Votes taken by DamaXion

  1. .
    Ad essere sincera non mi ispira affatto: sembra un film horror generico in cui hanno inserito Slenderman solo perché è famoso nel web. Tante delle immagini non c'entrano molto con l'universo che si è creato attorno a lui, avrebbero dovuto fare una versione meno low budget di Marble Hornets, sarebbe stato molto figo
  2. .
    Se ne parlava sottovoce da anni in certi ambienti. Nessuno sapeva davvero quanto credito darle - sembrava troppo bello per essere vero. Una canzone che potesse ispirare creatività illimitata?
    La cosa era: davvero qualcuno poteva volere creatività illimitata? Se aveste chiesto ad uno dei miei amici artisti, vi avrebbe probabilmente detto di sì. Non me, però. Vedete, io ho già visto cosa succede quando ascolti la Canzone della Creatività.

    Il mio amico Jason era un bravo ragazzo: concreto, affidabile. Non era però uno scrittore particolarmente bravo. Quello che intendo è che aveva un talento naturale. Era perfettamente in grado di far scorrere le parole sulla pagina. Ma non riusciva a farsi venire idee su cosa scrivere, era come un caso cronico di blocco dello scrittore.
    Jason sentì della Canzone della Creatività, e come la maggior parte delle persone pensò fosse uno scherzo. Forse, pensò, può farmi venire nuove idee ma non può fare molto più di così.
    Aveva torto, ovviamente. In qualche modo riuscì a mettere le mani sulla canzone. Non volle descrivere cosa aveva sentito, disse solo che era diversa da qualunque cosa avesse mai sperimentato. La cancellò appena finì di ascoltarla.
    Jason divenne inarrestabile, dopo. Rimase nella sua stanza, a digitare come un forsennato al computer: smise di mangiare, di bere.
    Andai nel suo appartamento due giorni dopo l'ascolto della canzone. Fui quasi sopraffatto dall'odore quando aprii la porta: se l'era fatta addosso nella sua sedia da ufficio, e non si era preoccupato di cambiarsi.
    “Jason?” Chiesi.
    Lui grugnì.
    Andai in cucina e gli preparai un panino. Non lo mangiò, continuò a digitare.
    Il giorno dopo tornai. Le sue dita erano sanguinanti e contuse dal colpire i tasti, ora consumati, ancora e ancora ad un ritmo disumano.
    "Hai dormito, amico?" Chiesi, guardandogli preoccupato gli occhi iniettati di sangue e il viso pallido.
    “Non riesco a digitare abbastanza in fretta” Rispose mormorando Jason.
    Cercai di tirarlo via ma lui fece resistenza. Si contorse e si divincolò dalla mia presa, tirandomi contro il muro.
    Me ne andai e tornai con dei paramedici: cercarono di spostare Jason, ma non si muoveva. Ci volle un sedativo per riuscirci.
    Non fu mai lo stesso dopo quella volta: andando avanti e indietro tra vari istituti psichiatrici, urlando idee che doveva fare uscire dalla testa. Dormiva solo quando sedato, mangiava solo quando lo nutrivano con un tubo. Gridava storie, pregando che qualcuno prendesse nota. Di metterle giù.
    Questo è il fatto però: lessi quello che aveva scritto sul suo laptop. Non aveva senso, solo una spirale di caos. Temi oscuri, nebbiosi sogni ad occhi aperti, mondi dalla descrizione impossibile. Quelle parole perseguitano la mia immaginazione in un modo che non riesco a scrollarmi di dosso.



    Edited by Emily Elise Brown - 13/2/2018, 22:55
  3. .

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    È il 1994 quando un camionista quarantenne, Joe Metheny, viene lasciato dalla moglie, che porta via con sé il figlio di sei anni a cui l'uomo sembra tenere molto: lei è una cocainomane, è scappata con il suo pappone e dopo sei mesi perde l'affido del bambino ai servizi sociali, affido che Joe non riesce ad riottenere.
    Così, decide di andare a cercare i due ed ammazzarli, e pur non sapendo dove si trovano sa che spesso si drogano assieme a dei barboni che vivono sotto un ponte: là non trova chi cerca, ma decide di fare a pezzi i malcapitati che si trova a tiro, incoscienti a causa della droga.
    Dopo, attira una prostituta offrendole del crack, per farsi dire dove si trovano l'ex moglie e il suo amante, ma fallendo anche questa volta la malmena, la stupra e la uccide, riservando lo stesso trattamento alla ragazza successiva. Nota un pescatore lì vicino e ammazza anche lui, per paura che abbia visto tutto.
    Cinque omicidi in una serata, e purtroppo non è finita qui.

    Dopo essere stato arrestato per gli omicidi dei due barboni, viene rilasciato per assenza di prove e si trasferisce in una roulotte vicino all'azienda di pellet per cui lavorava, e in cambio fa il guardiano per il suo capo: il luogo è isolato, perfetto per ciò che ha in mente.
    Uccide altre due prostitute nei giorni successivi, le taglia a pezzi e tiene la carne in frigo, decidendo di liberarsene nella maniera più disgustosa e vile possibile: trasforma il camper in un banchetto e vende carne arrostita. Di manzo, di maiale... e umana.
    "Il sapore della carne umana è molto simile a quella di maiale" Afferma nella sua confessione "Se le mescoli assieme nessuno può accorgersi della differenza"
    Va tutto bene per un bel po', finché la "carne speciale" non finisce e Joe decide di procurarsene dell'altra, adescando un'altra prostituta: per sua fortuna però, la ragazza riesce a fuggire in un momento di distrazione, e poche ore dopo l'uomo viene arrestato.

    Joe viene processato per due omicidi e rapimento, e viene condannato a 50 anni, un ergastolo e alla pena di morte, che tre anni dopo verrà sostituita con un secondo ergastolo. Non prova mai a dichiararsi non colpevole anzi, ammette tutto senza problemi ed afferma: "Non dirò mai le parole 'mi dispiace', perché sarebbe una bugia. Sono più che intenzionato a rinunciare alla mia vita per ciò che ho fatto, per avere Dio a giudicarmi e mandarmi all'inferno per l'eternità. "
    Non si sono mai trovate prove per gli altri presunti omicidi, e l'uomo è stato trovato morto nella sua cella nel 2017, con un solo rammarico: il non essere mai riuscito a trovare ed uccidere i due "stronzi" che gli avevano fatto perdere il figlio.



    Edited by DamaXion - 5/2/2018, 18:19
  4. .
    36.400.000.
    Questo è il numero previsto di civiltà intelligenti nella nostra galassia, secondo la famosa equazione di Drake. Per gli ultimi 78 anni, abbiamo trasmesso di tutto su di noi - la nostra radio, la nostra televisione, la nostra storia, le nostre grandi scoperte - al resto della galassia. Abbiamo gridato la nostra esistenza a pieni polmoni al resto dell'universo, chiedendoci se eravamo soli. Trentasei milioni di civiltà, eppure in quasi un secolo di ascolto, non abbiamo sentito nulla. Eravamo soli.

    Questo fino a cinque minuti fa.

    La trasmissione arrivò su ogni multiplo trascendentale delle frequenze di idrogeno che stavamo ascoltando. Le armoniche trascendentali - cose tipo la frequenza dell'idrogeno moltiplicata a pi - non appaiono in natura, quindi sapevo che doveva essere artificiale. Il segnale pulsò molto velocemente, con ampiezze uniformi; la mia reazione iniziale fu pensare che si trattasse di una specie di trasmissione binaria. Misurai 1679 pulsazioni nel minuto durante il quale la trasmissione era attiva. Dopodiché, tornò il silenzio.

    All'inizio i numeri non avevano senso. Sembravano un'accozzaglia casuale di suoni. Ma le pulsazioni erano così perfettamente uniformi, e su una frequenza che era sempre così silenziosa; dovevano arrivare da una fonte artificiale. Guardai di nuovo la trasmissione, e il mio cuore perse un colpo. 1679 - era l'esatta lunghezza del messaggio di Arecibo inviato quarant'anni fa. Iniziai animatamente a convertire i bit nell'originale rettangolo 73x23. Non arrivai nemmeno a metà prima che le mie speranze fossero confermate. Era lo stesso identico messaggio: i numeri in binario, da uno a dieci. I numeri atomici degli elementi che creano la vita. Le formule dei nucleotidi del nostro DNA. Qualcuno ci aveva ascoltato, e voleva farci sapere che era là fuori.

    Poi mi sovvenne - questo messaggio era stato inviato solo quarant'anni fa. Questo voleva dire che la vita si trovava al massimo a venti anni luce da noi. Una civiltà a distanza di conversazione? Avrebbe rivoluzionato ogni campo in cui avevo mai lavorato - astrofisica, astrobiologia, astro-

    Il segnale sta suonando di nuovo.

