Numeri.

Stefano Benni

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    Oh, non ricordavo di avere questo profilo...

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    Il signor Zefiro si svegliò una mattina di domenica e notò un insolito silenzio. Neanche un'auto che passava, né voci di bambini in cortile o comizi di gabbiani sui tetti, e nemmeno il televisore a tutto volume della vecchia dirimpettaia.
    - Bene, - si disse - è festa per tutti.
    Pensò di fare una passeggiata con annesso vettovagliamento, poiché quella sera aveva invitato a cena la fidanzata Ottavia. Accese la televisione per le notizie e soprattutto per il meteo, odiava essere sorpreso dalla pioggia senza ombrello. Ma lo schermo esibì una crepitante nebbia grigia. Inutilmente il signor Zefiro azionò tre dei suoi multiformi telecomandi.
    Non funzionavano non solo i canali digitali, ma anche la tanto amata Pay TV.

    - Probabilmente si è danneggiata l'antenna, - sospirò - ed oggi è impossibile trovare un tecnico...
    Andò a suonare alla dirimpettaia, per sapere se anche lei avesse il televisore guasto, ma non rispose. Strano. Era una vecchia che non usciva mai.
    Allora, pregiudizialmente munito di ombrello, uscì in strada e si diresse verso il bancomat, perché aveva pochi spiccioli in tasca ed era sua intenzione comprare delikatessen per la cenetta. La città era deserta e sembrava il set abbandonato di un film. Eppure erano le otto e mezzo. Vide solo qualche lontano passante e lo spettro di un tram vuoto. Andò al solito sportello bancomat e digitò il suo pin, ma sullo schermo apparve la seguente scritta:

    Carta non autorizzata



    - Porca miseria, - disse tra sé - ieri funzionava!
    Riprovò due o tre volte invano. Poi rinunciò, ricordando che spesso i bancomat divorano le carte di cui dubitano. La banca era chiusa, impossibile chiedere aiuto. Attraversò lo strada. provò ad un altro sportello. Nuova scritta, stessa delusione:

    Prelievo non consentito



    - Vai a capire - pensò - forse si è smagnetizzata la carta, o i circuiti sono guasti, o le macchie solari...
    Pensò di consolarsi bevendo un caffè, ma il suo bar preferito era chiuso, con la serranda abbassata e sigillata. Strano, era sempre aperto la domenica. Ed era anche chiuso il minimarket del minipakistano che gli avrebbe potuto fargli credito..
    Ebbe un attimo di sconforto, contando le monete in tasca. E non poteva rischiare l'umiliazione del bancomat difettoso alla cassa del supermarket, magari con dieci in fila dietro di lui.
    - Ma già - pensò illuminandosi - posso fare la spesa col computer!
    Era stata Ottavia a fargli conoscere quella moderna opportunità. Ti registravi, sceglievi, mandavi una mail con l'ordinazione e ti portavano la spesa a casa. Anche di domenica, anche fino a mezzanotte, anche le seppie, comodissimo. E pagavi una volta al mese.
    Il signor Zefiro tornò subito a casa, aprì il computer, digito il suo account, si collegò con il sito Comprasicuro 106. Ma apparve la scritta:

    Account di cliente non riconosciuto



    - E' impossibile - pensò - adesso telefono ad Ottavia, magari lei sa come risolvere il problema.
    Ma Ottavia non rispondeva. Anzi, una voce soave e spietata disse: "Spiacente, ma il numero da lei chiamato è inesistente."
    - Ma che razza di giornata - pensò - anche i telefoni hanno problemi? Macchie solari, tempeste magnetiche, hacker coreani? Adesso provo a mandarle una mail.
    Nuova brutta sorpresa. Quando cercò di collegarsi al server apparve la scritta:

    User e/o password non validi



    Provò altre cinque, sei volte, e intanto cominciava ad incazzarsi. Altro che nuove tecnologie, era in atto un preistorico caos. Ma non si arrese, e chiamò al telefono il Servizio Clienti della Mail.
    Una voce soave e spietata disse:
    - Prema uno per le nostre offerte, due per un nuovo contratto, tre per darci dei soldi e basta, quattro negli altri casi.
    Premette quattro. Ascoltò due volte Over The Rainbow di Kamakawiwo' ole e due Nikita di Elton John. Poi finalmente una voce dolce e spietata disse:
    - Operatore 106, come posso aiutarla?
    - Signorina, io ho un account con voi, ma oggi non funziona!
    - Mi dica l'account...
    - [email protected]
    Silenzio di tomba per tre minuti.
    - Spiacenti, - disse all'improvviso la voce dolce - ma non ci risulta nessun account con questa E-Mail.
    - Controlli bene, cazzo! - urlò Zefiro - Ce l'ho da anni, non può essere sparito, cosa succede?!
    - Spiacente, ma non sono abilitata a fornire questo tipo di informazioni. Mandi un fax.
    - Dove?
    - Vada sulla mail alla voce "Reclami".
    - Ma la mia mail non va, cazzo! - urlò, ed aggiunse altre considerazioni contro i Credi monoteistici. Fumò nervosamente, e poi decise che avrebbe richiamato l'Operatore 106 e fatto un gran casino.
    Ma non ci riuscì. Perché intanto, il telefono era scollegato.
    Nessun segnale di campo, morto...

