Votes given by Ado360

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    Tranquillo non è che io sia molto più esperto ahah devi soltanto cliccare sui tre puntini in alto a destra sullo schermo dopodiché clicchi sull'icona del telefono sbarrato e hai fatto..
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    MI è piaciuta un sacco! Mi ha ricordato molto la storia di Serial Experiments Lain (anime del '98)!! Poi anch'io son sempre stata affascinata dalla parte oscura di Internet... E inoltre ottima scelta aver inserito l'elemento "vintage" del forum degli ultimi anni '90, rende il tutto molto inquietante!
    Anch'io avevo scritto una pasta simile che non ho mai pubblicato, ma la tua è decisamente meglio! Complimenti :)
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    molto bella
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    Mi è piaciuta! Bravo :)
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    carina, ma quando ho letto il titolo mi sono emozionato...aspettandomi nettamente di meglio, purtroppo.
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    Molto interessante e ben scritta...
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    Da appassionato dell'underground del web me la son goduta, ben pensata!
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    Bella..storia davvero bella.
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    Vi ringrazio per i complimenti. Ma potevo fare MOOOOLTO meglio.
    Se avessi avuto conoscenze di programmazione avrei potuto creare un gioco autentico per aumentarne il realismo, invece mi son dovuto accontentare di immaginette scrause fatte con Photoshop.
    Son comunque lieto che vi sia piaciuta. Per scriverla mi sono ispirato ad un evento reale (la chiavetta mi ha effettivamente abbandonato dopo averla attaccata al Mac) mescolato ad un mio vecchissimo incubo risalente a quando ero bambino: avevo sognato di essere sul seggiolone di notte in una stanza a fissare una soglia priva di porta, sentivo una musica inquietante diventare via via più forte (più o meno la stessa descritta nella Pasta) e poi qualcosa è improvvisamente apparso davanti alla soglia. A quel punto mi ero svegliato.

    Se posso approfittarne per esprimere il mio parere, non bisognerebbe forzarsi a scrivere le Pasta ma farlo prendendo principalmente ispirazione da incubi ed eventi semplici della vita quotidiana. Pertanto, conto di scrivere nuove cose quando sarò REALMENTE ispirato. XP
    Penso che un giorno passerò in rassegna tutti i miei incubi. Sapete com'è poi: si dimenticano più difficilmente dei sogni. XP
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    Virus comunque la curiosità non dura in eterno.Prima o poi la pasta finirà nel dimenticatoio!Quindi per favore dacci altri indizi.
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    Mi sembra una di quelle catene che girano su Facebook :gratt:

    Scusami, non mi piace granchè.
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    Fantastica!fa venir quasi la pelle d'oca,la caduta nella pazzia della ragazza,lenta e graduale mi ha fatto perdere qualche anno di vita


    PS:
    La firma Faye mi fa pensare a una certa rossa :guru: :fap:
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    Abyss.



    ''Quando guardi in un Abisso, l'Abisso stesso guarda dentro di te.'' - Friedrich Nietzsche.



    Mi svegliai di soprassalto facendo sventolare le coperte verdi. Alzai lo sguardo verso l’orologio appeso al muro di fronte a me, credo segnasse le 2.50 del mattino.

    La stanza sembrava più spoglia di quanto ricordassi, c’era solo il letto da cui mi stavo alzando, uno sporco mobile con sopra una brocca e le chiavi della camera 71.

    Le presi e mi diressi verso la porta ancora scosso per quello che doveva essere stato un brutto sogno.

    Appena infilai le chiavi nella serratura iniziò a girarmi la testa, la mia vista si offuscò e caddi a terra, forse persi i sensi.

    Quando mi ripresi le pareti della camera erano letteralmente sbriciolate, potevo vederne le polveri ai miei piedi, ma dove doveva esserci la camera di fianco alla mia c’era solo il buio più profondo, impenetrabile.
    La porta era ancora in piedi, l’unica cosa di quella stanza. Decisi di aprirla: il corridoio era vuoto, il silenzio regnava sovrano.

    A quel punto sentii un telefono squillare, pensai si trattasse di quello della Hall. Lo squillo sembrava appartenere a uno di quei vecchi telefoni con la cornetta.

    Mi diressi nella Hall e, spinto da una curiosità che sembrava non appartenermi, alzai la cornetta:

    ''‘’Svegliati, devi svegliarti, smettila di dormire’’- mi sussurrò una voce registrata.

    ''Svegliati. Ti sei addormentato. Svegliati''.

    Non era una voce qualsiasi, realizzai che era la MIA voce, leggermente distorta, come se fosse stata registrata su un nastro e poi montata. Quale psicopatico farebbe tutto questo.
    Abbassai lentamente la cornetta. Mi sentivo osservato. Dovevo uscire da quell’albergo il prima possibile.

    In trappola.

    Ero in trappola. Nessuna uscita di sicurezza, nessuna scala di servizio che mi portasse all’esterno. Ero come un topo in una campana di vetro.

    Un tonfo alla mia destra. Mi girai di scatto per capirne la provenienza. C’era una porta aperta alla mia sinistra e una serie di scalini che portavano da qualche parte, forse lo scantinato.

    Scesi la rampa di scale in legno e raggiunsi quel che sembrava essere il locale caldaia.
    C’era carbone ovunque e l’unica fonte di luce era il fuoco che usciva da un grande forno. Mi avvicinai per vedere meglio.


    Sobbalzai e caddi per terra. Due mani, color nero pece colpirono il vetro del portellone. Scivolarono contro il vetro, dissolvendosi come foglie secche.

    Avrei potuto salvarlo, ma il portellone era incandescente. Il cuore era impazzito, sudavo freddo e la sensazione che qualcuno mi spiasse aumentava.

    Ripercorsi le scale in folata, con il cuore che mi batteva nelle orecchie, e tornai nella Hall.
    Ritrovata tutta la lucidità mentale che quella situazione potesse consentirmi, ripensai al forno e mi ricordai che era troppo piccolo perché una persona potesse entrarci.

    Forse la mia mente mi stava giocando qualche scherzo: le pareti che si sbriciolano, la telefonata, il forno, le mani, Dio quelle mani dovevano essere l’allucinazione più reale che una mente abbia mai partorito. O forse era solo un incubo e dovevo solo svegliarmi, l’unico modo di svegliarsi dagli incubi è quello di…

    Uno squillo di telefono penetrante interruppe quel flusso di pensieri sempre più assurdi, assurdi come la situazione in cui mi trovavo.
    Alzai la cornetta per poi ribatterla su quel telefono rosso sangue e corsi via, in cerca di una via d’uscita o per lo meno qualcosa che mi avrebbe permesso di svegliarmi, sempre se quello era un sogno.

    Ispezionai gran parte delle camere: nessuna era chiusa a chiave e nessuna era uguale a quella vista subito prima.

