Votes given by Jamy Elka

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    Il 22 Giugno si avvicina :P
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    CITAZIONE (Jamy Elka @ 10/4/2014, 19:36) 
    sono tornato,dopo 3 e passa mesi di attività.

    Go home, pls. You're drunk.
    Welcome.
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    CITAZIONE (Jamy Elka @ 10/11/2013, 16:24) 
    CITAZIONE (~Mõgörøs• @ 10/11/2013, 15:14) 
    secondo me quel dito lo hai rosicchiato inconsapevolmente mentre dormivi

    Dafuq?Quindi lui mentre dormiva si è preso l'alluce e ha cominciato a rosicchiarlo???

    Guarda che non è difficile... A meno che non sei un obeso ci riesci perfettamente xD
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    CITAZIONE (PatataKiller @ 3/11/2013, 13:53) 
    Bellaaaa *-* Mi sono immaginata la scena passo dopo passo e mi sono spaventata :piango: Comunque dopo aver letto i commenti col cavolo che vedo l'immagine, però sono curiosa, me la descrivete? :blob:

    Guardala, è pucciosa :3
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    Certo, è intrigante scoprire tutto ma se non entriamo nel sito siamo ad un punto stramorto... ma comunque, 3 parole: IT'S A FAKE!
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    CITAZIONE (Jamy Elka @ 2/11/2013, 15:50) 
    E con questa pasta abbiamo toccato il fondo delle ipotesi assurde...

    E con quella di Adventure Time, con i Puffi sogno di Gargamella, Doraemon che è il sogno di nobita in coma, Holly e Benjy che è il sogno di Holly in coma, il coma di Ash, e altri obbrobri del tipo...
  7. .
    Porta rispetto per i lavori altrui. Ulteriori commenti del genere non saranno tollerati.

    Edited by »RavenShaÐe - 2/11/2013, 11:11
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    Eh io ed i miei amici ci siamo sforzati abbastanza ahahha, ora cerchiamo tutti insieme di trovare la password ed il nome utente per scaricare il cosiddetto "patcher".
    Comunque il file .obj che c'è dentro il rar è un modello 3D visualizzabile in windows!
    Non penso sia il file originale del gioco, anche perchè i file .obj non c'erano nei vecchi giochi, perciò io l'ho aperto in "blender" e l'ho salvato in 3ds per aprilo in google sketchup, ed ho ottenuto questo:

    ci sono due passaggi di cui non sapevamo l'esistenza o.o (o perlomeno io non lo sapevo :( )
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    Ragazzi uno dei miei amici ha trovato la password ed il nome utente del sito!
    utente: lostgamesfinder (preso dal nome dell'hacker riportato nel menù del gioco)
    password: 19588591 (preso dal link)
    Ci abbiamo messo 3 giorni a cercare nessi nel gioco e alla fine avevamo tutto a portata di mano ç_ç
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    allora, visto che ho appena scoperto questa sezione cosa potrei fare di meglio alle 2 di notte se non aprirci un nuovo topic con i miei disegni? xD











    questi sono quelli che mi piacciono di più, spero piacciano anche a voi xD

    ora nei prossimi giorni, appena avro un pò di tempo metterò un'altro paio di disegni su deviantart e di conseguenza aggiornerò anche qua u.u

    Edited by --somoio-- - 20/9/2013, 18:29
  11. .


    Senza cappuccio, barba rasata e maglia degli Heaven Shall Burn. Ho l'espressione di uno che ha poco interesse.

    Ero ad un 18 anni.

    E mi rendo ora conto di uno che si gratta le parti intime...
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    Carne, ovviamente solo per gli animali di fattoria. E' il ciclo della vita ragazzi, anche noi veniamo mangiati dai vermi una volta morti :ahse:
    Per i cani invece no, ne per i gatti e altri animali DA COMPAGNIA.
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    Avevo intenzione di scrivere una storia fantasy da un bel po' di tempo, e ho pensato: Perché non metterci i ragazzi del forum?
    Alcuni di loro mi hanno detto: "Rory, posso essere questo?" Oppure "Sai, io vorrei essere così" ed altri invece "Se debbo morire, fallo in modo epico :siga:" Voi lo sapete che non vorrei mai farvi morire nella mia storia :peoflow: Ma, ahimè, mi ritrovo a doverlo fare (altrimenti mancherebbe del tutto quel pizzico amaro che rende una storia veramente epica <3) Così ho chiesto ai ragazzi con cui ho più stretti contatti di farmi sapere quale creatura fantastica essere (Chiedo perdono se non ho potuto aggiungere alcuni...). Detto ciò, sappiate che questo è soltanto il primo capitolo, ma piano piano apparirete tutti quanti. Quindi don't worry e godetevi il lavoro. :ahse:



    Allora, caro lettore, dove possiamo incominciare questo nostro viaggio attraverso la più infinita e remota fantasia?
    Adesso che son qui, a rammaricarmi del fatto che solo adesso scopro quanto sia difficile il mestiere del narratore, concedimi di parlarti attraverso queste pagine che, spero, ti faranno sognare di essere dentro questi posti misteriosi e sconosciuti. Luoghi che mai, caro lettore, potresti vedere.
    Ma il mio compito adesso è quello di aprire i tuoi occhi, e di lanciarti, attraverso questa carta, l'interesse di viverci dentro.
    Tutto iniziò quando...





    Capitolo I







    Correva l'anno 1567, epoca che per molti può sembrare, o che è proprio l'inizio del rinascimento o dell'età moderna catalogata dai nostri storici dall'anno 1492 con la scoperta dell'America compiuta da Cristoforo Colombo, dove dame e messeri dell'alta aristocrazia della vecchia Londra si scambiavano reverenze altezzose, adorni nei loro vestiti sfarzosi di seta e stoffe pregiate, colmi di oro e ricchi di servitù e regge le quali potevano quasi essere comparate al castello di sua Maestà la regina, mentre i poveri uomini, servi della gleba rimanevano analfabeti e miseri di viveri.

    Vi erano due cavalieri rinomati per le loro eroiche imprese e per il loro impressionante coraggio nel difendere l'amata monarca dai ripetuti attacchi della Santa Sede, i cui nomi, spero che tu caro lettore li riconosca, sono Mordekai e il Cavaliere Nero - il vero nome, ahimè, non sarebbe mai stato scoperto - rispettivamente combattenti di arco e spada. Non a caso Mordekai era molto conosciuto come il più abile miratore, nonostante il suo volto era sempre per la maggior parte nascosto dal cappuccio del suo lungo mantello verde, riusciva a scoccare una freccia e a trafiggere un cinghiale a più di duecento metri di distanza, mentre il nostro Cavaliere Nero, abile spadaccino, era capace di fendere ben cinque uomini con un sol colpo della sua possente alabarda.

    Ma non perdiamo tempo con il descrivere le loro grandiose gesta, le quali se dovessi metterle su carta non basterebbe un solo libro di storia, e proseguiamo con il nostro racconto.
    Stavo appunto dicendo, o almeno per dirti, che i nostri due messeri stavano camminando indisturbati per le strade di Londra seguiti dal loro fedele scudiero, nonché giovane aiutante Swaky, un ragazzino che da poco tempo aveva intrapreso la carriera dei suoi padroni, i quali gli stavano insegnando le arti del saper fare e, soprattutto, del saper essere; i due messeri avevano da poco ricevuto una lettera dalla corte con l'intenzione di farli recare nella reggia di sua Maestà, per delle onorificenze che ella stessa avrebbe conferito ai nostri due combattenti. Si sarebbero dovuti recare al castello quella sera stessa.

    Peccato che non ci sarebbero mai arrivati a ricevere tali onori che solo i sudditi più importanti dell'intero regno avrebbero potuto sperare di avere, i nostri eroi si recarono dalla loro taverna di fiducia per mangiare della buona carne e per bere del buon vino, insieme.
    I messeri che bivaccavano all'interno della taverna li guardavano con stupore e meraviglia, e c'era persino chi rimaneva basito o intimorito da questi.
    “Le buone notizie fanno il giro del regno in un batter d'occhio, a quanto pare” pensò il messere Nero, cercando di non guardarsi troppo attorno, sicuro che nessuno avrebbe avuto il coraggio di sfidarli a causa delle voci che giravano su di loro.
    I due guerrieri si scambiarono un'occhiata furtiva e si sedettero al bancone dove vennero salutati dal locandiere, il messere William, un signore onesto e dai folti mustacchi, i quali fanno a gara con la barba del nostro Mordekai.

    «Allora, Mordekai,» disse William, posando un boccale di vino dolce sul ripiano, insieme a tre bicchieri di metallo, e tre ciotole di carne e legumi. «A quanto pare, le considerazioni sulla vostra barba non mentono...»
    «Vi prego non fare commenti sulla mia barba messere William, lo sapete che non li tollero.» Grugnì lui, arricciando il naso.

    Il Cavaliere Nero cercò di reprimere un risolino seguito poi dal giovane Swaky, il quale per poco non scoppiò in una fragorosa risata. Mordekai li trafisse con uno sguardo.
    Il propietario della taverna si avvicinò ai tre e con fare discreto sussurrò loro: «A quanto pare, nostra Maestà la regina Elisabetta vi vuole nella sua corte come difensori del palazzo, nonché capitani della guardia reale. Quale onore per due cavalieri dell'alta Borghesia.»

    Già, facevano parte dell'alta Borghesia - cioè: arricchiti - ma non avevano di certo il sangue di un nobile. Però, in verità, le voci si erano ingigantite a tal punto da divenire tali come quelle che aveva appena esplicato il messere William. In realtà il motivo per cui erano stati convocati i due lo sapevano bene, loro.
    Finirono in fretta, pagarono il locandiere e lo salutarono, per poi andarsene in fretta da quella Taverna seguiti dagli sguardi curiosi dei presenti.

    Mordekai si sistemò il cappuccio per coprire per quanto fosse possibile il volto, mentre il Cavaliere Nero si passò una mano sui baffi, ammirando il cielo che andava oscurandosi.
    «Mi sa che minaccia pioggia.» Disse il giovane Swaky, quasi come per leggere il pensiero del messere Nero, il quale annuì con fare assente.

    Le strade di Londra si fecero scure e fredde in men che non si dica, senza che neanche i tre raggiungessero a tempo il palazzo della monarca.
    L'aria era intrisa di polveri, acquazzone imminente e sempre, e dico sempre caro lettore, della cacca dei cavalli che veniva tolta via dalla servitù del regno. Anche se l'odoraccio permaneva comunque un po'.
    I tre camminavano indisturbati fin quando...

    ***

    Lui cadde dal grosso albero sul quale vi era arrampicato. Non riusciva proprio a raggiungere la compagna d'avventure la quale già vi si era appollaiata sopra con noncuranza e agilità.
    «Allora, quanto ci vuole per salire su questo maledetto albero Static?»
    Disse lei, mentre era sdraiata su un folto ramo, i lunghi capelli verdi e ondulati che le ricadevano sulla schiena, le mani intrecciate sullo stomaco, mentre Pisy, un entità gatto, continuava a sonnecchiare dolcemente sulla pancia di lei.
    I tre si trovavano in un'antica foresta, al di fuori del proprio regno ma pur sempre molto vicino a quest'ultimo. Tuttavia, essendo fuori, non erano sotto protezione degli antichi elfi saggi. Potevano essere soggetti agli attacchi di bestie o creature demoniache molto facilmente.

