasce un erede destinato a un indicibile fardello, privo di scampo, a meno che, nel corso della vita, non decida di disfarsene al momento giusto. È pure noto quanto questo fardello possa essere vantaggioso, se usato nella maniera corretta e più illuminata; tuttavia, nel corso dei secoli, si sono succedute diverse culture e diverse superstizioni, che hanno spinto ogni erede della famiglia a rifiutare, presto o tardi, questo dono oneroso, tanto che non esiste nessuno che conosca gli effetti del conservarlo.

    Una vecchia leggenda di famiglia tuttavia vuole che solo un membro abbia rifiutato o rifiuterà di separarsi dal suo terribile privilegio, ma dopo questa informazione la storia si fa incerta e lacunosa; ne rimangono solo brandelli che poco hanno a che fare con la realtà, e molto con la sciocca superstizione, pensava mr. T. Almeno fino alla morte di sua madre.

    La vecchia signora aveva deciso di rivelare il segreto della famiglia al suo unico figlio, ultimo destinatario del dono fatale, ma al momento della dipartita le riuscì solo di mormorare poche parole: «La morte… busserà… tre volte. Non… accettare…», su cui Mr. T. rifletté a lungo, ma si risolse a considerarle l’ennesima farneticazione superstiziosa della sua timorosa famiglia. Così continuò la sua vita, senza pensare al tenebroso futuro profetizzato, finché un attacco di cuore non lo costrinse a letto per lunghe settimane.

    Ormai stremato dalla malattia, stava a letto giorno e notte, accudito dalle due figlie e dall’amata moglie, finché una sera, mentre tutti dormivano, un lento bussare rimbombò per la stanza. Tre colpi cavernosi e solenni, poi il silenzio. Mr. T. udiva soltanto un lieve sospiro da dietro la porta e immediatamente ricordò le parole della madre. Con un brivido di orrore riconobbe la Morte fuori dalla stanza e la respinse con tutte le forze, urlando che se ne andasse, finché la moglie e le figlie accorsero. Mr. T svenne.

    Dopo quel giorno, riacquistò vigore e tornò forte come un tempo, finché un’automobile non lo investì, molti anni dopo, e di nuovo, con rinnovato terrore, alla sua porta la Morte batté la mano scheletrica. Ancora mr. T la respinse e svenne per lo sforzo.

    Fu con sommo stupore dei medici che riacquistò le forze e guarì dalle gravi ferite in poche settimane, e poté finalmente tornare alla vita. Si sentiva ormai invincibile. Sua madre aveva avuto ragione: la Morte aveva bussato e lui non l’aveva accettata; l’aveva sconfitta e ora nulla poteva fermarlo. Iniziò a fumare, a bere e a fare tutte quelle sconsideratezze che si era negato in gioventù. A dispetto della Mietitrice, fumava sessanta sigarette al giorno e due sigari; a dispetto della sua età, beveva fino a non poterne più, finché un giorno un cancro non se lo divorò voracemente, fino a renderlo l’ombra di se stesso.

    Eccola, la terza prova, pensò. E attendeva la Morte. Finalmente, dopo una notte di atroci sofferenze, sentì quel bussare cupo e cadenzato, così familiare, alla porta della sua stanza d’ospedale. Conosceva il trucco, conosceva il dono ormai: fregare la morte, sfuggirle; così la ricacciò in malo modo: «Vattene, Morte! Per la terza volta ti scaccio! Non tornare più».

    «Come vuooooi…» rispose un sussurro gelido da dietro la porta, percettibile a stento e terrificante.
    Per la terza volta, mr. T aveva vinto; o così pensava…

    Ora che sono passate decine di milioni di anni, sono tornata sulla Terra. Anche l’ultima forma di vita ha fatto il suo tempo e l’ho portata con me. Ormai tutta la superficie è una desolata piana di sale, su cui vedo camminare soltanto un’ombra senza pace. Qualcosa di cui ho perso il ricordo.