    Questa volta è lento. Cauto, perfino. Dura appena cinque minuti, con un nuovo bit in arrivo al secondo. Anche se ovviamente i computer lo stanno registrando, inizio a scriverli. 0. 1. 0. 1. 0. 1. 0. 0... ho capito immediatamente che non era lo stesso messaggio di prima. La mia mente viaggia tra le possibilità di cosa potrebbe essere. La trasmissione è finita, ha trasmesso solo 248 bit. Di certo è troppo breve per essere un messaggio con un significato importante. Quale grande messaggio ad un'altra civiltà puoi mandare in solo 248 bit di informazione? Su un computer, gli unici files così piccoli sarebbero limitati al...

    Testo.

    Era possibile? Stavano davvero inviandoci un messaggio nella nostra lingua? A pensarci bene, non è fuori questione - abbiamo trasmesso più o meno ogni linguaggio sulla terra negli ultimi settant'anni... inizio a decifrare nel primo schema di codifica a cui riesco a pensare - ASCII 0.1.0.1.1.0.1.0 È la Z... 0.1.0.0.1.0.0.1 la I…

    Mentre finisco di mettere insieme il messaggio, lo stomaco mi sprofonda come un'ancora. Le parole di fronte a me rispondono a tutto.

    “ZITTI O LORO VI SENTIRANNO"



    Edited by DamaXion - 26/1/2018, 15:23
  5. .
    Avete mai sentito la storia del gioco segreto per NES "Ladder to Oblivion"?
    Su internet si dice che esistano 91 giochi per NES senza licenza, ma so che non è vero. Ce n'è uno in più, e io l'ho visto. È reale. Alla fine di questo post, ve ne farò vedere una foto. A quel punto, capirete perché non ci giocherò MAI.

    Ma prima, i retroscena.

    Come probabilmente sapete, quando la Nintendo rilasciò il Nintendo Entertainment System (NES) in Nord America nel 1986 creò un fenomeno mondiale. Aveva già venduto più di due milioni e mezzo di copie in Giappone e il successo della console in America bastò per risollevare l'industria dei videogiochi. Verso il 1990, il 30% delle famiglie americane possedeva il NES, battendo la percentuale di computer del 7%.
    La mia era una di quelle famiglie. Mi ricordo mio padre portare a casa il NES per la prima volta, radioso dall'orgoglio. Io ero completamente sbalordito. Ricordo lo stare seduto nel nostro salotto incassato e giocare a Super Mario Bros per ore e ore, senza stare troppo vicino alla televisione per paura che mi danneggiasse gli occhi. Questo è quello che mi diceva mia mamma, perlomeno.
    Quello che non sapevo era che fare giochi per il NES era un grosso affare. Parte del motivo per cui il NES aveva così successo era perché la Nintendo invitava attivamente sviluppatori di terze parti sul suo nuovo sistema. E dato che aveva il quasi completo monopolio del mercato dei videogiochi, poteva imporre i suoi standard con il pugno di ferro. Così tanto che il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti iniziò a tenere d'occhio le sue pratiche commerciali. Quando il FTC (Federal Trade Commission) venne coinvolto, la Nintendo cambiò alcuni dei termini rigorosi dei suoi accordi.
    Secondo i dati della Nintendo, esistono 671 giochi autorizzati per il NES. La lista sale a 677 se contiamo i tre giochi di Tengen autorizzati solo temporaneamente, più molti altri come Miracle Piano esclusi dalla sua lista.
    Per rafforzare i suoi standard per la licenza, la Nintendo creò il chip di autenticazione 10NES. Quando il chip nel sistema rilevava quello nel gioco, questo diventava giocabile. Sennò, niente da fare. Come potete immaginare, molte aziende o non volevano pagare la tassa di licenza o erano state rifiutate come partner ufficiali autorizzati dalla Nintendo in base alla qualità dei loro giochi. Da lì i 91 giochi senza licenza. Potete trovare la lista qui.
    Per girare attorno alla protezione del chip 10NES, alcune aziende configurarono il loro hardware per creare un picco di tensione di pochi millisecondi che "mandava in cortocircuito" il chip di autenticazione per un attimo e permetteva al gioco di essere giocato.

    Roba interessante, vero?

    Lo pensavo anch'io. E anche mio padre. Lavorava alla Nintendo nel dipartimento di sviluppo e licenze durante la fine degli anni '80 e i primi degli anni '90 e poté vedere tutto ciò mentre accadeva.
    Ma la storia di Ladder to Oblivion non inizia con mio padre; inizia con Rob, il fondatore e Presidente di LTO, LCC e la sua idea per un nuovo videogioco.
    Rob era all'ultimo anno alla West Lafayette High School in Indiana quando era uscito Mario Bros per NES. Come centinaia di ragazzi del paese, ne era diventato ossessionato piuttosto in fretta. Quando si era diplomato, aveva deciso di andare alla Purdue University per studiare informatica.

    Voleva fare videogiochi.

    Il dipartimento di informatica della Purdue si spostò in una struttura recentemente ristrutturata nell'autunno del 1985 e Rob se ne approfittò quando iniziò il college l'anno dopo. Quattro anni dopo si laureò primo della classe, con lode. Mio padre mi disse che Rob era una delle persone più intelligenti che avesse mai conosciuto.
    Però, Rob aveva dei demoni interiori. Sua madre lo aveva cresciuto da sola dopo che suo padre era stato ucciso in un'invasione domestica. Lei era a casa quanto era successo, ma era stata risparmiata. Il trauma che ne risultò la mandò in una spirale di alcol e depressione. Rob era trascurato, come potete immaginare, e alla fine andò in custodia ai Servizi Sociali. All'inizio Rob si comportava male, ma riuscì a risollevarsi dalla vita di merda che gli era stata data. Quando Mario Bros uscì durante il suo ultimo anno, lo trovò essere la fuga che cercava.
    Mio padre mi avrà raccontato la storia su come ha conosciuto Rob una dozzina di volte. Era il 25 maggio 1992. Si ricorda quella data perché il venerdì prima era stata l'ultima puntata in cui Johnny Carson presentava il Tonight Show e Jay Leno era stato annunciato come nuovo presentatore quel lunedì. "Johnny voleva Letterman a sostituirlo" Diceva sempre "Non quel tipo lì, quel Leno".

    Quel lunedì, sedeva alla scrivania quando il telefono suonò. La voce dall'altra parte aveva esitato per un attimo.
    "Le piacerebbe essere ricco?" Aveva detto l'uomo. Mio padre aveva sentito quella frase migliaia di volte e di solito riattaccava il telefono immediatamente quando succedeva. Ma questa volta era diverso: qualcosa nella voce di quell'uomo lo intrigava.
    “Mi piacerebbe molto” Scherzò. “Ha un segreto per vincere alla lotteria?”
    L'uomo non aveva riso. "Ho qualcosa di molto meglio", disse.
    "E cosa sarebbe?” Ribattè mio padre.
    “Un nuovo tipo di gioco. Qualcosa che non si è mai visto al mondo.”
    “La ascolto“, continuò mio padre.
    Rob si presentò come il Presidente della LTO, LLC, un'azienda di videogiochi. All'epoca mio padre non sapeva che Rob era l'unico impiegato. Continuò descrivendo il gioco su cui stava lavorando: era un platformer, dove il personaggio si muoveva sullo schermo da sinistra a destra, collezionava oggetti e potenziamenti, e combatteva nemici. Alla fine di ogni livello c'era un boss, con uno alla fine del gioco. Mio padre gli spiegò che la Nintendo aveva già un titolo simile. Si chiamava Mario Bros.

    Mio padre mi disse che Rob aveva risposto "Le differenze stanno nei dettagli".

    Il gioco inizia con un ragazzo che trova una strana scala di legno che esce dal terreno. Quando la discende, si rende conto che non può più salire. Può solo andare avanti. Alla fine di ogni livello, il ragazzo deve affrontare un demone che appare sotto forma di qualcuno dal suo passato. Poteva essere un insegnante, un genitore, un amico ma il giocatore scopriva che era sempre qualcuno che aveva ferito in qualche modo il protagonista in passato. Dopo aver sconfitto il demone, il giocatore scendeva verso il livello successivo.
    Ci sarebbero stati nove livelli in tutto. In ognuno, lo schermo era sempre più scuro e i nemici più forti. Al nono, Rob spiegò, il giocatore poteva vedere a malapena la strada nell'oscurità.
    Alla fine, appariva il boss finale. Il giocatore avrebbe scoperto chi stava cercando di raggiungere tutto quel tempo: un'immagine speculare di sé stesso. Sconfiggendolo, appariva una nuova scala per tornare in superficie.

    “Cosa succede quando il giocatore fallisce?” Chiese mio padre.
    “Non lo vuole sapere” Disse Rob in modo criptico.
    “Può dirmi com'è chiamato?”
    “Ladder to Oblivion,” Rob disse quasi sussurrando.