    L’unica cosa utile che trovai fu una torcia funzionante e le chiavi che sembravano appartenere all’appartamento del custode, che attirarono la mia attenzione per la loro particolare forma.

    Con la torcia mi sentivo più sicuro, anche se avevo addosso ancora la sensazione che mi accompagnava da quando le cose diventarono così surreali, la sensazione che qualcuno fosse sempre alle mie spalle e che si dileguava non appena mi giravo.

    Infilai la chiave nell’unica porta che non sembrava essere ne di una camera, ne della cantina. Con mia sorpresa la porta si aprì. C’era il buio più profondo, simile a quello che avvolgeva la mia camera dopo essersi sbriciolata. Accesi la torcia, che mi permise di riuscire a vedere cinque o sei metri avanti a me.

    Quel posto sembrava totalmente fuori posto in un albergo: appariva come una galleria di cui non riuscivo nemmeno a percepire la lunghezza, con dei muri neri quanto il buio che mi circondava e un arco a tutto sesto che mi osservava da circa tre metri d’altezza.

    La percorsi a passo svelto e dopo una decina di minuti mi trovai davanti a una porta in legno.
    Era chiusa a chiave.
    Un piccone di ferro era appoggiato sopra dei barili accanto la porta.

    Lo presi, deciso a sfondare quella che sembrava la mia unica via d’uscita.

    Udii il rumore di una chiave che girava in una serratura.

    Feci un passo indietro.

    La porta si aprì.

    Altro buio.

    No.

    Non era solo buio.

    Un’ombra. Un’ombra che faceva sembrare l'oscurità la luce del sole. La luce della mia torcia si dissolveva in lui.
    E i suoi occhi. Due occhi bianco opaco mi scrutavano nell’oscurità.

    E diventavano sempre più grandi. E il mio cuore sembrò schizzare in un abisso, una voragine infinita senza via d’uscita e senza speranze. E gli occhi continuavano ad avvicinarsi. E finalmente il mio cervello mandò quell’impulso alle gambe, quello che ti dice di correre o di combattere.

    E corsi. Corsi come non avevo mai corso in vita mia, facendo oscillare il raggio di luce della mia torcia ovunque, senza osare voltarmi a guardare chi o cosa fosse ciò che mi stesse inseguendo.

    Tuttavia impiegai il doppio del tempo per percorrere metà galleria, come se correre non mi stesse aiutando.
    La luce della torcia si posò per un attimo su una porta socchiusa che non era presente quando passai per la prima volta all’interno della galleria.
    Entrai e mi chiusi la porta alle spalle, sperando che quella cosa non mi avesse visto entrare lì.

    Avevo il fiatone, il mio cuore era impazzito e il cervello non riusciva ad elaborare ciò che avevo visto.
    Quando rialzai lo sguardo, la mia torcia cadde per terra ,scheggiandosi.

    C’erano pile di vecchi giornali ammassati l’uno sull’altro, l’odore che emanavano era nauseante.
    Ripresi la torcia. Tremavo come una foglia in autunno. Sulle pareti c’erano fogli di giornali con titoli angoscianti:


    “Mia figlia si è addormenta ma non si sveglia più.”

    “Uomo uccide la famiglia dopo essersi svegliato da un coma profondo.”

    “La personalità di mio figlio è completamente cambiata dopo questa notte”

    “La moglie del Sindaco posseduta? Nessuno lo sa con certezza, ma una cosa è sicura. Lei non è più la stessa.”


    Solo un messaggio era diverso da tutti gli altri. Era un messaggio intriso di odio e rabbia che recitava:

    TU SEI IL PROSSIMO. È tempo di pagare un prezzo per aver giocato con le cose che non comprendi”.

    Follia.

    Pura follia.

    Non c’era altro aggettivo per descrivere quello che stava succedendo.

    Dopo un po’ di tempo, ripresi il controllo di me stesso e decisi di uscire dalla stanza. Quella creatura era scomparsa, per fortuna. La fortuna, però, iniziò a rivoltarsi contro di me. Non mi sentivo bene, come se stessi per entrare in uno stato di catalessi.

    Dovevo reagire, dovevo rimanere LUCIDO.

    Tornai alla mia camera e proprio di fronte notai un muro leggermente rovinato. Avevo ancora il piccone con me. Iniziai a sferrare colpi ben assestati, finché il muro non cedette.

    Il panorama era completamente diverso. C’era una spiaggia e un faro spento. Il resto era circondato da monti insormontabili. Fuggire a nuoto era improponibile visto che il mare era agitatissimo e non si vedeva alcuna terra all’orizzonte.

    Andai verso il faro, consapevole del fatto che quello che stavo vivendo non poteva essere reale, ma che avrebbe potuto cambiarmi nel profondo. Volevo delle risposte, volevo sapere il perché stavo vivendo ciò, sempre se ero ancora in vita.

    Salii la scala a chiocciola del faro e, ormai affaticato, aprii la porta che precedeva la stanza dove si trovava il segnale luminoso ormai deceduto, almeno così pensai.

    Ciò che trovai mi lasciò basito: un tavolo con sopra un registratore e un telefono con la cornetta poggiata accanto.

    Il registratore era impostato in Loop e trasmetteva le mie parole, quelle che sentii nella Hall dell’albergo.

    “Svegliati, devi svegliarti, smettila di dormire”

    Mi avvicinai al registratore e tolsi la cassetta. Il nastro rimase impigliato e iniziò a fuoriuscire dalla cassetta rendendola inutilizzabile.

    Imprecai.

    Notai una seconda cassetta poggiata dietro il registratore, su questa non era registrato nulla, forse mi sarebbe tornata utile se mai fossi tornato di nuovo lì, in un sogno futuro.
    Sotto di essa c’era un blocchetto di fogli, su quello in cima c’erano scritte delle parole.

    Lessi.

    La mia bocca restò aperta, gli occhi spalancati.

    Sentii un rumore provenire dall’esterno che mi fece tornare in me.

    Aprii la porta che mi avrebbe portato alla cima del faro.

    Il mio cuore saltò un paio di battiti: la spiaggia era completamente nera, avvolta da centinaia di ombre, costernate da quegli occhi spenti che guardavano i miei, ma comunque profondi come il mare che diventava sempre più impetuoso accanto loro.

    Sapevo che volevano me, sapevo di essere in trappola e sapevo che forse mi sarei svegliato una volta caduto in quell’Abisso.

    Ma sarei stato ancora me stesso?

    Il foglio di carta mi volò dalle mani e, spinto dal vento, cadde nell’oceano.

    Non c’era più tempo. Sapevo che sarei tornato in quel posto, in quel sogno, e volevo sapere di più su ciò che mi stava succedendo, sul perché i messaggi di quei fogli di giornale continuavano a ripetersi nella mia mente.

