Votes given by InKubus

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    Passo1: Rileggerla.
    Passo2: Cancellare il mio commento sgrammaticato di 2 anni fa.
    Passo3: Complimentarsi perchè la storia mi è piaciuta
  2. .
    RipropongoH!
  3. .
    Il mio inglese non era molto comprensibile a quei bifolchi russi, ma qualche parola il locandiere la capiva. Tradusse il poco che aveva compreso urlandolo a tutti i presenti, cioè che cercavo la Foresta d’Assenzio a nord di Kiev. Nella stanza calò un silenzio agghiacciante. Tutti si girarono verso di me, tutti tranne un mazziere che continuava a mescolare le sue carte, in tranquillità, nello sgomento generale. Avevo affrontato un lungo viaggio per arrivare fin lì e non mi sarei tirato indietro facilmente. Ero disposto a pagare, pagare bene, per ricevere un passaggio fino a destinazione.
    Il locandiere mi guardò di sbieco e si avvicinò un poco. In un inglese che era tutta una sua opinione, mi disse in modo molto serio e lentamente, quasi come se spiegasse ad un bambino che gli asini non volano, che non avrei potuto ottenere quel passaggio. Chiunque andasse in quella foresta non faceva più ritorno.
    In un attimo capii che mi trovavo in un guaio ancora peggiore di quanto non lo fosse già in partenza. La mia famiglia morta, la mia vita in pericolo e l’unica chiave per risolvere l’enigma (forse) si trovava in quella foresta… dalla quale nessuno era mai tornato. Presi un respiro profondo, ma non fu sufficiente a calmarmi. Allora chiusi gli occhi e ne presi altri due, cercando di riflettere. Quando li riaprii il mazziere flemmatico che avevo notato prima era seduto accanto a me. In breve il resto della locanda tornò ai suoi affari, e un chiasso ordinario si fece risentire, sciogliendo la tensione che si era venuta a creare.
    «Raccontami la tua storia, straniero» disse il mazziere.
    «Un attimo, lei parla inglese?» risposi io, pieno di sorpresa.
    «È quello che sembra, e non è l’unica cosa che so fare… o che posso fare» mi disse, accennando un sorriso.
    Questo russo mi stava forse cercando di dire che mi avrebbe dato un passaggio? No aspetta, non sembrava proprio un russo. Era vestito alla moda degli altri, ma aveva i capelli e gli occhi neri come il fondo di un pozzo, la carnagione leggermente scura. Chiaramente anche lui era uno straniero, questo mi tranquillizzò un poco. Eravamo entrambi di origini estranee a questo posto, anche se lui era chiaramente più integrato di me.
    «Sono maledetto» me ne uscii in un modo decisamente diretto, ma neanche questo lo scosse.
    «È interessante quello che dici, continua»
    «Vengo da lontano, da Londra per essere precisi. Mi ero appena trasferito in quella capitale con mia moglie e mio figlio. Pensavamo sarebbe stato l’inizio di una vita felice per noi, dopo anni di duro lavoro e sacrifici… invece è tutto finito, molto prima che iniziasse» a questo punto mi misi una mano sul volto per coprire una lacrima.
    «Mi dispiace per le tue disavventure, straniero» disse il mazziere, con un tono più coinvolto di quello che mi aspettassi.
    «Dorian, mi chiamo Dorian» aggiunsi.
    L’uomo semplicemente annuì e stette in silenzio. Dunque continuai: «Vedi, io ho fatto fortuna. Ho abbandonato la mia penosa attività di famiglia dandomi al mercato delle locomotive a vapore. È stato un colpo da maestro, non credevo sarei riuscito a raggiungere certi traguardi!» dissi con una punta di orgoglio, ma il mazziere non sembrava colpito. A quel punto mi pentii di aver accennato questa cosa su di me ad uno sconosciuto. Adesso sapeva che ero ricco, e sì forse mi avrebbe dato il passaggio ma… a quale prezzo?
    «Come ti chiami?» gli chiesi, come se fare la sua conoscenza riparasse a ciò che avevo rivelato.
    «Non è importante il mio nome, ma puoi sempre chiamarmi Ivan» disse sorridendomi.
    «Dunque, Ivan, questo è quello che è successo» presi un respiro profondo: «Progettando il trasferimento a Londra richiesi che ogni pezzo di arredamento fosse nuovo, molti di essi erano importati. Come i mobili. Mobili russi in pino silvestre arredavano tutta la casa, rendendo l’ambiente elegante e leggermente stravagante. Le mie disavventure incominciarono una notte» presi un altro respiro profondo…
    «Vedi, in quella notte, mi ero semplicemente alzato per andare in bagno. Tenevo la lanterna alta, sopra la testa, per farmi luce lungo il breve tratto che dovevo percorrere. Mi guardavo intorno, ammirando quello che era uno dei miei splendidi risultati dopo lunghi sforzi: la mia nuova casa. In quel momento mi girai verso la pendola per vedere che ore fossero...»
    «Sì, era uno dei mobili russi?» disse Ivan, vedendomi titubante.