    Static, un giovane elfo, si massaggiò dolcemente le natiche, e la guardò con fare scocciato.
    «Se mi dessi una mano magari!» Esclamò adirato.
    Lei non si mosse. Anzi, quasi come per fare finta di non ascoltarlo si abbassò il cappuccio nero fin sopra gli occhi i quali già li teneva chiusi. Incominciò ad accarezzare il folto pelo a strisce brune e blu di Pisy, il quale cominciò a farle le fusa.
    Static, ancora più adirato, diede un forte calcio all'albero. Un colpo così forte da riuscire a farlo tremare. Lei cadde con le natiche a terra mentre Pisy, con la propria agilità felina atterrò dolcemente sulle proprie zampe.

    «Dico: ma sei impazzito?!» Urlò lei, tirandosi i folti capelli verdi ribelli all'indietro. L'elfo scoppio in una fragorosa risata.
    «Non potrei mai sembrare uno psicopatico tanto quando tu cerchi di sorridere, Rory.» Disse, preparandosi a subire una scarica di colpi ad energia. Ed infatti lei già si stava preparando ad attaccarlo, portando le manine sottili in alto, sulla fronte, per poi formare una specie di piramide congiungendo pollice e indice delle mani. Un forma simile ad una fiamma s'illuminò sulla sua fronte, emanando forti bagliori verdi, e colpì l'albero, con una forza inaudita, dal quale era caduta. L'albero cadde e Static l'aveva scansato per un soffio.

    «Dico: ma sei impazzita?!» Esclamò, imitando il tono di Rory. Lei lo guardò con sguardo indecifrabile - in effetti nessuno avrebbe mai potuto capire cosa le passasse per la testa - poi lo raggiunse a passo lento. Lo prese per il colletto della tunica bianca e lo attirò a sé.
    «Static...» Mormorò con sguardo psicotico, aprendo gli occhi più che poté facendo in modo che le iridi si rimpicciolissero in maniera impressionante, «vuoi forse che io... sorrida?»
    Disse e mentre stava per farlo, sotto lo sguardo turbato di Static, Pisy fece le fusa sulla gamba di Rory, quasi come ad incitarla a calmarsi. Il volto di Rory ritornò alla normalità.
    Lei guardò Pisy e lo prese in braccio, accarezzandolo dolcemente.

    «I brividi...» Mormorò Static rabbrividendo al solo pensiero.
    Adesso, caro lettore, hai presente quando una persona ti sorride? Ti sembra che il suo volto s'illumini, no? Bene, quando sorride Rory accade perfettamente il contrario. Non a caso faceva venire i brividi abadibidi a tutta la popolazione degli elfi. Per questo la povera Rory non aveva nessuno come amico... O almeno quasi nessuno. Fortunatamente c'era Static, che per quanto possa sembrare un buono a nulla, era forse più capace di molti, e Rory questo lo sapeva. Doveva solo capire qual'era il suo elemento e rafforzare la propria capacità.
    «Sia ringraziato lo spirito dell'albero o chiunque esso sia per averti creato Pisy.» Disse accarezzando quell'entità e lei fece finta di non aver sentito.

    L'elfa alzò lo sguardo verso il cielo. Era solcato da nubi grigie e scure. A poco si sarebbe messo a piovere. E infatti, una goccia d'acqua schizzò il viso candido di Rory, la quale non poté fare altro che perdersi in quell'oscurità immensa qual era il cielo che allora li sovrastava. Static la guardò perdersi nei meandri dei ricordi d'infanzia della povera Rory, e non poté fare altro che provare una fitta di compassione per la giovane amica.

    Ma di questo, caro lettore, ne parleremo nei prossimi capitoli, lascia che ti racconti, adesso, un'altra storia la quale penso sia meglio incentrata adesso.

    Una volta, gli scontri tra le diverse razze di quel mondo erano all'ordine del giorno. Elfi, Vampiri, Fate, Gnomi, Folletti, Spiriti, Stregoni e altre creature magiche erano sempre in lotta tra di loro. Questo perché c'era sempre chi voleva ottenere la supremazia sulle altre razze. Tutto il mondo di King'Oall era un cumulo di battaglie. VampyrQueen, la regina dei vampiri, considerava Fox e tutta la sua tribù di argenlupi, il suo acerrimo nemico, Gnomi e Folletti erano in continuo conflitto, mentre le Sirene non avevano intenzione di volgere al termine il proprio odio contro il popolo fatato... e via dicendo.

    Quando, ad un certo punto, si riunirono tutti i capi di tutte le razze di King'Oall nell'immenso covo - che in realtà era un castello infinito - della regina dei vampiri e si stabilì un accordo. Un accordo di riconciliazione tra le diverse razze e tutti vissero in una strana "armonia".
    Dico strana perché quel patto consisteva nel non darsi "fastidi" tra di loro. Se l'accordo fosse venuto meno si sarebbe dato via ad una guerra senza fine, e senza precedenti.

    Quindi la pace regnò sovrana tra le terre del mondo magico. Le foreste rigoglievano di foglie di ogni sfumatura di verde e di blu, i fiocchi di luce danzavano nell'aria in piena armonia nei regno fatato e in quello degli elfi. Non vi erano più casette distrutte ne alberi caduti per un bel po' di tempo. Le ninfe e gli spiriti girovagavano per ruscelli e fonti, danzando nelle acque e volteggiando nei boschi. I fiori crescevano rigogliosi, dai profumi più belli e delicati che si possa mai sperare di odorare...

    Si può ben dire che andava tutto per il meglio... ma la pace non durò tanto a lungo.
    Devi sapere che c'era un Demone, un essere la cui malvagità andava oltre ogni immaginazione, pietà non aveva per nessuno, non avrebbe risparmiato neanche la più insignificante o la più innocente delle creature per arrivare al suo losco scopo. Il suo nome era Hack. Malgrado fosse il re dei Demoni e il suo potere grande oltre ogni immaginazione, l'avidità di Hack era insaziabile. Il suo oscuro intento era di assoldare quanti più demoni possibili, crearne di nuovi con la forza distruttiva della magia oscura, per poi governare sovrano su tutte le creature magiche di King'Oall.
    Solo uno scelse di essere neutrale e rimanere fuori da questa storia, ma di questo parleremo più avanti.

    L'aura maligna delle forze di Hack avevano ormai oscurato tutto il cielo sempre limpido del mondo magico, e il suo esercito di Demoni stavano distruggendo ogni cosa. Oblio e orrore, terrore e paura tra le povere creature, i quali cercavano di difendersi quanto potevano, ma venivano sterminati pressoché immediatamente e il resto sopravvissuto veniva imprigionato nella fortezza delle tenebre dove luce mai vi entrò.
    Tutt'ora, mentre i nostri giovani eroi: Rory, Static, Pisy e anche Mordekai, il Cavaliere Nero e Swaky - i quali quest'ultimi tre vivevano all'oscuro di tutto questo, nel loro mondo d'origine qual è la Terra - vagavano tra questi luoghi che sempre più divenivano desolati, pieni d'odio e di ipocrisia.

    Ma, ritornando ai nostri giovani elfi e al nostro dolce Pisy, stavo appunto dicendo che una goccia sfiorò il viso candido di Rory, la quale incominciò a perdersi tra i meandri della sua breve ma intensa esistenza, quando la piccola entità gatto incominciò a guardarsi intorno quasi come fosse attirato da qualcosa. Saltò via dalle braccia dell'elfa e incominciò ad annusare nell'aria. Strano, era fin troppo strano che Pisy saltasse dalle braccia di Rory con uno scatto così improvviso, o almeno questo aveva notato Static, il quale incominciò a guardare il gatto passeggiare a passo lento in una direzione. I due elfi si erano guardati un momento, meravigliati da quello che stavano vedendo.
    Finché, ad un certo punto, l'entità si bloccò con il muso in aria, guardando in un punto fisso in alto. Fu lì che Rory e Static videro ciò che quel gatto stava per fare.

    Tutt'ad un tratto, davanti ai nostri giovani elfi, si aprì un varco tridimensionale, simile ad un tornado di luce chiara e luminosa così forte che quasi non abbagliò i due. Emanava un calore tiepido e non faceva vedere cosa vi fosse dall'altra parte del varco.
    Rimasero basiti dal fatto che videro entrare da esso ben tre esseri umani...

    ***

    Il Cavaliere Nero, Mordekai e il loro fedele aiutante Swaky erano arrivati in un vicolo deserto di Londra, perché da lì avrebbero raggiunto il palazzo di sua Maestà la regina in pochi minuti. Il messere Nero si sistemò il farsetto, le cinture dove teneva con se l'alabarda e pugnali, e il cappello piumato dello stesso colore che portava il suo nome - solitamente il nostro cavaliere indossava un'armatura molto pesante per lottare in guerra, ma non c'era motivo di camminare per le strade di Londra con un qualcosa indosso del genere - e si passò una mano tra di folti capelli neri. Si sentiva stranamente nervoso quella mattina. Ma non era il pensiero di sua Maestà che lo attanagliava, era qualcos'altro che veniva puramente dal suo spirito.
    Anche Mordekai provava la stessa sensazione del Cavaliere, sebbene di tenore più lieve.

    Quando di colpo videro una strana creatura davanti a loro. Era molto simile ad un gatto ma aveva due code, il pelo era striato blu e marrone, e aveva delle orecchie molto più grosse del normale. I tre guardarono l'essere con uno strano interesse, aveva uno sguardo strano. Sembrava ti scrutasse nell'animo, spogliandoti di ogni pensiero, facendo rivelare chi eri veramente. Aveva uno sguardo tremendamente umano.
    Il primo fu Swaky a provare ad avvicinarsi al gatto, con passo lento, per paura di spaventarlo e farlo scappare.
    Ma quando si avvicinarono un po' di più uno strano spiraglio di luce di riversò su di loro, abbagliandoli per qualche secondo. Quel vortice luminoso sembrava emanasse un'energia imponente. Il suono era appena pronunciato, era tipo come dei monsoni che si scontravano e creavano questo fruscio d’aria, solo che ne si sentiva solo il suono.

    Si ritrovarono in una foresta, e davanti a loro c'erano Rory, Static e Pisy nuovamente tra le braccia di lei.



    Capitolo II







    Umani e elfi si scrutarono senza proferir parola, continuando a studiarsi a fondo. Entrambi non avevano mai visto da vicino un vero esemplare di essere umano o di elfo. Static rimase affascinato dagli uomini davanti a lui, dimostrava la stessa espressione stupita e curiosa che avevano i terrestri, mentre la faccia di Rory rimase pressoché invariata, anche se, doveva ammetterlo, s'incuriosì molto nel vedere quelle creature dalle piccole orecchie rotonde. Il Cavaliere Nero incominciò a squadrare la fisionomia dei due.

    L'elfo maschio era non troppo alto, piuttosto mingherlino, dava l'idea di essere un ragazzetto di sedici o diciassette anni. Capelli biondi e non troppo lunghi, orecchie grandi e a punta.
    Era vestito di indumenti strani. Una tunica bianca corta con strani ghirigori come decoro, rifiniture color oro, un cinturone che pareva di metallo e stivali dello stesso colore del vestito.