    Lo spense, lo riaccese, lo torturò a lungo, ma non diede segno di vita.
    Era così arrabbiato che gli era venuta la nausea, e gli girava la testa.
    - Calmati - si disse, e ricordò di avere una scheda telefonica di riserva, con dentro cinque minuti di conversazione. La sostituì con mano tremante. Chiamò il suo gestore telefonico.
    Ascoltò due delle Quattro Stagioni di Vivaldi.
    Poi una voce rispose:
    - Prema uno se vuole informazioni sulle bollette, due per telefonia fissa, tre se vuole conoscere le nostre offerte, quattro se vuole un nuovo numero, cinque se le interessa un'auto usata, sei se vuole segnalare un guasto, sette se vuole sentire una voce che le dice che il tasto sei è sospeso la domenica, otto se vuole sentire la Nona di Beethoven, nove se vuole parlare con un operatore.
    Premette nove. Ascolto le due rimanenti Stagioni.
    Una voce suadente e dolce disse:
    - Operatore 106, in che modo posso esserle d'aiuto?
    - Il mio numero non va più, la sto chiamando da un altro, e mi aiuti in fretta perché la scheda si sta esaurendo!
    - Mi dispiace, ma se vuole sapere perché il suo numero non funziona deve chiamare da quel numero e non da un altro.
    - Mi prende per il culo?
    - Non sono abilitata a darle questo genere di informazioni.
    Subito sullo schermo del telefonino apparve la scritta:

    CREDITO ESAURITO



    E il telefonino si spense del tutto. Il signor Zefiro si stese sul divano e nuovamente fumò, con mani tremanti. Mondo falso! Solo voci, mai un volto, mai una faccia, una persona vera su cui sfogare l'ira. Solo scritte, musiche, attese, voci dolci e spietate. E i manager a giocare a golf chissà dove.
    - Si nascondono, i bastardi - disse, e si accorse di aver finito le sigarette.
    Uscì nervosissimo e si diresse alla macchina distributrice automatica.

    Inserisci la carta d'identità per dimostrare
    di avere più di 18 anni.

    Carta inserita. Attendere prego.

    Carta non valida. L'erogazione del prodotto non è disponibile.



    - Ho quarantasei anni e fumo da trenta! - gridò prendendo a cazzotti la macchina.

    Per reclami mandate un FAX alla casa produttrice,
    Huang Shung di Shanghai.
    IL FUMO UCCIDE



    Al signor Zefiro venne da piangere, gli mancò il fiato, si sedette sul marciapiede come un barbone. Nemmeno vi era un'anima viva a cui chiedere l'elemosina di una sigaretta. Solo in cielo, un enorme stormo di uccelli che cambiava forma e direzione, mosso da un misterioso accordo.
    - Beati loro - pensò.
    Tornò a casa. Digitò sulla pulsantiera il codice per aprire il cancello. Non si aprì. Tirò calci sulla grata. Suonò dal portinaio. Non rispose. Suonò da Armaroli, Biondi, Cicero.
    Nessuno era in casa.
    A quel punto corse all'auto.
    - L'unica che può salvarmi - pensò - è Ottavia. Ma l'auto non riconobbe il segnale della chiave elettronica e non si aprì. Prese a calci la portiera che ululò l'allarme, e vomito il niente che aveva mangiato.
    Andò a piedi da Ottavia. Camminando nel lungo viaggio notò tre cose:
    Uno, incontrò solo tre persone, che lo incrociarono come se non lo vedessero.
    Due, era mezzogiorno, ma era quasi buio.
    Tre, lo stormo volò sopra la sua testa, si allungò, si divise in due e si ricompattò danzando, quindi formò un perfetto ovale e mentre Zefiro guardava incantato accadde qualcosa di inatteso: tra le migliaia in volo un uccello, uno solo, venne urtato e cadde a capofitto. Atterrò con un piccolo tonfo proprio ad un metro di distanza dal signor Zefiro. Restò lì inerte, col beccuccio spalancato. Lo strano incidente aumentò il turbamento del signor Zefiro, e l'affanno al cuore.
    Arrivò alla villetta di Ottavia. Suonò, ma lei non aprì. Urlò con tutto il fiato che aveva in gola. Nessuno rispose né dalla finestra della fidanzata né dalle case dei vicini. Tirò un sasso, ruppe un vetro. Nessuno protestò.
    La rabbia fu tale che sentì scoppiare la testa, davanti ai suoi occhi tutto divenne nero e svenne.