    Ma sarei dovuto essere più preparato; quindi corsi nella stanza dove c’era il registratore, e misi la seconda cassetta nell’apposito spazio.

    Iniziò a registrare e io iniziai a parlare con una voce troppo calma per quella situazione e pronunciai parole che uscivano come un fiume dalla mia bocca, sembravo posseduto:

    “Svegliati, devi svegliarti, smettila di dormire”.

    Mandai in Loop la cassetta e avvicinai la cornetta del telefono al registratore.
    Sentivo gli Abissi mentre salivano le scale, forse avevo un minuto, forse due, ma dovevo trovare qualcos’altro per lasciare un indizio al futuro me che sarebbe tornato in quell’incubo.

    Presi il taccuino che vidi in precedenza.
    Cercai una penna per scrivere e questa saltò fuori come per magia da dentro un cassetto: pensai potesse essere una coincidenza, ma non gli diedi molta importanza.

    Scrissi nel modo più leggibile possibile: le dita erano sudate, la mano tremava, il mio corpo faceva entrambe le cose. Riscrissi esattamente le stesse cose che lessi sulla lettera, non sapevo nemmeno come facessi a ricordarne le esatte parole.

    Quei cosi erano forse a due metri dalla porta, scrissi le ultime righe come se sapessi da tempo cosa fare e misi il foglio sotto il registratore per evitare che il vento lo facesse volare via.

    Corsi verso la stanza adiacente, quella che dava sul mare, e salii sul cornicione.
    La porta alle mie spalle saltò dai cardini e quasi mi colpì in faccia per poi volare nell’oceano in piena.

    Gli Abissi si accavallarono per entrare, creando un ammasso informe nero pece, digrignando i denti all’interno di una bocca che non avevo notato prima, sbraitando e urlando in una lingua oscena che non avevo mai sentito prima d’allora, ma in quel momento non pensai a tutto questo, perché io avevo già saltato, avevo saltato in quell’oceano grigio e freddo come la morte, che mi avrebbe, ironicamente, svegliato.

    Il mio sguardo verso il cielo, mentre le ombre si gettavano nella mia direzione.

    Volevo tornare in quel posto, volevo sapere di più.

    Non ci fu alcun tonfo.

    Apro gli occhi.

    Vedo un soffitto familiare.

    Li richiudo.


    Mi svegliai di soprassalto facendo sventolare le coperte verdi.
    Alzai lo sguardo verso l’orologio appeso al muro di fronte a me, credo segnasse le 2.50 del mattino.

    La stanza sembrava più spoglia di quanto ricordassi, c’era solo il letto da cui mi stavo alzando, uno sporco mobile con sopra una brocca e le chiavi della camera 71.

    Le presi e mi diressi verso la porta ancora scosso per quello che doveva essere stato un brutto sogno.

    Appena infilai le chiavi nella serratura iniziò a girarmi la testa, la mia vista si offuscò e caddi a terra, forse persi i sensi.

    Quando mi ripresi le pareti della camera erano letteralmente sbriciolate, potevo vederne le polveri ai miei piedi, ma dove doveva esserci la camera di fianco alla mia c’era solo il buio più profondo, impenetrabile.
    La porta era ancora in piedi, l’unica cosa di quella stanza.

    Decisi di aprirla ma sentii qualcosa sotto il piede.

    Qualcosa di familiare.

    Scostai il piede e trovai un foglio di carta, stropicciato e macchiato di un qualcosa di denso e maleodorante.
    Lo presi e iniziai a leggere.
    Le mani tremavano mentre leggevo:


    “Sono sicuro che troverai questa lettera in qualche modo. A questo punto ti sarai accorto che tutto ciò non è reale, spero che il risveglio interiore sia andato bene e che tu abbia totale controllo sul sogno. Perché tutto ciò che ti accadrà, accadrà perché sei tu a volerlo.



    Sinceramente,

    Te Stesso.


    dHaKd

    Creata e curata da Mordekai The Summoner e Leøn-96.


    Edited by Mørdekai The Summøner~ - 29/12/2012, 13:48
  14. .
    Ciò che leggete è la trascrizione di un thread sulla board /x/ di 4chan.

    CITAZIONE
    Anonymous 14/12/10(Mar)08:34 No. 6503670

    Il Rasper Book è un libro contenente descrizioni dettagliate di omicidi che ebbero luogo negli anni '20. Apparentemente, i delitti furono tanto disgustosi che la polizia locale insabbiò tutto; arrestarono quindi un uomo soprannominato Rasper (da qui il titolo del libro), e lo condannarono alla pena di morte. In seguito, scoprendo che non era colpevole dell'accaduto, tennero nascosta la vicenda. Assieme alle descrizioni, vi sono delle immagini tanto sconcertanti che renderebbero folle anche l'uomo più sano di mente.

    Sono state postate diverse immagini correlate al Rasper Book. Una era una vecchia lettera scritta da un tale di nome R. Thomas: in questa scriveva ad alcuni intenzionati a leggere il libro, ammonendoli di non farlo. Se ricordo bene, diceva che non riusciva a smettere di vedere cadaveri, che non riusciva a mangiare o dormire, e continuava ad essere pervaso da cattivi pensieri.

    Slappy The Clown !iluSSEXY5 14/12/10(Mar)08:45 No. 6503687

    Ciò che so è che, secondo le voci, ci sono diverse copie in giro. Non molte, ma ce n'è più di una (per quanto mi ricordi). A parte ciò, non so nient'altro che non sia già stato scritto in questo thread.

    Credo che i miei genitori si siano ricordati qualcosa sulla storia. Non so se ciò che avessero sentito fosse solo una voce di corridoio, ma quando gliel'ho domandato sembravano ricordarsi qualcosa su un "Rasper" e gli omicidi che avesse o meno commesso.

    A seguito del sopracitato thread, furono postate delle scannerizzazioni di un diario, che di fatto sono l'unica testimonianza del Rasper Book.

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    Martedì, 30 maggio 2006

    Oggi è stata davvero una bella giornata, fatta eccezione per la scuola! Ho dovuto presentare il mio saggio finale per inglese. Farò meglio a non essere bocciata! Dopo scuola, io e Melissa ci siamo viste con Hollie e Jack (è trooooppo carino). Phil il barbone stava ancora aspettando vicino al laghetto. Puzza ancora di alcol, gli ho dato una sterlina perché mi dispiace tanto per lui. Ci siamo seduti nel parco per un po', prima che cominciasse a piovere, poi siamo tornati a casa. Jack mi ha accompagnata a casa dato che abita sulla strada vicino alla mia. Vorrei che non stesse uscendo con Hollie.

    Love, Faye :)


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    Mercoledì, 31 maggio 2006

    Caro diario,
    che noia oggi! Non è successo niente di buono. Il fratello di Mel ci ha parlato di un libro chiamato Rasper Book. Ci ha spaventate, e ci ha raccontato un sacco di storie di fantasmi.