    Mi avvicino… Ma sì… è proprio mr. T, o quello che ne rimane. Certo che me ne sono dimenticata: lui non vive, o vivrà per sempre, che è la stessa cosa in fin dei conti: non più affar mio.

    Ancora più vicina… «Ti ricordi di me?». Non risponde. Ha dimenticato ogni cosa. Che sciocco. Non ha mai nemmeno capito quanto fosse orribile il fardello sulle sue spalle: l’immortalità. Sua madre ha cercato di dirglielo, ma non ce l’ha fatta. Non ho potuto farci niente: il mio lavoro veniva prima di qualunque verità. Ma adesso, voglio dirgliela io la verità: «Ho bussato tre volte. Tua madre ha provato ad avvertirti: “non accettare…”. Non accettare il dono che hai ricevuto, mr. T, questo era il segreto; io venivo a toglierti quel dono, a risparmiarti quest’agonia millenaria. Ma d’altronde, erano solo sciocche superstizioni…».

    Vorrei potergli dire ancora una cosa, ma sento che il mio tempo è finito. Persino la mia esistenza avrà fine, persino io avrò la mia meritata pace: vorrei dirgli questo; e vorrei che sapesse quanto poco sia il tempo che ha trascorso rispetto a quello che ancora lo attende. Che non importa quanti rivolgimenti subirà il cosmo: che lui sarà ancora lì, e ancora e ancora, in un’eterna consunzione della carne e dell’anima. Che nessuno, nessuno lo salverà… Ma è troppo tardi anche per me.

    Addio per sempre mr. T…

    Edited by Metzengerstein - 17/4/2014, 01:35
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    Chiunque abbia giocato a minecraft, anche per poco, sa che c'è qualcosa di inquietante nel gioco in se.
    La musica inaspettata nelle caverne, al buio, i paesaggi desolati e solitari.
    E qualcos' altro?
    Il meteorite ha colpito la terra prima che qualcuno potesse fare qualcosa.
    Le città sono state ridotte a sabbia e macerie, la terra è stata danneggiata nel nucleo, in profondità si sono generati fiumi di lava, le foreste furono spazzate via.

    Insieme alla mateora sono venute creature bizzarre, alieni.
    Questi, attraverso mezzi sconosciuti, sopravviserò all'impatto.

    Essi portarono la peste.
    Varie piaghe colpirono la terra, essa, nel mentre, andava a costruire un nuovo ecosistema, ecosistema di cui, presto, fecere parte anche gli alieni.

    Quando i mostri videro per la prima volta il sole, si resero conto di non essere adatti a vivere alla luce di esso.
    Così si stabilirono sotto terra, nelle caverne, nell'oscurità.
    Alcuni di essi costruirono un portale che li conducesse nel loro pianeta d'origine, nascosero il portale nelle profondità del sottosuolo, protetto da varie trappole ed ostacoli.

    Gli alberi cominciarono a rinascere, i fiumi, i laghi, gli oceani bagnavano la terra nuova.
    Gli animali apparvero di nuovo: lupi selvaggi, polli, maiali, pecore, mucche, cominciarono a ripopolare il pianeta, ed infine gli umani riapparserò, le piaghe portate dagli alieni non si fecero attendere, trasformarono gli umani in zombie e portarono in vita i loro cadaveri, alcuni umani, pochi, furono resistenti alla malattia.
    Si rifugiarono nelle scogliere, nelle pianure, nelle foreste, quasi ovunque.

    Iniziò così una continua lotta per la sopravvivenza.

    Iniziò così Minecraft.

    min6

    Tradotta.


    Edited by Excalibur272 - 1/7/2012, 14:37
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    Eccoci alla consueta introduzione sotto spoiler. Questa è una pasta pensata in 2 minuti, che avrei volentieri inserito nel contest, ma non ho potuto perché le iscrizioni erano chiuse :(
    Vabbé, non fa niente, comunque potrete leggerla :asd:
    Ecco a voi... "L'Alba della Distruzione"!