    Alla fine, Rob riuscì a convincere mio padre ad incontrarlo per fargli vedere il gioco: non era ancora finito ma i primi sette livelli erano giocabili.
    “Ero ipnotizzato,” Disse mio padre. “Il gioco mi fece provare cose che nessun altro aveva mai fatto: i boss di fine livello - iniziai a vederli come persone che mi avevano fatto dei torti nella vita. Un maestro di quarta elementare che mi aveva umiliato davanti a tutta la classe, un vecchio amico delle superiori che mi aveva rubato la ragazza. Sembrava quasi che il gioco... cambiasse in base a chi lo giocava.”
    Quando mio padre portò il gioco alla Nintendo, si rifiutarono di approvare la LTO, LLC come uno sviluppatore ufficiale. Nintendo aveva delle regole molto strette sul tipo di contenuto che i loro partner potevano includere nei loro giochi: niente nudità, niente gore, niente parolacce e niente simboli religiosi, tra le altre cose. I temi e i contenuti di Ladder to Oblivion non cadevano in nessuna di queste restrizioni, ma fu rifiutato lo stesso. "Troppo cupo", fu l'unica spiegazione data.
    Rob era a pezzi, disse mio padre, comprensibilmente: aveva lavorato a Ladder to Oblivion per la gran parte degli ultimi tre anni. Mi disse anche che il giorno del rifiuto era stata l'ultima volta che gli aveva parlato. Non lo vide mai più. Lo pregai molte volte di cercare di rimettersi in contatto con Rob, magari aveva ancora una copia del gioco e potevamo giocarci assieme.
    “Forse,” diceva, distogliendo gli occhi, “Vedrò se riesco a scovare il suo numero.”
    Ho creduto a mio padre tutti questi anni: per quello che ne sapevo, la storia di Ladder to Oblivion, il gioco che non c'era, si era conclusa il giorno che mio padre mi aveva raccontato.

    Ieri ho scoperto che avevo torto.

    È difficile da scrivere, ma ieri mio padre si è suicidato. È stato uno shock per tutta la famiglia: sembrava felice e non si è mai comportato come se fosse depresso. Mia madre lo ha trovato nel bosco dietro casa nostra, il fucile che ha usato poco lontano dalla sua mano aperta.
    Ero distrutto. Lo sono ancora. La scorsa notte sono andato nel luogo dove mi sentivo più vicino a mio padre: il suo studio. Spendevamo ore a giocare a vecchi giochi del NES e rivivendo i suoi giorni alla Nintendo. Per capriccio, finii per tirare fuori Mario Bros dalla confezione: volevo giocare un'ultima partita in onore di mio padre.
    Quando aprii lo sportello, notai che c'era già un gioco al suo interno. Mio padre non lasciava MAI i giochi dentro la console, diceva che lasciandoli dentro si rovinavano prima.

    Era Ladder to Oblivion.

    L'arte era esattamente come l'avevo immaginata in tutti questi anni: un'immagine in 8-bit di una scala che discende nelle fiamme. Una lettera era attaccata al retro.
    Conteneva la vera storia di Ladder to Oblivion, il gioco per NES che era diventato.

    Ho considerato l'idea di trascriverla tutta, ma ho realizzato che sarebbe stato irrispettoso verso mio padre. La lettera era indirizzata direttamente a me; voleva che queste parole fossero viste solo dai miei occhi. In più, le parole sono cupe, non sono per niente una giusta rappresentazione di mio padre. Spero non vi dispiaccia se faccio la parafrasi.

    Il giorno del rifiuto, mio padre si incontrò con Rob. Era già ossessionato da Ladder to Oblivion. Dopo una lunga discussione, Rob chiese a mio padre di entrare alla LTO, LLC come partner. Era il suo piano fin dall'inizio e la ragione per cui gli aveva chiesto se voleva diventare ricco: assieme avrebbero completato Ladder to Oblivion per rilasciarlo come gioco senza licenza. Mio padre sapeva del chip di autenticazione della Nintendo e come aggirarlo.
    Entrambi sapevano che molti dei produttori dei giochi senza licenza, tipo Tengen, il ramo software della Atari, e Color Dreams/Bunch Games/Wisdom Tree (cambiavano nome ogni tanto per far dimenticare alla gente quanto facessero schifo i loro giochi) in realtà andavano molto bene sul mercato. Sapevano dei rischi - Nintendo avrebbe potuto trovare una soluzione per impedire che Ladder to Oblivion potesse essere mai più giocato sul NES - ma erano disposti a provarci.
    Ovviamente mio padre sarebbe stato un partner segreto: aveva comunque bisogno del lavoro alla Nintendo, dopotutto era quello che pagava le bollette.

    In sette mesi, Rob finì Ladder to Oblivion. I due erano felicissimi, ma la loro gioia durò poco.

    La notte in cui Rob completò il gioco, chiamò mio padre e gli disse che finalmente era fatto. Mio padre era eccitato oltre misura: il giorno dopo aveva già il gioco caricato in due cartucce di pre-produzione. Fece preparare ad un amico nel dipartimento artistico la copertina con il timbro di Qualità Nintendo. In quel modo avrebbero pensato che era qualcosa per l'azienda. Non appena sarebbero stati pronti per una produzione numerosa, le avrebbe fatte fare fuori sede: non voleva lasciare nulla al caso.
    Rob gli disse di non giocarci ancora - doveva completare una partita dall'inizio alla fine, per vedere se restavano dei bug. Mio padre accettò riluttante e Rob concordò di chiamarlo appena aveva finito, così da incontrarsi e giocarlo assieme.

    Cinque giorni dopo, mio padre si presentò a casa sua senza preavviso: non parlava con Rob dall'ultima telefonata e nella sua paranoia era preoccupato che avesse deciso di pubblicare il gioco senza di lui tagliando i suoi profitti. Quello che trovò fu molto peggio.

    Rob era morto. Immagino suicida, ma la lettera non è chiara. Ci sono molte farneticazioni in questa parte, su Dio e il Diavolo, e molte frasi sono talmente scarabocchiate che le parole sono illeggibili. Sembra che Rob avesse lasciato un messaggio, le cui uniche parole erano "Non scendere mai la scala". Altre parole scarabocchiate. Alla fine della pagina mio padre ha scritto "Ha affrontato sé stesso alla fine".
    Mio padre non si fece scoraggiare: era molto turbato dalla morte di Rob, ma il gioco aveva preso il controllo della sua vita. Da quando aveva giocato la prima volta, scrisse, combatteva contro una depressione segreta. L'unica cosa che credeva l'avrebbe fatto felice era rilasciare Ladder al pubblico.

    Il giorno dopo, mio padre trovò un nuovo partner: un amico di Purdue di nome Eddie che era sempre in cerca di opportunità di business. Quella sera, si incontrarono per giocare. Mio padre iniziò, ma finì per andarsene al settimo livello per prendere delle pizze: quando tornò, trovò Eddie morto, con "Game Over" che lampeggiava sullo schermo. Aveva preso un coltello da cucina e si era tagliato entrambi i polsi.
    La lettera diventa sempre più difficile da leggere, ma credo si fosse inciso qualcosa sul braccio. "MAXXXO DEXXXO". Non sono sicuro di sapere cosa significhi.
    Disse che, a quel punto, era convinto che il gioco era responsabile sia della morte di Rob che quella di Eddie, oltre che del peggioramento della sua depressione. Nascose il gioco, giurando di non giocarlo mai più. Non poteva sopportare l'idea di liberarsene.
    Avevo cinque anni all'epoca, ovviamente non ricordo nulla di tutto ciò, ma ricordo che traslocammo circa in quel periodo. Mio padre si licenziò dalla Nintendo e ci trasferimmo.

    Per ventiquattro anni, mio padre ha mantenuto la sua promessa. Non ha mai giocato Ladder dall'inizio alla fine. Fino a ieri.
    Includerò la parte finale della lettera. Potete trarre le vostre conclusioni. Io, ad esempio, credo a mio padre, nonostante quello che possiate dire. Mio padre non mi ha mai detto che fine ha fatto la copia di Rob, per quello che ne so è ancora in giro. L'avete vista?

    Ventiquattro anni di colpe finalmente mi hanno preso, oggi. Ho disceso la scala, qualcosa che avevo giurato non avrei mai fatto. Ho affrontato me stesso e sono stato giudicato indegno. Come Rob. Come Eddie. C'è qualcosa di sbagliato nella Scala, quasi come una coscienza, è più della somma delle sue parti. Guarda dentro di te, troppo a fondo per la luce, in luoghi che nemmeno sapevi esistessero.

    Figliolo, non voglio morire. Io XXXXXX vivere. Ma il mio fucile è appoggiato al pavimento vicino a me e sento che mi parla. Suona XXXì dolce. La sua voce è il canto di una XXXXna. Se riesco ad ignorarla, strapperò questa lettera e tu XXX XXXXXX mai la differenza.