    Non ho visto Jack a scuola, né tantomeno Hollie. Credo abbiano fatto filone.

    Faye <3
    XOXO


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    Giovedì, 1 giugno 2006

    Ho visto Jack oggi. Abbiamo parlato per l'intera ora di matematica. Non ho fatto quasi niente. Il fratello di Mel ha detto che lei ed io potremmo venire alla sua festa domani sera. Non vedo l'ora, però sono nervosa.

    Siamo di nuovo andate al parco, solo me e Mel. Stavo bene. Avrei voluto che Jack fosse uscito.

    Non vedo l'ora che venga domani sera.

    Faye <3
    XOXO


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    Venerdì, 2 giugno 2006

    Sono appena tornata dalla festa di Kevin. I genitori erano via, quindi c'erano gli alcolici. Mi sono divertita un mondo. Io e Mel abbiamo ballato per tantissimo.
    Quando quasi tutti se n'erano andati, Kevin ha ricominciato a parlare di quel libro. Ero spaventata. Hanno detto che avrebbero potuto procurarsene una copia, dato che un amico di Kev ha delle conoscenze. Mi hanno chiesto se volessi leggerlo, e ho mentito dicendo di sì. Non può essere poi così brutto.

    Ti amo diario
    Faye
    XOXO

    (poi mi sono ubriacata, però shhh)


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    Sabato, 3 giugno 2006 babee yeah =]

    Io e Mel oggi siamo andate a fare shopping. Poi siamo andate da McDonald's e abbiamo visto Jack e Liam H. Ci siamo sedute con loro a mangiare. È stato bello. Dopo, io e Jack ci siamo seduti e abbiamo parlato mentre rincasavamo, dato che dobbiamo prendere lo stesso bus. Ci stava provando con me anche se si vede con Hollie.

    Faye
    XOXO (cuore con Jack al suo interno, a lato F+J)



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    Domenica, 4 giugno 2006

    Diario, sono proprio incazzata. Io e Hollie abbiamo discusso! La odio! Su MSN ha detto che ci sto provando con Jack. Che cazzo di stronza.

    (impronte di cagnolino)

    Dopo che siamo tornate dal pub (andiamo a cena di domenica a volte), mamma mi ha fatto una sorpresa. Un CUCCIOLO!!! Non è solo mio, è pure di Ryan, ma è soprattutto mio perché sarò io a portarlo fuori e cose così.

    Nuovo cucciolo = Coco.

    (Non l'ho scelto io 'sto nome di merda, è stato Ry).

    Love, Faye
    XOXO


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    Lunedì, 5 giugno 2006

    Adoro Coco. È un po' troppo iperattivo, però. Saltella sempre, e cose del genere. Oggi è andata male a scuola, sia Hollie che Jack mi ignoravano. Io e Mel pensiamo soltanto che sia gelosa.

    Abbiamo anche un nuovo insegnante, il signor Pearman (si pronuncia come Pier-man, non Pear-man, LOL). Non sembra troppo severo, il che è buono.

    Faye XOXO (faccina con scritto a lato "lol boh")


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    Martedì, 6 giugno 2006

    OMG! Oggi è stata una giornata terribile. Sono andata da Mel. Kev era lì coi suoi amici. Avevano quel libro! Ci siamo seduti tutti in cerchio e ne abbiamo letta una pagina, per poi passarcelo. La prima era una pagina di avvertimento; poi c'erano delle cose che credevo nessuno fosse capace di fare. Abbiamo letto solo due pagine, e persino Kev e i suoi amici sembravano terrorizzati. Non mi piace. Non voglio dormire. Potrei dirlo a mamma, ma poi s'incazzerebbe. Non so cosa fare, sono così sconvolta. Le cose che erano scritte lì erano nauseanti. Come può qualcuno fare ciò???

    Faye


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    Mercoledì, 7 giugno 2006

    Non ho dormito bene ieri notte. Quando chiudo gli occhi continuo ad immaginare cose. Non mi sento molto bene, forse sto per prendere l'influenza. Coco cerca troppe attenzioni, continua a leccarmi e perde pelo ovunque. A scuola tutto ok. Mel dice che Kev leggerà di nuovo il libro stanotte, ma io non vado. Nell'ora di matematica, Jack si è scusato per Hollie che si è comportata da stronza.

    Faye
    XO


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    Giovedì, 8 giugno 2006

    Oggi tutto ok, niente di che ma tutto sommato buona giornata. Sono riuscita a dormire e non ho fatto nessun sogno disgustoso. Io e Jack siamo tornati a flirtare e a parlare, Hollie non lo sa ma fa' niente, haha.

    Mel mi ha detto che Kev ha letto il libro. Sono andata a casa sua dopo scuola, e Kev era nella sua stanza. È sceso solo una volta, e sembrava stesse piangendo. Credo che la sua ragazza potrebbe aver rotto con lui. Gli ho chiesto se stava bene, e lui mi ha risposto bruscamente ed è tornato nella sua stanza. Io e Mel siamo state per tantissimo a parlare di Jack e Liam. Ha confessato che le piace, LOL.

    IO AMO JACK!


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    Venerdì, 9 giugno

    Io e Hollie abbiamo discusso di nuovo. Mi ha detto di stare alla larga da Jack. Fanculo! Vado un po' da Mel, ciaaaaao! XO

    Sabato 10

    Non so perché sono andata da Mel. Abbiamo cominciato a leggere il libro. Non riesco a pensare senza farmi pippe mentali su cos'ha fatto quel tizio. Ho il libro, adesso lo brucio. Mi sento la nausea.


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    Martedì 13

    Non sono andata a scuola e non ho bruciato il libro. Non so se farlo o no.

    Hollie mi ha mandato un e-mail odiosa. Ho sognato di ucciderla.

    Kev ha provato a suicidarsi. Mel è venuta qui a casa mia e me l'ha detto.


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    (la data non è più specificata; potrebbe essere il giorno dopo, o potrebbe essere passato un certo periodo di tempo)

    HO UCCISO COCO. NON LA SMETTEVA DI SALTARMI ADDOSSO. SO CHE ERA L'UNICO MODO.

    NON SONO ANDATA A SCUOLA. MAMMA CREDE CHE SIA DEPRESSA, DATO CHE NON FACCIO ALTRO CHE PIANGERE TUTTO IL GIORNO. MI MANCANO MEL E JACK.


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    Sono pazza? Credo di esserlo. I sogni mi dicono di uccidere Hollie anche se vuol dire non avere Jack. Non riesco a chiudere occhio perché rivedo le immagini. Stanotte brucio il libro.

