Amorth

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    Robert Farrell non avrebbe ammesso la possibilità dell’esistenza di un’entità superiore all’essere umano neppure davanti alle recenti stigmate di Natuzza Evolo o alle lacrime sanguigne della statua della vergine di Lourdes.

    Eppure, nella sua vita subentrai io: un demone. Mi chiesi subito se avrebbe cambiato idea…


    La sua reticenza nei confronti della vita dopo la morte scaturiva dal suo mestiere: osservare i corpi impotenti delle persone che sino al giorno prima si muovevano, parlavano e probabilmente giocavano a carte lo sottoponeva ad una verità troppo cruenta per un essere umano a cui l’incappucciata in nero non aveva ancora neppure proposto una partita a scacchi. Tutto ciò l’aveva portato ad odiare l’odore dell’incenso e persino la sola idea di entrare in una chiesa: “Come potrebbe esistere una vita dopo la morte se i nostri corpi rinsecchiscono, emanano l’olezzo della putrefazione e diventano cibo per vermi?” pensava. Nonostante ciò, in quel momento, si trovava in una chiesa. Per raggiungere la basilica di San Michele aveva addirittura percorso decine di chilometri con la sua auto.


    Gran bell’idiota! Non immaginava affatto quanto fosse grande la mia potenza.


    Durante il viaggio, Margaret gli aveva detto: “Non dobbiamo andarci per forza”. Lui si era voltato verso i sedili posteriori e aveva incrociato lo sguardo della compagna. Le pupille dilatate, affogate in un budino biancastro, parevano chiedere aiuto: tutto il soccorso che le sue labbra incoscienti, più arse del deserto della Giudea, non erano capaci di comunicare.

    Un attimo dopo gli era sembrato che ogni dubbio fosse svanito e ed era tornato alla convinzione precedente secondo cui sua moglie aveva qualcosa che non andava più nel modo giusto. Il piede destro dell’uomo era tornato a sforzarsi sull’acceleratore, più forte di prima. Tuttavia, il parossismo del terrore nel cuore di Robert si era acceso nel momento in cui aveva invitato la compagna ad entrare nella chiesa.
    “Non sai neanche come trattare una donna” aveva detto Margaret in quel momento. Era come se ogni singola parola zampillasse fuori dalla sua bocca in uno strepitio convulso che ricordava le fiamme ardenti dell’inferno. “Credi davvero che Dio, quello stesso Dio che hai sempre ripudiato, possa aiutarmi?”.

    Robert si era passato una mano sulla fronte. Le sue dita, adesso, erano imperlate di sudore, ma gli parve che si trattasse di sangue e rabbrividì, nonostante il Sole battesse sulle loro teste e le rendesse pesanti come i gradini della scalinata della basilica. “Sei sempre il solito” aveva continuato la donna. “Ti accorgi delle cose importanti solo nel momento del bisogno. Dio non ascolterà le tue preghiere”.
    Dopo qualche minuto sbucò un prete dall’oscurità dell’edificio.

    Avevo già sentito parlare di lui. Quel bastardo aveva rimandato all’inferno molti miei simili.

    Quando la donna guardò l’uomo di chiesa, Robert ebbe l’impressione che un ghigno insensato si dipingesse sul suo volto. Poi allungò una mano tremante e si presentò; provò una sensazione di malessere in tutto il corpo: era diverso da come se l’era immaginato per telefono, o forse non frequentava un luogo sacro da così tanto tempo che gli pareva bizzarro trovarsi di fronte ad un esponente di Cristo vestito totalmente in nero.

    E non posso negare che il solo tocco della sua mano fece un certo effetto anche a me.

    “Padre Amorth, il piacere è tutto mio. Seguitemi” annunciò il parroco.
    Aveva un’aria solenne e uno sguardo torvo che esprimeva saggezza, con quel paio di occhi doveva aver visto gran parte dell’oscurità che il cielo e la terra avessero da offrire, forse persino più di me. Difatti, in un primo momento, feci fatica nello stabilire a quale reame appartenesse.

    La basilica era fresca e l’unico fascio di luce filtrava attraverso un mosaico, sopra l’altare. Ritraeva San Michele come prode guerriero di Dio, nel tentativo di uccidere un drago, schiacciandogli il collo sotto il suo stivale d’avorio sciapito. La lingua del demone era fuori dalla bocca, contornata da denti aguzzi, che non sarebbero serviti più a nulla. Robert provò un senso d’angoscia. Si sentiva come lui: una creatura immonda, calpestata dalla presunta malattia di sua moglie, e provò un sentimento di rancore nei confronti del santo. Per un momento credette che la basilica, la candele accese, gli affreschi sui muri imponenti e gli odori del luogo l’avrebbero fatto svenire.

    Il fascio di luce azzurrina faceva luccicare le panche della chiesa e dava un’aria divina al volto di Sant’Antonio, contratto in un’espressione d’orrore. Robert aveva fissato la statua per qualche attimo e aveva provato un pizzico di curiosità per gli esseri striscianti che il santo impietrito cercava di scrollarsi di dosso. Tutto, in quel luogo, pareva rappresentare una sfida tra il bene e il male, persino la camminata impaziente del prete.

    Margaret riusciva a stare al suo passo e non sembrava affatto intimorita. “Non ha senso” pensò Robert, ma poi ricordò che, come aveva letto in quel testo latino che aveva ritrovato nella cappella mortuaria della famiglia Abbot, poteva essere parte del gioco del parassita: fingersi invisibile.