    Mi spiace di XXXXXi Mentito. Mi spiace XXX molte cose. Ti prego ricorda che ti voglio bene. XXX riesco ad andare avanti. Ora esco. Non riesco a SXXXXXXXXlo. Ti prego

    Non scendere MAI la scala. LEI LX XX.
    "

    t84DXG6



    Edited by DamaXion - 17/1/2018, 20:51
  6. .
    Hai guardato a lungo
    dentro di me:
    così a fondo come nessuno.
    I tuoi occhi fissi sui recessi più nascosti
    del mio essere.
    Una calda luce alle tue spalle,
    abbagliante segno della tua purezza:
    un sorriso più bianco del paradiso,
    mi promettesti.

    Sei tu il mio salvatore?
    L'amore del tuo sguardo me lo prova,
    affettuoso ma so,
    so che proverò dolore,
    perché è nella tua natura.
    Stringo gli occhi, sentendo la tua voce, pronta:
    come un angelo, vuoi salvarmi da te stesso,
    e mi domandi con tono attento:


    Puoi aprire la bocca un po' di più?



    Edited by Swaky - 28/12/2017, 19:02
  7. .
    Parte 1

    Dopo il fatto delle telefonate, Adam decide di andare in vacanza tre settimane in Giappone, sperando che così David lo "perda" di vista.
    Per tenere d'occhio i suoi gatti mentre è via, compra una telecamera per animali, che oltre a filmare, registra suoni e movimenti ventiquattr'ore su ventiquattro.
    Decide di provarla nel week end, e dopo numerose segnalazioni normali causate dai gatti che correvano in giro, riceve una notifica in cui sembra non succedere nulla, finché...

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    Poco dopo, un'altra notifica:

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    Ha paura, ma non sa bene come reagire a questi fatti, e nei giorni successivi cerca di ignorare l'accaduto e razionalizzare, e in effetti fino a settembre i suoi tweet si fanno molto meno frequenti, finché di nuovo la telecamera non registra altre stranezze: uno dei suoi gatti, Maxwell, sembra scavalcare qualcosa di invisibile, e i giorni successivi si mette sul bordo del divano in piedi, come se cercasse di afferrare qualcosa.

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    Nei giorni successivi, Adam ha incubi sempre più frequenti, addirittura durante i sonnellini pomeridiani, come una testa mozzata sorridente o figure oscure che lo osservano dalla finestra. Dopo l'ultimo, sentendosi agitato decide di prendere un po' d'aria e uscire di casa per prendersi qualcosa da mangiare, passando vicino al magazzino abbandonato: al suo ritorno sente come un colpo sulla porta di lamiera e decide di fotografare l'interno del magazzino per controllare che non ci sia nessuno, andandosene il più in fretta possibile subito dopo.
    La foto è questa, solo vecchi mobili e dell'imbottitura, ma è convinto che in alto a destra si intraveda una figura simile a David:

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    Finalmente, il 22 settembre Adam parte per il Giappone e tutto è tranquillo: non succede nulla di paranormale, e i suoi gatti stanno bene. Per sicurezza però, dedica a loro una tavoletta votiva per scaramanzia, dove chiede che vengano protetti.
    Nonostante la bella vacanza, i suoi pensieri sono ancora su David, e vedendo una statua a Sapporo rimane impressionato dalla somiglianza che uno dei bambini scolpiti ha con il ragazzino, e nonostante capisca che è un caso ne rimane innervosito:

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    Tornato a casa, è felice di trovare i gatti sani e salvi, e non sembra esserci nulla di strano, solo qualche malfunzionamento elettrico.
    Una notte, trova la luce LED dietro al suo televisore che lampeggia, e dato che è quasi l'alba decide di non tornare a dormire: poco dopo sente grattare sulla porta di casa e fotografa attraverso lo spioncino. All'inizio non ci vede nulla, ma poi ha l'impressione di intravedere un orecchio e un occhio:

    Senza_titolo_1



    A questo punto decide di far intervenire qualcun altro e chiama un suo amico per benedire la casa, dopo aver rifiutato numerose offerte di medium e "acchiappafantasmi" di investigare sulla questione. E in effetti, sembra che la benedizione abbia fatto effetto e per due settimane Adam non si fa più sentire su Twitter, dato che non è più successo nulla di strano: i gatti non vanno più a miagolare alla porta e lui non ha incubi. L'unica stranezza è la presenza di un carro funebre nel magazzino che credeva abbandonato, ma il suo pensiero è "dovranno pure parcheggiarli da qualche parte, no?".
    Il 27 ottobre però, Adam comunica ai suoi followers che purtroppo non è finita lì: la sera del giorno prima, aveva notato che i gatti fissavano il tetto del palazzo vicino, ma lui credeva stessero guardando un uccello. Dalla cucina però, aveva notato che c'era effettivamente qualcosa, e dopo aver spento le luci della stanza per sicurezza aveva fatto una fotografia con il cellulare, rimanendo talmente terrorizzato da ubriacarsi fino a non avere più paura:

    DNHaqWcWAAAaB2k



    Il 6 novembre, Adam annuncia che ha di nuovo sognato di David... e questo probabilmente è l'aggiornamento più terrificante da quando, quattro mesi prima, è iniziata questa storia:

    "Nel sogno l'ho visto di nuovo in una sedia: non ho più quella verde nella mia stanza, questa volta era una poltrona reclinabile che ho da anni. Di nuovo, mi sentivo paralizzato e potevo muovermi a malapena ma questa volta c'era qualcosa di diverso: mi sentivo perlopiù immobile, ma potevo contorcermi un pochino e mi sentivo più sveglio, potevo muovere un po' le mani.
    David mi ha guardato male e ho temuto quello che sapevo stava per succedere: stava per alzarsi dalla sedia e venire verso di me, come sempre. Dovevo fare qualcosa. Tengo il cellulare vicino a me nel letto, e in qualche modo riuscì a prenderlo. Ho pensato 'Se David sta per uccidermi, forse riesco almeno ad averne la prova sul mio cellulare'. Iniziai a fare foto nel buio.
    Come immaginavo, strisciò giù dalla sedia ed iniziò a trascinarsi verso di me: si muoveva lentamente, come se per lui fosse difficile. Ero terrorizzato, ma continuai a fotografare. David zoppicò verso di me senza perdermi di vista: presto fu faccia a faccia con me. Iniziò a mormorare qualcosa troppo piano perché potessi sentirlo. Guardai i suoi occhi girarsi in alto fino a vedere il bianco. Cercai di contorcermi per allontanarmi da lui, ma potevo muovermi appena. Guardai con orrore mentre si arrampicava sul mio letto, mentre continuava a bisbigliare. Ed è in quel momento che mi sono svegliato, come le altre volte, in pieno giorno. Nessuna traccia di David."


    Dopo aver scosso via la paura, Adam va a lavoro come sempre: non voleva nemmeno parlare dell'incubo, finché non aveva notato che effettivamente nel cellulare c'erano delle foto, scattate quella notte.
    Aumentando la luminosità, quello che vede gli fa sentire un tuffo al cuore:

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    Parte 3

    Edited by DamaXion - 14/7/2018, 16:00
  8. .
    Rachel tremava nell'oscurità del bosco; la sua auto fumava da qualche parte dietro di lei, distrutta dopo la terribile caduta nel fosso sul ciglio della strada, spenta.
    Ferita alla testa e confusa, la ragazza non aveva nemmeno provato ad arrampicarsi per tornare sulla strada e si era stupidamente addentrata tra gli alberi in cerca di aiuto: ora, completamente persa e disperata, attendeva con ansia l'alba che pareva non arrivare mai.
    Ma quanto è buio questo posto? Si chiese, turbata dalla quasi totale oscurità di quel luogo, realizzando subito dopo che in mezzo alla campagna era difficile trovare fonti di luce artificiale.
    Ogni fruscìo la faceva sussultare tanto era tesa, e il dolore alla tempia iniziava a farla sentire esausta. Se si fosse fermata, pensava, non si sarebbe più rialzata. Buio, buio e ancora buio, davanti e dietro di lei.
    Di colpo, Rachel sentì qualcosa trascinarsi sulle foglie del sottobosco, così vicino da farla impietrire: non sapeva che genere di animali popolasse quella zona e l'idea di trovarsi faccia a faccia con un orso la gelò; poco dopo, una sagoma le urtò il retro delle ginocchia e lei soffocò un grido, restando immobile.
    Ma un leggero uggiolio la rinfrancò: era solo un cane!
    -Hey...
    Sussurrò dolcemente, cercando a tentoni ed incontrando una testa piccola e coperta di pelo morbidissimo ma sporco. Il cane, in cambio, le leccò una mano ed iniziò a tirarle l'orlo della maglietta con delicatezza, come per guidarla.
    -Va bene, va bene ti seguo... Che bravo cagnone che sei!
    Disse Rachel, felicissima di quell'incontro fortunato: si sentiva al sicuro con lui al fianco, e sperava potesse portarla dai suoi padroni.
    La passeggiata durò poco, ma finalmente la luce della Luna fece capolino tra gli alberi, illuminando una baracca all'apparenza abbandonata.
    -Hey, ma dove...?
    Chiese all'animale, che però si era volatilizzato.
    Incerta, la ragazza bussò alla porta che era così marcia da aprirsi da sola con un lugubre cigolìo. Nonostante la luna, la casetta al suo interno era estremamente buia, dato che le sue finestre erano luride. Odori ben poco invitanti uscirono in una zaffata che la fece tossire.
    -C'è nessuno?
    La sua voce rimbombò nel silenzio, e nessuno le rispose. Sentiva soltanto un leggero raspare sotto ai suoi piedi attraverso le assi del pavimento bucate dai tarli e costellate di ossa di piccoli animali, probabilmente prede del suo nuovo amico.
    Facendo qualche passo con attenzione, Rachel intravide una scala verso il basso, dava su una stanza che sembrava un buco nero nell'oscurità.
    -Cagnolino... sei tu?
    Sussurrò con voce tremante avvicinandosi all'apertura e sentendo un suono di passi scomposti sui gradini: era di nuovo il cane, una figura estremamente magra ed ingobbita nell'ombra. La ragazza iniziò a chiedersi se era stata una buona idea seguirlo, vedendo in che stato sembrava trovarsi.
    -Cosa... cosa c'è? Smettila!
    Disse Rachel, quando lui ricominciò a tirarla con insistenza verso la stanza buia. Lei fece resistenza e le rispose un ringhio profondo e poi, con sua estrema sorpresa, un dolore lancinante: le aveva morso una caviglia e l'aveva fatta cadere.
    La ragazza realizzò di essere a terra solo quando si trovò sul primo scalino, trascinata dall'animale che sbavava e sbuffava: gridando e scalciando, colpì più volte il cane sul muso, senza però riuscire a fargli mollare la presa.
    -Lasciami bestiaccia!
    Aggrappandosi a tutto ciò trovava, la sua mano si chiuse sul manico di un ombrello che lei usò per menare colpi all'impazzata. Ad un certo punto la punta metallica, con suo estremo ribrezzo, penetrò in qualcosa di molliccio e il cane mollò la presa, emettendo un grido terrificante e rotolando giù per le scale. Rachel si alzò e zoppicò fuori dalla baracca più in fretta che poteva sentendo che l'animale ululava a pieni polmoni.
    Mio Dio... era un coyote? Si trovò a pensare mentre arrancava. Finalmente, vide tra le fronde delle luci, strizzando gli occhi abituati al buio, e si trovò a sbucare su una strada. Poi collassò cadendo in ginocchio mentre due figure sfocate accorrevano e lei iniziava a piangere disperata.

    Qualche ora più tardi si trovava distesa su un lettino del pronto soccorso: due ragazzi l'avevano trovata in stato di shock e l'avevano accompagnata lì. Gli infermieri poi l'avevano medicata a dovere e le avevano fatto qualche domanda, per avvertire la polizia del suo incidente.
    La ferita le pulsava, ma lei si era rifiutata di guardarla. Il sangue la faceva svenire e aveva solo voglia di riposare ed aspettare che suo padre la venisse a prendere. In dormiveglia, sentì il dottore che parlava al telefono, probabilmente con un poliziotto, e riuscì a cogliere qualche frammento di conversazione:
    -Ha avuto un incidente sulla strada per... sì... era in stato confusionale... boschetto... credo abbia subito un'aggressione...
    Aggressione?
    -Dice di essere stata morsa da un cane o da un coyote... no, non credo... la forma del morso non... canide...
    Rachel sentì il cuore fermarsi, mentre un dubbio le attanagliava il petto: con lentezza e cercando di ignorare il disgusto, sollevò con delicatezza la medicazione e quello che vide la fece inorridire.

    Due mezzelune sanguinolente le decoravano la caviglia, i segni puliti e squadrati di denti umani.

    Edited by DamaXion - 7/12/2017, 10:42
  9. .
    Forse effettivamente ho voluto finirlo troppo in fretta ed avrei potuto allungare un po' certe parti. Non essendo ferrata nel descrivere combattimenti ho preferito cercare di renderli più veloci, temevo di farli diventare un pasticcio ^^" ho brutte esperienze (da lettrice) di bei libri con combattimenti orrendi e forse cercando di non fare confusione ho peccato dall'altro lato.

    Sono sopratutto molto contenta che vi piaccia lui come personaggio, ho tante idee su di lui e mi premeva molto sviluppargli una bella personalità.
    Sono contenta vi sia piaciuto :)

    Grazie Qush dell'appunto sul nome del mostro, è un errore mio :P
  10. .

    c76


    "Quindi, il mio appartamento è infestato dal fantasma di un bambino morto che sta cercando di uccidermi"

    Questa è la frase che Adam Ellis, fumettista di Buzzfeed, twitta ed è l'inizio di un fenomeno virale che ha continuato fino al novembre di quest'anno, e che forse continuerà ancora.

    Il 7 agosto 2017, l'artista ha iniziato una serie di tweet dove documenta come la sua casa sia, a detta sua, infestata e che il fantasma sia un ragazzino di nome "David": tutto è iniziato con un sogno durante una delle sue comuni paralisi notturne, dove ha visto lo spirito seduto sulla sedia a dondolo ai piedi del suo letto. Il suo aspetto era questo:

    DGoynqfXoAAXVl1_0_0


    David si sarebbe poi avvicinato a lui, ma prima di riuscire a toccarlo, Adam si è svegliato gridando per il terrore.
    Qualche notte dopo, un altro sogno ha catturato la sua attenzione: si trovava in una biblioteca ed una bambina gli domandava: "Hai visto Dear David (Il caro David), non è vero?" e dopo una richiesta di spiegazione continuava "È morto. Appare solo a mezzanotte e puoi chiedergli due domande se prima dici Caro David. Ma non chiedergli mai una terza domanda o cercherà di ucciderti"
    Gli fa strano sognare due volte di file dello stesso argomento, ma per qualche settimana non accade nulla di particolare.

    Poi, avviene il secondo sogno con David e il ragazzino è sempre lì che lo fissa ai piedi del letto. Adam gli chiede:

    A:-Caro David come sei morto?
    D:-Un incidente in un negozio
    A:-Caro David cos'è successo nel negozio?
    D:-Hanno spinto uno scaffale sulla mia testa
    A:-Chi ha spinto lo scaffale?

    E David non risponde, mentre Adam si rende conto di avergli fatto tre domande e si sveglia terrorizzato.
    Il giorno dopo decide di informarsi, ma non trova alcuna notizia di un ragazzino di nome David morto in un incidente simile e quasi si dimentica la questione, andando ad abitare nell'appartamento al piano di sopra del suo palazzo perché più spazioso del suo. Forse David ha deciso di lasciarlo in pace?

    Arriva agosto e purtroppo Adam scopre presto che i guai non sono finiti: da quattro notti, entrambi i suoi gatti esattamente a mezzanotte si mettono a fissare la porta del suo appartamento, come se ci fosse qualcuno dall'altro lato. Guardando nello spioncino, l'uomo è convinto di aver visto del movimento ma quando apre la porta non c'è nessuno.
    Fa una foto qualche giorno dopo, ed è convinto di aver visto una figura per le scale e lascia giudicare ai suoi followers:

    DGoynqfXoAAXVl1_1



    Adam decide di utilizzare un'app per registrare i suoni del suo appartamento mentre dorme, che si attiva ogni volta che sente un rumore: ottiene così 33 registrazioni, perlopiù auto che passano e suoi sbuffi mentre dorme, ma in particolare tre lo interessano molto.

    1."Il primo sembra uno schiocco e quello che sembra essere un passo.È strano perché non sono mai sceso dal letto stanotte."
    https://soundcloud.com/adamtots/snap-step

    2."Questa è strana, perché di tutte e 33 le registrazioni è l'UNICA che ha questo strano suono elettrico."
    https://soundcloud.com/adamtots/electric-static

    3."Questa segue lo statico. Un altro schiocco, poi io che mi lamento nel sonno"
    https://soundcloud.com/adamtots/another-snap-groan

    Qualche giorno più tardi, accadono altre stranezze: Adam decide di comprare una macchina fotografica Polaroid, dato che le trova buffe e si mette a fotografare il suo appartamento... nulla di strano, finché non decide di fare una foto al corridoio.
    È completamente nera.