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    Mi dice di fare cose ogni volta che chiudo gli occhi, tipo uccidere o ferire le persone. Non ce la faccio a sopportarlo. Mamma dice che devo smetterla, anche se non riesco a smettere. Piango tutto il giorno. Non riesco a smettere. Come smetto? Ho un sacco di rabbia e lui m'infastidisce. Vedo cose di giorno adesso. Vedo cadaveri nel bagno. Cerco di non farlo ma non mi piace dormire.

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    Non riesco più a sopportarlo non ho mangiato ho fame ma se mangio poi ho la nausea.
    Voglio solo andare
    voglio solo che mi lasci sola.
    Ho bisogno di bruciare il libro ma non era lì.


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    SONO PAZZA?
    PERCHÉ


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    Sono pazza credo di esserlo lui crede che lo sia mamma crede che lo sia lui non fa altro che dirmi di fare cose. Ora ho paura. Penso che è per questo che mi comporto in modo strano perché lui è sempre qui.

    640px-Bad

    (essendo alcune parti incomprensibili, esse sono aperte a più interpretazioni)

    Perché io? Cos'ho fatto per meritarmi questo. Quel libro è malvagio. Mi sono svegliata fuori casa di Hollie con un coltello in mano. Non mi piace. William non ha fatto niente. Me lo dice! È stato Peter. William aiuta ma poi Lui torna. Lo sa. Lo sa. Lo sa. Lo sa. Lo sa. Lo sa. [...]


    360px-Peter

    Non era William il signor Rasper. Non era lui. Innocente. Peter. Peter. Era Peter. Il signor Rasper innocente. Peter mai. William. William. Lui guarda. Peter vuole sempre fare cose. Sussurri. Lo vedo nell'ombra mi dice di fare cose. Vuole che uccida come ho ucciso Coco. Mi dispiace Ryan mammina non sono pazza. Papà è pazzo. Non lo sanno. Ma non lo sanno. Non sanno che Kevin sapeva. Ora ha pagato con Peter. Non ero io non io Peter. Aiuto aiuto aiuto aiuto aiuto aiuto aiuto. Lui è qui adesso mentre scrivo. Riesco a sentirlo.

    STANOTTE MI PRENDERÒ I SUOI CAPELLI HAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHA NON AVRÀ PIÙ LA TESTA


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    (sembrano essere capelli e sangue)

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    RASPER TROVERÀ E UCCIDERÀ

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    (a quest'immagine, che pare un'accozzaglia di lettere senza senso, si è cercato, almeno in parte, di trovare una risposta visibile qui)

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    AIUTATEMI LUI LO SA

    Nota di traduzione: to rasp vuol dire grattare, raschiare. Rasper quindi sarebbe uno che gratta, o stride, almeno credo :sisi:

    Fonte (almeno il thread e il diario, un po' l'ho scritto io): http://creepypasta.wikia.com/wiki/Rasper_Book


    Edited by ~ WithinYouWithoutYou; - 16/1/2013, 21:20
  15. .
    Vorrei iniziare dicendo che Peter Terry era un eroinomane.

    Eravamo amici al college e continuammo ad esserlo anche dopo che io mi laureai. Notate che ho detto "io". Lui abbandonò gli studi dopo 2 anni. Dopo aver lasciato i dormitori della scuola mi trasferii in un piccolo appartamento e smisi di vedere Peter quanto prima. Chattavamo su internet ogni tanto (prima di Facebook era di moda usare AIM). Ci fu un periodo in cui non si connetté per circa cinque settimane consecutive. Non ero preoccupato; sapeva di essere tossicodipendente, e pensavo che non se ne curasse. Ma poi una notte mi chiese di incontrarlo, mandandomi un messaggio.

    "David, amico, dobbiamo parlare".


    Fu allora che mi parlò della Casa Senza Fine. Veniva chiamata in questo modo, perché nessuno aveva mai raggiunto l'uscita finale. Le regole erano piuttosto semplici: bisognava raggiungere la stanza sul piano più alto dell'edificio per vincere $ 500: c'erano ben nove camere in tutto. La casa si trovava fuori città, a circa quattro miglia da casa mia. A quanto pare aveva tentato e fallito. Così pensai che la droga aveva avuto la meglio su di lui e si era fatto spaventare da qualche manichino con la parrucca, un fantasma di carta o qualcosa del genere. Mi disse che affrontare quella sfida era troppo per chiunque, che c'era qualcosa di soprannaturale. Io non gli credetti; perché avrei dovuto? Gli dissi che ci sarei andato la notte successiva e che non importava quanto duramente avrebbe provato a convincermi ad andare quella stessa sera. Non potevo dirgli di no, $ 500 erano davvero allettanti, impossibile rifiutare. Questo è ciò che successe.

    Quando arrivai sul posto, notai subito qualcosa di strano nell'edificio. Avete mai visto o letto qualcosa che non dovrebbe essere spaventoso, ma per qualche ragione vi lascia un brivido lungo la schiena? Mi diressi verso la costruzione e la sensazione di disagio aumentò appena aprii la porta principale.

    Il mio cuore si calmò ed emisi un respiro di sollievo quando entrai. La sala sembrava la hall di un albergo normale decorato per Halloween. Su un muro vi era scritto: "Stanza 1, ne mancano ancora 8. Raggiungi la fine e hai vinto!". Ridacchiai e mi avviai verso la prima porta.

    La prima stanza era quasi ridicola. L'arredamento ricordava i corridoi di un K-Mart decorato per Halloween, completo di fantasmi fatti di lenzuola e zombie-robot che si muovevano se ci si passava davanti. L'uscita stava in fondo, dopo svariati metri. Dopo aver attraversato diverse ragnatele finte mi diressi verso la seconda camera.

    Aperta la porta, mi trovai di fronte a una pesante nebbia artificiale. La stanza era stata decorata senza alcun dubbio con una tecnologia superiore alla precedente. Non riuscii a vedere la macchina del fumo, ma soltanto un pipistrello appeso al soffitto che volava in cerchio. Spaventoso. Si sentiva una colonna sonora di Halloween che si può trovare in qualsiasi negozio a 99 centesimi, riprodotta in qualche stereo nascosto nella stanza. Camminando mi venivano incontro dei piccoli topi giocattolo, e raggiunsi senza difficoltà anche la seconda porta. Nello stesso istante in cui toccai la maniglia mi salì il cuore in gola. Non volevo procedere: un fortissimo senso di terrore mi colpì così forte che potevo a malapena pensare. Mi sono comunque fatto coraggio e sono andato avanti.

    Esatto, proprio nella camera numero 3 le cose cambiarono.


    A prima vista sembrava una stanza normale. C'era una sedia al centro del pavimento in legno a cassettoni. Una singola lampada in un angolo illuminava scarsamente l'area circostante, e proiettava delle ombre tutto intorno. Questo era il problema. Ombre. Plurale. Ad eccezione della sedia, c'erano altre cose invisibili. Non avevo neanche chiuso la porta che già avevo i brividi. È stato in quel momento che ho capito che qualcosa non andava. Appena entrai, la porta si chiuse, senza possibilità di essere riaperta.

