Votes taken by Pisy

  1. .
    CITAZIONE
    ti sono grato di avermi considerato abbastanza meritevole da essere ''scelto'' come portatore.

    uno dei primi, già ^^
    Sei un grande, ti voglio bene davvero. Spero tu possa ritrovare la luce che ti caratterizzava.
  2. .
    troppi memoriali ultimamente, ma mi fa piacere quello che hai scritto per me :)
  3. .
    Pisy, tu sei stato la persona che più di tutti mi ha insegnato a scrivere correttamente

    Onestamente avrei preferito essere ricordato per altro, nella vita di una persona. Forse perché non abbiamo parlato poi così tanto e non abbiamo condiviso molto. Ma si sa, sono molto diffidente. Magari in futuro ce ne sarà occasione. Comunque, è davvero un bellissimo memoriale =)
  4. .
    Torno a dire ciò che dissi tempo fa, ovvero che il tuo stile è perfetto per chi scrive per ragazzini. Ormai ti caratterizza, sei tu. Ti riconsocerei tra altri mille racconti. A me è piaciuto, ti diedi anche un voto alto, ora davvero non ricordo. Brava, Rory, davvero.
  5. .
    Mi farebbe piacere, casomai ne avessi il tempo, che tu leggessi il mio. Sempre se ne hai voglia, è chiaro ^^
  6. .
    Neppure a me hahahahaha
  7. .
    La casa di cura "Padre Pio" vanta una storia quantomeno curiosa. Fu fondata nel 2002 a pochi mesi dalla canonizzazione dell'omonimo santo da una ricca coppia di estremisti cattolici che, sin da quel momento, non si può certo dire non abbiano avuto fortuna. Pur non trovandosi in un punto nevralgico del territorio, i pazienti che ivi erano curati erano decisamente un gran numero e provenivano da ogni parte della regione; sembra che venissero attratti non da particolari condizioni di lusso dei locali, eccezionale bravura dei medici o dall'opulenza, bensì dal particolare nome della struttura. Essa, infatti, si chiamava inizialmente "Casa di cura protetta da Padre Pio", titolo di abnorme spessore scritto nella facciata centrale dell'edificio che attirò, nei primi tempi in cui vi era un gran vociare grazie alla santificazione, una consistente folla di fedeli bisognosi di cure psichiatriche, ma che la portò quasi ad avere una causa penale con gli stessi. Dopo pochi anni, ci si accorse che non era adeguato che si sfruttasse a scopi di lucro il nome di un santo tanto amato dalla popolazione, e il direttore della casa fu costretto a cancellare l'espressione "protetta da" con una semplice mano di pittura, per evitare ulteriori problemi con i parenti dei pazienti.

    Le mura esterne dell'impianto sono in buone condizioni, essendo esse state riverniciate di un rosa pallido da pochi mesi. Si entra nel grande cortile dell'edificio, recintato con del semplice fil di ferro, dopo aver superato l'unica stradina sterrata accessibile dalla SS ███ (in località ████████). Benché vi sia uno sconfinato giardino verde e ben curato, sono assenti piante e fiori di qualsiasi sorta per evitare che i pochi bambini in cura possano ferirsi con spine o schegge. Gli interni, su un unico piano, sono standard, seguono tutte le norme di sicurezza e di igiene dell'ASL italiana, e non spiccano in quanto a lusso e spazio (9 m2), in quanto vige un rigido controllo spese, in seguito ai tagli alla sanità degli ultimi anni imposti dal Governo. Tuttavia, lo staff medico risulta cordiale, seppur non altamente specializzato, pertanto, i pazienti si trovano bene con esso e tra loro stessi. Ovunque, si respira un profumo intenso di giglio, fiore posto in un vaso in tutte le stanze dalle infermiere gioiose del loro lavoro. Una radiolina trasmette sempre la solita musica, classica, tranquillizzante e ansiogena allo stesso tempo. Quadri di donne con in braccio i loro bambini spuntano da ogni dove.

    Quel pomeriggio, un'auto nera con gli specchi oscurati stava parcheggiata nel vialetto polveroso. Non era la prima volta che si avvicinava al Padre Pio, e non fu senz'altro neanche l'ultima. Sul giardino, giocavano tre bambini. Due, gemelli, portavano un grembiulino nero il primo, bianco il secondo. Il terzo bambino, giocava a palla poco distante. All'interno, un uomo discuteva con la receptionist con toni accesi.

    - Non capisco di chi stia parlando.
    - Come sarebbe a dire? Io son venuto qui per lui.
    - Ma mi prende in giro? Sto lavorando, non vede? Non sono in vena di scherzi, mi scusi.
    - Me lo faccia vedere!
    - Guardi che chiamo la sicurezza! Se ne vada!
    - Non m'interessa, son venuto qui per lui, e voglio vederlo!
    - Ma è il dottore quello che cerca? Le dico che non è qui!
    - Sì, io... come? Non è qui?


    In quel momento, una ragazza elegante entrò dalla porta avvicinandosi al bancone della reception, senza proferire una parola.
    L'impiegata, continuava il suo discorso quasi in estasi, come faceva di solito, quando quell'uomo le parlava.

    - Sì, il dottore non è qui. La settimana scorsa, un prete con al collo un rosario rosa è venuto a trovarlo, e da allora non si è fatto più vedere.
    - Un prete qui? Non mi faccia ridere, il dottore non può aver incontrato un prete.
    - Non dica idiozie, per cortesia!
    - Un prete! Si rende conto, un prete!
    - I medici non possono parlare con i preti?
    - Ma lui... come le posso spiegare, lui no!
    - Ma non mi faccia perdere tempo e se ne vada!
    - Ma Cristo...
    - Arrivederci, Signor Somerset, torni quando sarà più rilassato.
    Buonasera, signorina De Medici. Desidera?