    L'elfa femmina, per quanto potesse sembrare attraente aveva uno sguardo tanto tagliente che i due uomini non riuscivano a fissarla per più di qualche secondo. Uno sguardo che mai avrebbero sperato di vedere sul volto di una ragazza umana.
    Fisico snello, non troppo piatto (se mi è consentito dirlo), occhi dalle sfumature gialle e capelli verdi lunghi - arrivavano quasi al fondoschiena (se mi è consentito dire anche questo) - e mossi. Una donna terrestre che si rispetti non avrebbe mai portato dei capelli così lunghi senza tenerli raccolti...
    Orecchie appuntite non troppo grandi, o almeno, non così grandi come quelli del suo compagno. Sembrava essere tremendamente giovane, e allo stesso tempo, incredibilmente matura. Era difficile poterle dare un'età precisa.

    Anche lei portava indumenti alquanto strani. Indossava un top bianco aderente dalle rifiniture color oro, sopra portava una mantellina nera con un cappuccio, e un pantalone, dello stesso colore della mantella, molto aderente... così aderente... fin troppo aderente, che... Oh beh insomma! Alla Londra di quel tempo non si era mai visto una donna mostrare le proprie forme in un modo così naturale.
    Inoltre, indossava polsini di metallo e stivali alti.

    I due cavalieri e il loro aiutante nel vederla arrossirono - non poco - e cercarono di non dare troppo peso all'argomento perché c'era da considerare ben altro: Dove si trovavano? Chi erano queste creature? E ancor più importante: Sarebbero riusciti a tornare indietro?
    Quest'ultimo dilemma li preoccupò non poco.

    Quanto ai nostri Static e Rory, anche loro incominciarono a studiarli approfonditamente, e dopo qualche istante - che per i nostri eroi umani sembrò un'infinità - l'elfa si avvicinò al messere Nero, a passo misurato e incuriosito, senza levar lo sguardo dagli occhi di costui.
    Quell'umano, notò Rory, aveva degli occhi non troppo scuri dalle lunghe ciglia, carnagione olivastra.
    L'elfa aveva ormai raggiunto il cavaliere.
    Era piuttosto alto in confronto a lei, ed anche lui si meravigliò di ciò. Da lontano non l'aveva fatta così piccola, sembrava avere un'aria più imponente. Entrambi continuarono a non dire niente.
    Lei alzò una mano. Il Cavaliere Nero sentì la voglia di volersi scansare, ma era come bloccato, affascinato, rapito. Lei gli passò una mano tra i folti capelli neri, un tocco talmente lieve e delicato che quasi, il nostro eroe, non sentì neppure.
    “Strano modo di conoscere qualcuno...” Pensò lui.

    Mordekai intanto era rimasto alquanto basito da quanta confidenza pareva avere quella... quell'essere, e rimase ancor più meravigliato dal fatto che il Cavaliere acconsentì a farsi toccare con così tanta naturalezza.
    Swaky la trovò semplicemente molto carina.

    «Io... Ehm... Noi...» Borbottò il Cavaliere Nero, cercando di dire qualcosa. «Si, beh, insomma. Sono il Cavaliere Nero.»
    Fece un passo indietro e s'inchinò togliendosi il cappello piumato.
    «Non inchinarti straniero.» Disse lei, senz'alcuna sfumatura nella voce. Il Cavaliere si ricompose stranito. Fare un inchino come presentazione al cospetto di qualcuno è soltanto una semplice convenzione nel suo paese... «Io sono Rory.» Continuò.
    «E io Static!» Esclamò l'elfo, sorridendo.
    «Io sono Swaky, mentre lui...» Indicò l'uomo al suo fianco, ma mentre stava per dire il suo nome l'umano lo bloccò con un gesto della mano.
    «Mordekai.» Esclamò. L'espressione vagamente contrariata.
    I due elfi volsero l'attenzione verso quest'ultimo. Mordekai si tolse il cappuccio del lungo mantello verde, mettendo in mostra il suo viso e la sua zazzera riccioluta.

    Quando improvvisamente si sentì uno schiocco di freccia provenire dall'alto. Mordekai si scansò velocemente e la freccia quasi non lo sfiorò. Il messere dalla mantella verde guardò per un istante dietro di sé per vedere l'arma conficcata in un albero a pochi metri di distanza da lui. Emanava bagliori giallognoli. Poi si voltò e vide in alto.
    C'era un'altra creatura dalle lunghe orecchie appuntite posto sopra ad una roccia alta più o meno cinque metri. Lo sguardo di ghiaccio, folti capelli biondi mossi e la pelle chiara come quella di Rory e Static. A differenza dei suoi simili, però, aveva indosso un lungo mantello bianco che nascondeva i suoi vestiti. Alla fronte portava un coprifronte color oro. Stranamente non aveva nessun'arco con sé, ma solo le frecce nella faretra che portava dietro le spalle.

    Saltò dal masso e atterrò con agilità senza alcuna difficoltà. Rory lo guardò non senza far trapelare una nota di disprezzo, mentre Static rimase composto come sempre.
    «Cosa ci fate qui?» Chiese freddamente. Si, non aveva soltanto l'aspetto, quell'elfo era un ghiacciolo tutto di un pezzo, caro lettore. «Chi sono questi stranieri?»
    «Senti, Mask...» Incominciò Static, in modo coinciliante, «non ricominciare.»
    Sarebbe scoppiata una bomba con quei due, questo l'elfo lo sapeva. Si detestavano a vicenda da tempo immemore. Il perché lo scoprirai ben presto.
    «Sono solo degli esseri umani.» Disse Rory con moderato disprezzo verso il suo simile. «Per niente minacciosi.»
    «Ah...» Disse Mask, guardando sottecchi la barba di Mordekai. «Siete sicuri che non è un nano un po' troppo cresciuto?»

    «Attento a come parli, marmocchio.» Esclamò l'uomo dalla folta barba, sfoderando la daga che portava alla cintura. L'elfo dallo sguardo di ghiaccio lo ignorò deliberatamente, avvicinandosi a Static.
    «Che ci fai qui fuori...» Disse guardando nuovamente l'elfa, «insieme a lei?»
    L'espressione di Rory incominciò a farsi sempre più sprezzante.
    «Finiscila.» Disse Static, alzando un sopracciglio, «stavamo per rientrare.»

    «I saggi vi stanno aspettando.» Mask si voltò noncurante, come se non gli importasse niente e di nessuno. Ed in effetti era vero. Se in quel momento avesse colpito Mordekai con la freccia non l'avrebbe neanche considerato. Fece un balzo ed arrivò in cima alla roccia.
    Ti starai chiedendo: come ha fatto a saltare su un masso di ben cinque metri? Hai ragione, anzi, chiedo perdono per non avertelo spiegato prima. Ehi, io l'avevo detto che il mestiere del narratore è difficoltoso!
    Comunque sia, devi sapere che gli elfi, raggiunta l'età adulta - accade intorno ai sedici anni - ricevono grandi poteri, e scoprono il proprio elemento. Purtroppo c'era chi doveva aspettare un po' di più, e c'era chi invece nasceva con il talento già appreso. Nell'ultimo caso era ancor più difficile. Perché quando un elfo è troppo giovane è facile che perda il controllo dei propri poteri. Static aveva sedici anni ed ancora non aveva percepito niente. Mentre Rory, insomma, lei era nata già talentuosa...

    Quanto a Mask, lui aveva il dono della vista. Riusciva a vedere fino a ben cinquecento metri di distanza, e anche oltre se avesse voluto, il potere di creare materia dal nulla e di farla scomparire, e il potere che tutti assumevano con l'età adulta, ovvero, quello di levitare. E lui lo padroneggiava senza alcuno sforzo. C'era chi doveva esercitarsi anni per affinare la tecnica, imparando a non sforzare il proprio fisico e non perdere energie inutilmente. Soltanto che gli elfi potevano volare per un periodo limitato, diversamente dalle creature alate, visto che dovevano sfruttare le energie della propria mente e del corpo.
    «Portate anche i Terrestri con voi.» Disse poi l'elfo di ghiaccio, «gli anziani decideranno che cosa farne.»

    ***

    Gli elfi vivevano nell'armonia divina della loro terra, un isolotto posto all'estremità di King'Oall, dal quale scorrevano cascate di acqua pura, mentre il grande albero della vita si ergeva maestoso nel proprio regno. L'isola riusciva a levitare nell'aria grazie allo spirito dell'albero. I fiocchi di luce ornavano l'aria del luogo, nascevano dalla natura dei fiori, degli alberi e da tutta la vegetazione di quella terra, per poi salire fino in cielo.
    Inoltre quel posto era protetto da una barriera magica, che rendeva impossibile l'accesso a qualsiasi creatura se non che fosse elfo o, al massimo, scortato da uno di questi.

    Static saliva aggrappato a Rory mentre il Cavaliere Nero, Mordekai e Swaky volavano grazie a Pisy, il quale con i propri poteri aveva creato una nuvoletta per poi farli appoggiare sopra.
    I nostri eroi umani, rimanevano sempre più impressionati dalle stramberie a cui assistevano, e furono contrariati da ciò perché speravano di ritornare subito alla loro casa, anche perché avrebbero dovuto ricevere le loro onorificenze dalla loro amata regina, quando invece si ritrovarono in un luogo di cui non conoscevano neanche il nome, insieme a creature che esistevano soltanto nelle fiabe. “Ma si...” Si disse Mordekai “Probabilmente questo è solo un sogno. Quando ci sveglieremo niente di tutto ciò sarà reale. Io sarò a casa. Il Cavaliere Nero sarà a casa. Swaky sarà a casa... tutto ritornerà alla normalità!” O almeno questo era quello che sperava.

    Quanto al messere Nero, era rimasto ancora stranito per il comportamento di quella creatura così somigliate ad una donna umana, ma che umana non era affatto. E questo lo si poteva constatare dallo sguardo che rivolgeva al messere. Una donna umana non avrebbe guardato negli occhi un uomo con così tanta intensità, neanche nei momenti di pura intimità.
    Cominciò a scrutarla a fondo. C'era qualcosa in lei che lo attirava, e, allo stesso tempo, che lo allontanava. Era una sensazione che a tratti sembrava rilassante, a tratti era spaventosa. C'era un qualcosa di oscuro dietro quel visino angelico... un qualcosa che non riusciva a spiegare.
    Rory si sentì improvvisamente osservata. Si voltò e vide il Cavaliere Nero che la stava fissando. Tentò di piegare le labbra a mo' di sorriso ma si bloccò, e tutto quello che riuscì a fare fu una strana smorfia.
    “Perché non sorride?” Si chiede il messere, e distolse lo sguardo.

    Erano arrivati a destinazione, e, caro lettore, se da fuori quel luogo poteva sembrare meraviglioso, l'interno pareva essere una bellezza oltre natura.
    Rory lasciò la presa di Static poggiandolo a terra. Quanto a Mordekai, il Cavaliere Nero e Swaky scomparve la nuvoletta in uno sbuffo di vento e Pisy saltò di nuovo in braccio alla sua amata elfa, mentre Mask incominciò imperterrito a camminare davanti a tutti loro.

    Entrati dentro la barriera si poteva ammirare il regno in tutto il suo splendore.
    Vi era una strada principale, fatta di pietre bianche levigate e lisce, attorno vi crescevano piante rigogliose, alberi coperti di fiori rampicanti che ornavano i tronchi chiari, ed era una vera magia veder nascere da essi quei fiocchi di luce, i quali erano colorati di sfumature bianche e bionde.
    Case di marmo bianco, liscio e immacolato, costruzioni a forma di castelli e regge sorretti da colonne ornate da stemmi e rifiniture. Vi erano porte-finestre ovunque, in ogni edificio, e un ponte che sovrastava un ruscello, che portava direttamente al palazzo più grande. Quest'ultimo pareva fosse fatto di cristallo, un cristallo che rendeva impossibile vederne interno perché era a specchio.
    Quello era il palazzo della regina degli elfi. I nostri eroi l'avrebbero scoperto di lì a poco.