    Questa cosa mi turbò parecchio. C'era qualcuno nascosto che l'aveva chiusa? Non era possibile, me ne sarei accorto. La serratura era dotata di un meccanismo che le permetteva di chiudersi in modo automatico? Forse, ma ero troppo spaventato per ragionarci su. Mi voltai a dare una seconda occhiata alla camera e notai che le ombre erano sparite, fatta eccezione per quella della sedia. Lentamente mi mossi attorno ad essa, e siccome da piccolo avevo spesso delle allucinazioni, mi convinsi che le ombre erano solo il frutto della mia immaginazione. Cominciai a sentirmi meglio dopo aver fatto un giro completo della stanza. Ho guardato a terra per un istante, e ciò che vidi mi sconvolse ancora di più. Anzi, ciò che non vidi! La mia ombra non c'era. Non riuscii a gridare, venne fuori solo un flebile gridolino. Corsi più veloce che potevo verso l'altra porta e mi gettai senza pensare nella stanza successiva.

    La quarta sala fu forse la più inquietante. Appena chiusi la porta, tutta la luce che entrava dall'altra stanza sparì. Rimasi lì, circondato dal buio, senza potermi muovere. Non ho paura del buio, e non ne ho mai avuta, ma ero assolutamente terrorizzato. Non vedevo un accidenti di niente. Allungai il braccio e iniziai a camminare a tentoni. Non sentivo nulla: c'era un silenzio di tomba. Quando sei in una stanza immersa nel silenzio, puoi ancora sentire il tuo respiro. Già, peccato che io non ci riuscii. Inciampai in avanti dopo qualche istante, il mio cuore batteva rapidamente, l'unica cosa che potevo sentire. Non trovai nessuna porta. Non ero nemmeno sicuro che ci fosse, questa volta. Il silenzio venne poi rotto da un basso ronzio.

    Sentii qualcosa dietro di me. Mi voltai istintivamente, ma per ovvie ragioni non vidi nulla. Sapevo però che c'era qualcosa, nonostante il buio. Il ronzio si fece più forte, più vicino. Credevo di essere circondato, ma sapevo che la causa di quel suono era davanti a me, e si avvicinava sempre di più. Arretrai leggermente, non avevo mai assaggiato quel tipo di paura. Non riesco bene a descrivere cosa provavo: non temevo di morire, ma di ciò che mi sarebbe successo se avessi continuato a vivere. Avevo paura di quello che questa casa aveva in serbo per me. Poi si accesero delle luci sul soffitto per qualche istante e tornai a vedere. Niente. Vidi il nulla più assoluto. La camera era ancora immersa nel buio, e il ronzio assomigliava ormai a un grido selvaggio. Urlai per la disperazione, non sarei riuscito ad ascoltare quel rumore per un altro minuto! Mi voltai, andai a sbattere sul muro e cercai nuovamente a tentoni la porta. All'improvviso caddi e cambiai stanza, senza motivo.

    Prima di descrivere la camera numero 5 dovete capire una cosa. Io non sono un tossicodipendente, né lo sono mai stato. Non ho mai sofferto di psicosi, fatta eccezione per alcune allucinazioni che avevo da piccolo, e che si verificavano solo quando ero molto stanco o mi ero appena svegliato. Sono entrato in quella casa con la mente perfettamente lucida.

    Dopo la caduta, mi ero ritrovato a fissare il soffitto. Quello che vidi non mi spaventò, ma devo ammettere che fui sorpreso: erano cresciute delle piante in questa stanza! Il soffitto era certamente più alto di quello nelle altre camere, forse perché avevo raggiunto la metà del mio percorso. Mi alzai e mi guardai intorno. Era sicuramente la stanza più grande di tutte. Non riuscivo nemmeno a vedere la porta da dove ero entrato, e gli alberi mi impedivano di scorgere l'uscita. Fino a questo punto avevo immaginato che la difficoltà aumentasse via via che si procedesse, ma quella in cui mi trovavo, in confronto all'ultima, era un paradiso; ma mi sbagliai di grosso.

    Ripresi a camminare e iniziai a sentire ciò che ci si dovrebbe aspettare di udire in un bosco: il cinguettio degli uccelli, lo sbattere delle ali, etc. La cosa strana è che tutto questo mi infastidiva. Pur sentendo gli insetti e gli altri animali, non ne vidi neanche uno. Ho cominciato a chiedermi quanto fosse grande l'edificio; da fuori sembrava perfettamente normale. Probabilmente mi trovavo sul lato più lungo, ma difficilmente quell'ampiezza poteva coprire quella di una foresta di quel genere. Non riuscivo nemmeno a vedere le pareti, ma ancora il pavimento di legno tipico delle altre stanze. Continuai a camminare, sperando ogni volta che l'albero successivo mi avrebbe rivelato la porta. Dopo qualche minuto una zanzara mi si appoggiò sul braccio e la scrollai di dosso. Un attimo dopo una decina delle sue compagne si avvicinarono alla mia pelle, su gambe, braccia e perfino sulla faccia. Mi agitai selvaggiamente per farle volare via, ma non ci riuscivo. Diedi un'occhiata, ma non ne vidi neppure una, eppure sentivo che mi pizzicavano! Mi buttai a terra e iniziai a rotolarmi, disperato com'ero. Odiavo gli insetti, e ora che non riuscivo a vederli ancora di più.

    Iniziai a strisciare. Non avevo idea di dove stessi andando, l'ingresso non si vedeva, e non avevo ancora scorto l'uscita. Dopo quelle che mi erano sembrate ore trovai finalmente la porta. A pochi metri di distanza, sentii il ronzio di prima. Veniva dalla stanza di fronte a me, ed era decisamente più profondo dell'altro. Potevo quasi sentirlo dentro il mio corpo, come quando ci si trova accanto ad un amplificatore a un concerto. La sensazione degli insetti su di me si attenuava sempre di più appena mi avvicinavo alla fonte di quel rumore. Appena poggiai la mano sulla maniglia, quella terribile sensazione svanì, ma non riuscivo comunque ad aprirla. Mi venne un'incredibile voglia di tornare indietro, scappare, uscire da quell'edificio infernale, ma se l'avessi fatto le zanzare sarebbero tornate, e sapevo che non avrei mai raggiunto di nuovo la stanza precedente. Intanto il ronzio non mi permetteva di sentire neppure i miei pensieri, e non riuscivo neppure a immaginare cosa avevo di fronte.