    DHKfIgjXsAIols8_0



    Riprova, apre un pacco di Polaroid non sviluppate credendo sia un difetto della pellicola... ma partono bianche, non nere.
    Prova a fotografare il corridoio da più lontano, con la macchina fotografica digitale e quella Polaroid... e il corridoio resta completamente buio, nonostante la luce fosse accesa in entrambe le fotografie:

    DHKuk2eXUAA4LQh_0DHKuk2yXUAA2K_M_0



    Dopo aver provato a purificare l'appartamento con sale e salvia, e dopo aver passato mesi senza sogni su David, Adam lo rincontra la stessa notte: in sogno, la stanza è piena di fumo e il ragazzino non dice nulla, si limita a fissarlo senza parlare. Appare più piccolo, come rinsecchito.
    Nei giorni successivi, i gatti continuano a miagolare davanti alla porta a mezzanotte, e l'app registra statico alle tre di notte.
    Il nostro protagonista si sente sempre più a disagio, teso come se dovesse scoppiare qualcosa all'improvviso, gli sembra a volte di sentire la casa ondeggiare e non si sente più al sicuro. Nonostante gli dicano in molti di trasferirsi, non è sicuro che il fantasma non possa seguirlo, anche se cerca disperatamente di razionalizzare tutto.

    Il 21 agosto, descrive un altro fatto molto inquietante: dopo essersi addormentato molto presto, Adam sogna David, ma non nella propria stanza. Stavolta il ragazzino lo sta tirando per un braccio, portandolo in giro in un magazzino abbandonato.
    La mattina dopo, l'uomo trova un livido nel punto dove lo stava toccando.

    DHyZTIdXkAQNmXR



    Cercando di ignorare il fatto, pensando che forse il livido se l'era fatto il giorno prima e il dolore si era manifestato nel bizzarro sogno, esce per prendere un caffè passando davanti come al solito ad una rimessa di carrelli della spesa in riparazione: con sua sorpresa, il posto è completamente vuoto, quando di solito è molto affollato. Ora invece, non c'è più nulla, se non una sedia verde.

    DHyaMxjXgAEQb2O



    Oltre a questo, i gatti cominciano a miagolare davanti alla porta sempre più presto, fino ad arrivare a farlo alle dieci di sera, e lui inizia a ricevere telefonate da un numero sconosciuto. Per tutta la settimana, alle dieci e mezza di sera, viene chiamato e dato che pensa sia semplicemente un centralino automatico, decide di rispondere per farlo smettere:

    'Non dissi nulla, aspettando di sentire un qualche messaggio automatico. Invece, quello che sentii fu uno strano suono statico, come quello che sente la mia app di notte. Dopo un minuto, lo statico smise e ci fu silenzio. Continuai ad ascoltare, sentivo quello che mi sembrava un respiro, ma era così fioco che non fui sicuro lo fosse. Il mio cuore batteva all'impazzata ed era difficile sentire. Poi, mentre stavo per riattaccare, una voce molto sottile disse "ciao"'

    Adam ne fu così spaventato da non dormire tutta la notte. E purtroppo, le cose non sono finite qui...

    Parte 2

    Edited by DamaXion - 14/7/2018, 15:16
  11. .
    Quando guardate una sessione di tatuaggio, solitamente è piuttosto tranquilla, con chiacchierate per far sentire il cliente a suo agio e pause tra un disegno e l'altro, in modo che il tatuato non debba sopportare troppo dolore tutto in una volta sola.
    Mai, immagino, abbiate visto assistenti che tenevano fermo il malcapitato, legato al lettino, che si contorce e si lamenta, mentre l'ago spietatamente lo buca e lo fa sanguinare. Niente pause e niente conforto, per rendere la sessione più brutale possibile.

    Brutal_Black



    Valerio Cancellier, Cammy Stewart, e Phillip "3Kreuze," sono i tre tatuatori responsabili della nascita del "Brutal Black Project", un progetto che ha l'obiettivo di far tornare il tatuaggio alle sue radici rituali: niente colori, niente disegni, solo dolore e durezza.
    I loro tatuaggi sono spezzati e disarmonici, attraversano tutto il corpo del tatuato in righe incrociate, più simili a cicatrici, nei luoghi più dolorosi e sanguinosi possibile.
    Chi si fa tatuare da loro sa a cosa va incontro, perché fare male è l'obiettivo principale dei tre, a detta di Phillip:

    "Vedere il dolore nei suoi occhi, il corpo che trema e tutto il sangue. Mi rende orgoglioso degli obiettivi che raggiungiamo insieme, io e il cliente. Obiettivi che non sono 'un bel disegno', ma piegare la volontà e arrivare al limite. Quando non riesci a camminare dopo la sessione, è allora che sai che l'hai fatto bene. Il dolore passa, l'orgoglio è per sempre!"


    Secondo loro, chi sceglie di sottoporsi ad un simile supplizio può avere diversi motivi, come spingersi oltre i propri limiti per avere un'esperienza catartica oppure come aiuto per comprendere che il dolore, fisico ed emotivo, può essere affrontato e superato.

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    Questa terrificante tecnica è nata dal pensiero che i media abbiano rovinato l'idea originale del tatuaggio, rendendolo un vapido mezzo per farsi notare, una forma d'arte che gli ha tolto tutto il significato. Il rituale e il dolore riportano invece tutto alle origini e Valerio, Cammy e Phillip sono estremamente contenti del loro operato, dicendo con orgoglio che "ti rovinerà la vita".

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    Edited by DamaXion - 21/11/2017, 18:25
  12. .
    Io detesto con tutta me stessa: ciao, io sono un killer e ho fatto... bla bla bla. Leva completamente la tensione perchè sai che se racconta non è morto (o racconta dall'aldilà, che è un altro clichè che odio) oppure è assolutamente imbattibile e pieno di risorse senza alcun motivo. Tipo l'americano medio con un dungeon delle torture, cioè... e i soldi per fartelo? xD
  13. .
    #5

    –Capo Moto mbawa. Mi aspettavo fossi tu.
    –Tu lurida... lurida bestia! Andava tutto bene prima che-
    –Silenzio!
    La voce di Atali'i era glaciale, e a nulla servirono i piagnistei del capo tribù: un altro pugno venne inferto sul suo viso congestionato, e grosse lacrime di dolore iniziarono a scorrergli sulle guance.
    –uuh... uhhh...
    Mentre si teneva il naso sanguinante, Moto mbawa venne preso per la collottola e riportato di peso nella tenda, per poi venire fatto sedere di fronte ai resti del rituale.
    Atali'i si accomodò di fronte a lui a gambe incrociate, completamente calmo ma con gli occhi lucidi di rabbia. Un fremito gli attraversava leggermente le mani, ad ogni respiro.
    –Ora, Capo... dimmi cosa è successo davvero qui.
    –Io, non...
    Il ragazzo provò per un attimo a protestare, ma un attimo dopo realizzò che era troppo tardi e fece un lungo sospiro, raccogliendo un frammento di pietra e facendoselo passare tra le dita, pensieroso, cercando di non guardare il suo interlocutore.
    –Ho cercato... ho cercato di ricontattare-
    –Sauda. Lo so. Ho sentito voci su di lei. Dimmi di più.
    –Sauda... Sauda è... era la mia compagna. Lo so che non è tradizione che il capo scelga come sua sposa la protetta della sciamana. Ma insomma, io sono il capo, io faccio le regole no?
    Alzò per un attimo la voce, colto da un impeto di furia, ma poi si afflosciò di nuovo su sé stesso, completamente miserabile. Ogni parola usciva dalle sue labbra sforzata e tremolante, era sull'orlo del pianto, forti singhiozzi di amarezza gli scuotevano il petto.
    –E... e... la sciamana non voleva, e pure Sauda iniziò... iniziò a pensare che era sbagliato! Forse non mi amava quanto la amavo io, non lo so. Ci incontrammo un'ultima volta, poi... Poi io...
    Si interruppe per piangere, ma stavolta Atali'i non intervenì, restando in silenzio, provando una fitta di pena per il Capo: era così giovane e confuso, era diventato capo troppo presto e le preoccupazioni lo avevano già spezzato. Era stato bravo al loro primo incontro a fingersi stoico, fiero nella sua tenda, con la schiena dritta di orgoglio e lo sguardo minaccioso e calmo come la notte.
    E invece ora era tornato ad essere il ragazzo spaventato e roso dalla colpa che era, finalmente abbandonando la sua facciata da grande sovrano ed abbracciando il terrore che lo accompagnava da tempo.
    –Sei tornato qui per parlare con il suo spirito, ma non lo hai trovato. Perchè non è successo qui, vero?
    –No...
    –L'hai uccisa fuori dal villaggio, dove c'è la radura marcia, non è vero?
    –Sì... sì... ma io non volevo! Non volevo uccidere Lei! Non Lei!
    Gridò Moto mbawa, tendendosi le ginocchia e nascondendo il viso, all'improvviso minuscolo, prima di emettere un urlo soffocato che lo scosse fin nelle ossa.
    Poi si sciolse all'improvviso, respirando in modo affannoso e rivolse la testa verso Atali'i, che trasalì: sbavava e i suoi occhi erano rivoltati all'indietro.
    –Capo...?
    –Trovami, guerriero! Trovami!
    Una voce distorta ma femminile gli uscì dalla gola, raschiante e spaventosa.
    –Trovami, vendicami! Vendicala!
    La possessione di colpo sparì, lasciando Moto mbawa in uno stupore tremante prima di collassare sfinito, facendolo cadere in un sonno profondissimo. Atali'i, turbato dalla violenza e dalla rabbia dello spirito, prese il ragazzo tra le braccia e lo riportò silenzioso nella sua grande tenda. C'era molta gente che li guardava, il rumore delle grida e del combattimento avevano attirato i curiosi. Qualcuno lo guardò storto, uno dei cacciatori provò ad intervenire ma Nadì lo fermò: aveva sentito tutto e sapeva che lo straniero era nel giusto e non sarebbe stato una minaccia.
    Lo spirito nella radura... quello era la vera minaccia, ed Atali'i era pronto ad affrontarlo.