    Quando si riprese, gli batteva forte il cuore e sentiva una penosa oppressione al petto.
    - Un infarto - pensò, doveva correre al pronto soccorso, ma non vedeva un taxi, non aveva il telefonino per chiamarlo né i soldi per pagarlo. Per fortuna, proprio sotto casa di Ottavia c'era un posto di polizia.
    Era chiuso. Suonò al citofono. Si aspettava una voce rude e sudista, invece la solita voce dolce e spietata disse:
    - Di cosa ha bisogno?
    - Non sto bene... vorrei chiamare un'ambulanza.
    - Non è nostro compito...
    - La prego, non ho telefono né soldi in tasca e sto male, molto male...
    - Lei è un extracomunitario? - chiese la voce.
    - Sono cittadino di questo paese da quarantasei anni, cazzo! - gridò.
    - Mantenga la calma. Mi fornisca i dati del suo documento di identità.
    Il signor Zefiro li comunicò, con voce affannata. Passò un minuto. fortunatamente senza Vivaldi, solo un rumore di risate tra colleghi. Il peso sul cuore aumentava, faceva fatica a respirare. Tornò quella dannata voce:
    - Mi dispiace signore, ma il suo documento non è valido.
    - Non è possibile... l'ho usato ieri... oggi è un giorno maledetto, ma la prego, ricontrolli...
    - Spiacenti, non siamo abilitati ad aiutarla, signore - rispose la voce.
    Il signor Zefiro si trascinò a piedi al pronto soccorso, ansimando. Lo stormo di uccelli si era fermato su un albero e strillavano tutti insieme, con frastuono beffardo.
    Il pronto soccorso era ovviamente chiuso, c'era il solito citofono, con una telecamera indagatrice. Premette il pulsante.
    - Inserisca la tessera sanitaria alla sua destra e attenda - disse la solita voce.
    Con le ultime forze il signor Zefiro eseguì l'operazione.
    Ebbe appena il tempo di sentire l'ennesimo esemplare di operatore 106 dire:
    - Mi dispiace signore, ma la sua tessera sanitaria non è valida -
    E stramazzò.

    Si svegliò in una camera bianca, con una luce funerea e le finestre chiuse. Era a letto, con una flebo nel braccio. Vide un comodino con un telefono e i suoi vestiti su una sedia. Non c'era neanche il bagno. Trascinando la flebo, andò alla porta, ma era chiusa. Chiamò al citofono. Rispose la ben nota voce:
    - Infermiera 106, cosa c'è che non va?
    - Sono qui alla camera... non so qual è il numero, la porta è chiusa e non c'è il bagno e...
    - Certo lo sappiamo bene - rispose la voce dolce.
    - E io come faccio? Quando viene un dottore a visitarmi? Quando mi portate da mangiare? E cosa c'è nella fottuta flebo?!
    - Non sono abilitata a fornire queste informazioni - rispose la voce.
    - Ma abbia pietà, - gridò il signor Zefiro - io sono qua per guarire e mi trattate così?

    Seguì un lungo silenzio, poi una musica che sembrava provenire da lontano.
    - Mi dispiace signore, - disse l'infermiera, o dottoressa, o secondino - lei non è qui per guarire.
    - E per cosa allora? Sono malato o no?
    - La sua malattia non prevede una cura. Lei è stato scollegato. Tutti i suoi numeri, password, pin, account, iban, schede, codici e documenti non sono più validi. Lei non esiste più.
    - E allora?
    - E allora stia calmo e lasci che la flebo la sedi e la scolleghi definitivamente...
    Il signor Zefiro si sentì all'improvviso debolissimo e dovette sdraiarsi.
    - Signorina... mi dica almeno... perché...?
    - Non sono abilitata a fornire questo tipo di informazioni, signore - rispose la voce.
    Il signor Zefiro stavolta non provò neanche a riusare il telefono. Prese il lenzuolo e si coprì la testa.
    La flebo scendeva goccia a goccia.

    L'ultima immagine che gli apparve nella mente fu quella dell'uccellino sull'asfalto.

    Fonte: Stefano Benni - Cari Mostri


    Edited by zPaolo_94 - 7/11/2017, 14:13
     
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