    «Esatto, beh stava sanguinando».
    Stettimo un attimo in silenzio. Ivan si mise una mano sul mento, sembrava assorto in profonda riflessione. Alzò lo sguardo verso di me, dicendomi: «Sicuramente non è per questo che sei qui, io al posto tuo lo avrei buttato via e non avrei più voluto sentirne parlare. Cos’è successo dopo?».
    Dopo, di fronte a quella visione orribile, tutti i liquidi che avevo in corpo li svuotai sul posto... ma evitai di menzionare questo dettaglio: «Dopo, restai fermo attonito a guardare le lancette che ad ogni ticchettio gocciolavano abbondante sangue. Abbassai la lanterna per osservare che il mobile grondava da ogni fessura. Seguii con lo sguardo un rivolo di sangue che piano scendeva fino al pavimento creando una pozzanghera rossa, proprio sotto quella pendola. Chiusi gli occhi prima di girarmi e guardarmi attorno: l’angoliera sanguinava, come il mobile dell’argenteria, la cassettiera... Non urlai, interiorizzai tutto e poi svenni».
    «Che storia incredibile!» esclamò Ivan, ma c’era qualcosa nel modo in cui lo diceva che mi fece dubitare fosse realmente colpito.
    «Il giorno dopo fui svegliato dalla voce di mia moglie e dal pianto di mio figlio. Ero ancora sul pavimento ma il sangue era sparito dai mobili. Fortunatamente la casa non era andata a fuoco a causa dell’urto della lanterna col suolo, semplicemente non si era rotta. Pensai fosse stata tutta un’allucinazione, finché Clare non mi disse che nostro figlio stava male, che gli stava succedendo qualcosa di orribile. Ancora tramortito, mi alzai per precipitarmi a controllare nella camera del bambino che piangeva. Grondava sangue da ogni orifizio, dagli occhi, dal naso, dalla bocca… la situazione era agghiacciante, ma capii subito che se avesse continuato così sarebbe morto dissanguato. Chiamai il medico e fu portato in ospedale, ma non ci fu niente da fare»
    «Sono molto addolorato per la tua perdita, Dorian» anche adesso, non sembrava sincero.
    «Purtroppo le mie disgrazie non finiscono qui, Ivan. Passò diverso tempo, i medici non avevano capito di che morte era stato vittima mio figlio. Tenni per me quello che avevo visto quella notte, forse era solo un’allucinazione e avrei rischiato di essere preso per pazzo. Mia moglie perse il sonno, e io con lei. Clare, che fino a qualche tempo prima era sempre stata allegra e vitale, era caduta in profonda depressione. Facevo fatica a pensare al lavoro, distratto dalla profonda sofferenza per la perdita di mio figlio che, vederla concretizzata in lei, mi toglieva il respiro. Non sapevamo perché era successo tutto questo, era successo e basta. Poi, un’altra notte, questa disgrazia ricominciò. Questa volta fummo in due a vedere il sangue colare dai mobili, e fu lei ad… ammalarsi. Morì tra le mie braccia alla stessa maniera di mio figlio. Le dissi quanto la amavo, quanto non potevo sopportare di non essere riuscito a proteggerli, che questa maledizione esoterica devessere fermata per fare giustizia a loro e, a questo punto, salvare me, dato che sono sicuro che sarò il prossimo… Clare… Tom...» scoppiai in un pianto strozzato.
    Ivan, a questo punto, mi mise una mano sulla spalla: «Di cosa hai bisogno, dunque, Dorian?»
    «Siamo a Kiev, servirebbe qualcuno che mi portasse alla Foresta d’Assenzio a nord di qui. Quella dalla quale nessuno ha fatto più ritorno… perché è con quegli alberi che sono stati fatti i mobili che hanno maledetto la mia casa. Devo investigare, tanto la mia vita è condannata lo stesso. Conosci qualcuno disposto a...?»
    «Posso portartici io, Dorian»
    «Davvero? Quanto chiedi?»
    «Niente, lo faccio perché la tua storia mi ha toccato il cuore»
    «Grazie! Tu sì che sei un amico!» dissi infine, a questo sconosciuto.
    Saremo partiti quella sera stessa. Avevo già con me un borsone attrezzato sia per il viaggio che per ispezionare la foresta. Ivan salutò i suoi amici al tavolo da gioco con parole in russo che non capii e uscimmo nella gelida aria di una notte giovane a Kiev. Non c’era neve, ma l’aria fredda era sufficiente a farmi battere i denti, mentre Ivan sembrava perfettamente a suo agio in un clima che conosceva bene. La sua carrozza era poco distante, un bel modello con in testa due cavalli neri.
    «Perché mi accompagni, non è pericoloso per te?» gli chiesi, poco prima di salire nell’abitacolo.
    «Perché io vado spesso là, e sono sempre tornato» mi disse, con un mezzo sorriso.