    La storia del mondo è giunta a un punto di svolta: il libro chiamato "umanità" è arrivato al suo capitolo finale, e io ne sono l'arcano narratore.
    Ogni singolo uomo, ogni singola donna, ogni singolo bambino sono stati totalmente spazzati via, senza lasciare una traccia ne un vago ricordo. Sono l'unico che può raccontare ciò che è successo, il fatidico attimo in cui tutto è andato perduto, ciò che io chiamo "L'alba della distruzione".
    Questa catastrofe non ha avuto araldi infernali ad annunciarla, né la natura ha percepito minimamente ciò che sarebbe successo al genere umano; forse, tornando indietro, avrei notato un fervore innaturale fra i miei simili, un manifestarsi dell'innato istinto di sopravvivenza, ma non ne sono sicuro. Oserei dire che l'avvento dell'apocalisse sia stato repentino, troppo veloce per permettere una rappresaglia.
    Ero nel bosco quando si manifestarono: loro, i nuovi padroni della terra, esseri demoniaci dal multiforme aspetto, solcavano il terreno in gruppi, emettendo gridi infernali.
    Non riuscii a distinguerli ad una prima occhiata, la luce della luna si rifletteva sui loro volti, ma era troppo poco per poterli identificare. Ciò che vidi, però, non lasciava adito all'immaginazione: di altezza medio-bassa, possedevano occhi spaventosi e un viso in taluni riconducibili a diavoli, in altri ad esseri provenienti dalle peggiori storie dell'orrore.
    Ero terrorizzato al solo guardarli.
    In quel momento, una scintilla s'innescò in me: sapevo cosa dovevo fare.
    Scesi celermente da un sentiero scosceso, giunsi nel mio casotto da caccia in cerca di un arma e trovai un ascia, adatta a squarciar loro il petto e il ventre senza mettere a repentaglio la mia vita.
    Il primo che feci fuori aveva delle corna e un ghigno malefico in faccia: si avvicinò a me e io gli conficcai la mia arma nel petto, frantumandogli poi il cranio con una pietra.
    Dopo fu la volta di alcuni demoni simili a licantropi: recisi la carotide ad uno di essi, poi lancia l'ascia verso il secondo che stava scappando, colpendolo sulla schiena, poco sotto la nuca.
    La mia mente incominciò ad annebbiarsi, forse a causa del sangue, ma non mi fermai: dovevo vendicare tutti quelli che erano stati uccisi, e più ne uccidevo più sarei stato soddisfatto.
    Dopo averne uccisi una ventina, sono qui a riposarmi, ma vedo qualcosa che mi stupisce enormemente: un uomo!
    Massì, questi demoni possono essere uccisi dalle nostre armi, e uno come lui, un poliziotto, può farli fuori con una pistola!
    Esaltato da questa scoperta, corro verso di lui gridando "sparagli, sparagli", ma lui mi guarda in maniera strana, indecifrabile.
    Cosa vorrà fare e perché non li spara? Perché i demoni non si avvicinano a lui?
    Continuo a sbraitare, ma la situazione peggiora: mi punta la pistola addosso.
    Perché? Sono un umano, un umano, diamine!
    "Assassino... non meriti di vivere"
    Poi un fragore, e qualcosa sibila nell'aria. Un dolore acuto.
    L'ultima cosa che ricordo è il sangue che cola in un occhio, poi in bocca, infine la mia mente che si spegne inesorabilmente.
    Con me, l'ultimo residuo di umanità va a perdersi.
    Ho perso.

    Il poliziotto si avvicinò e lo guardò con profondo rammarico: "Che essere spregevole e abominevole. Era già stato allontanato dalla cittadina per la sua pazzia, condannato a vivere in una casupola nel bosco. Non pensavo arrivasse a tanto... proprio oggi... la notte di Halloween...!"

    Edited by » S h i n † a k a ™ - 24/11/2011, 17:02
13 replies since 26/10/2013
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