La ballata del vecchio marinaio - Settima parte

Samuel Taylor Coleridge

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    Ser Procrastinazione

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    Il buon eremita dimora in un bosco che costeggia il mare. Ha una forte e simpatica voce, e ama conversare coi marinari che vengono da lontane regioni.

    S’inginocchia la mattina, a mezzogiorno, e la sera: e ha per morbido cuscino il muschio che riveste un vecchio tronco di quercia.

    Il battello si avvicinava. Io li sentivo parlare: "È strano davvero! E dove son ora quei tanti e belli splendori che dianzi ci facevano cenno?"

    "Strana cosa davvero in fede mia! (soggiunse l’eremita) non è stato nemmeno risposto al nostro saluto! L’intavolato della nave è tutto sconnesso, e vedete le vele, come sono sottili e consunte!

    Io non ho mai visto nulla di simile, se non fosse per quei bruni scheletri di foglie che galleggiano nel ruscello del mio bosco; quando i rami d’ellera son coperti di neve, e il gufo ulula al lupo che divora i lupicini."

    "Signore Iddio! Ha proprio un aspetto diabolico (aggiunse il pilota) e io sono stordito dallo spavento." - "Coraggio e avanti!" rispose allegramente l’eremita.

    Il battello si appressò alla nave; ma io non dissi parola, né feci motto; il battello venne proprio accosto alla nave, e immediatamente fu udito un rumore.

    Un rumore che dapprima brontolava sott’acqua, poi si fece più forte e più spaventoso... arrivò alla nave, sconvolse tutta la baia... e la nave affondò come piombo.

    Stordito da quell’orribil fracasso che scosse mare e cielo, il mio corpo galleggiava come quello di un annegato da sette giorni - quando a un tratto, come in un sogno, mi ritrovai nel battello del pilota.

    Sulla voragine dove affondò il bastimento il battello si aggirava vorticoso. Tutto era tornato tranquillo; solo la collina echeggiava ancora del gran rimbombo.

    Quando io mossi le labbra per parlare, il pilota mandò un grido, e cadde svenuto, Il buon eremita levò gli occhi al cielo, e si mise a pregare.

    Io afferrai i remi. Il ragazzo del pilota, che ora è diventato pazzo, rideva forte e a lungo, girando gli occhi di qua e di là. "Ah! Ah! (diceva) mi accorgo ora che il Diavolo ha imparato a remare."

    Ed ecco io misi piede sulla terra ferma, nel mio paese nativo. L’eremita uscì con me dal battello, ma poteva reggersi appena.

    "Oh confessami, sant’uomo, confessami!" - L’eremita aggrottò il sopracciglio. "Dimmi subito, t’impongo di dirlo, che razza d’uomo sei tu?"

    E immediatamente questa mia persona fu torturata in una tremenda agonia che mi obbligò a raccontar la mia storia; e solamente dopo averla narrata, mi sentii sollevato.

    Fin d’allora, a un’epoca indeterminata, riprovo quell’agonia; e finché non ho rifatto lo spaventoso racconto, il cuore mi brucia nel petto.

    Io passo, come la notte, di terra in terra, e ho una strana facoltà di parola. Appena lo vedo in viso, riconosco subito l’uomo destinato ad udirmi; e gli comincio a dire l’edificante mia storia.

    Che alto strepito esce da quella porta! I Convitati sono tutti là: la sposa e le sue damigelle son nel giardino e si odon cantare... Ma ecco la campanella del vespro che invita me alla preghiera.

    O Convitato! Quest’anima si è trovata sola sull’ampio, ampio mare: tanto sola, che Dio stesso pareva appena esser là.

    Oh, più dolce del nuziale festino, molto più dolce per me, è l’avviarmi alla chiesa, in devota compagnia.

    Incamminarmi alla chiesa, e là pregar tutti insieme, mentre ognun s’inchina al gran Padre, vecchi, bambini, teneri amici, e giovani, e allegre fanciulle.

    Addio, addio! Ma questo io dico a te, o Convitato: prega bene sol chi ben ama e gli uomini e gli uccelli e le bestie.

    Prega bene colui che meglio ama tutte le creature, piccole e grandi; poichè il buon Dio che ci ama, ha fatto e ama tutti.

    Il marinaro dall’occhio brillante, dalla barba brinata dagli anni, è sparito - e ora il Convitato non si dirige più alla porta dello sposo.

    Egli se ne venne, come stordito, e fuori dai sensi. E quando si levò la mattina dopo, era un uomo più triste e più savio.
    Traduzione di Enrico Nencioni (XIX secolo).


    Edited by & . - 24/6/2020, 19:58
     
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    Gentlement

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    Mi piacque la prima volta che la lessi. Il significato finale mi sfugge. Ma ricordo bene che l'uomo nel suo tragitto, mentre tutti erano oramai morti, e stava per morire anche lui, si imbatté in questa nave fantasma, guidata da dall'angelo della morte e della vita, che decidono di giocarsi la vita dell'uomo. La vittoria andrà all'angelo della morte che lo condannerà all'immortalità su quella barca, un destino terribile. Però ad un certo punto riuscirà a trovare del bello anche nelle creature viscide e putride del mare, e allora l'angelo della vita lo salverà da questa orrenda condanna. Particolare no?

    Edited by Emily Elise Brown - 11/4/2017, 12:08
     
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    Emily, ma sei bisessuale? ( ͡° ͜ʖ ͡° )

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