    Probabilmente erano solo leggende locali dunque. Quando mi trovai dentro ebbi diverso tempo per riflettere da solo. Ormai ero lì e sarei andato fino in fondo. Pensai che, nonostante le prime impressioni iniziali, questo Ivan si stava rivelando una brava persona che mi avrebbe aiutato a scoprirne di più sulla maledizione che pendeva sulla mia testa. Feci diversi respiri profondi mentre guardavo fuori dal finestrino: c’erano poche luci ad illuminare il circondario, tuttavia si leggeva tra le ombre un paesaggio di steppa, formato da varie erbe ed arbusti nani. Quando la carrozza si fermò ci trovammo ai margini della foresta di pini silvestri tanto temuta dagli abitanti del posto, contenente il segreto dei mobili che sanguinano. O almeno speravo.
    Scesi col mio borsone e un brivido mi assalì. Non era solo il freddo, ma anche la visione della foresta oscura che avevo davanti agli occhi. Alberi alti e neri nella penombra delle nostre lanterne, al di là di essi il buio. Sarei dovuto andare lì dentro. Presi un respiro profondo.
    «I tuoi respiri sono sempre così drammatici, Dorian» disse Ivan sorridendomi.
    «Mi aiuta a controllare le emozioni» spiegai.
    «Hai una lanterna per farti luce?» me ne porse una spenta.
    Lo ringraziai, mi disse di cercare una casa nel profondo della foresta, qualcuno mi avrebbe quindi ospitato per la notte. Disse, inoltre, che il mattino dopo sarebbe tornato a prendermi. La carrozza si stava allontanando quando rivolsi lo sguardo a quel muro di tronchi e buio che avrei dovuto oltrepassare. Feci un altro respiro profondo, accesi la lanterna e mi addentrai nella foresta. Sembravano pini ordinari, nulla di particolare da notare ad una prima occhiata. Le foglie a forma di ago mi solleticavano il volto mentre camminavo con passo non troppo sicuro in quella tetra natura. Decisi di soffermarmi su un albero per esaminarlo. Staccai un pezzo di corteccia per vedere se aveva qualcosa di particolare, ma niente di fatto. Presi un metro da sarto dal borsone e misurai la circonferenza del tronco, già a occhio si vedeva non particolarmente spesso. Ebbi dunque l’idea di abbattere l’albero per vederne l’età tramite i cerchi all’interno del tronco. Presi un’accetta dal borsone e diedi un colpo. Dal legno un fiotto di sangue schizzò in direzione opposta al mio taglio, mollai immediatamente l’accetta là dove stava. Il cuore mi martellava nel petto, sentivo gocce di sudore scendermi dalla fronte mentre la violenza del getto accennava a diminuire. Chiusi gli occhi. C’ero, avevo trovato qualcosa… ma adesso? Cosa c’è dentro quell’albero? Presi l’accetta tra le mani e con tutta la forza che avevo in corpo ricominciai ad abbattere l’albero. Ad ogni colpo lo schizzo di sangue riprendeva vigore, sentii qualcosa all’interno dell’albero che faceva meno resistenza del tronco, ma sanguinava di più. Cadde, e ne uscirono visceri e sangue: in una posizione contorta ed innaturale c’era un cadavere all’interno di quel tronco. Le mani incominciarono a tremarmi, l’accetta mi cadde al suolo. Dove cazzo mi ero andato a cacciare? Vuol forse dire che questa distesa sconfinata di arbusti era ricolma di morti, ero in una specie di cimitero? Proprio in quel momento, la lanterna si spense. L’afferrai immediatamente per controllarla: l’olio era finito. Perché Ivan mi aveva dato una lanterna scarica? Incominciai a correre verso l’uscita, ma nonostante pensassi di star tornando sui miei passi così non era. Rapidamente mi resi conto di essermi perso. Ansimavo, i respiri erano rapidi e sconnessi, le gambe erano molli e tremavano ogni volta che mi fermavo per guardarmi intorno: buio e silenzio. Non si sentiva neanche una civetta stridere. Era come aver perso il senso della vista e dell’udito. Ricominciai a corre disperato e senza meta, sperando di trovare l’uscita da quel labirinto silvestre. Battei contro tronchi, inciampai cadendo in avanti tanto forte da mozzarmi il fiato, presi storte e facciate contro gli alberi. Ma dovevo continuare a cercare, sentivo che se mi fossi fermato sarei probabilmente morto. Vidi una luce nel folto della foresta. Ivan era tornato indietro a prendermi e quella era il lume della sua lanterna? Forse sarei uscito vivo da lì… e la maledizione? Non potevo non pensare che, tutti questi alberi intorno a me, erano probabilmente ricolmi di cadaveri. Mi avvicinai sempre di più alla luce. Non era Ivan, ma un piccolo edificio tra gli alberi. La casa che diceva appunto, dove mi sarebbe stato offerto un letto per la notte. Sembrava piccola e modesta, costruita con gli stessi pini che mi circondavano, con gli stessi pini dei miei mobili. Rabbrividii al pensiero, ma dietro di me c’era l’oscurità e davanti a me la luce. Dunque accorciai le distanze con la porta della casupola, a piccoli passi, col timore infondato che da lì a poco sarebbe esplosa in un lago di sangue. Era davvero così infondato questo pensiero? Bussai alla porta.