    S'incamminarono tutti verso questo grosso ponte per poi arrivare ad un grande portone: l'entrata del palazzo. Esso s'aprì quando le sette creature raggiunsero l'entrata, e permise loro di penetrarvi.
    Il pavimento di cristallo opaco, altre colonne di marmo e sulle pareti lisce vi erano come segni di tutti i colori. Sembravano ghirigori di forme esistenti e non. Alcuni potevano sembrare fuochi, altri sembravano raggi, altri sembravano spade. C'era persino uno che sembrava un drago. Altri, invece, sembravano non aver senso.
    Swaky fissava quei segni con molta curiosità e gli sarebbe molto piaciuto poterli vedere più da vicino.
    Nel grande ingresso ad ogni colonna vi era posta un'armatura diversa, ricoperte di segni luminescenti. Attraversata l'immensa entrata, salirono una rampa di scale che portava direttamente al piano superiore. I nostri due cavalieri si sentivano sempre più fuori posto in quel luogo così lontano dalla loro realtà.

    Erano finalmente arrivati davanti ad un maestoso portone di legno chiaro a forma di arco. Mask l'aprì senza indugio e vi entrò dentro, trascinandosi dietro sé il resto della marmaglia. Debbo precisare che i nostri due cavalieri erano stati parecchie volte al castello di sua Maestà la regina, e si erano sempre trovati in mezzo a tutti quei gingilli e beni lussuosi che solo una regina può permettersi, ma mai avrebbero sperato di trovare in un castello una vera aula di tribunale. Vi erano posti a sedere intorno, come un grande anfiteatro - solo che erano al coperto - al soffitto vi erano appesi come grandi bandiere di stoffa, di diversi colori. Al centro, su un piano rialzato vi erano tre individui con una lunga tunica di tre colori diversi: quello al centro era coperto di nero, l'altro alla sinistra era coperto di blu e l'ultimo a destra l'aveva rossiccia. Tutti e tre incappucciati e non lasciavano trasparire niente del loro viso. Soltanto la deformità ai lati del cappuccio lasciavano intendere le orecchie a punta.
    Erano posti ognuno su di un banco, in piedi.

    Mordekai, il Cavaliere Nero, Swaky e Static si guardarono attorno con stupore. Mentre i nostri cavalieri umani non avrebbero mai avuto la possibilità di esserci, siccome non erano del posto ma - chissà perché - accidentalmente si trovavano lì, il nostro Static non aveva mai avuto l'onore di entrarvi, nel tribunale degli elfi.
    «Saggi anziani,» annunciò Mask, «mi presento al vostro cospetto insieme ai vostri desiderati sudditi.» S'inchinò con grande reverenza.
    Rory storse il naso per un attimo, cercando di uno dar intendere che tutta quella faccenda non le piaceva, mentre Static chinò leggermente il capo, non sapendo che fare.

    «Chi sono questi stranieri, Mask?» Chiese l'elfo al centro. Aveva una strana voce, baritonale e profonda, tipica delle persone anziane. Mask volse lo sguardo a questo e fece per aprire la bocca quando fu Rory a parlare, e interrompendolo disse, con moderata compostezza: «Sono umani, e per niente minacciosi, signore.»
    L'elfo si girò verso di lei, guardandola dall'alto in basso. Ma questo, loro, non potevano vederlo. E dopo qualche momento disse solo, con tono autoritario: «Non ti abbiamo interpellato. Vedi di non fare l'impertinente come tuo solito, ragazzina. Sappi che è da quando sei nata che ti abbiamo concesso con clemenza di rimanere nel nostro regno da quando è successo...» Tacque un secondo, come per trovare le parole giuste «...quella disgrazia.»
    Rory storse la bocca in una strana smorfia. Aveva la vaga somiglianza di un ghigno, ma sicuramente non lo era. Gli occhi rimasero freddi, privi di ogni viva emozione.

    Mask allora riprese a parlare: «Saggi anziani, codeste creature, sono esseri umani provenienti dal pianeta Terra.» Disse, in tono solenne.
    Il saggio dalla tunica blu si sporse leggermente dal proprio seggio.
    «Umani? Saranno quasi centocinquanta anni che non ne vedo uno.» Disse sorpreso, mostrando un certo interesse. I cavalieri rimasero basiti da quella risposta ed entrambi si chiesero come è possibile che possano vivere così a lungo.

    «Certo, signore.» Disse l'elfo dallo sguardo di ghiaccio, «debbo ammettere che anch'io ho trovato ciò alquanto strano...» Disse, e guardò loro con circospezione, soffermandosi su Mordekai. «Ma, se mi è consentito chiedere, saggi anziani: il portale per arrivare alla nostra terra non era stato chiuso da tempo rendendoci irraggiungibili agli umani? Come mai costoro sono riusciti ad oltrepassarla?»

    «La risposta è alquanto semplice, Mask.» Disse l'anziano con la tunica rossiccia, «questi che hai al tuo fianco non sono semplici umani.»
    Come puoi ben immaginare, caro lettore, quest'affermazione ha lasciato interdetti i nostri giovani eroi. Mordekai e il Cavaliere Nero sgranarono gli occhi, Swaky inarcò un sopracciglio. Domandarono all'unisono: «Cosa avremmo noi di diverso?» E si meravigliarono tutti e tre per la risposta simultanea data. Si guardarono intorno, poi ritornarono a volgere lo sguardo verso i saggi.
    «Non lo so.» Disse il saggio dalla tunica nera. «Ma sento in voi qualcosa di strano. Qualcosa di molto differente dall'ambito del genere umano.»

    «Ma se la barriera ha permesso loro di entrare nel nostro regno, saggi anziani, significa che non hanno piani loschi e che non emanano aura negativa.» Intervenne Static in loro difesa. Infondo quegli umani si ritrovavano lì per caso. In un certo senso era stato Pisy a farli entrare lì, ma di certo non avrebbero potuto varcare la soglia del portale se non avessero dell'aura magica dentro di sé. Quello al centro annuì al nostro Static con condiscendenza.
    «Si, questo l'ho sentito anch'io, giovane Static.» Disse, poi si rivolse a diretti interessati. «Avrete di sicuro dei poteri sopiti dentro di voi.»

    Fu Mordekai a parlare, facendo un passo verso i seggi: «Ma, signori, se mi è consentito dire la mia, non capisco di cosa state parlando. Noi siamo dei semplici umani. Com'è possibile che noi, comuni mortali, possiamo possedere dei "poteri"?» Disse, indicando se stesso e i suoi compagni. I saggi tacquero un secondo, lasciando in quell'aula soltanto il lontano suono dei respiri di tutti.
    «Dimmi il tuo nome, straniero.» Disse improvvisamente il saggio dalla tunica blu. L'uomo dalla mantella verde si girò verso questi ed inarcò entrambe le sopracciglia.
    «Mordekai, signore.»

    «Mordekai... Mordekai... Mordekai...» Disse il saggio, abbassando sempre di più la voce ogni volta che pronunciava il nome dell'uomo. L'elfo anziano congiunse le mani, poi le allargò, rimanendo congiunti soltanto i polpastrelli delle dita. Scese nuovamente il silenzio.
    «Ah, sei un cavaliere rinomato per le tue imprese sul campo di battaglia, a quanto vedo.» Incominciò a dire, facendo rimanere di stucco i presenti. Mordekai in particolare rimase scioccato, chiedendosi come faceva costrui a sapere certe cose su di lui.
    «Hai un'ottima mira, abile nel manovrare balestra, arco e frecce. Come il nostro Mask, allora.»
    A Mask non piacque questa similitudine ma non osò obiettare uno dei grandi saggi.
    «Mentre voi due siete...» Disse indicando gli altri umani, rispettivamente. «Il Cavaliere Nero abile guerriero di spada e Swaky, il loro giovane scudiero.»

    «Signori...» Disse allora il messere Nero con l'affabilità che era solito usare con le persone di rango più alto del suo e, soprattutto, degni del suo rispetto. Fece un passo avanti, «Noi vi ringraziamo per la vostra clemenza. Io ribadisco il fatto che, tutti noi, non abbiamo cattive intenzioni. Ma c'è un modo per farci tornare al nostro paese?»
    Il saggio con la tunica nera si portò una mano al mento, e la mosse come se si stesse accarezzando una lunga barba.
    «Temo, giovane figlio degli umani, che per ritornare al vostro luogo d'origine dobbiate dare prima una prova del vostro valore.» Disse, con tono provato. «Non che io non vi consideri tali, umano, dico solo che, se siete arrivati fin qui, ci dev'essere una ragione...»

    Mordekai, il Cavaliere Nero e Swaky si guardarono. «Significa che non possiamo tornare al nostro paese... e fin quando?» Chiese il messere Nero.
    Fu allora che i saggi anziani scoprirono i loro volti portando indietro i cappucci. Ebbene, si, erano proprio degni di questa nomina. Il saggio con la tunica nera aveva una lunga barba bianca liscia, quello con la tunica blu non pareva così vecchio come quello al centro, ma mostrava la propria età a causa delle poche rughe che aveva in viso, mentre il saggio con la tunica rossa era un'elfa, con lunghi capelli di un biondo talmente chiaro che pareva bianco e il tipico sguardo da dolce anziana.
    «Dovete sapere, figli degli umani, che qui è in corso una guerra... una guerra che persevera da decenni ormai.» Disse il saggio dalla lunga barba. «Se voi siete arrivati adesso, in questo momento di grande crisi, è perché, forse, King'Oall ha bisogno di voi.»




    Capitolo III







    Bruciava.
    King'Oall bruciava.
    Macerie, cenere e polvere erano all'ordine del giorno.
    Ogni giorno, l'armata di Hack espandeva sempre di più il proprio dominio seminando orrore e distruzione. La fortezza oscura era il suo regno. Il cielo era solcato da nubi eterne le quali emanavano perpetui lampi seguiti da tuoni così forti che parevano ruggiti. L'oscurità regnava sovrana in quel luogo.

    La fortezza di Hack era un castello dalle mura di pietra nere, senza finestre. Vi era solo un ponte levatoio protetto da sbarre di ferro. Nessuno sapeva dove fosse, e chi lo scopriva non viveva tanto a lungo da raccontarlo.
    Schiocchi di frusta ovunque, torture, urla strazianti di dolori lancinanti, occhi stanchi, gambe a pezzi... Questo vi era all'interno della fortezza oscura: le grida disperate dei popoli fatti prigionieri dalle forze demoniache di Hack e dei suoi seguaci. Non vi era tregua per il tremendo massacro che stava compiendo con le sue armate. L'avidità l'aveva reso prigioniero, incatenandolo in un turbine di desideri e di voglia di potere, sempre più potere, quanto più ne potesse concepire.

    Banshee dormiva accasciata al suolo ghiacciato di una di quelle celle, insieme agli altri del suo popolo. Il vestitino strappato ridotto a lugubri stracci violacei, i lunghi capelli biondi non avevano più la lucentezza di un tempo e le sue morbide ali avevano perso tutti i colori, diventando grinzose e sul punto di sfaldarsi. Era ormai incapace di volare.
    Era sotto effetto della pozione che le avevano somministrato. La sua mente era percossa da incubi maligni, immagini, visioni terrificanti, delirio. Ma per quanto si dimenasse, per quanto combattesse non riusciva a riprendere controllo di sé. Presto o tardi se ne sarebbe andata pure lei, se tutto fosse continuato così. E forse era anche meglio, perché, in questo modo, il segreto di come varcare la barriera del regno del popolo elfico sarebbe svanito con lei.