    La ragazza, che fino a quel momento era rimasta silente ad ascoltare, girò sui tacchi e se ne andò, superando in velocità l'uomo, che aveva appena concluso di parlare con la receptionist. Prima di aprire la porta, un'unica frase uscì dalla sua bocca, con un accento marcatamente francese:
    - No, niente. È chiaro che sono arrivata tardi anche io.

    Il Signor Somerset non le staccò gli occhi di dosso. Seguì il suo andare elegante con estrema attenzione, restando a fissarla dalla finestra, finché, imboccata la stradina, non scomparve in lontananza.
    A quel punto, l'uomo tornò alla sua macchina, non prima di essere andato a salutare i gemellini. Un buffetto sulla guancia a entrambi, ricambiato da un ghigno di odio represso misto ad affetto, impressi nel loro volto. Il bambino con la palla, se ne restava in disparte; per lui, non poteva ormai fare più niente.

    - Beh? Già tornato?
    - Mpf.
    - Qualcosa non va?
    - Stai zitto, Donnelly. Non c'era.
    - Mi dispiace.
    - soffocando una sonora risata. - Chi era la ragazza che è uscita dalla porta? È venuta a piedi.
    - Cercava il dottore.
    Mettendosi in allarme - Cercava il dottore? Ma com'è possibile?
    - Non lo so. Ha ascoltato la mia richiesta di incontrarlo, ha sentito che un prete se l'è portato via, ed è scappata.
    - Aspetta, un prete?
    - Un prete.
    - Con un rosario rosa?
    - Esatto.
    - Avrai già capito chi è stato.
    - Uno della Quintessenza, presumo...
    - Eh, Gear...
    - Non iniziare.
    - Ti sei imbarcato in un progetto più grande di te, più grande di tutto.
    - Giuro che ti sparo in vena questi amnesici, se non taci.
    - Ma quanto siamo irritabili, oggi.
    - in tono provocatorio.
    - Per favore, smettila. Mi infastidisce sapere che il numero di quegli idioti suicidi è in continuo aumento. Se ne stessero in casa loro a guardare la TV, invece di venire a rompere le palle a me.
    - Teoricamente, sei tu che rompi le palle al mondo intero.
    - Ti faccio rapporto.
    - Sei tu che mi hai chiesto di accompagnarti.
    - Volevo dimostrarti che non corro alcun pericolo.
    - Ci sei pienamente riuscito!
    - Comunque, quella ragazza credo di averla già vista da qualche parte.
    - Anche io ho avuto la stessa impressione, ma sai com'è, si vedono tante persone, nella vita.
    - Era molto elegante, le scarpe e la cintura erano in cuoio, la maglia in kashmere; portava un cameo nel seno, legato ad un cordoncino d'argento al collo, che peraltro era nascosto dalla pashmina, e portava gli occhiali da sole per non farsi riconoscere. Dev'essere sicuramente una benestante.
    - Mi chiedo perché cercasse la Chiave del Tempo.
    - Non è un mio problema. Ma credo sia il caso di cercarla e monitorarla.
    - Sai che non volevo che ci immischiassimo in questo progetto. È troppo grande perfino per noi tutti, figuriamoci per te che sei l'unico ad andare in ricognizione.
    - Sai che è meglio che sia così.
    - Dovrebbe farlo qualche agente fidato anziano, non tu.
    - Piuttosto, dove stiamo andando?
    - A Roma. Prendiamo un aereo per Helsinki, e poi, da lì, ci dirigeremo nell'Artico. Devi prenderti un periodo di riposo. La tua promozione è avvenuta da pochi mesi, e ancora non ti sei preso una pausa.
    - Mio padre non le prendeva mai.
    - Gliele organizzavamo noi, a sua insaputa. Ma come ben sai, trovava sempre il modo per andarsene.
    - E così lo portavate al Polo Nord?
    - No, al Polo Sud.
    - Mi sembra ovvio.
    - Al Polo Nord se ne andava al Sito 32, e da lì scappava.
    - Grazie, Donnelly.
    - Sono un idiota, non avrei dovuto dirtelo.


    Il dottor Somerset è sempre stato uno stacanovista, ce l'aveva nel sangue e non poteva essere altrimenti. Suo padre, Somerset Sr., era morto da poco tempo e suo figlio era stato ritenuto degno di prendere il suo posto. Certamente non era stato facile, mesi e mesi di dure prove per salire rapidamente di grado, in quanto ancora non aveva raggiunto il Livello adatto per entrare tra coloro che avrebbero potuto aspirare al suo ruolo. La Fondazione SCP, con una grave mancanza come O5-██ aveva rischiato numerose volte di andare incontro all'ammutinamento del personale di classe C e degli agenti dei gradi più bassi, e in aggiunta aveva dovuto ovviare all'assenza dei finanziamenti segreti delle varie società scientifiche, farmaceutiche e da varie intelligences di diversi Paesi del mondo che avevano intrattenuto rapporti con lui. Tuttavia, con l'arrivo del figlio, questi problemi parevano essersi quietati, risolti quasi in automatico; la situazione sembrava essersi ristabilita.

    Eppure era là. Ci era riuscito, ma in fondo sapeva benissimo che avrebbero scelto lui. Non aveva alcun dubbio. E allora perché, perché spingere per far approvare un progetto del genere? Un progetto, non solo di estrema pericolosità per chiunque avesse voluto parteciparvi, ma anche enormemente dispondioso.
    Sapendo ciò, fece una proposta che allarmò gli altri Supervisori. Avrebbe gestito lui quel progetto, tutto da solo.
    Ma la cosa tremenda, è che i Supervisori accettarono tutti. Tutti tranne Donnelly.



    DUE ANNI DOPO, SITO 32

    MontMartre - Sacré-Cœur





    Matrimonio della principessa Cathrine de Medici e di Monsignor Robert du Maurier.

    La cerimonia d'incoronazione da parte di Papa Francesco II avrà inizio alle ore 10 del mattino, in diretta sul canale Rai 1, il giorno ██ luglio.