    «Entra pure, Dorian» era una voce di vecchia che… conosceva il mio nome?
    Girai la maniglia, avrei fatto ancora in tempo a scappare, ma dovevo andare fino in fondo. Presi un respiro profondo. All’interno la casa aveva un odore rancido, illuminata da candele nere con lo stesso tipo di mobili in pino silvestre che avevo nella mia abitazione. Si poteva udire un cigolio, dunque mi girai verso di esso per capire da cosa provenisse. Era una sedia a dondolo a causarlo e, seduta sopra di essa, una vecchia signora mi guardava nella penombra.
    «Chi sei tu? Come fai a sapere il mio nome?» le chiesi, senza nascondere un po’ di timore.
    «Oh, io so molte cose. So perché sei qui ad esempio, perché credi che su di te ci sia una maledizione» mi disse, sorridendomi con la bocca aperta. Le mancava qualche dente.
    «Come me ne libero?»
    «Uff quante domande. Potrebbe darsi che tu non abbia una maledizione, che i tuoi cari siano morti perché era giusto così» mi rispose, questa volta aveva un tono più serio.
    «Giusto?! Com’è possibile? Una donna ed un bambino innocenti morti in modo orribile, a causa… a causa tua» dissi l’ultima frase in modo molto naturale e tranquillo, mi stupì la mia fermezza.
    «Mia?» era quasi sorpresa.
    «Sì, tua. Questi mobili sono uguali a quelli che avevo io, la maledizione non può che esser stata fatta da te!»
    «Sì, i mobili erano i miei, ma qualunque cosa facciano le mie creature una volta fuori di qui non è affar mio, bello» disse, non si sentiva responsabile di nulla.
    «Tu sei malefica!»
    «Io sono malefica e faccio cose orribili, bla bla bla» si alzò dalla sedia uscendo dalla penombra. A quanto pare le mancava un occhio, due dita e qualche unghia; aveva cicatrici in tutta la pelle visibile. Indosso aveva abiti estremamente larghi di colore nero, con uno scialle intorno al collo.
    «Guarda cosa mi avete fatto voi uomini» disse, togliendosi la veste superiore. Il seno le era stato asportato con violenza, cicatrici spesse un dito le correvano lungo la pancia. Per fortuna, la vetusta signora si rivestì subito.
    «Fu l’Inquisizione a farmi questo» asserì.
    «L’Inquisizione? C’è ancora nel diciannovesimo secolo?» ero confuso.
    «No» disse semplicemente. Aveva forse questa vecchia più di cinquecento anni? Continuò: «Nacqui come contadina. Dopo pochi anni di vita già si poteva osservare che intorno a me succedevano cose non ordinarie. Molti animali avevano paura di me, le cose sparivano dalla casa senza una ragione, c’è chi diceva di avermi visto in strada quando in realtà non ero uscita dalla mia camera. Ero speciale, un po’ come quel ragazzo che lavora per me, quello che si fa chiamare Ivan» disse, sorridendomi in modo malizioso. Mi tremarono le gambe e mi sentii mancare. Ero in trappola, nessuno sarebbe tornato a prendermi il giorno dopo. Dovevo scappare. Mi girai rapidamente cercando di aprire la porta, ma era misteriosamente chiusa a chiave. Sentii una risata agghiacciante alle mie spalle. Avrei potuto tirarle un pugno, ma avevo ormai troppa paura. Io non sono un tipo avventuroso, come potevo essere stato tanto scemo da condannarmi da solo in questa maniera?
    «Dove ero rimasta? Ah già. I miei genitori avevano paura di me e fui abbandonata per la strada. Crebbi come mendicante e ladra, mentre coltivavo il mio dono. Ero una bella ragazza ma non vollì vendere il mio corpo per soldi. Giunse il giorno in cui un manipolo di soldati reali arrivò nella città in cui operavo. Uno di loro mi approcciò e fu il mio primo amore. Mi diede una casa dove stare, cibo di cui nutrirmi, un letto dove dormire. Ero felice, ma un giorno scoprì i poteri che nascondevo. Fui inquisita come strega, i miei giorni allegri erano finiti. Fui torturata, mutilata e stuprata da uomini che si definivano al servizio del bene e della misericordia. Quando riuscii a fuggire feci lunghi viaggi alla ricerca di un luogo dove stare, finché non giunsi qui. Ero ormai stracolma solo di un senso di odio e vendetta verso coloro che mi avevano tradita: cioè voi, l’umanità intera. Attualmente gestisco una rete di rapitori al mio servizio, che lavorando per soldi, mi procurano carne fresca con la quale arricchire la mia foresta» finito di raccontare mi guardò in modo divertito, con quel suo singolo occhio. Come avrei fatto ad uscire da lì? Si avvicinò ad una scopa e, una volta afferrata disse: «Vuoi vedere una strega volare?». Sorrideva. Si avvicinò alla porta che si aprì di scatto senza intervento alcuno e uscì. Potevo scappare, era la mia occasione. Mi precipitai fuori ma, come misi un piede oltre la soglia, la strega mi colpì col bastone della scopa in pieno volto, e svenni.