    Caro lettore, hai presente la citazione del grande poeta Dante Alighieri che ha scritto ne "La Commedia" definita divina dallo stesso Boccaccio? “Lasciate ogne speranza voi ch'entrate”, diceva. Ahimé, calzava proprio a pennello. Hack, il re dei Demoni, era ormai sul procinto di creare altri esseri mostruosi, grazie all'energia ricavata dai popoli presi in ostaggio, corpi usurpati, ormai in fin di vita, asciutti dai propri viveri, senza più la benché minima speranza di sopravvivere... E ogni giorno, ogni ora, ogni minuto vi si vedevano corpi ammassati in un angolo di quelle mura. Corpi spenti, morti.
    Non esisteva degna sepoltura per loro.

    L'essere demoniaco se ne stava beato, seduto sulla sua poltrona di teschi e ossa, in una delle camere del castello. Lo stanzone era immerso nella penombra, poche candele illuminavano la sala.
    A causa dell'oscurità mi è molto difficile descriverti il suo interno, caro lettore, ma vedrò come farlo.
    All'interno di quella sala si poteva ben notare un grande tavolo da lavoro. Sopra quel tavolo vi erano degli strani arnesi, molto simili a quelli usati per il bisturi, boccette ed altri utensili da laboratorio. Su un leggio di pietra vi era posto un grosso libro aperto ad una pagina d'incantesimi. Il pavimento era ricoperto da un tappeto simile alla moquette di un viola molto scuro, quasi nero, e le pareti erano di pietra.

    Hack, spaparanzato nella sua poltrona, stava giusto gustando un miscuglio di sangue e erbe demoniache, mentre, al sicuro nella sua fortezza, osservava i suoi seguaci abusare degli schiavi catturati in battaglia.
    “Poveri sciocchi...” Diceva col perenne ghigno stampato in volto “che pena mi fate.”
    A poco sarebbe dovuto ritornare dalla regina del popolo fatato per farle bere un altro po' di quella soluzione allucinogena, se non avesse parlato. A quell'ora l'effetto della pozione dovrebbe essere finito...

    Banshee si risvegliò dal sonno. Era ritornata nella realtà. Vide di nuovo le sbarre, vide le catene, troppo spesse per essere rotte con la forza, alla quale era attaccata e vide i sigilli demoniaci impressi sopra invulnerabili alla magia fatata, in modo che lei non potesse scappare. Con un inutile sforzo, la fata provò ad alzare un braccio per poi stenderlo, come se stesse sferrando un pugno a rallentatore, ma le catene la bloccavano a metà.
    No, non poteva farcela.
    Ripensò a come ci fosse finita lì dentro. Alle iniziali esplosioni, i primi incendi. Le abitazioni di legno distrutte, i suoi fedeli sudditi massacrati. La bellezza del suo regno distrutto. Era tutto... perduto. O quasi. C'era, forse, ancora speranza di vincere. C'era ancora speranza della vittoria del bene contro il male. Ed era tutto nelle mani di una piccola fatina.

    La piccola Eirwen.

    ***

    Static, Mask, Rory e il suo inseparabile Pisy seguiti a ruota dai nostri eroi della vecchia Inghilterra, il Cavaliere Nero, Mordekai e Swaky, uscirono dal castello e si diressero verso il campo di allenamento, come imposto dagli anziani saggi cosicché quest'ultimi tre potessero avere pieno possesso delle proprie capacità sopite.

    “«Dovete sapere, figli degli umani, che qui è in corso una guerra... una guerra che persevera da decenni ormai.» Disse il saggio dalla lunga barba. «Se voi siete arrivati adesso, in questo momento di grande crisi, è perché, forse, King'Oall ha bisogno di voi.»”

    Quella scena si ripeteva all'infinito nella testa del Cavaliere. Come potevano combattere una guerra con questi esseri dai poteri soprannaturali? Loro, che erano semplici umani e nient'altro! Dicevano che avevano dei poteri nel loro corpo, potenzialità che se riportate alla luce potevano essere essenziali a quella guerra della quale non dovrebbero neanche fare parte, tra l'altro.
    Intanto Mordekai ebbe la netta impressione che tutto quello a cui stava assistendo, e che, soprattutto, ci faceva parte, non fosse semplice frutto della propria mente o di uno scherzo fin troppo elaborato o di un sogno dedito a finire ben presto, ma fosse in realtà tutto vero.

    Camminando tra le vie di quella città dalle mura fin troppo strane - erano più simili a templi che ad abitazioni -, la popolazione elfica lanciava ai forestieri sguardi sospettosi e indagatori. Si poteva sentire il vociare di questi e delle domande che si rivolgevano: Chi sono? Sono umani? Quando sono venuti qui? Perché sono qui? Perché quello con la mantella verde ha una barba così lunga? E via dicendo...
    Mentre i nostri eroi superavano un ponte di marmo bianco posto su un altro fiumiciattolo, svoltarono dietro una grossa casa e si ritrovarono di fronte a una alta recinzione di pietra, con una grossa entrata a due porte chiusa da una sbarra di legno molto spessa. Gli elfi avrebbero potuto levitare tranquillamente, ma decisero di risparmiare le forze er gli allenamenti.

    Mask aprì il cancello sollevando la grossa sbarra di legno senza alcuno sforzo, e fece loro segno di seguirlo con un gesto della testa. All'elfo di ghiaccio venne impartito il compito di fare da "Maestro" a Mordekai, al messere Nero e a Swaky, mentre venivano assistiti dal resto della combriccola. Gli anziani saggi erano stati chiari: Rory e Static avrebbero dovuto prendere parte alla battaglia, quando ci sarebbe stata.
    Per l'elfa non vi erano grossi problemi, siccome era da sempre abituata a combattere e a mantenere un atteggiamento freddo, ma Static... sarebbe stato all'altezza? I suoi poteri si sarebbero risvegliati in tempo prima della guerra finale?
    Rory, anche se non lo dava a vedere, era molto preoccupata per l'amico - l'unico tra l'altro con cui poteva parlare, oltre a Pisy - e per la sua sorte. Si ripromise che non gli sarebbe capitato niente di male.

    Il posto dove si sarebbero svolti gli allenamenti era molto simile ad una grande arena di forma circolare, con rampe di scale senza rastrelliera poste ai quattro punti cardinali. Come per circondare il perimetro, posti all'estremità di questo luogo, vi erano alberi e piante alti diversi metri.
    Tutt'intorno, a scendere, vi erano dei gradoni come posti a sedere. Al centro all'arena vi era una grande pedana rialzata, grande più o meno quattrocento metri quadri, usata per gli allenamenti.
    Oltre ai nostri eroi non vi era nessun'altro, erano completamente soli.
    Mask condusse i terrestri sulla pedana. Quest'ultimi si posizionarono in fila, di fronte all'elfo dallo sguardo di ghiaccio.

    «Allora, sapete perché siamo qui, no?» Disse con aria di sufficienza incrociando le braccia. Mordekai storse la bocca infastidito. Odiava quando lo trattavano da incapace.
    «Perché pensate che noi abbiamo dei poteri nascosti, dico bene?» Intervenne Swaky. Mask li guardò non con poca superbia, studiandoli. “Certo, io non mi aspetto niente da voi umani... ma se i saggi anziani pensano che potreste fare qualcosa di utile, ben venga.” Ma queste parole rimasero nella sua mente, disse solo: «Si, giovane terrestre,» sempre con il solito atteggiamento. «Bene, iniziamo subito!»

    ***

    La piccola fatina Eirwen era arrivata in una foresta oscura volando a bassa quota, per non farsi vedere dalle - come le definiva lei - creature cattive. In un perpetuo zigzag tra gli alberi, continuava la sua corsa contro il tempo. Sarebbe dovuta arrivare dal popolo elfico per dire che il suo, quello fatato, era stato sconfitto e che i poveri sopravvissuti erano tutti imprigionati, insieme a diverse altre specie. Doveva cercare aiuto, e il più in fretta possibile. Continuava a guardarsi indietro impaurita.
    Quando era lì per cedere si riprometteva con solennità: “No, devo essere forte!” E continuava a volare senza tregua. A proteggerla sarebbe arrivato lui se ne fosse stato il caso. Lei lo sapeva. Lo spirito dell'End era sempre con la piccola Eirwen.

    La foresta oscura le faceva paura. Il cielo era oscurato dalle nubi le quali partivano dalla fortezza di Hack fino ad arrivare lì e oltre, e i folti rami degli alberi rendeva quasi impossibile l'orientamento. Aveva la vaga impressione di essersi persa.
    Continuava a volare velocemente quando andò a sbattere contro un albero facendosi male, per poi cadere a terra.
    «Ehi, chi è che mi si è schiantato contro?» Disse qualcuno, con voce baritonale. Eirwen non riusciva a capacitarsi riguardo a chi potesse appartenere la voce e si guardò attorno stordita. Che era stata scovata da qualche cattiva creatura?
    «Vuoi rispondermi, eh?» Chiese di nuovo la voce, con tono da ordine.
    «Ehm... Dove sei?» Chiese lei, intontita, guardandosi sempre intorno.
    «Dove sono? Di fronte a te, piccola fata.» Disse la voce, questa volta con una sfumatura divertita nel tono. Davanti a sé vi era solo un grande e vecchio albero rugoso.

    «Finalmente guardi dalla parte giusta!» Disse lui sorridendo amabilmente. La fatina sussultò comprendendo che stesse parlando con un albero, poi però inarcò un sopracciglio e avvicinò la testa, curiosa.
    «Chi sei?» Chiese lei, con fare circospetto. Allora l'albero avvicinò un ramo al vestitino di lei e, cingendole il busto per poi issarla, la rimise in piedi. La dolce fatina si sistemò il vestitino blu stropicciato.
    «Io sono Omega, figlia del popolo fatato. Sono lo spirito guardiano di questa foresta.» Disse lui, mantenendo il tono placido, simile a quello di un caro nonnino. «Tu come ti chiami?»

    «Mi chiamo Eirwen.» Disse lei con un sorriso. Poi guardandosi attentamente intorno come per cercare una via di uscita lei disse: «Signor spirito Omega, io dovrei andare dal popolo degli elfi... Ma penso di essermi persa. Mi può indicare la via?»
    Lo spirito albero annuì.
    «Le strade qui non sono sicure, piccola Eirwen.» Intervenne lui, condiscendente. «Il regno elfico è a qualche chilometro dietro le mie spalle. E ti consiglio di fare in fretta...» Disse lui, indicando con un ramo dietro di sé. Poi emise un sospiro e disse: «Mi dispiace per quello che sta accadendo a quelli della tua razza.»
    La fatina abbassò lo sguardo, malinconico. La riuscita di quell'impresa era ormai nelle sue fin troppo piccole mani, e improvvisamente si sentì addosso una grande responsabilità. Era sola.
    «Ti auguro tanta fortuna.» Disse alla fine lui, e la fatina, ringraziandolo, volò nuovamente più in fretta possibile nella direzione datale da Omega.