    #6

    Il silenzio in quell'angolo di bosco era assordante: insetti, uccelli e persino il vento parevano trattenere il respiro, nascosti dalla minaccia di marciume che attraversava le piante.
    L'odore era insopportabile, umido e malsano come una fogna, particelle di muffa volavano come aventi vita propria e solo una cosa si muoveva in mezzo a loro: Atali'i il guerriero, indomito e teso.
    L'uomo portava con sé un tappeto e delle sacche di pelle, da cui fluivano odori misteriosi a malapena percepibili nella coltre di grigio lerciume, e i suoi passi suonavano soffici, come se il terreno fosse coperto di neve. Aveva vietato a chiunque di seguirlo, ma una sensazione dietro la nuca continuava a dargli una brutta sensazione.
    "È più grande di stamattina..."
    Pensò, fermandosi esattamente al centro del largo cerchio grigio. Posò a terra tutto e, con rapida abilità, iniziò il rituale, versando polveri, liquidi e foglie in una ciotola finché non si formò un vapore vischioso e violaceo. Poi, senza alcuna esitazione lo ispirò profondamente e si stese, in attesa: teneva il suo wakahika a portata di mano, perché chiunque avesse formato quel terreno maledetto non poteva che essere uno spirito pieno di amarezza e rabbia.
    Passarono pochi minuti, ma l'attesa sembrò eterna: ora l'uomo rettile si trovava in piedi, e di fronte a lui galleggiava a mezz'aria una donna dallo sguardo colmo di tristezza: era meravigliosamente bella, giovane e florida come un fiore appena schiuso, con occhi celesti come il cielo di mezzogiorno. Indossava abiti funebri, e i suoi lunghi capelli neri fluttuavano come sott'acqua.
    La radura dove si trovavano somigliava a quella reale, ma tutto era più soffuso ed etereo, e un cielo colmo di stelle sconosciute abbracciava la foresta, assieme ad una Luna gigantesca.
    –Moto? Sei... oh.
    –Ciao Sauda. Io mi chiamo Atali'i e sono qui per aiutarti.
    –Io... sono morta. Non puoi aiutarmi. Non dovresti neanche vedermi... Moto mbawa è venuto qui ieri notte, e non posso parlargli. Ha pianto, una singola lacrima, e io mi sono svegliata ma non posso fare nulla...
    –Lo so, Sauda, e mi dispiace. Voglio solo sapere cosa è successo.
    Sauda alzò lo sguardo e lo posò su di lui a lungo, come perplessa: come ogni spirito la sua voce era monotona e distaccata, lontana dai drammi del mondo terreno. Era molto tranquilla, e finalmente il guerriero si rilassò e lasciò che una freddissima mano gli toccasse la fronte.
    –Ti... ti faccio vedere cosa è successo. E dì a Moto mbawa... che mi dispiace.
    –Ti disp-?

    E Atali'i non era più nella radura: correva nella giungla, più rapido di quanto non lo era mai stato. E anche molto, molto più basso. Sentiva una strana disperazione nel petto, e capì che quelli non erano i suoi sentimenti, ma si trovava nei ricordi di qualcun altro.
    –Sauda!
    Si sentì gridare, mentre raggiungeva una donna che correva, afferrandola per un braccio per fermarla nel mezzo dello stesso spiazzo.
    –Sauda! Perchè scappi? Perchè non vuoi parlarmi?
    Sauda lo guardò, piangendo calde lacrime di tristezza, incapace di parlare, cercando debolmente di liberarsi dalla presa del suo amante.
    –È... è inutile! Io ho deciso!
    –È per colpa sua? È lei che ti ha convinta, che ti costringe?
    Moto mbawa si voltò verso una donna a sconosciuta ad Atali'i, vecchia e raggrinzita. Aveva uno sguardo malevolo negli occhietti neri, come se fosse soddisfatta di come si stava evolvendo la situazione.
    –Io sono il capo! Io decido! Non puoi decidere tu chi Sauda può o non può amare!
    –Moto mbawa, tu sei uno sciocco! Gli antenati hanno deciso, e tu non puoi farci nulla! Non puoi metterti contro l'invisibile volontà...
    Scandiva le parole con lentezza infinita, con una voce gracchiante che sembrava il verso di un corvo.
    Atali'i sentì una furia cieca montare nell'uomo, che stringeva la lancia in una mano mentre cercava invano di trattenere la fanciulla, che era andata a nascondersi dietro la sciamana.
    –Vatti a cercare una nuova donna! La cacciatrice che ti fa gli occhi dolci ad esempio... e Sauda cercherà un altro uomo, più ragionevole di te e di sicuro più intelligente. So già con chi farla sposare, stanne certo.
    Ora il respiro di Moto mbawa era affannato, rotto ogni tanto da un ringhio sommesso: ormai era oltre la furia e l'uomo rettile, spettatore impotente, sentiva in fondo al cuore il timore sordo di sapere chiaramente cosa sarebbe successo a breve.
    Ed aveva tristemente ragione.
    Forse causata dal sorriso sghembo dell'anziana, forse da un pensiero malvagio, in un lampo la tragedia si era consumata: la punta della lancia non c'era più, sepolta nelle carni della giovane Sauda che, in uno slancio di folle amore, si era lanciata davanti all'uomo inferocito per fermarlo. Ma non aveva fatto i conti con la rabbia cieca del suo amante ed ora giaceva a terra, il viso fissato in un'espressione di stupito dolore.
    Il gesto risultò inutile, perché l'arma dalla lunga punta si era conficcata così a fondo da ferire anche la donna anziana, che ansimava in rantoli scomposti accasciata dietro la sua protetta.
    Moto mbawa cadde in ginocchio, scosso da spasmi violenti, un grido sepolto nella gola che rifiutava di aprirsi e in quella stessa posizione si trovò Atali'i, tremante, di fronte allo spirito della fanciulla. Suo malgrado aveva gli occhi colmi di lacrime, provato da quell'esperienza straziante.
    –Non voleva farlo, Sauda...
    –Lo so. Ora che ho qualcuno che può farmi da tramite, posso finalmente scusarmi per avergli causato tanto dolore e posso perdonarlo. Diglielo quando arriverà qui, perché è dietro di te di pochi passi. Addio, guerriero. Grazie.