    Quando chiusi la porta dietro di me, le mie orecchie fischiavano ed il ronzio mi circondava. Avevo serrato anche gli occhi per la paura, ma quando quel suono sparì all'improvviso, li aprii per lo stupore, e notai che la porta era sparita! Ero shockato, la camera era identica alla numero 3 la stessa sedia e lampada a olio, ma con la giusta quantità di ombre. L'unica vera differenza è che non c'era la porta di uscita. Come ho detto prima, non ho mai avuto problemi in termini di instabilità mentale, ma in quel momento caddi in preda alla follia. Non urlai, mi limitai a graffiare il muro con le unghie in cerca di una porta. Le pareti erano dure, ma sapevo che l'uscita era lì da qualche parte. Caddi in ginocchio in silenzio, l'unico rumore che si sentiva era il mio graffiare.

    "Stai bene?"

    Mi voltai all'improvviso e in preda al panico mi scaraventai sul muro opposto. Ancora oggi mi pento di esseri girato a guardarla.

    La bambina indossava un abito bianco morbido che le andava sino alle caviglie. Aveva dei lunghi capelli biondi fino a metà della schiena, pelle bianca e occhi azzurri. Era la cosa più spaventosa che avessi mai visto, e so che niente nella mia vita sarà più terrificante di lei, niente. Guardandola vidi anche dell'altro, un altro essere. Era nudo dalla testa ai piedi, ma la sua testa non era umana, ed i suoi piedi erano zoccoli. Non era il diavolo, ma in quel momento potrebbe anche esserlo stato che sarebbe stato meglio. Dalla faccia sembrava un caprone ma il muso ricordava quello di un lupo. Non posso davvero descrivere cosa mi successe, ma li ho visti allo stesso tempo, contemporaneamente. Hanno condiviso lo stesso spazio in quella stanza; era come guardare due dimensioni separate, è difficile da spiegare. Non riuscivo a parlare, mi sentivo quasi svenire, ed ero intrappolato in quella camera senza uscita con lei/lui.

    "David, devi ascoltarmi!"

    Quando parlava, sentivo le parole della bambina, ma l'altra creatura riusciva a comunicare con la mia mente, con una voce disumana che non assomiglia a niente in questo mondo. Essa continuava a ripetere quella frase più e più volte nella mia mente, e così la ascoltai, non sapevo cosa fare. Stavo scivolando nella follia ma non potevo staccare gli occhi da ciò che mi stava di fronte. Mi buttai a terra, volevo solo che finisse. Uno dei topi giocattolo della seconda stanza mi girava attorno, la casa stava giocando con me. Ma non potevo mollare, ero determinato a uscirne vivo! Sapevo che questa stanza era un inferno, ma non potevo mollare. Cercai una porta o qualcosa di simile nella stanza con gli occhi, mentre il demone ancora mi scherniva sempre più forte. Mi alzai e camminai a 4 zampe per un po', voltandomi a guardare il muro che mi stava dietro. La creatura mi ansimava sul collo, e non riuscivo a girarmi a guardarla, ero paralizzato. Solo allora realizzai cosa avevo davanti: la porta. Era un rettangolo di legno su cui vi era il numero 7, graffiato da delle unghie che non potevano essere le mie, eppure lo erano. La cosa più strana, è che il muro era quello da cui avevo avuto accesso nella stanza, quello dove prima c'era la camera numero 5.

    Non so come questo poté accadere. Sapevo che il demone era dietro di me, ma per qualche motivo non poteva toccarmi. Chiusi gli occhi e misi le mani sulla maniglia. Spinsi, spinsi più forte che potevo. La creatura stava urlando nel mio orecchio; mi disse che non mi avrebbe mai lasciato, che questa era la fine, che avrei vissuto lì con lui per sempre. Spingendo urlai a squarciagola. Tutto il mio corpo tremava, così quando l'aprii, l'essere era sparito.

    Ero sia mentalmente che fisicamente esausto. La porta si chiuse dietro di me, e capii dove mi trovavo. Ero fuori. I miei occhi bruciavano, avevo voglia di piangere. Non mi importava neanche il premio, ciò che mi importava era solo esser fuori da quell'inferno. Mi diressi verso la macchina e tornai a casa. Sotto la doccia l'assaporai, pensando a quanto fosse bello essere di nuovo a proprio agio.

    Andando verso il mio letto sentii una sensazione di disagio. La gioia di aver lasciato quella casa era svanita, e la paura stava lentamente tornando nel mio stomaco. Non ci feci caso; pensai che fosse normale dopo tutto quello che avevo passato sentire ancora gli effetti di quella nottata. Incontrai sulle coperte il mio gatto Baskerville, il primo essere vivente conosciuto che incontravo, così decisi di accarezzarlo. Mi soffiò e mi graffiò con gli artigli! Non si era mai comportato in quel modo, forse era troppo vecchio. Ad ogni modo, non vedevo l'ora di dormire.

    Come avevo previsto l'enorme mole di pensieri che mi ronzavano sul cervello non mi permetteva di addormentarmi. Sono sceso in cucina per prepararmi un panino, e una volta arrivato ho visto qualcosa che mi rimarrà per sempre impressa a fuoco nella mia mente: i miei genitori erano per terra, nudi e coperti di sangue. I loro arti erano stati rimossi e messi accanto ai loro corpi, e le loro teste poste sul petto. La parte più inquietante era la loro espressione. Erano sorridenti, come se fossero contenti di vedermi. Ho vomitato, ero sconvolto, la testa mi scoppiava. Non sapevo cosa fosse successo, non vivevano neppure con me! Ero ridotto a uno straccio, quando la vidi... Sì, una porta con il numero 8 disegnato sopra con il sangue... dei miei genitori.

    Ero ancora nella Casa. Pensavo di essere nella cucina di casa mia e invece no, ero nella stanza numero 7. I volti dei miei genitori allargarono il loro sorriso, appena mi accorsi della drammatica verità. Non erano davvero loro, non potevano esserlo, ma erano dannatamente uguali. Per raggiungere l'uscita dovevo superarli,ma in quel momento non ne ero capace. Ho vomitato di nuovo e per poco non cadevo nel mio stesso vomito. Poi il ronzio tornò, più forte che mai, riempì la casa e scosse le pareti. Cominciai a camminare lentamente, riuscivo a malapena a stare in piedi e più mi avvicinavo ai miei, più mi assaliva il desiderio di suicidarmi. Le pareti tremavano così forte che ci mancava solo che crollassero, e gli occhi di quelle teste mi seguivano ovunque andassi. Ora ero tra i due corpi, a pochi passi dalla porta. Iniziarono ad aprire la porta per parlare, ma non volevo, non volevo sentire! In preda alla disperazione scattai, mi avvinghiai alla porta e uscii. Stanza numero 8.

    Ce l'avevo fatta! Dopo quello che avevo appena vissuto sapevo che non c'era niente altro questo cazzo di casa poteva fare per spaventarmi ancora di più. Non c'era niente di meno che il fuoco dell'inferno che non ero pronto ad affrontare. Purtroppo, ho sottovalutato le capacità dell'edificio. Ciò che vidi in questa camera, supera di gran lunga ciò che vidi nelle precedenti.