    Somerset osservava il volantino distrattamente. Qualcuno l'aveva lasciato sulla scrivania del suo ufficio, sicuramente a mo' di provocazione. La sua mente spaziava tra una miriade di problemi che aveva dovuto affrontare quella mattina, non lasciandogli il tempo di elaborare la notizia. Due mesi, erano passati appena due mesi da quando la notizia fu diffusa, e di certo anche all'interno dei piani alti della Fondazione si iniziava a vociferare.
    Si alzò in piedi e cominciò a girare freneticamente per la stanza, pensieroso.
    Per due anni, forse anche più di due anni, aveva pedinato la donna che ora si scopriva essere la principessa francese, imminente erede al trono. Difficile dire se fosse più sconvolto lui o il popolo francese, certamente gli altri Supervisori non erano felici. Uno dei più grandi osservati speciali SCP era ora una delle donne più potenti al mondo, o quantomeno stava per diventarlo.
    Si avvicinò alla finestra, solo vento e neve, e un uomo sulla sessantina che camminava sul vialotto. Un agente pluridecorato, a quanto sembrava da quella distanza. Forse tornava dal sito della Stella nana SCP-032 e camminava verso i dormitori.
    Ripensò a quando era un agente di Livello 4, a quando era affidato a qualche Keter piuttosto che a un Euclid senziente, piuttosto che a un Safe da riclassificare. Quante volte aveva rischiato la vita, quante volte si era dovuto appellare a suo padre per evitare gli amnesici B. Quante volte, adesso, dovrà sentire lo sguardo dei suoi subordinati sulla pelle, che lo scrutano. Non si era accorto di niente, non si era accorto che quella donna aveva il sangue azzurro, pur avendola seguita per diversi anni.

    Sentiva freddo, si abbottonò la giacca mimetica. Quel volantino, diamine. Italiano, per giunta. Sicuramente Donnelly, sì, era stato lui a metterglielo sotto gli occhi. Lo prese e lo appallottolò. Giù, nel cestino, dove doveva restare. Si avvicinò al termostato e alzò la temperatura, si gelava. Strane luci provenivano dal luogo di contenimento di 032, la luce che risplendeva era magnifica e colorita, un'aurora boreale.. Tornò alla finestra e la chiuse, che strano, non l'aveva sentita aprirsi.
    Prese la lista dei contatti delle Task Forces, aveva bisogno di una mano per... ehi. Quel volantino, ancora. Ma non l'aveva buttato nel cestino? A quanto pare credeva solo di averlo fatto, perché era di nuovo sul tavolo, aperto, certo un po' sgualcito. Curioso, doveva essere molto stanco evidentemente. Avrebbe chiamato il giorno dopo, era tardi. Si tolse la giubba rossa che portava e andò a sdraiarsi. Quando gli si accese una lampadina. Giubba rossa? Ma prima portava la mimetica.
    La stanchezza non poteva giustificare una cosa simile, tanto più che ora il volantino era appeso alla finestra. D'un tratto, toc toc, bussarono alla porta.

    - Chi diavolo è?
    - Apri, sono Donnelly.


    Eh beh, certo, sempre nei momenti meno opportuni. Si avvicinò alla porta, osservò dallo spioncino, ma non aprì.

    - Che vuoi?
    - Apri, devo farti vedere una cosa.
    - La porta è aperta, deficiente.
    - Mi sembrava educato bussare e chiedere il permesso. Porta rispetto, caro, mi sembri un po' agitato.
    - Mi succedono cose strane, da qualche minuto. Mi ritrovo con vestiti che non avevo, e poi quel volantino, era nel cestino, lo giuro!
    - Eh... già. Quante cose che si possono fare soltanto avendo una chiave che blocca il tempo...
    - Ma non mi dire.
    - Non dire che ti sei arrabbiato per questo scherzetto!
    - Non sono arrabbiato, ma son contento che tu abbia la Chiave. Dai dammela.
    - No.
    -Dammela, Cristo Santo.
    - E tu che mi dai in cambio?
    - Un pugno in faccia.
    - Quanta aggressività! Prima, si leggono le istruzioni.
    - Ti ricordo che sei un Supervisore e non puoi usarla.
    - Sì, fammi rapporto. Allora, vediamo un po'...
    Elemento#: H-26. Classe dell'Oggetto: Euclid. Procedure Speciali di Acquisizione...
    - Per quanto deve andare avanti questo teatrino?
    - Quanto sei palloso. E va bene, basta semplicemente aprire una porta ed il tempo si ferma eccetto che per te, una volta entrato all'interno della stanza.
    - Interessante.


    Donnelly gli consegnò la chiave. Era bella, rifinita, quasi trasparente. Somerset se la rigirò nelle mani, ne era rimasto stregato.

    - Bella vero?
    - È bellissima.
    - Gli Avanguardisti hanno fatto un bel lavoro.
    - Due anni di tempo, ci hanno messo.
    - Ehm ehm, non solo loro, o sbaglio?
    - Mh. Raccontami.
    - Hanno beccato i Servizi Segreti francesi a trasportare la Chiave alla Consiergerie, in un furgone portavalori blindato. Ci è voluto un attimo. Erano esterrefatti dalla facilità con cui l'hanno ottenuta. Sicuramente la portavano alla principessa.
    - Non c'è dubbio. Se anche lei cerca questi manufatti come noi, è chiaro che la portavano a lei. Mi chiedo solo come l'abbiano sottratta ai quintessenzini.
    - E che ci vuole? Basta creare una rete di infiltrati...
    - Sono stati in gamba, niente da dire.