    Ivan non è il mio vero nome, ma poco importa. La mia vita procedette tranquilla dopo la scomparsa di Dorian. Probabilmente stette diverso tempo a dimenarsi all’interno di uno dei tanti alberi della Foresta d’Assenzio. Foresta che non si chiama più così, ormai. Questa parte della Russia passò all’Ucraina e dopo il disastro di Chernobyl quell’area boschiva fu investita da scie radioattive e il suo colore divenne rosso. Forse gli alberi acquistarono il colore rosso solo per le radiazioni, oppure perché ognuno di essi aveva almeno un cadavere al suo interno. Mi ha sempre inquietato quello che poteva fare quella strega di cui adesso, comunque, ho perso le tracce. Ad oggi il nome di quell’area è Foresta Rossa ed è inaccessibile al pubblico, quindi i suoi segreti non saranno mai più svelati.

    Edited by Faust Redrose - 3/9/2017, 00:49
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    Appena ti eri iscritto mi avevi dato l'aria di essere, uhm, un cazzone, siccome andavi spesso Off Topic nei topic e flooddavi molto in ShoutBox.
    Però mi stavi simpatico e infatti, per un periodo, ti avevo rotto i... testicoli in privata (più o meno fino a quando hai passato la prova da Traduttore). Poi, sono sicuro al 100% che hai cominciato a considerarmi un bimbominchia come il 99% dello staff. :O
    Quando però avevi cominciato a trollare e flammare (febbraio 2017) mi sei caduto. E non nascondo che io avevo appoggiato il tuo warn e, successivamente, il ban.
    Beh, che dire, ora come ora non ho più nulla contro di te, dunque arrivederci.
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    RETURN_TO_BABYLON_LOGO