    Anche in questo caso, la camera era una copia delle camere 4 e 6, ma seduto sulla sedia vuota c'era un uomo. Dopo alcuni secondi di incredulità, la mia mente finalmente accettò il fatto che l'uomo seduto sulla sedia ero io. Non qualcuno che assomigliasse, era proprio David Williams. Mi si avvicinò. Dovetti guardare meglio anche se ero sicuro. Alzò gli occhi verso di me notai le lacrime che gli scendevano dagli occhi.

    "Per favore... per favore, non farlo. Ti prego, non farmi del male."

    "Cosa?" dissi "Chi sei? Non voglio farti del male."

    "Sì, tu hai...", singhiozzava adesso. "Hai intenzione di farmi del male e io non voglio che tu lo faccia!" Si sedette sulla sedia con le gambe e cominciò a dondolarsi avanti e indietro. In effetti era davvero patetico, ma era uguale a me in tutto.

    "Senti, tu chi sei?" Ero ormai a pochi metri dal mio sosia. È stata un'esperienza particolarissima, ma in quel momento non ero spaventato. "Perché stai..."

    "Tu vuoi farmi del male, so che lo vuoi, perché tu vuoi andartene!"

    "Perché dici così? Calmati, va bene? Proviamo a ragionare un attimo" E poi lo vidi. David sedendosi indossava gli stessi miei vestiti, ad eccezione di una piccola macchia rossa sulla camicia che indicava il numero 9.

    "Hai intenzione di farmi del male, so che stai per farmi del male, ti prego, non farlo!"

    I miei occhi non smisero di fissare quel cazzo di numero. Sapevo esattamente cosa fosse. Le prime porte erano normalissime, di legno, ma ora iniziavano ad avere qualcosa di maledettamente inquietante. Il 7 era stato graffiato nel muro, ma con le mie mani. L'8 era stato segnato nel sangue dei corpi dei miei genitori. Ma il 9... questo numero era su una persona, una persona viva. E peggio ancora, era su una persona che sembrava esattamente come me.

    "David?" Dovetti chiedere.

    "Sì... tu vuoi farmi del male, tu vuoi uccidermi!" continuò dondolandosi e singhiozzando. Gli camminai intorno per qualche minuto mentre piangeva sulla sedia. La camera non aveva porta, e come nella sesta stanza anche quella da cui ero entrato era sparita. Sotto la sedia c'era un coltello. In allegato c'era un messaggio che diceva: Per David - Dall'amministrazione.

    La sensazione nel mio stomaco tornò, ed era ancora più forte. Volevo vomitare di nuovo, mentre l'ultima cosa che volevo fare era togliere il coltello da sotto quella sedia. L'altro David stava ancora singhiozzando in modo incontrollabile. La mia mente girava in un labirinto di domande senza risposta. Chi l'ha messo qui e come hanno fatto a sapere il mio nome? Era tutto troppo difficile da realizzare, se non impossibile. I miei pensieri per qualche ragione si rivolsero a Peter; chissà lui se aveva raggiunto questo piano. E se l'avesse fatto, cos'avrà fatto dopo aver incontrato un Peter Terry seduto su quella sedia? Scossi quei pensieri dalla mia testa, non aveva importanza. Appena presi il coltello da sotto la sedia, l'altro David si tranquillizzò.

    "David", disse l'altro me, "che cosa credi di fare?"

    Mi sollevai da terra e strinsi il coltello in mano.

    "Ho intenzione di uscire di qui."

    David era ancora seduto sulla sedia, anche se era molto calmo adesso. Lui mi guardò con un sorriso in volto. Non riuscivo a capire se stava per ridere o per strangolarmi. Lentamente si alzò dalla sedia e si fermò di fronte a me. Fu inquietante. Strinsi il manico di gomma del coltello, non sapevo cos'avrei fatto, ma so che bisognava farlo.

    "Ora", la sua voce era un po' più profonda della mia. "Sono io che voglio farti del male. Voglio farti del male e tenerti qui." Non risposi. Ci azzuffammo, lo presi e lo lanciai a terra. Lo avevo montato e lo stavo guardando negli occhi, pronto ad ucciderlo. Lui mi guardò terrorizzato. Era come se stessi guardando in uno specchio. Poi tornò il ronzio, basso e distante nel profondo del mio corpo. Era sempre più forte, e ho sentito la paura prendere nuovamente il sopravvento. Con un movimento secco lo colpii sul petto, uccidendolo. L'oscurità cadde tutto intorno a me, e mi sentii cadere nel vuoto.

    Il buio intorno a me era qualcosa in cui non ero mai stato fino a quel momento. La camera numero 3 era buia, ma mai quanto in quel momento. Dopo un po' mi venne anche il dubbio se stessi cadendo o meno. E poi mi prese una intensa tristezza. Mi sentivo perso, depresso, con la voglia di morire. La vista dei miei genitori nella mia mente. Sapevo che non era reale, ma ero profondamente sconvolto; la mente non sa distinguere tra ciò che è reale e ciò che non lo è. Rimasi nella nona stanza per quelli che sembravano giorni. La stanza finale. La Casa Senza Fine aveva una fine, invece, e io l'avevo raggiunta. In quel momento. Poi la vidi, vidi una luce. Una di quelle stereotipate alla fine dei tunnel che raccontano quelli che hanno avuto un'esperienza di NDE. Sentii dopo così tanto tempo la terra sotto i miei piedi, e iniziai ad andare verso di essa.

    Mentre mi avvicinavo alla luce, essa prese forma. Era una fenditura verticale lungo il lato di una porta socchiusa. Mi ci avvinai lentamente e mi ritrovai all'ingresso della Casa, dove tutto ebbe inizio. Dopo tutto quello che era successo quella notte, ero ancora diffidente di dove mi trovavo. Guardai ovunque in cerca di qualcosa di diverso. Sulla scrivania c'era una busta bianca con il mio nome scritto a mano su di essa. Immensamente curioso, ma ancora cauto, trovai il coraggio di aprire la busta. Dentro c'era una lettera, scritta a mano anch'essa.

    David Williams,

    Congratulazioni! Lei ha completato con successo la sfida della Casa Senza Fine. La prego di accettare questo premio come segno del suo grande risultato.

    Distinti saluti,
    l'Amministrazione.


    Dentro c'erano anche cinque biglietti da 100 dollari.

    Non riuscivo a smettere di ridere. Risi camminando verso la mia auto e risi guidando fino a casa. Risi parcheggiandomi nel mio vialetto, e risi aprendo la porta di casa mia, dopo aver visto il piccolo 10 inciso nel legno.



    Edited by WDR - 11/8/2017, 14:42
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