Profumo di genziella

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    Profumo, delitto e castigo

    Prima di scomparire, Abby amava recarsi sulle colline ai confini di Plainpalais e poggiare la sua lunga chioma all’ombra degli abeti che sottostavano al monte Saleve. La piccola si dedicava alla lettura delle opere di alcuni autori francesi come Voltaire, Rosseau e Diderot. Talvolta, però, si spingeva sulle montagne più alte e coglieva dei fiori, malgrado sapesse che l’esposizione prolungata al sole avrebbe potuto esserle fatale. La sua pianta preferita era la genziella e, sin dal primo momento in cui aveva scoperto quel fiore bluastro, sembrava essersene innamorata.

    Difatti, non riesco a ricordare un solo momento in cui non emanasse lei stessa il profumo del vegetale. Tuttavia, per quanto potesse apparire graziosa, restava pur sempre una disgraziata. Era l'unica della famiglia ad essere nata marcia e facevo fatica ad ammettere di essere suo padre. Ogni volta che guardavo quella calotta cranica allungata all'indietro, dei conati di vomito assalivano il mio stomaco. Tuttavia, i fatti che mi accingerò a raccontare meriterebbero l’attenzione di qualsiasi essere vivente, a prescindere da quanto orripilante sia.

    A distanza di qualche anno dalla sparizione di Abby (doveva essere più o meno il 1760), rinvenni una ciocca dei suoi capelli sull'uscio della porta di casa. Quella notte, la luna brillava nel cielo come la pupilla stanca nella cornea di un lettore accanito. Ero uscito all’aperto in seguito al ticchettio che produceva il ramo di un albero, sbattendo contro una finestra della mia baita. L’aria di montagna, normalmente, è rarefatta, ma in quel momento mi parve di non sentirla affatto: niente di ciò che si trovava nell’ambiente sembrava adatto ad essere inalato, ingerito, tastato, guardato o ascoltato per l’uomo. I miei sensi erano come intorpiditi da una forza sconosciuta, che mai avrei creduto d’incontrare tra i sentieri eremitici di Plainpalais.

    Come avevo anticipato, trovai un mucchio di capelli proprio davanti all'entrata. Esaminandogli meglio, mi balenò subito in mente che potessero somigliare a quelli di mia figlia. Ma ogni dubbio svanì quando li allungai al naso e riconobbi la fragranza inequivocabile della genziella. I miei nervi fremevano e feci fatica a trattenerli tra le dita, cosicché caddero. Presto mi accorsi che, sulla terra umida, ne erano presenti altri. Posseduto da una curiosità macabra e perversa seguii la scia verso l’interno del bosco. Ogni tanto una ventata del profumo di genziella investiva le mie narici, scuotendo le mie viscere più di quanto non riuscisse a fare il clima alpino in quell’autunno maledetto.

    Nel bosco risuonava il bubolare di una civetta e la vegetazione aveva un aspetto bizzarro: le piante, i tronchi e fiori riflettevano un’ombra blu, un fenomeno che non avevo mai avuto occasione d’osservare prima (come normalmente dovrebbe essere). Iniziai a chiedermi se stessi sognando o se avessi perso il lume della ragione. In ogni caso, continuai ad avanzare. E rallentai il passo solo nel momento in cui distinsi uno strano scintillio, sulla cima di una collina. Prima di andargli incontro esitai qualche attimo, poiché invasato da pensieri e sentimenti sempre più tormentanti. Ma le tracce portavano in quella direzione e continuai a proseguire. Quando raggiunsi il bagliore, tuttavia, il sangue strillò nelle mie vene talmente forte che per poco non mi venne un infarto: si trattava di qualcosa che non avrei più dimenticato per il resto della mia vita.

    Scarna, esangue e mostruosa oltre ogni dire, giaceva poggiata con la schiena al tronco di un grande pino una creatura dalle sembianze umane, concentrata su un libro. Il luccichio proveniva dalla fronte che, in assenza di capelli, dava adito a tutta la sua mostruosità di una testa calva e allungata. Gli occhi, scintillanti come stelle in procinto di esplodere, esprimevano odio. Il terrore che provai in quel momento non può essere descritto a parole, ma credo che ogni essere vivente dotato di pensiero logico avrebbe tremato per la paura. E non era ancora tutto: pallido come la luna e magro come le fronde degli abeti circostanti, quell'abominio umanoide si alzò e mi venne presto incontro.

    Cominciai ad indietreggiare, pian piano, verso la mia abitazione e desiderai tanto di non aver mai sentito il ticchettio del ramo che mi aveva portato fino a quel punto. Penso che nessuno possa vantarsi di conoscere veramente l’orrore, se non il sottoscritto. I miei vestiti erano imperlati di sudore: sudore freddo, gelido.

    Ad un tratto, la creatura strillò. Iniziai a correre senza mai voltarmi, ma un tale urlo non poteva appartenere a questa terra, tanto fu stridulo e acuto che coprì ogni rumore circostante. Credetti persino che i miei timpani sarebbero collassati assieme al battito del mio cuore.

    La mia andatura si fece ancora più rapida, finché non raggiunsi il casolare dove abito tutt’ora. Quando aprii la porta ed entrai, dovetti girarmi per chiuderla e notai che non c’era nessuno a seguirmi. Ormai avevo il buon senso di credere che la mia mente non funzionasse più a dovere. Ma era tutto troppo reale per essere un incubo o un’allucinazione. E ne ebbi una prova schiacciante giusto qualche altro istante dopo.

    Sulla mia scrivania, infatti, si trovava qualcosa di inusuale: un volume illuminato dal chiarore lunare e intriso del profumo di genziella. Era Candido, di Voltaire. Il tomo, aperto alla prima pagina, aveva delle parole sottolineate che condannarono la mia anima alle pene dell’inferno già qui, sulla Terra. Soprattutto, però, mi fecero pentire del gesto compiuto qualche anno prima nei confronti di Abby. La frase impressa nella carta, come un marchio impresso con il fuoco sulla pelle di un essere umano, recitava: “La paura segue il delitto, e ne forma il castigo”.

    Edited by @AnthonyInBlack - 3/5/2019, 17:17
     
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    Happy Urepi Yoropiku ne~

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    Nessun commento a questa storia? Perché?
    Molto poetica a mio avviso. Mi sembra più una Horror Story che una Creepypasta, a onor del vero, però davvero molto ben scritta e, se ci si riesce a immegersi completamente, spaventa anche. Tanto.
    Il colpo di scena finale è ben strutturato, magari viene un po' troppo all'improvviso. Qualche foreshadowing all'inizio su Voltaire l'avrei messo come richiamo al finale, come hai fatto con la genziella, però tolto questo particolare è una bella storia.
    La scena del "mostro" è veramente terrificante. Complimenti davvero.
     
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    Davvero bella. Gioca molto sulle sensazioni e ti fa vivere la scena, è ben strutturata e fa paura. Bravo!
     
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  5. Theinception
         
     
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    Non l'ho ancora letta del tutto ma mi è venuto un tuffo al cuore leggendo "diserot" al posto di "diderot" e "genziella" al posto di "genziana"
     
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4 replies since 8/6/2018, 20:52   410 views
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