    Return to Babylon è un film muto e in bianco e nero diretto da Alex Monty Canawati nel 2012: racconta la vita delle più scandalose star dei film muti, come Rodolfo Valentino e Clara Bow. È stato girato con una telecamera dell'epoca, a manovella e la colonna sonora presenta tutte canzoni degli anni '20. Nulla nella storia ha alcun elemento pauroso, insomma.

    Allora vi chiederete: ma perché allora ne voglio parlare? Beh, voglio mostrarvi uno screen del film:

    Screen_Shot_2015_04_23_at_11



    Return to Babylon viene considerato infestato da spiriti e fantasmi e su questa pellicola, secondo alcuni, le prove di fenomeni paranormali sarebbero numerose: molte persone avrebbero visto i volti degli attori deformarsi, i loro corpi contorcersi e diventare orripilanti e addirittura sarebbero apparsi i volti fantasma dei personaggi su cui il film è basato.
    Gli interpreti hanno confermato i fenomeni, affermando di essersi sentiti osservati e toccati da entità misteriose.

    Screen_Shot_2015_04_23_at_11_0



    Il regista stesso ha affermato di essersi accorto dei misteriosi fenomeni solo dopo aver sviluppato il negativo e che nulla di tutto ciò era apparso ai suoi occhi prima della revisione delle registrazioni. Canawati non è mai riuscito a distribuire il film, per problemi sia economici che a causa di una serie di eventi sfortunati; egli pensa che gli strani fenomeni siano frutto di un'entità che vuole comunicare qualcosa e che le figure spaventose non siano demoniache ma piuttosto rappresentino immagini sacre ed angeli.
    Dopotutto, l'idea del film gli è venuta grazie ad una casualità, ovvero il trovare numerose pellicole di film muti abbandonate per strada ad Hollywood. Un segno divino di fare il film, insomma.