    Rimasero in silenzio per qualche secondo, finché Donnelly divenne più serio: non era il momento di scherzare.
    - Quindi ci siamo.
    - Ho paura...
    - Oh, Somerset. Dopo tutto questo tempo, dopo tutte queste prove, hai paura?
    - Volevo chiamare di persona la Task Force Mobile Gamma 5, i Dannati Federali, il Sette fortunello, la Task Force Mobile 89...
    - Mhhh.
    - Ovviamente i Causa ed Effetto per un consulto.
    - Già fatto io, dicono che la Chiave non dovrebbe essere pericolosa.
    - I Triplo Cane Temerario, assolutamente i Sequere Nos!
    - Chi altri?
    - Fammi pensare, i Furbacchioni della città e la Task Force Mobile Rho 5. E voglio anche un trasferimento delle Valchirie.
    - Perché non mobilitare qualche SCP senziente?
    - Troppo pericoloso. E se poi succedesse una violazione del contenimento mentre siamo a Montmartre? Piuttosto, non mi dispiacerebbe venire scortato dalla O-23.
    - Toglimi una curiosità.
    - Vai.
    - Ma che te ne fai del Sette Fortunello?
    - Per prenderlo per il culo, poveraccio.



    Quella notte, Somerset non dormì. Meno di 48 ore al fatidico giorno, capì di non essere in grado. Afferrò il cellulare e chiamò il Dr. Mackenzie. Perché lui? Beh, perché no? Non c'era un legame particolare tra i due, né quell'uomo lo aveva avuto con suo padre. Era semplicemente in una situazione tale per cui si ha bisogno di parlare con altre persone con cui si ha un rapporto labile per aprirsi, per ottenere un giudizio imparziale e concreto.
    Mackenzie tardò a rispondere, dormiva. Tuttavia, non rifiutò la chiamata. Evidentemente, si aspettava una conversazione simile, prima o poi sarebbe arrivata.

    - Qui il Dr. Mackenzie.
    - Pronto, sono il Dr. Somerset.
    - Somerset...
    Seguì una breve pausa di silenzio.
    - Dimmi, ragazzo. Qual è il problema.
    - Dr. Mackenzie, ho paura.
    - Mhhhh...
    Mackenzie pareva non rispondere.
    - Dr. Mackenzie...
    - Stai per compiere una grande impresa. I rischi sono alti, per non dire altissimi. Metterai a rischio non solo la tua vita, ma anche quella dell'intera Fondazione. Dell'intero pianeta, per non dire che potrebbe rimetterci la realtà stessa. Questo ti fa sentire meglio?
    - ...
    - Hai voluto fare tutto di testa tua, completamente da solo. È incredibile che la tua anima ancora non sia dannata, persino che tu sia ancora vivo, ancora umano. Sei arrivato fin qui, manca poco. E io non ho dubbi sul fatto che riuscirai nell'impresa. Ho dubbi sull'esito, non sul fatto che avrai successo. Questo ti fa sentire meglio?
    - No, sono attanagliato dai dubbi.
    - Ho il presentimento che tu voglia ritirarti, è così?
    - Non lo so.
    - Non lo farai, sappilo.
    - Lei condivide l'irruzione al matrimonio?
    - Dovrei non farlo? Avresti potuto scegliere un matrimonio qualsiasi. Se la tua scelta è ricaduta in quello della De Medici un motivo ci sarà. Mi sbaglio?
    - Non si sbaglia.
    - Questo mi basta. Tuttavia, mi sento di doverti aiutare. D'altronde, ti sto spingendo ad agire, ho una piccola parte di responsabilità in tutto ciò.
    - Aiutarmi? Nessuno può aiut...
    - Per cortesia non fiatare. Noto piacevolmente che con me non fai lo spavaldo come con Donnelly.
    - Il Dr. Donnelly ed io siamo molto amici, dottore.
    - So che ti ha sostenuto molto, finora.
    - È così.
    - Senti, il pericolo è imminente. Proverò a convincere gli SCP senzienti e determinati Safe utili, a piazzarsi sul posto. Incrementeremo del 300% il personale sul loco, così, in caso di disastro, tenteremo di effettuare un contenimento del danno che avrai causato.
    - E se avvenisse una violazione?
    - Direi che possiamo permettercela. Non solo, chiederò supporto agli altri Gruppi di Interesse.
    - Non accetteranno.
    - Perché non provare?
    - Potrebbero ostacolarci.
    - Chiederò solo a coloro con i quali recentemente abbiamo avuto rapporti discreti. Per esempio, toglierei dalla lista la Chiesa della Quintessenza, che ne dici?
    - Almeno per una questione etica.
    - A proposito di etica, ho letto il documento della Commissione Etica.
    - Ebbene.
    - Ebbene, li hai scavalcati. Ti hanno vietato di compiere questa missione.
    - È un problema?
    - Assolutamente no, ma non riaccadrà. Avrai il mio aiuto, a patto che tu sia sottomesso, d'ora in poi, alla Commissione Etica.
    - Proprio tu mi chiedi una cosa simile!
    - Proprio io.
    - Hai qualcosa da farti perdonare?
    - Ringraziami, piuttosto.
    - So già che lei la pensa come me, sull'obiettivo di questo progetto.
    - È così. E con ciò?
    - Dico solo che non vorrei che lo facesse perché ho idee simili alle sue, piuttosto che per me.
    - Il mio aiuto, se fosse per questo, dovrebbe essere meno importante?
    - Suppongo di no.