    ***

    Mask per prima cosa volle capire quali abilità avevano i terrestri con le armi. Sapeva che Mordekai era un arciere e che il Cavaliere Nero uno spadaccino, ma voleva tastare le loro capacità.
    Prima di tutto vide fin dove l'arciere sapesse scoccare i propri dardi e a quale distanza avrebbe colpito il centro del bersaglio. Mordekai guardò con circospezione Mask - non sopportava quell'atteggiamento di superiorità che aveva nei suoi confronti -, poi afferrò il proprio arco, mettendosi a debita distanza dal pilastro di legno. Lo puntò, mirando con la freccia pronta per essere scoccata, e colpì. L'elfo rimase stupito dalla capacità di Mordekai. Non se lo sarebbe mai aspettato che un essere umano avesse una tale mira, tanto da centrare il punto perfino da trecentocinquanta metri di distanza. Ammirevole, persino per un elfo, avere una tale capacità. Ebbene, caro lettore, non potrai mai crederci, ma Mask si ricredette.

    Mentre il Cavaliere aveva una prontezza di riflessi con la spada invidiabile. L'elfo dallo sguardo di ghiaccio e il messere Nero fecero un duello a colpi di lame. Quindi si misero in guardia insieme, con le proprie daghe. Il terrestre fece subito roteare la propria spada contro il proprio avversario, sferrando un forte e veloce fendente. Mask con fulminea risposta parò il colpo con l'elsa, studiando l'avversario. Era sorprendente. Buon appoggio dei piedi, manico ben saldo nella mano, tenuto in modo per niente rigido, andatura composta e fiera, sicurezza e agilità negli scatti, scattante nelle contro-mosse... Non male per un umano che combatte contro un elfo.
    Continuarono il combattimento. Il Cavaliere Nero allora fece un passo avanti sferrando un nuovo fendente dal basso, il quale venne subito parato dall'avversario.

    Mask allora, con una buona roteazione del polso, scattò di lato per poi sferrare il colpo che avrebbe disarmato il suo sfidante, e il Cavaliere per poco non fu altrettanto veloce. Parò il colpo, ma rimase ferito alla guancia. Un graffio. Il Cavaliere stava boccheggiando. Era arrivato il momento di finirla.
    Un nuovo scatto da parte dell'elfo e facendo un lungo passo avanti lo disarmò di netto, facendo volare la daga dietro la testa del messere Nero. Poi gli puntò la spada contro, sotto lo sguardo basito del Cavaliere, ed infine ripose la propria arma nel fodero al suo fianco.

    Si complimentò con entrambi per le incredibili capacità. Un normale umano non sarebbe riuscito a scoccare né un dardo così lontano e né sarebbe riuscito a tener testa un elfo per così tanto tempo con la spada.
    Il problema sarebbe stato il più giovane, capì. Non aveva chissà quali doti. Non sapeva quali affinità avesse. Non era particolarmente bravo né con la spada né con l'arco. Ma era importante che seguisse gli allenamenti.

    Intanto Static era rimasto alquanto meravigliato, e anche Rory rimase pressoché di colpo. Seguivano lo scontro su uno dei gradoni laterali, Pisy accoccolato dolcemente sul grembo dell'elfa, avvolto come un fagotto di peli blu e castani, mentre Rory ne accarezzava lievemente il manto.
    Quando improvvisamente lo spirito gatto mosse le grandi orecchie, con movimenti spasmodici. Alzò il capo e fissò un punto con occhi attenti. Saltò dalle braccia di Rory annusando nell'aria, e Rory fu improvvisamente colpita da un deja vu. Lei aveva già visto una situazione del genere, e tu lettore?

    Comunque sia, Pisy incominciò a gattonare sempre più velocemente, fin quando non incominciò veramente a correre. Static, stupefatto corse insieme a Rory per raggiungere il gatto il quale andava talmente forte che era davvero difficile stargli dietro. Mask, il Cavaliere Nero, Mordekai e Swaky cercarono di seguirli.
    Attraversarono la città, arrivando alla parte estrema di essa, dove vi era la barriera, sorpassando screanzatamente gli abitanti, saltando su cespugli, scansando gli alberi. Quando vi arrivarono trovarono proprio fuori la barriera qualcuno.
    Di fronte a questi, al di là del confine, vi era una piccola creatura, dalle piccole orecchie a punta, sospesa in aria grazie alle ali che sbattevano incessantemente, il piccolo vestitino blu che si agitava al vento e i capelli lunghi viola, raccolti in due codini. Il viso molto grazioso.

    La piccola Eirwen era arrivata a destinazione.





    Capitolo IV







    Eccolo, stava per arrivare. L'energia negativa che emanava era fin troppo forte per essere ignorata, e ad ogni secondo diventava di dimensioni sempre più enormi. Era solo? No. C'era un'altra oscura presenza al suo fianco. Lei lo sentiva. Andò a tentoni cercando di forzare le catene, tirandole, cercando di spezzarle. Un pugno al vento, un altro, un altro ancora... Tutto inutile.
    Abbassò il capo afflitta come per sottolineare la muta sconfitta. Il vestito violaceo sgualcito, strappato, ridotto a miseri brandelli. Le sue povere ali... erano sull'orlo del deterioramento, tanto da non riuscire neanche più a muoverle. Erano ormai un corpo estraneo.
    Maledette catene. Maledetti segni...

    Sbuffi di aura nera percorrevano le mura, i quali arrivavano dalla fine del corridoio delle segrete, dove vi era lei. Sembrava come del fumo dalle più scure sfumature, irrespirabile, e man mano, gli sbuffi si facevano sempre più fitti.
    Passi.
    C'era un indubbia presenza in più, a giudicare dal costante rumore - il quale rimbombava all'interno di quelle mura sudice e fredde - che producevano i loro piedi. I passi si arrestarono e da lì capì che ormai erano arrivati davanti alla sua cella. Lei aveva ancora il capo abbassato, ma avvertiva come la guardavano con sdegno, i loro ghigni stampati sul viso.

    «Apri.» Ordinò Hack, l'oscuro signore, e il suo più fedele scagnozzo eseguì il comando, aprendo il lucchetto con la propria magia nera. Creò un ghirigoro su questo, dalla vaga forma di una spirale, e l'aprì. Il re dei demoni vi entrò solenne e inesorabile come solo la più malvagia delle creature esistenti poteva fare, seguito dal suo fedele servitore.
    Banshee, la regina delle fate, ridotta ad una lugubre schiava prigioniera, fece una smorfia di disgusto appena accennata, poi alzò lo sguardo piano sulle figure imponenti che le erano di fronte.

    Adesso, caro lettore, so che non ti ho mai descritto per bene com'era fatto Hack. Me ne rammarico se ti ho mancato certi dettagli così importanti, ma vedi... l'ho fatto semplicemente per conservare il "meglio" - anche se sarebbe meglio chiamarlo "peggio" - per dopo. E mi sembra proprio che sia arrivato il momento.
    So che tu, caro lettore, non sei mai stato all'inferno. Vorrei che tu non ci andassi mai. Anzi, lo spero con tutto il cuore. Ma penso che, se fossi un grande lettore, tu abbia letto in qualche oscuro romanzo come i più grandi scrittori lo descrivono.
    Ebbene, le due facce che sto per presentarti sono come il diavolo in persona.

    Hack era proprio degno della sua nomina: l'oscurità fatta essere demoniaco. Il suo volto, in gran parte celato da un cappuccio, era pressoché orribile. E, caro lettore, dovessi vederlo, farebbe venire i conati di vomito persino all'uomo più insensibile di questo mondo. Tuttavia, cercherò di descriverlo nel modo più dettagliato possibile, in modo da avere un'infarinatura giusta.
    Hack aveva un corpo umanoide, anche se la lunga cappa nera rendeva impossibile descriverne i contorni. Le mani erano come senza pelle, lasciando in mostra la muscolatura striata e i nervi, ed erano dotate di artigli lunghi e talmente affilati che sarebbero capaci di squarciare un corpo con un solo colpo.

    Il suo viso era, come ti ho già detto, terrificante. Gli occhi piccoli erano semplicemente dei bulbi rossi, senza pupille né iridi, al posto del naso aveva semplicemente due cavità nasali, e come le sue mani, il volto del re dei demoni era senza pelle. Non aveva labbra, e la sua bocca era un ghigno perenne composto da minuscoli denti aguzzi a parte le zanne inferiori, i quali quasi sovrastavano gli zigomi piatti. Ai due lati non aveva orecchie, bensì due semplici fori, mentre, poco dietro le tempie, vi erano due grosse corna, rivestite di pelle lacerata, miscolatura e nervatura.

    Per quanto riguarda il suo sicario, di cui tra poco ti dirò il nome, aveva anche lui una forma umanoide. Era nudo e la sua pelle appariva corazzata e liscia simile ad un'armatura di colore grigio scuro lucido. Sembrava fosse fatto di schegge e spuntoni. Dietro la schiena vi erano sei grossi aculei neri, che andavano arrotondandosi leggermente verso il basso, le mani erano munite di artigli, e i piedi avevano la forma di una scarpa, senza dita. Sembrava come se fosse percosso da eterne fiamme blu scuro, le quali lambivano dolcemente le mani e i piedi e andavano issandosi da dietro la nuca fino alle scapole.

    Il viso era come un insieme di grandi e larghi aghi, che gli ornavano fronte e capo, innalzandosi quasi come se fossero un fuoco immobile. Gli occhi erano bianchi e senza pupille. Non aveva un naso ma, bensì, una larga bocca sorridente, ed era formata da zanne lunghe, che conferivano ad essa una strana forma a "zig-zag".

    Hack s'inginocchiò di fronte alla regina delle fate.
    «Allora, Banshee.» Fece lui con un ghigno appena accennato. «Vuoi rivelarcelo o no?» Chiese, mantenedo la postura fiera, come per sottolineare chi aveva il coltello dalla parte del manico. Lei, in tutta risposta, dapprima lo fissò torva, mantenendo il suo sguardo posato sulla faccia del demone.
    Silenzio.
    «Molto bene.» Disse lui, poi si voltò verso il suo scagnozzo, «fruga nella sua mente, Black.»
    Il demone dalla corazza nera fece un gesto di assenso, poi si avvicinò a Banshee che sgranò gli occhi dalla paura.
    «Sai, non avrei voluto farlo prima.» Incominciò Hack, con scherno «il mio più fedele servitore non è propenso a trattare gentilmente le fate... e avevo paura che ti facesse del male, dolce Banshee.»

    Fu allora che qualcosa in lei scattò. Non le importò più di essere la regina delle fate, di essere rinchiusa in una cella lugubre nella fortezza oscura, di essere prigioniera nelle grinfie del re dei demoni, della sottile minaccia che proprio in quel momento le era stata rivolta...
    “Al diavolo la regalità”, si disse.
    Caricò la bocca di saliva e gli sputò in viso. L'espressione strabordante di disprezzo e odio. Hack si ritrasse di scatto e si allontanò pulendosi, poi si girò verso di lei nuovamente.
    Intanto il demone dalla corazza nera si era appostato proprio di fronte a lei, la prese violentemente per i capelli e avvicinò il viso di lei ai suoi occhi. Lei cercò in tutti i modi di trarsi dalla presa ma il mostro era troppo forte.
    «Visto che sono clemente», disse lui, «ti concedo un'ultima possibilità per ripensare alla mia...»