    haunted_film



    Numerose teorie, dalle più fantasiose alle più plausibili sono nate nel frattempo, e ignorando un attimo quelle paranormali, c'è chi ha cercato di dare una spiegazione logica alle deformazioni: secondo alcuni, il passaggio dalle pellicole a 16fps al digitale a 24fps avrebbe in qualche modo "mescolato" le immagini, deformandole.
    Ad esempio, in molte scene le dita degli attori si allungano in modo bizzarro o si fondono assieme, ma ciò potrebbe essere dato da uno "strascico" dell'immagine, che rimane impressa nonostante il movimento dell'attore/attrice:

    ghost_on_film



    I misteri sul film sono ancora molti, c'è chi pensa sia tutto vero, chi invece che tutto questo mistero sia soltanto uno stunt pubblicitario di Canawati. In ogni caso, paranormali o no, le immagini sono seriamente inquietanti, e di certo il regista, seppure a detta sua per sbaglio, ha creato un film che fa molto discutere e che la comunità dell'Horror ricorderà per molto tempo a venire...





    Edited by DamaXion - 29/7/2017, 18:30
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    Andarsene per essere stato ripreso dallo staff, in un topic dove non hai permesso uno scambio di opinioni, ma solo imposto aggressivamente la tua idea come unica e vera certezza, è una cosa un tantino discutibile, ma mi secca da morire iniziare una polemica qui sotto, quindi mi risparmierò.

    Se vuoi andare, ciao, e che un giorno tu possa tornare magari con la testa più a posto, con un atteggiamento meno aggressivo e con meno presunzione.
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    CITAZIONE (Belvatron @ 30/5/2017, 13:54) 
    Lo dicono anche milioni di altre fonti, semplicemente Wikipedia è quella più affidabile. Se fai una piccola ricerca scopri che quello scritto sulla pagina di Wikipedia è vero, Blue Whale è marketing.

    Il fatto che abbia un nome, il fatto che ne stiamo parlando, il fatto che anche solo una persona si è tolta la vita, il fatto che il presunto creatore sia in prigione... Tutte queste cose sono fatti, non invenzioni. Di conseguenza questi fatti rendono il Blue Whale un qualcosa che esiste, per quanto sia portato sotto i riflettori dai media. Non è marketing, viene usato come marketing. Ma si tratta di qualcosa di concreto.
    Ah e Wikipedia non è sempre la fonte più affidabile (nonostante ti contraddica). E leggitela tutta la pagina, non un terzo. Ecco qui.
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    Credimi, anche io mi sarei cagata sotto xD dalla descrizione sembrava tipo uno zombie di the walking dead. Non dev'essere stato bello, immagino.
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    Uè qualcuno è nel suo periodo
    e non è Medea
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    Potevi esprimerti in maniera meno saccente, non credi? :siga:
    Quasi tutti i tuoi ultimi commenti hanno quest'alone di kitemmuort che dà parecchio fastidio
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    No ti prego non apriamo di nuovo quella discussione che poi mi rompo a dover sgamare i troll
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    È una lei in un corpo maschile. Pertanto, pronomi femminili.
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    MShfHyr