    DUE GIORNI DOPO, PARIGI

    Il cielo di Montmartre era scuro. I soldati francesi ed i loro alleati, completamente scomparsi. Le armate SCP camminavano rapidamente salendo le numerose rampe di scale presenti prima di giungere alla basilica. Ogni tanto, da un lato, il suono di una contraerea. Le Task Forces uccidevano a vista, i morti erano a migliaia. Armi memetiche venivano usate contro gli stessi soldati nemici, i quali finivano per uccidersi vicendevolmente. Somerset viaggiava rapido, la O-23 al suo fianco, Donnelly gli stava dietro. Eccola, la Basilica, un tempo così fiorente di vita, di amore, di romanticismo, non era altro che un cimitero. Benché i fedeli ed i monarchici che si erano ammassati attorno alla struttura fossero a centinaia di migliaia, ora non restavano che mucchi di carne morta, fumante. Telecamere fracassate ovunque, qualcuna ancora trasmetteva l'orrendo spettacolo della chiesa chiusa e barricata.
    Somerset si guardò attorno, vedeva il frutto del suo progetto, delle sue mere ipotesi.
    - Manca poco, - si ripeteva, - e tutto questo avrà fine.
    Un terribile vento soffiava, le campane squillavano come un allarme. Gli agenti SCP si fermavano. Era il momento, l'uomo doveva proseguire da solo. Guardò in faccia Donnelly.
    - Appena esco, ovvero tra quelli che vi sembreranno pochi secondi, mandami dentro i furgoni. Fai pure loro distruggere la porta, non sarà rilevante.
    - Se non dovesse sopravvivere nessuno, il tempo si fermerebbe del tutto?
    - Non è possibile. O io o lei l'avremo vinta. Uno dei due rimuoverà la chiave dalla serratura. Non preoccuparti.
    - Farò entrare i convogli.


    Ancora una volta, osservò il volto dei suoi compagni. Lì, a supportarlo. Perché obbligati o perché credevano nelle sue folli idee. Tutti erano lì a guardarlo, e lui ricambiava lo sguardo.
    Tolse di tasca una statuetta. Se la rigirò nelle mani, e chiese: - Aiutami.
    Un corpo di un soldato morto lì vicino prese vita. Il suo aspetto era identico a quello di Somerset, solo molto più bello, più prestante.
    - Avanti, andiamo.

    Si avvicinò ai portoni della Basilica, con il soldato al suo fianco. Inserì la chiave, ed entrarono. Il tempo all'esterno dell'edificio era completamente congelato.

    All'interno, tutt'altro. Il matrimonio procedeva come se nulla stesse accadendo di fuori, le guardie completamente pietrificate, il clero, la famiglia reale e tutti coloro che non fossero giornalisti non subivano gli effetti della Chiave.
    Il soldato disse cautamente: - Lei sa che sei qui.
    - Lo so, mi sta aspettando.

    Cathrine ed il futuro marito erano seduti su due sedie dinanzi all'altare nel corridoio centrale. Mentre lui era nelle vesti di un ufficiale militare, lei era bellissima. Aveva i capelli biondi, lunghissimi sino al fondo schiena che scendevano lisci. Vestiva un abito bianco, ampio in fondo, con una mezza coda, in pizzo e tulle, monospalla. Non poteva vedere la parte frontale, ma Somerset lo vedeva aderente fino a metà coscia guadagnare ampiezza sul fondo, motivo floreale, con una fila di bottoncini delicati sul retro che arrivano fin sotto le natiche. Cade aderente fino a metà coscia per guadagnare ampiezza sul fondo. Sulle braccia aveva dei lunghi guanti bianchi che arrivavano fin sopra il gomito.
    In chiesa non c'erano fiori, ma si sentiva comunque un odore dolce e forte.
    Nessuno tra i presenti si accorse della sua presenza, fin quando non si avvicinò alle scale sull'altare che portavano ad un grosso organo, con un suonatore anziano che sembrava suonar musica divina. Come stregato, dirigeva il coro, anch'esso libero dall'effetto paranormale.
    Non c'era tempo per chiedersi come fosse possibile tutto ciò, bisognava agire in modo impassibile. Il soldato rimase alla porta, come una sentinella. Un kalashnikov impugnato, rubato a un miliziano accanto a lui che nulla poteva fare per riprenderselo, era un ottimo sussidio per evitare che qualcuno uscisse. Un bambino con la palla, anzi, il bambino con la palla scrutava il soldato con attenzione, che lo osservava a sua volta. Si conoscevano. Eccome se si conoscevano, dall'alba dei tempi.
    Il dottore si avvicinò all'organista. Sussurrò qualcosa all'orecchio. Né il papa né gli altri sacerdoti si erano curati della sua presenza, ma avrebbero dovuto farlo.
    L'organista gli strizzò l'occhio passò qualcosa a Somerset da sotto i tasti, mentre non suonava, dopo aver mostrato un inquietante ghigno malevolo. Egli scese dalle scale, era nel posto giusto. La prova era iniziata.

    Somerset si mosse nella chiesa, con il machete che aveva appena ricevuto bene in vista. Andò ad assicurarsi che tutte le uscite fossero chiuse, mentre la gente lo osservava distraendosi dalla cerimonia. Mentre chiudeva qualsiasi porta e finestra in vista e la sigillava, toccava con soddisfazione l'elsa della lama, causando un certo malessere di chi lo osservava. Tornò dunque dal soldato, che smise di comunicare con lo sguardo con il bambino. Si fermo, al centro del corridoio centrale. Cercava lo sguardo del papa.
    Partì una musica, ansiogena, terrificante. I fedeli si iniziarono a insospettire, borbottavano. I diaconi chiedevano al microfono di fare silenzio e al suonatore di attenersi allo spartito. Quando d'un tratto, Somerset sfoderò il machete e decapitò l'uomo che gli stava più vicino.
    Si levarono urla generali, il papa interruppe la sua predica, mentre la principessa ed il suo sposo continuavano imperterriti a non voltarsi. La musica divenne decisamente più forte, tanto da assordare chiunque la ascoltasse. Somerset camminò tranquillo, avanti e indietro tra i banchi, tagliando la testa di chiunque fosse l'ultimo della fila. Non vi era esitazione o pietà alcuna sul suo volto, non si preoccupava se non di sporcarsi i vestiti del sangue che lentamente inondava la chiesa.