    #7

    Atali'i inspirò profondamente, sentendo il solito odore di muffa unito però ad un profumo più fresco e floreale: si alzò su un gomito, e vide una singola, rosea orchidea dondolare nella leggera brezza notturna, in mezzo al mare di grigiume. Attorno ad essa svolazzava lenta una lucciola.
    Con un sospiro, tornò in piedi e guardò a lungo Moto mbawa, che lo osservava in silenzio poco lontano. Non si dissero niente per un bel po', prima che il giovane, con voce pigolante chiedesse:
    –Cosa... cosa è successo?
    –Mi ha mostrato tutto. Dice che le dispiace... e che ti perdona.
    –Oh...
    –Dobbiamo tornare al villaggio, e... aspetta!
    All'improvviso, Atali'i si bloccò, realizzando un pensiero che lo aveva insospettito fino a quel momento e sentì una sensazione nauseante in fondo alla gola.
    –Ma la sciamana... che fine ha fatto?
    Calò il silenzio, mentre l'insetto luminoso volava pigramente tra di loro, lampeggiando ad intervalli regolari. Atali'i provò pensieroso a farlo atterrare nella mano a coppa, ma quello lo schivò agilmente e si diresse verso Moto mbawa che guardava a terra, come si vergognasse.
    –Quando... quando è successo ho pensato di portare subito Sauda al villaggio e ho raccontato che un uomo misterioso l'aveva attaccata. Non ho pensato... alla sciamana. Non sono più tornato qui fino a ieri notte.
    –Quindi in teoria... dovrebbe essere rimasta qui a marcire, giusto? Invece non c'è! Anche se un animale l'avesse mangiata, resterebbero qui dei segni, ossa o almeno i suoi vestiti, invece è scomparsa... E lo spirito di Sauda era così tranquillo, perché avrebbe dovuto maledire la terra?
    –Ho una sensazione terribile, Atali'i... ahi!
    Moto mbawa fece un gesto scomposto, portandosi una mano al collo dove un sottile rivolo di sangue scendeva fino alla spalla.
    –La lucciola mi ha... morso?
    Entrambi gli uomini si girarono verso l'insetto, che era tornato a posarsi sull'orchidea, e Atali'i sentì il soffio sottile della magia, che come brezza iniziò a generarsi nell'aria, e prese il capo per il polso, portandolo accanto a sé per sussurrargli:
    –Portami... portami delle noci di cocco...
    –Cosa...?
    –Veloce!
    E di colpo, accanto al fiore, non c'era più una scintilla luminosa, ma una creatura nero pece: era umanoide ma gobba, con artigli lunghi e biancastri e la bocca irta di zanne. Una grossa ferita che colava sangue marrone si apriva sul suo stomaco, e nei suoi occhi, riconobbe la stessa luce maligna che aveva visto nella sciamana pochi minuti prima.
    Con il wakahika stretto tra le mani, l'uomo rettile rimase fermo, in attesa dell'attacco che arrivò poco dopo: lo parò con forza, cercando di impedire all'Adze, perché era quello che la donna era diventata, di attaccare Moto mbawa, che approfittò per correre nel folto della giungla.
    Il mostro grugniva e sbavava, ancora affamato: desiderava ardentemente il sangue del ragazzo, che aveva assaggiato poco prima, ed era deciso ad eliminare Atali'i il più in fretta possibile, il suo unico ostacolo.
    Lo scontro continuò furioso, artigli e mazza si incrociavano e scambiavano, scontravano tra sudore e sangue dei contendenti: l'Azde era un avversario temibile, completamente inarrestabile e imprevedibile ed Atali'i stava velocemente perdendo il controllo della situazione, coperto ormai di graffi profondi.
    –Atali'i! Sono qui!
    –Lanciale i cocchi! Falli rompere: il loro latte la ferisce! Fidati!
    Moto mbawa era terrorizzato, ma riuscì comunque ad avere abbastanza prontezza di spirito da obbedirgli, lanciando sul mostro una gragnola di colpi: riuscì a prenderla, ma non aveva abbastanza forza da spaccare il durissimo guscio dei frutti.
    –Atali'i! Cosa devo fare? Cosa devo fare??
    l'Adze lasciò perdere l'uomo rettile, lanciandosi verso il ragazzo, ma venne fermata di colpo da una grossa mano che le afferrò i capelli, facendole emettere un fortissimo grido di dolore: Atali'i le infilò il braccio in bocca di traverso che, grande com'era, le impediva di aprila o chiuderla del tutto e stringendo i denti per il dolore, raccolse uno dei cocchi e lo inserì in mezzo alle affilatissime zanne, spaccandolo con il pugno e versandole il liquido appiccicoso dritto giù per la gola. Uno strillo che spaccava i timpani fece risuonare la giungla, mentre stormi di uccelli si alzavano in volo, terrorizzati.
    Il mondo in quel momento si fece offuscato, un'ombra scura che era il mostro si dibattè disperato e cadde davanti ai suoi occhi, ma l'uomo era troppo stordito per accorgersene e barcollò indietro, accasciandosi con un tonfo nell'erba umida, mentre una coltre nera si posava su di lui.

    I giorni successivi furono confusi, onirici: tra la febbre e il dolore Atali'i intravedeva figure e luoghi, ma non riusciva a capire cosa stesse succedendo. Era di nuovo in combattimento... no, era coricato in una tenda e poi... Leontine? Cosa ci faceva...? No, non era lei...
    Finalmente, sentì all'improvviso una sensazione fresca, come una mano sulla sua fronte e si svegliò, sudato e debole, nella tenda della sciamana al villaggio.
    Era stato fatto spazio per una stuoia, e una ragazza lo stava fasciando prima di accorgersi dei suoi occhi aperti e trasalire.
    –Oh! È sveglio! È sveglio!
    Un piccolo drappello di persone si concentrò all'entrata, ma tra di loro una fanciulla minuta e calva li scacciò via, in una discussione che, confuso com'era, il guerriero non capì.
    –M... Maua?
    –Atali'i! Credevamo fossi spacciato! Come stai?
    –Come se fossi stato masticato... il capo?
    –Lui sta bene. Ti ha fatto trovare lui, ha detto che avevi affrontato uno spirito maligno e che eri ferito, ma era un eufemismo! Eri praticamente morto! Ma cos'è successo?
    Mentre gli veniva portato da mangiare ed aiutato a sedersi, l'uomo rettile raccontò tutto, omettendo la visione dello spirito di Sauda. Quello, si disse, era qualcosa di cui doveva occuparsi Moto mbawa.
    –La vostra sciamana, dopo aver visto morire Sauda ed essere stata ferita, è diventata un Azde, un mostro succhiasangue. Forse la rabbia, forse uno spirito maligno l'ha posseduta... chissà...
    I giorni successivi furono di riposo e recupero, ed Atali'i fu grato della cura di cui si prendevano gli abitanti: dopo la notizia che la radura si era risanata, tutti ora lo consideravano un eroe, un salvatore, e lui di certo non si lamentò. Fu quando dovette partire che tornò serio, e volle accanto a sé Moto mbawa, Nadì e Maua. Il Capo era composto come il primo giorno, anche se leggermente più magro e profonde occhiaie gli segnavano gli occhi, colmi di tristezza ma di una nuova sicurezza.
    –Capo... non so quando intenderai di raccontare tutto. Non so neanche come funziona qui da voi, quindi non mi intrometterò... no, Maua: non posso restare, devo continuare il mio viaggio. Vi ringrazio tutti quanti.
    –Ti ringraziamo noi, Atali'i, figlio di Matiu e degli dèi. Senza di te saremmo finiti, e io non avrei mai avuto coraggio. Spero che un giorno tornerai da noi e ci vedrai floridi e felici. Onoreremo per sempre il tuo ricordo.
    Verso sera, i quattro si diressero verso il bordo della giungla, esattamente dove era stato catturato dai cacciatori, e Atali'i sorrise vedendo a terra un piccolo dardo ornato di piume. Lo raccolse con noncuranza, mentre guardava intenerito Maua asciugarsi una lacrima di nascosto. Partì e camminò finché non sentì più le voci che lo salutavano, diretto verso l'ignoto del suo viaggio perpetuo, e mentre guardava il cielo roseo del tramonto, pensò alla giovane Sauda e al suo spirito finalmente in pace sospirando, malinconico ma felice.

    Un'orchidea rosa dondolava al vento, nella notte tranquilla ed operosa della giungla, in un prato verdissimo e rigoglioso. Una singola goccia di rugiada cadde dai suoi petali, illuminata dalla Luna piena che vegliava silenziosa.

    Edited by DamaXion - 3/12/2017, 22:52
  14. .
    Non penso proprio sia necessario, il problema è che la gente ce li trova a tutti i costi anche quando non ci sono...
  15. .
    Nella valle di Shikoku, in Giappone, esiste un villaggio popolato da sole 37 persone: gli altri abitanti se ne sono andati negli anni, in cerca di lavoro e di vita cittadina.
    Ma il villaggio in realtà ospita molti più individui, 350 per la precisione e sono tutte... bambole.

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    La loro autrice è Tsukimi Ayano, una donna che abitava nel villaggio e che, ritornata dopo anni, ha deciso di costruire i pupazzi a grandezza naturale: iniziò nel 2000 e continuò per anni, ritraendo le persone che vivevano nel villaggio o personaggi di fantasia in atteggiamenti naturali, come se li sostituisse dopo la loro partenza.

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    Il motivo di questa scelta, a detta della donna, era la sua solitudine: vedendo il villaggio, ai tempi fiorente, ora silenzioso e senza più persone ad animarlo aveva sentito il bisogno di riempire quegli spazi vuoti e partendo dal suo primo spaventapasseri con le fattezze del padre, aveva iniziato quel lavoro estenuante. Le bambole infatti si deteriorano in fretta e dopo tre anni sono da sostituire.

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    Grazie a lei Nagoro è diventato meta di turismo e molti lo visitano per osservare l'immobile vivacità di quel villaggio e il senso di malinconia che lo pervade, grazie al pensiero un po' inquietante ma molto dolce di una donna sola a cui manca il calore del suo paesino natale.

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    Edited by RàpsøÐy - 30/9/2017, 17:30
226 replies since 9/11/2011
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