    Edited by RàpsøÐy - 24/2/2017, 21:41
  14. .
    Finalmente ho trovato il tempo di leggerla! Beh, che dire wuaoh ! Bella da leggere e intrigante anche se era già abbastanza palese fin dalla descrizione fisica di Yomi all'inizio che era un ibrido, fosse stato per me l'avrei reso un fatto meno intuibile, ma comunque non sminuisce la godibilità del racconto, anche se questo finale così mi fa desiderare un sequel (che spero ci sia)
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    Concordo con gli utenti sopra di me. Oggi si parla sempre di violenza contro le donne e femminicidio, che bisogna prevenirli, pene più severe per stalker, stupratori e "woman-killer", eccetera, ma secondo me è un'ipocrisia, come il reato di femminicidio.
    Perché un femminicidio dovrebbe essere più grave di un "maschicidio"? Non è una discriminazione? Non è un'ammissione di debolezza? Io credo nella parità di genere.
    Poi 'sta cosa del "donna uccisa perché donna": i nazisti uccidevano gli ebrei in quanto tali, per motivi razziali, negli USA succedeva e succede lo stesso per i neri, ma uomini che escono in giro ad uccidere donne perché tali non ne ho mai sentiti (sarà un complotto della lobby dei maschilisti?), di solito sono mariti/fidanzati che uccidono le partner dopo separazioni eccetera, sono dei motivi del cazzo, su questo sono d'accordo, ma diciamo le cose come stanno.
    Poi il numero dei "femminicidi" è rimasto più o meno stabile nel corso degli anni, ciò che è cambiata è la percentuale, poiché altri tipi di omicidi sono diminuiti.
    Non so se le pene per il femminicidio siano più aspre rispetto al maschicidio o all'omicidio comune, se è così allora siamo messi male, perché la vita di una donna deve valere più di un uomo? Ditemi se non è disparità di genere queste.
    Poi la violenza delle donne sugli uomini in genere è più psicologica che fisica, ed è accettata dalla società, anzi fa quasi ridere.
    Ho visto in vari spot e film scene "comiche" di donne che vendono o distruggono oggetti del marito/fidanzato, lo insultano, lo prendono a sberle o schiaffi, prosciugano le carte di credito del coniuge spendendo i risparmi in frivolezze. Provate ad invertire i ruoli, vediamo se qualcuno ride ancora.
    E la cosa peggiore è che questo è lo specchio della società, nonché un (pessimo) esempio emulato.
    Non ditemi che è amore una ventenne che si sposa con un ricco ottantenne... Ora teoricamente dovrei scrivere "a parte in qualche caso" per evitare critiche di qualcuno su questo, ma io scrivo ciò che penso, diciamoci la verità, l'amore non è come nei film.
    Tornando alla violenza "di genere", spesso anche gli uomini ne sono vittima, solo che non ne parlano con nessuno, perché la società e le autorità e anche parenti ed amici gli riderebbero in faccia (esattamente ciò che vuole comunicare la vignetta), immaginate un uomo che si rivolge ad un centro anti-violenza o alla polizia, secondo voi lo prenderebbero sul serio?
    Forse è anche per questo che poi accadono i femminicidi, persone deboli o indebolite psicologicamente che però conservano, com'è normale nell'uomo, abbastanza forza fisica per togliere di mezzo l'autrice della sua sofferenza.
    Per il motivo sopracitato (differente forza fisica) è più raro che una donna uccida FISICAMENTE un uomo (notare il Caps Lock), tendono infatti di più a farlo psicologicamente, per perseguire un fine (di solito economico) o anche solo per puro sadismo.
    Ovviamente non mancano gli uomini violenti, che uccidono la propria donna solo per aver rifiutato prestazioni sessuali o altri motivi non giustificabili per niente.
    Poi se un uomo dà uno schiaffo a una donna in seguito ad un litigio quasi quasi la vicenda finisce sui giornali, a volte con tanto di commento (puramente di parte) della nazi-feminist di turno, che sottolinea quanto gli uomini siano rozzi, della strage di donne che peggiora ogni anno, blablabla vari...
    Se una donna dà uno schiaffo ad un uomo, sempre in seguito a litigi, l'uomo ha tre possibilità:
    1) Reagire, e si verifica ciò detto prima.
    2) Cercare di dirlo a qualcuno, ma chi non gli riderà in faccia o non lo prenderà in giro gli dirà che non vale la pena denunciare o dirlo in giro, pena la perdita della reputazione anche in ambito professionale.
    3) Stare zitto e subire o andarsene, comunque senza fare nulla, che è ciò che accade di solito.

    In sintesi, per conto mio: Femminicidio=Maschicidio=Omicidio
    Diritti delle donne=Diritti degli uomini=Diritti dell'umanità.

    Mi scuso per aver scritto un poema, e spero di non essere andato troppo OT, se mi viene in mente altro che mi sono dimenticato (poi sono da telefono...), al limite modificherò il commento.
333 replies since 17/9/2012
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