    Il papa, che fino a quel momento non lo aveva degnato di uno sguardo, si rivolse a lui.
    - Uomo, tu sei il demonio! Ferma quest'ecatombe, Dio perdonalo perché non sa quello che fa! Guardie, prendetelo per tutti le anime infernali!
    Somerset non lo ascoltava, fino a quando...
    - Tu sei il figlio di Somerset, della Fondazione SCP!
    Come poteva saperlo?
    - Io ti conosco. Grandi cose ha fatto tuo padre per il mondo intero. Cosa ti spinge a fare il contrario? Da quando Abele perdonò suo fratello e Noe salvò l'umanità intera, mai ci fu uomo grande e buono come loro. Perché non imitarli, perché non fermare questo massacro, questa carneficina?
    Non lo ascoltava, il papa dissimulava. Corse verso le porte laterali e uccise chiunque da lì provasse a scappare. Un colpo secco, in fronte, nessuno provava a difendersi.
    I superstiti si rigettavano sulla navata centrale, in cerca di rifugio dietro l'altare. Il clero stesso era con loro. Le Sacre Scritture nel leggio presero fuoco, mentre Somerset, con uno sguardo folle gridò agli sposini: - Solo chi ha peccato teme la morte!
    A quel punto, lo sposo fece la fine di tutti gli altri. Il sangue del futuro re non era affatto azzurro come credeva.
    Da ogni dove si sentivano grida: - Dio, aiutaci! - San Michele, proteggi queste creature!
    In verità, in verità vi dico che ognuno di loro morì atrocemente.
    La testa del principe esplose, sporcando i vestiti della principessa e del papa, che stava in piedi vicino a loro. Il corpo, separato ormai dalla testa, gli saltò addosso e le sue ossa saltarono fuori, lacerando vene e arterie di sua Eccellenza. Nessuno, in quella chiesa, fu risparmiato. Il bambino ed il soldato erano scomparsi. Persino le guardie pietrificate giacevano senza vita.

    La principessa cadde a terra e scoppiò a piangere. Somerset gli si avvicinò la baciò sulla fronte, e gli chiese:
    - Dov'è il tuo Dio, adesso?
    Contrariamente a quanto si aspettava, la ragazza si mise a ridere. Rise di gusto, fortissimamente. L'organista la osservava, dispiaciuto. Non era questa la sorte che aspettava a Somerset, non ora.
    - Il mio Dio? Tu hai mai avuto un Dio?
    Somerset rimase immobile. Diamine, aveva fallito la prova.
    - Ora so che avrei dovuto averlo.
    La ragazza inarcò la schiena, facendo cadere la sedia dietro di sé. I suoi occhi persero lucentezza e le pupille si rovesciarono. Emise un'aurea oscura dalla sua pelle, il Contagio. Urlava di dolore, ma riusciva a patirlo rammentando del duro prezzo che doveva pagare per esercitarlo. Somerset cominciò a correre, cercando di sfuggirle, correndo per l'ambulatorio, ma la principessa era troppo rapida, incredibilmente più rapida di lui. Tornato all'ambulatorio, Cathrine era sul punto di afferrarlo, ma le si ruppe un racco e cadde a terra. Un grido si levò dalla sacrestia, il grido di un bambino. Il soldato gli aveva bucato la palla, che ora piangeva contorcendosi sul terreno. Somerset lo vide, geniale, il suo compagno aveva appena messo fuori uso la velocità della sua avversaria. Tuttavia, i problemi non erano finiti. Si mise a correre fino a raggiungere il portone principale.

    Dal breviario ancora in fiamme, uscirono tizzoni ardenti, sembrava un vulcano. L'acqua dell'acquasantiera si tinse di rosso e fuoriuscì una rana. Poi un'altra, poi un'altra ancora, poi molte all'improvviso, una frotta di rane invadeva l'ingresso. Il dottore si rimise a correre cercando di distaccarsi dall'enorme fiume di rane che lo rincorreva, ma dal libro delle Scritture uscì uno stormo di mosche, zanzare e cavallette. Inutile dire che anch'esse si misero ad inseguirlo. Somerset scavalcò la principessa e si mise a correre lungo l'intero ambulatorio. Era stanco, basta correre! Come poteva difendersi, era davvero finita?
    No, un'idea folle. Iniziò a spogliarsi, prima la giacca, poi i pantaloni, finché non restò nudo. Continuava a correre e a correre.
    - Aiutami...
    Dal nulla, indossava un vestito da donna incredibilmente osé.
    - Questa la devo raccontare.
    Si fermò, si accasciò a terra e aprì le braccia, urlando: - Sesso!
    D'impatto, mosche, zanzare. rane e cavallette si fermarono, rimasero in un nuvolone di animaletti per un attimo, e cominciarono a copulare. La scena era esilarante: mosche con zanzare, rane con cavallette, Eros era nell'aria. Idea geniale combattere la pena contro il peccato, col peccato.

    Somerset tornò all'altare, in cerca di Cathrine che nel frattempo era sparita. Non c'era traccia neppure del soldato e del bambino. Benché andasse in giro alla ricerca per vari minuti, nulla, era deserta. Una frotta di uccelli iniziarono a colpire le vetrate della basilica, scaraventandosi morti. Sembrava un film di Hitchcock. Rondini, pettirossi, gabbiani, aquile, ma soprattutto piccioni imperversavano nella basilica, sbattendo sui tetti e sulle finestre, il rosone era andato. Ma il tempo non si era fermato? Le nuvole erano immobili, sembrava di sì, ma neanche gli uccelli subivano l'effetto della chiave?
    Inoltre, delle pustole crebbero su tutto il corpo del dottore, provocando immenso dolore. Benché dolorante, non smetteva di cercare, fino a quando la basilica non cadde nel buio.
    - Dio Santo, le piaghe d'Egitto.
    Iniziava a cadere una fitta pioggerella. Di questo passo la principessa lo avrebbe trovato ed ucciso, avrebbe dovuto cercarsi un riparo. Si muoveva a tentoni toccando le pareti e soffrendo per via delle pustole che gli coprivano le mani. Si infilò in un confessionale, nella frazione che tiene nascosto il sacerdote, intento a restarci. Si tastò la tasca, a parte il soldatino vi era un piccolo occhio di vetro, insieme ad altre cianfrusaglie. Le aveva prese in via precauzionale, giusto gli Oggetti che riteneva gli sarebbero potuti essere più utili contro quelli in possesso della principessa. A quanto pare, avrebbe dovuto usarli contro il Signore di Israele, un avversario un po' più temibile.
    Si rigirò l'occhio nelle mani, e improvvisamente tutto gli fu più chiaro. Riusciva a vedere, ma continuava a soffrire. Intanto, la pioggia si era trasformata in una simpatica grandinata, che colpiva violentemente il pavimento. Uscire era una pazzia.
    Tuttavia, non c'era molto da fare, pertanto, raccolse il cuscinetto nel sedile del confessionale, se lo mise in testa e uscì.