    Povero, stupido, idiota. La corruzione della mente di un essere umano è cosa ben più facile di quanto si possa credere, e nelle condizioni adeguate e i momenti giusti può diventare effettiva senza alcun accorgimento.

    Padre Amorth li condusse in una stanza ben illuminata. Il profumo dell’incenso era molto forte e le pareti erano ornate di svariati quadri dall’aria oscura, diabolica. Una scrivania d’acero stracolma di documenti e cartelle regnava al centro della stanza e Robert non fece fatica a capire che dovesse essere di proprietà del parroco. “Accomodatevi” disse con tono calmo. “E osservate questo” continuò l’uomo di Dio indicando una delle stampe bizzarre che decoravano le pareti marroncine.

    Aveva puntato l’indice verso La scena del diluvio, di Anne De Roussy. Si trattava di una stampa antica e aveva l’aspetto di una di quelle cose che non bisognerebbe mai risvegliare dai sogni dissennati del tempo. Margaret chiese cosa rappresentasse e il prete spiegò: “La figura in alto, quella avvinghiata all’uomo, è un demone. Asmodeus, probabilmente. Sta cercando di portarlo via dalla sua amata e dai suoi figli. La mano dell’uomo è ancora salda a quella della donna, ma quando il maligno è aggrappato al corpo in quel modo, resistergli è difficile quanto lo è stato attraversare la porta della chiesa per una delle persone presenti in questa stanza”.

    Robert cominciò a tremare, ma cercò lo sguardo della compagna e lo trovò confortante: pareva rilassata. “Uno dei giochi preferiti dal diavolo è illuderci” Amorth si accarezzò il mento sbarbato e continuò: “Ovvero far passare per malsane tutte le cose in cui credevamo e far provare un senso di familiarità con alcuni simboli e disegni occulti: un’intaccatura alla personalità del soggetto. Se non riuscite a seguirmi, fermatemi pure”.

    Improvvisamente, Robert trovò buffo il modo di parlare del parroco. Cercò di trattenere le risate con tutta la forza che gli era rimasta, ma tornò ad assumere un’espressione seria solo quando la sua mente lo riportò indietro con i pensieri a qualche giorno prima.
    Aveva percorso le solite vie affollate di Ondo City per tornare a casa, con la sua auto. Tuttavia, quella volta non era solo: sul sedile di fianco a quello del guidatore c’era un testo antico, probabilmente risalente agli ultimi anni dell’Impero romano. De Vermis Miisterys, recitava il titolo. Avrebbe dovuto restituirlo all’ultimo discendente della famiglia Abbot, ma non l’aveva fatto. E non per una questione di fatica: il giovane Wington Abbot, ultimo della stirpe, si trovava proprio vicino a lui, mentre ripuliva la cappella.

    Robert aveva approfittato del primo momento libero per portarlo furtivamente alla sua auto e aveva addirittura sfogliato qualche pagina. Quel tomo millenario, dalla rilegatura perfetta, le borchie in ottone che cavalcavano il dorso e le pergamene illustrate di abomini lo attraeva in modo indicibile.

    Quando giunse alla sua abitazione e lo mostrò a Margaret, ella parve subito incuriosita. Talvolta Robert, durante la notte, avvertiva qualche rumore e nel momento in cui si svegliava nel letto, la compagna mancava all’appello. La trovava sempre nel suo studio, intenta a leggere il libro maledetto senza l’ausilio di un dizionario. Si giustificava dicendo che aveva frequentato il liceo e ricordava ancora qualcosa sul latino. Ma Robert non ci credeva. Non dopo aver letto quali fossero i segni di una possessione demoniaca e altre informazioni a riguardo nel De Vermis Miisterys.

    L’amore per sua moglie l’aveva portato nella basilica di San Michele, al centro di Toronto.
    “Apri gli occhi figliuolo. Tua moglie dice di essere pronta per l’esorcismo” Robert scosse il capo per riprendersi e si guardò intorno. Margaret era legata ad una sedia e una benda copriva le sue urla, che altrimenti avrebbero risuonato potenti contro le pareti del tempio di Cristo.

    In quel momento provai un senso di sollievo, ma non avrei mai dovuto rilassarmi con Padre Amorth nella stessa stanza in cui c’ero io. Ridevo e digrignavo i denti al pensiero che un’innocente avrebbe sofferto a causa mia.

    Il prete cominciò con la litania romana: “Signore onnipotente, voi che avete dato il potere a tutti i vostri apostoli di schiacciare sotto i talloni i serpenti e gli scorpioni, che fra tante altre ammirevoli parole vi siete degnato di insegnarci questa: Andatevene, demoni”.
    Amorth si voltò improvvisamente verso Robert e gli spruzzò un po' d’acqua santa addosso. Si avvicinò sempre di più verso quest’ultimo, che si dimenava e strillava come avrebbe fatto uno dei suoi cadaveri nel caso in cui si fosse risvegliato nella propria bara.

    Soffrivo enormemente e mai mi sarei aspettato un tale gesto dal prete.

    “Vattene Asmodeus! Finché sarò in vita non vincerai mai!” intonò il parroco, mentre i ricordi e i pensieri di Robert svanivano lentamente dentro di me e mi preparavo a tornare nelle viscere dell’inferno.

    Edited by @AnthonyInBlack - 17/6/2019, 13:12
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    Happy Urepi Yoropiku ne~

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    Ripulisco e smisto!
     
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