    «MAI!» Urlò lei, con tutta la forza che aveva. Il fetore dell'alito del demone che la stava trattenendo era nauseabondo.
    «Sfrontata fino alla fine...» esclamò lui divertito da tanta forza di volontà, poi ritornò serio ricordando l'affronto subito poco prima, «allora, subirai lo stupro mentale che ti meriti. Non a caso il mio più fedele servitore si chiama Black Fear.»
    Detto questo, se ne andò lasciandola nelle fauci di quel mostro, e sentendo le urla disperate della povera Banshee, non poté reprimere un certo senso di piacere.

    ***

    Eirwen era arrivata a destinazione senza il benché minimo graffio, per fortuna. Non aveva incontrato nessuna creatura cattiva durante il tragitto e, grazie al tempestivo nonché immenso aiuto di Omega, lo spirito della foresta oscura, non aveva neanche impiegato granché per arrivarci.
    L'isola levitante sarebbe stata un'impresa raggiungerla per tutte le creature di King'Oall, ma il destino voleva che lei possedesse due ali robuste, sebbene sembrasse una bambina avente più o meno nove o dieci anni.

    Volò a più non posso finché non raggiunse l'erbetta soffice in superfice, dalla quale spuntavano degli strani fiocchi di luce. Non aveva mai visto un luogo tanto strano, nonostante gli elfi erano rinomati per il loro essere "eterei". Si sentiva esausta e fece un lungo sospiro. Si sentiva sfinita.
    Avanzò, ma fatti cinque passi andò a sbattere contro un qualcosa d'invisibile e cadde con le natiche al suolo, di nuovo.
    “Perderò mai il vizio di cadere?” Si chiese imbronciata.
    Tutt'ad un tratto ricordò che il regno elfico era protetto da una barriera che non permetteva agli altri esseri di entrare. O, almeno, così le aveva detto la regina Banshee. E ricordò anche che la sua amata sovrana le aveva rivelato come arrivarci, prima di farla scappare.

    Non poté mai dimenticare l'espressione di infinita fiducia che le aveva rivolto, nonostante fosse così giovane. C'era una formula magica che poteva permetterle di varcare la soglia della barriera. Quindi raccolse tutte le energie che le rimanevano in corpo e protese le mani davanti a sé. Si concentrò chiudendo gli occhi, e dilatò la mente. Ma quando stava per pronunciare la formula dettatale da Banshee, una strana creatura le si trovò di fronte. Era un gatto a due code, il pelo striato blu e marrone, orecchie a punta molto grandi. Lo spirito gatto stava quasi per farle le fusa ma la piccola Eirwen sobbalzando dallo spavento, si ritrovò nuovamente sospesa in aria dal perpetuo battito delle ali, e in men che non si dica si ritrovò sei sconosciuti davanti, di cui tre erano elfi e tre erano... non seppe dirlo.

    I sei, o almeno quasi tutti, continuavano a fissare la povera Eirwen - la quale, sempre più, si sentiva a disagio sotto quegli sguardi indagatori - chi con curiosità, chi con perplessità. Rory aveva il solito sguardo imperturbabile di sempre, mentre Pisy le si adagiò nuovamente tra le candide braccia.
    Fu Mask a parlare, mantenedo il tono - che quasi lo si poteva definire glaciale - neutro.
    «Chi sei?»

    La fatina si sentì improvvisamente a disagio, come se fosse stata colta alla sprovvista. Fece un sospiro, mentre atterrò nuovamente sull'erbetta, e prese coraggio.
    «Sono Eirwen, vengo dal regno fatato ormai reso schiavo dal demone Hack e dal suo esercito. Ha distrutto il mio popolo e sono venuta qui a supplicare il vostro aiuto.» Disse lei, tutto d'un fiato. Abbassò il capo come segno di rispetto.
    Tutti rimasero alquanto meravigliati, almeno per quanto riguarda i nostri eroi umani; Static e - persino - Mask. Rory si limitò ad allargare impercettibilmente gli occhi.
    Mask avevano saputo quale brutta sorte era toccato al regno delle fate, e provarono una fitta al cuore nel vedere quella piccola creatura alata chinarsi e chiedere aiuto.
    Ebbene si, caro lettore, anche il nostro Mask aveva un cuore.

    Rory, con lunghe falcate, si avvicinò a Eirwen.
    «Non chinare il capo al nostro cospetto.» Disse semplicemente lei, «sei scappata mentre il tuo paese stava bruciando, solo per cercare di salvarlo. Hai affrontato strade insidiose, sentieri pericolosi solo per chiedere il nostro aiuto. Sii più orgogliosa.»
    E tutto quello che riuscì a fare fu una smorfia condiscendente quando invece avrebbe voluto rivolgere un sorriso confortante. Si maledì in silenzio.
    Il Cavaliere Nero incominciò a sentire una strana simpatia per la giovane elfa, Mordekai fece una smorfia curiosa mentre il piccolo Swaky sorrise.
    Mask storse il naso. Non si aspettava tanta saggezza da quella creatura. Per quanto ci provasse non avrebbe mai potuto dimenticare quello che era successo con Rory...

    Adesso ti starai chiedendo sicuramente: che cavolo ha fatto quella poveretta per buscarsi l'odio di tutta la sua gente? Beh, caro lettore. Certe volte anche le creature che più crediamo fantastiche hanno un modo di vederla che non è poi così tanto "fantastico"... giusto per farti intendere.
    Il passato di Rory lo conosco bene.
    Era un passato che le bloccava le strade, creando una sorta di sbarra che impediva lei di andare oltre. Ed effettivamente, se non avesse chiuso i conti con il proprio passato, la nostra Rory non avrebbe potuto neanche pensare di continuare ad andare avanti. Un destino crudele, le era toccato. Ve lo spiegherà lei stessa più avanti, se avete la pazienza di seguire. Mi dispiace di non voler rivelare niente adesso perché, così facendo, toglierei importanza a quello che sta accadendo adesso.
    Quindi consentimi di dire che...

    «Portiamola agli anziani saggi.» Disse Static, prendendo la palla in balzo. «Anche perché, sicuramente, già avranno percepito che un esterno ha varcato la barriera.»
    Mask annuì e, mentre si voltò, gli mise una mano sulla spalla. Quasi come per infondergli una strana fiducia. Rory scoccò un'altra occhiata alla piccola Eirwen mentre incominciò ad incamminarsi insieme al gruppo, la quale fece come per seguirla a passo svelto.

    Ma, i nostri eroi, non arrivarono neanche fuori il palazzo della regina degli elfi che lei e i tre anziani saggi erano fuori dall'edificio di cristallo. Tutti rimasero a bocca aperta nel vedere la regina Steph al cospetto di tutti, così vulnerabile e allo stesso tempo così fiera.
    I lunghi capelli bruni le ricadevano sulla schiena come fili di vento, e, caro lettore, hai presente il colore del mare mosso dalle nubi che si calcano su di esso? Bene. Quel blu profondo era proprio l'esatto colore dei suoi occhi. Il viso pallido, angelico ed celestiale, era adorno di due chiazze rosee alle guance, le orecchie non troppo grandi.
    Il lungo vestito bianco, dalle lunghe gonne dalle sfumature più belle di azzurrino e celeste, e sulla fronte portava il tipico gioiello reale: una coroncina d'oro, formata da intarsi di forme ondulate simile a ghirigori.

    Il Cavaliere Nero, Mordekai e Swaky non poterono fare a meno di notare le differenze tra sua Maestà la regina d'Inghilterra e la creatura divina che avevano di fronte.
    Cosa ci faceva fuori dal suo palazzo, i nostri Mask, Static e Rory non l'avrebbero mai capito. Comunque sia, i tre saggi erano a volto scoperto, i cappucci delle lunghe tuniche abbassati.
    Una folla si era radunata a semicerchio di fronte al palazzo della regina Steph, la quale era rimasta con la stessa espressione solenne ed eterea come solo una creatura di sangue reale avrebbe potuto avere.

    «Piccola creatura fatata, avvicinati.» Disse benevola, con voce soave.
    Eirwen guardò prima Rory - siccome le era parso che avesse potuto darle la sua fiducia tranquillamente - per cercare un conforto, ma l'elfa si limitò soltanto ad incitarla ad andare con un cenno col capo. Così, la piccola fata volò leggiadramente fino a che non si ritrovò di fronte a Steph, l'espressione titubane.
    «Come ti chiami?» Chiese lei sembrando più saggia di come non pareva guardandole il volto giovane.
    «Eirwen, signora.» Mormorò lei, abbassando il capo in segno di rispetto.
    «Non chinare il capo, piccola Eirwen.» Disse lei, afflitta. «So quello che è successo alla tua gente.» Continuò, e la fatina dovette dar fronte a tutta la sua forza per reprimere la voglia di piangere al ricordo. Il modo in cui i suoi genitori erano stati presi. Il modo in cui l'avevano portata in salvo dalle grinfie di quei mostri.
    Le grida...
    Rimbombavano nella sua testa come fuochi d'artificio.

    Steph increspò leggermente le sopracciglia in una vaga espressione triste. Alla regina non era consentito mostrare le proprie emozioni apertamente. Aveva visto le scene di guerra nella mente della piccola Eirwen. Il sangue, il fuoco, la distruzione, il dolore. Non poté non provare una forte fitta di compassione per lei. “Non dev'essere facile portare un fardello così pesante quando si è così giovani...”, pensò.
    «La mia risposta è si.»
    La piccola alzò lo sguardo versò il viso benevolo di Steph, con stupore e gratitudine.
    «Però, piccola Eirwen, non possiamo farlo da soli. Abbiamo bisogno dell'aiuto di tutte le creature di questo mondo, se volessimo sconfiggere Hack. Noi abbiamo perso i nostri migliori combattenti per mano sua e dei suoi seguaci.»

    Ed, infatti, era vero. La popolazione era stata dimezzata a causa dei continui attacchi degli spettri e dei demoni, guidati dal loro sovrano Hack. Rory storse la bocca in modo quasi impercettibile. No, non voleva ricordare.
    «Chiameremo a raccolta tutte le creature di King'Oall.» Disse uno dei tre saggi - quello con la tunica nera - con tono autoritario. «E lo farete voi: Mask, Static, Rory e i nostri guerrieri umani. Siete coloro che ho chiamato, perché so che avete un grande potenziale.»
    Già, non poteva certamente negare che Rory fosse una degli elfi più abili, forti e adatti al combattimento, quindi arricciò il naso. L'elfa non disse nulla.

    Intanto la regina Steph si avviò verso i nostri eroi - i quali erano rimasti pressoché basiti dalle dichiarazioni dell'anziano saggio - suscitando la meraviglia di tutti i presenti. Sembrava fluttuasse in aria, per la fluidità dei suoi movimenti, e invece di camminare pareva danzasse. Il vestito fatto di stoffe velate era come se si muovesse a ritmo del venticello flebile, e le gonne si agitavano lievemente.
    Arrivò proprio di fronte ai nostri eroi terrestri, i quali parvero affascinati dalla figura che avevano davanti. Swaky, più di tutti, era rimasto alquanto esterrefatto, colpito dall'infinita bellezza della creatura.

    Allora Steph allungò una mano verso di loro, le dita separate e ben stese. Si concentrò e dilatò la mente come per diventare un tutt'uno con l'universo. Un segno, simile a ad un ghirigoro a forma di goccia comparì luminoso sulla sua guancia destra.
    I nostri eroi umani sentirono come un fuoco fatuo nel loro stomaco, che li riempiva di una sensazione stranamente rinvigorente. Non seppero dirsi cosa stava accadendo in loro, ne seppero spiegarsi perché improvvisamente sentirono come se delle onde di aria calda oscillassero contro i loro corpi. Swaky sentì improvvisamente un forte giramento di testa che dovette reprimere con tutte le sue forze per non stramazzare a terra, con le mani piombate nelle tempie per il dolore; il Cavaliere Nero sentì un dolore lancinante al petto mentre il proprio compagno di guerra, il messere Mordekai, subì un forte dolore agli occhi e dietro alla nuca, che andava espandendosi per la colonna vertebrale.