    Ciò che gli si parò davanti per poco non lo fece svenire. Un angelo, un maestoso angelo vestito di nero lo fissava. Impossibile non cogliere la citazione biblica, era l'angelo della morte, lo sterminatore dei primogeniti.

    - Tu sei l'angelo della morte?
    - Esatto.
    - Ti prego... ti prego!

    Somerset cadde a terra in lacrime.
    - Dì addio alla tua vita.
    - Io, ho il Cristallo della Salvezza.

    Somerset estrasse dalla tasca l'ultimo degli oggetti che gli era rimasto. Era un cristallo luminoso, irradiava una luce bianca e pura.
    A quella vista, l'angelo si guardò intorno. Fece un cenno con una mano che bloccò la grandine, e fece un segno della croce all'uomo, che guarì all'istante. Compiuti questi segni, sparì.

    Tornò all'altare, ancora confuso per quanto era successo. La donna piangeva nel pianerottolo dell'organo, seduta su una sedia mentre osservava il suo uomo. Andò a sedersi accanto a lei, le mise un braccio attorno al collo. La fece alzare e l'abbracciò. Il suonatore d'organo che in tutto questo tempo era rimasto a suonare, lasciò il suo strumento emettere una musica bassa da solo, li raggiunse pose un diadema infuocato sul capo della principessa. Poi, prese per mano Somerset e insieme scesero le scale. Il dottore gli consegnò il machete senza rimorso, gli staccò la mano e continuò a scendere da solo.
    L'organista ne approfittò per conficcarglielo nella schiena. L'arma era avvolta dalle fiamme, e appena toccò la carne dell'uomo, anche Cathrine iniziò a urlare di dolore. Somerset si sentiva come se un fuoco gli infiammasse l'anima, la sua vista pian piano perdeva vigore, fino a farlo svenire.

    Si risvegliò un istante dopo, ancora in chiesa.

    Le pareti erano fatte di carne stillante sangue e pus da innumerevoli ferite aperte, soffi di fuoco emergevano da terra all'improvviso, e l'aria era pesante, con le grida di migliaia di morti torturati. Tutti i fedeli erano incatenati ai banchi crudamente formati di ossa, impalati in degli spiedi di acciaio. La sposa in piedi davanti all'altare, con le gambe divaricate. Una folla di grotteschi, demoni malformati esaminava la gente, raggruppando le persone in modo casuale e stuprando le anime indifese, schizzandole di saliva, sperma e sangue.

    Somerset rimase impassibile a guardare lo spettacolo agghiacciante attuato dai demoni. Dopo un periodo che gli sembrò un'eternità, i diavoli si avvicinarono alla sposa, violentandola.
    L'organista gli si avvicinò dicendogli:
    - Ottimo lavoro.
    - Perché uccidono?

    L'organista lo guardava confuso.
    - Ho detto, perché uccidono?
    Lui sfoggiò un sorriso gentile, paterno, e ti spiegò, con una voce che né umana né demoniaca, la moltitudine di ragioni che giustificavano queste uccisioni. Mentre parlava, Somerset vedeva nella mente grandi atrocità immaginando che ognuna di esse venisse fatta a lui. Dopo aver finito, gli disse che era ora di andare e gli toccò la spalla; sentì di nuovo il dolore di prima, e tutto si spense.

    DI RITORNO DALL'INFERNO, BASILICA DI MONTMARTRE, STESSO ISTANTE IN CUI ERA ENTRATO.

    - Ehi, svegliati. Svegliati!
    Somerset aprì gli occhi, si trovava ancora in chiesa.
    - Ma tu non hai una casa?
    - No, mai avuta una.