    Quando la regina degli elfi ritrasse la mano i tre sentirono ancora quelle strane sensazioni, sebbene in modo più fievole, e Steph concesse loro qualche secondo per riprendersi. Poi parlò e disse: «Voi siete i guerrieri umani di cui ho tanto sentito parlare.» Il suo tono era piatto e coinciso. I tre tacquero, non sapendo né che dire né che fare. «Ho risvegliato in voi una parte dei vostri poteri sopiti. Swaky,» disse rivolgendosi al ragazzo, «tu hai grandi poteri: quelli telecinetici e quello della chiaroveggenza.»
    Poi si rivolse agli altri due ben più alti e con una muscolatura ben più pronunciata del ragazzino, e disse: «Mordekai, i tuoi riflessi di base sono molto migliorati, e la tua vista è in grado di vedere per chilometri. Mentre, tu, Cavaliere Nero...» mormorò il nome di quest'ultimo quasi esitando, poi annunciò, «non so in te cosa ci sia, ma di sicuro è un grande potere, perché l'ho sentito.»

    Swaky e Mordekai rimasero meravigliati da ciò, e si sentivano come nuovi. Il Cavaliere Nero, sebbene percepisse in sé qualcosa di diverso, si sentiva strano. Come se le parole della regina che non sapeva come definirlo l'avessero turbato.
    Steph alzò il mento e guardò loro con fare autoritario.

    «Sebbene questa non sia la vostra guerra e me ne rammarico chiedervelo: usereste i vostri poteri per aiutare tutte le creature di King'Oall, e, con la forza di tutto il nostro esercito, proteggere tutti noi dalla furia distruttiva di Hack il re dei demoni?»

    A quella richiesta, il Cavaliere Nero non poté non guardare verso Rory.




    Capitolo V








    Uno stormo di pipistrelli inseguì il forte vento, volteggiando come uno sciame che si rimpiccioliva e si dilatava, allontanandosi dai nostri eroi tanto da sembrare piccoli insetti. Ai tre Terresti, i tre Elfi e il dolce Pisy, si era aggiunta la piccola Fata Eirwen, e in quel momento stavano varcando i cancelli del regno dei Vampiri.
    Raggiunsero il posto grazie alle preziose indicazioni del vecchio spirito della foresta oscura, Omega l'albero, fortunatamente senza intoppi o brutti incontri.
    Quel luogo era abbastanza spettrale e inquietante, per non parlare delle mura di granito -scure e intatte - sconfinate, delle quali neanche si riusciva a scorgerne la fine, e i gargoyle affacciati sulle sporgenze, sembrava guardassero gli, ormai, otto eroi, con fare pressoché rabbioso o schernito. Assomigliava ad una vecchia chiesa Cristiana stile gotico dell'alto Medioevo. Il messere Nero e Mordekai ne conoscevano a bizzeffe di questi tipi, ma si stupirono del fatto che, proprio degli esseri "rinnegati" da Dio come i figli della notte, possano vivere in un posto così simile ad una casa del Sommo Signore.

    Il cielo era buio e tetro. Ogni tanto vi era qualche rado lampo rosso, in lontananza. L'ambiente era gelido e sinistro.
    Sembrava un posto senza tempo.
    I cancelli, dalle enormi sbarre di metallo nero, sottili ed eleganti, erano chiusi. Sopra ad uno di esse vi era un pipistrello, il quale osservava i nostri giovani eroi con una macabra curiosità. Poi con un balzo scese giù e si trasformò in un giovane bello e snello, dalla tunica corta nera e dallo sguardo penetrante. Il viso era dai lineamenti dolci, il naso piccolo e rotondo, gli occhi di un verde smeraldo così luminoso da fare impressione, i capelli a spine corvini. I canini sporgevano fuori come piccole zanne affilate.

    «Voi siete?» Chiese lui, il tono basso e strascicato, lasciandoli pressoché interdetti. Non che non lo sapesse, sia chiaro, ma era questo il compito di Shintaka: scortare gli stranieri all'interno del palazzo, e accertarsi che non siano pericolosi o che abbiano in mente piani loschi. Anche se, dovette ammette, gli piaceva, causa del suo enorme ego, mettere in soggezione gli altri.
    Fu Mask a parlare, usando un tono straordinariamente pacato.
    «Io sono Mask, umile scudiero proveniente dal regno degli Elfi, e loro i miei compagni di squadra. Siamo venuti qui per parlare con VampyrQueen, la Regina dei Vampiri.»
    Il vampiro li guardò dall'alto in basso, e fece una mezza smorfia compiaciuta. Mordekai storse la bocca.

    «Sento un odorino alquanto invitante proveniente da lì...» Disse, Shintaka, indicando i nostri eroi umani. Si avvicinò lentamente ai tre, gli occhi erano diventati rossi come il fuoco ardente. «Era da... un bel po' che non assaggiavo un qualcosa di così prelibato come il sangue umano.» Mormorò strascicato, stando ormai a qualche passo da Swaky. Il ragazzo trasalì e, granando gli occhi, arretrò di un passo. Mordekai e il Cavaliere stavano già avanzando verso di lui, quando fu Static a parlare, mettendosi in mezzo al figlio della notte e all'umano.
    «Senti Vampiro, i terrestri non si toccano.»
    «Perché, chi me lo vieta?» Chiese lui, lo sguardo strabordante di sete. Mordekai, Il messere Nero e Swaky non poterono non guardarlo con un certo ribrezzo. «Gli umani non sono soggetti al patto.»
    «E invece sì.» Intervenne Rory. «Sono nostri alleati. Ed in quanto tali, sono sotto la nostra protezione. E adesso portaci da VampyrQueen, come ti è stato gentilmente chiesto.»
    Shintaka la guardò con un certo disprezzo, storcendo il naso e la bocca, in un'espressione totalmente contrariata. Poi, dovette allontanarsi. Aveva ordini precisi, datogli dalla regina stessa. E disobbedirle sarebbe stato un grosso errore. VampyrQueen non perdonava.

    E così, Shin il vampiro li scortò all'interno del palazzo gotico. E, lettore caro dovessi vederlo! Se fuori era tetro, dentro era... strano. Era un miscuglio tra il macabro e l'elegante finezza di cui solo lei, la regina dei vampiri, poteva possedere. Le mura erano scure, lisce, e sembravano immensamente più alte di quando le si vedevano da fuori. Parallelamente, vi erano poste delle torce di legno, ad intervalli precisi, dalla fiamma di un rosso - troppo scuro - innatuale. Ad ogni torcia vi era posto accanto una colonna con un gargoyle a forma di demone, alcuni dalla forma possente, altri dalla forma un po' macilenta e smunta.
    La piccola Eirwen, curiosa, tentò di avvicinarsi alle colonne spinta dal puro desiderio di toccarle - in realtà voleva toccare tutto quello che vi era in quelle mura, tanto che era curiosa - e quindi si vibrò nell'aria ma Static, prontamente e prima che la scoprisse Shintaka, la prese per il polso e la trascinò a sé, impedendola di ficcare il naso, poi la redarguì silenziosamente muovendo l'indice di fronte al naso della piccola, in un gesto per dire "Non-si-fa".

    Dal soffitto pendeva, al centro dell'atrio, un enorme lampadario a candelabro di un metallo dorato, simile all'ottone, dalla quale pendevano cristalli e gemme. Oltretutto, a qualche parete, vi erano grossi vetri colorati tra le più variopinte delle sfumature che formavano disegni a prima vista astratti, ma, caro lettore, se ci prestavi attenzione, potevi scorgere tranquillamente vampiri che si nutrivano di sangue umano, o demoni che stuprano donne vergini. Perché, devi sapere, che questi esseri dalle sembianze così umane sono stati generati dal rapporto tra il demone Vampirius e una bellissima donna vergine. Non c'è che dire, caro lettore: la regina era alquanto egocentrica. Ma non ti voglio annoiare con tutte queste notizie che non centrano nulla con la storia che sto narrando.

    Stavo dicendo, appunto, che i nostri eroi camminarono per una decina di minuti, all'interno di queste enormi mura scure scortati da Shintaka, questo strano, giovane, belloccio e intrigante vampiro, seguendo il lungo tappeto rosso sangue, attraversando corridoi tutti uguali, superando strettoie e angoli, fino ad arrivare ad una grandiosa porta ad arco, fatta di assi di legno dure e scure, dalle rifiniture ad intarsi in ferro.
    Il vampiro l'aprì, e si ritrovarono in una enorme sala, persorso da questo lungo tappeto rosso che andava fino al trono. Il pavimento di marmo grigio era di una lucidità impressionante, vi erano poste parallelamente le solite colonne, questa volta però avevano come statua la forma di una bella donna. Vi erano seggi e panche fatte di drappi e tessuti sontuosi, dalle tonalità che andavano dal porpora al mogano, mentre in alto, sul soffitto, pendevano sei scintillanti lampadari a candelabro, simili a quello dell'atrio, sebbene leggermente più piccoli, ed erano posti ad intervalli regolari.

    All'interno di questa vi erano una schiera di dieci vampiri tutti in piedi, i quali davano la vaga idea di essere statue, e al centro vi era il trono dove vi era seduta in un modo elegante, sebbene molto seducente, una donna. O, almeno, quella creatura aveva le sembianze di una donna.
    Ed era bellissima.
    I nostri eroi umani - tutti e tre e nessuno escluso - la fissarono in un modo a dir poco indecente.
    Ma giusto per farti capire il loro, ehm... come posso definirlo... Il loro "aristocratico interesse"! Sì, non c'è definizione migliore; vorrei descrivertela in modo da farti avere un'idea della bellezza di quella creatura.

    Lei aveva lunghissimi capelli neri i quali potevano essere paragonati a oscure scie di oblio, erano lisci e perfetti, e le coprivano la schiena nuda. La sua pelle era pallida, come il resto del suo popolo, i lineamenti del viso dolci e armoniosi. Aveva occhi grandi e rossi dalle lunghe ciglia folte, e labbra piene, rosse come il sangue.
    Era vestita di un lungo abito nero dalla grande scollatura a "V", che con non molta parsimonia metteva in risalto le sue curve perfette. Il busto stretto, era attaccato alle spalline laterali del vestito, la schiena scoperta, e le gonne erano a balze, con una lunga spaccata laterale.
    Quando lei parlò tutto fu come fermatosi un istante, per i nostri eroi umani. E credimi, caro lettore, quando ti dico che se la regina degli elfi poteva essere paragonata ad una fresca boccata d'aria, la regina dei vampiri era come il fuoco travolgente della passione.

    «Benvenuti, stranieri.» Lei parlò, una voce soave e ardente. «Io sono VampyrQueen.»

    Edited by Rory - 2/11/2013, 15:53
  14. .
    Figurati, tutti coloro che fanno questo genere di cose dovrebbero possederla. Ma ci sono i poverelli (Come me :asd:) Che non possono permettersela al momento.
  15. .
    Tutta materia grigia... :ahse:

    Ultima foto da Joker/The Crow

78 replies since 30/6/2011
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