    La principessa in tutto il suo splendore stava di fronte a lui, gli sorrideva. Il suo accento francese la rendeva dolce e gentile.
    - Tieni. Questo anello nuziale è l'Oggetto 93 di 538, il Sigillo dell'Eterno Genocidio. Ormai la tua strada è segnata, non sarai mai redento.
    - Non mi serve.
    - Certo che ti serve, avanti, prendilo.
    - Avrei potuto scegliere un matrimonio qualsiasi, per ottenerlo. Sapevo che non ne eri il Possessore.
    - Perché allora hai scelto il mio matrimonio?
    - Dovevo ottenere la tua fiducia.
    - Mandando all'aria il mio matrimonio?
    - Dovevo dimostrarti di essere un buon Cercatore. Gli Oggetti che ti mancano son tutti qui fuori. Ne ho raccolti quasi un migliaio, tu dovresti avere gli altri. Dovremmo arrivare a 2538 senza problemi.
    - So già che lo sei, molti Possessori mi hanno parlato di te. Ma perché portarli proprio a me?
    - Sei il Cercatore Prescelto, l'ho scoperto pochi mesi fa.
    - È vero, lo sono.
    - Ma ho alcune domande da farti, se permetti.
    - Prego.
    - Quando ho inserito la chiave nel portone mi aspettavo che davvero il tempo si fermasse, speravo di evitare la carneficina che è successa oggi. Come mai questo non è accaduto?
    - Gli Oggetti non si fanno la guerra da soli. Tu eri in cerca dell'anello, e la chiave sa bene quali sono le procedure per ottenerlo. Ha quindi immobilizzato le guardie e i militari che non erano invitati alla cerimonia, lasciando che il tempo scorresse soltanto per gli invitati, il clero etc. Ora sta a me farti una domanda. Perché vuoi che gli Oggetti si riuniscano?
    - Sono Supervisore della Fondazione SCP da un po', ormai. Ho letto il rapporto di un certo Dottor Mackenzie, mio collega. Entrambi siamo sicuri che la presenza degli SCP nella nostra dimensione sia dovuta a uno squarcio nel multiverso. Squarcio che crediamo si possa riparare, o ingrandire maggiormente, con l'aiuto degli Oggetti. Non resta molto tempo alla creazione di una falla nella realtà tale ed incontenibile che distruggerà il nostro universo, e questo è l'ultimo disperato tentativo che mi sento di compiere.
    - Possiamo fare una prova. Eseguiremo la Riunione non qui.
    - E dove?
    - Nella Casa della Sposa del Cercatore. Una dimensione esterna a questa dove vive la mia Sposa. Appena toglierai la chiave dalla serratura, tutto tornerà al momento in cui sei entrato, quindi è meglio che sia io a toglierla. Dopodiché, fai avvicinare i convogli dove tieni gli altri manufatti. Io chiamerò la Donna e tutti e tre faremo ciò che c'è da fare. Ma dovremo essere rapidi, o la Legione ci troverà. Non ero pronta a questo momento. Sei d'accordo?
    - Se questo limiterà il danno al nostro pianeta, allora sì.
    - Beh, sei un agente SCP.
    - Secure, Contain, Protect.




    Edited by Pisy - 9/9/2013, 19:21
  8. .
    Benvenuto. ah, no wait
  9. .
    Che casino hai combinato? Proviamo prima a risolverlo, no? :ahse:
  10. .
    Lo sai. Non mi è piaciuta. L'altra merita di più.
  11. .
    Ragazzi, i grafici non sono schiavi o persone da trattare come tali. Lavorano per tutti noi e ci offrono un ottimo servizio; prendetevi perlomeno la briga, quando fate una richiesta, di venir loro incontro.
    Se non sai come postare un'immagine, usa il sito tinypic. Ci vai, carichi una foto e scegli il secondo codice, quello per i Forum. Dovrai solo copiarlo e incollarlo qui.
  12. .
    Vaghi, senza meta, lungo le strade deserte della periferia.
    Tutto è immerso in un caldo silenzio, e solo la luce soffusa di qualche lampione dall'aria trasandata illumina malamente l'ambiente.

    Barcolli, cadi, ti rialzi, cadi di nuovo.

    Le tue guance avvampano, e scoppi a ridere.

    Sei ubriaco, e un bel po' anche.

    È stata una serata incredibile, del resto.

    Ti rialzi malamente, e ti fermi un momento a riflettere: è la strada giusta per tornare a casa? Che parte del quartiere è? E aspetta... ma non sei venuto in macchina?

    Scoppi a ridere più di prima: Dio, se sei ubriaco!

    Ma poco importa, ogni tanto fa bene distrarsi così.

    Ok, però forse dirigersi da qualche parte sarebbe una buona strategia, almeno per provare a tornare verso il bar. La strada scivola nel buio dell'estrema periferia.

    Di certo non è lì. Un bel dietrofront...



    e lo vedi.

    Bianco.

    Tutto bianco, un bianco purissimo, più puro della comune definizione di "bianco" che si può trovare in giro. Talmente puro da sembrare luminoso, talmente luminoso da sembrare irreale.

    E non è solo bianco. È anche piatto.

    Una superficie liscia, perfetta e bianchissima, come uno schermo o una lavagna.

    E all'improvviso, non appena realizzi che quel bianco, sebbene piatto, si estende all'infinito davanti ai tuoi occhi in tutte le direzioni, subito qualcosa cambia.

    In un balletto folle, in un turbinio di luci e ombre, il mondo si costruisce davanti a te: strane macchie si agitano, cambiano forma, poi si spalmano in quello che diventa ai tuoi occhi il "terreno", altre macchie lo ricoprono, varie luci si accendono, forme grandi e squadrate si allineano ai lati, e il "cielo" diventa nero notte.

    Ed eccoti di nuovo davanti la normale e consueta strada che avresti dovuto vedere fin da subito.



    Ed ecco che hai appena assisitito a un breve "errore": per un attimo hai visto cosa c'è veramente davanti ai tuoi occhi, cosa è la vera "realtà".

    Ed ecco che senti la mia voce nella tua testa, e ti rendi conto che ho narrato la tua vita fino ad adesso, e sto continuando a narrarla.

    Scemo, sei ubriaco!






    È meglio per te se continui a crederlo.

    Edited by Pisy - 12/8/2013, 01:05
  13. .
    Se non ci fosse piaciuta l'avremmo cestinata in quattro e quattro otto. Non mettete in dubbio la nostra imparzialità, per favore. Credo che sia abbastanza evidente che sia l'aspetto tecnico e morfosintattico, sia quello della trasmissione del messaggio, siano sviluppati assai discretamente; lo può ben vedere chiunque. Non ho detto loro "dite che è ben scritta", non ho detto loro proprio un bel niente. Hanno commentato come meglio credevano e secondo coscienza, così come hanno sempre fatto e come continueranno a fare. Non hanno di certo cercato di ingraziarsi lui, né, tantomeno, hanno bisogno di ingraziarsi me. Meglio chiarire sin da subito, ok? ;)

    Ben fatto Ale ^^
  14. .
    Mi lamento per non essere mai riuscito a essere la persona che vorrei.
  15. .
    No, non ha senso. infinito significa che potrebbero esserci anche semplicemente detriti, se continuiamo ad esplorarlo "sino in fondo", non per forza pianeti.
236 replies since 9/5/2012
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