Stelle di carta

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    "Everyone wants to be Er Mortadella. Even I want to be Er Mortadella." ~ Cary Grant

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    Non ho mai voluto che succedesse qualcosa di male a Penny Kwan. In realtà non la conoscevo nemmeno. La mia famiglia si è trasferita in Nebraska lo scorso anno, e la terza media qui sarebbe stata la prima volta per me in una nuova scuola. Immagino che non fosse così diversa dalla mia ultima scuola, eppure sembrava così. Ero abituata a conoscere tutti in Arizona, quindi era davvero strano per me girare per la scuola senza riconoscere nessuno. Tuttavia, puoi sempre capire chi sono i ragazzini popolari. Mi sedetti dietro la ragazza più popolare durante la lezione di Inglese. Sarah Bennett. Lei era bene o male quella che dettava le regole da quelle parti, sai? Quindi, quando un giorno mi disse che il mio astuccio era molto carino, mi sentii... onorata, credo. Volevo piacerle.

    Penny Kwan era l'esatto contrario. Immagino che frequentasse da molto tempo prima che io la notassi. Era alta, soprattutto per una ragazza Coreana, con i capelli crespi e gli occhiali. Assomigliava ad un cucciolo di cavallo colpito da una saetta. I ragazzi la trattavano male ma lei non reagiva. Un giorno, a settembre, qualcuno la spinse mentre stava camminando per il corridoio facendola cadere; i suoi libri, i suoi appunti e le sue penne si sparsero ovunque assieme ai suoi occhiali, e vidi Sarah starsene lì. Non era stata lei a spingerla, ma Sarah rise e cominciò ad applaudire. Tutti intorno a lei cominciarono ad applaudire e i nostri occhi si incontrarono, so che è sbagliato, ma iniziai a battere le mani anche io. Più tardi quel giorno Sarah mi parlò di nuovo, dicendomi quanto erano disgustosi i capelli di Penny. Io stetti al gioco e risposi che erano la cosa peggiore che avessi mai visto e, prima che me ne rendessi conto ero seduta accanto a Sarah alla mensa, nemmeno parlammo di Penny, ma delle automobili che volevamo per i nostri 16 anni e di quanto fosse ingiusto che i nostri genitori non ci lasciassero mettere il mascara.

    Avevo trovato un'amica. Eravamo un gruppo, anzi. Tutto girava intorno a Sarah. Ma non era lei la più terribile, anzi, nemmeno ci si avvicinava. Quella era Vanessa. Fu lei che rubò gli occhiali di Penny dal suo armadietto durante l'ora di palestra, per poi romperli e rimetterli al loro posto. Ma fummo tutte a prenderla in giro per un mese per i suoi occhiali. Non dico che tormentare Penny fosse il nostro unico scopo o qualcosa di simile. Era solo qualcosa che facevamo. Parlavamo anche di ragazzi, di come la danza classica fosse stupida e di come capire se ti stavano per venire le mestruazioni. Normali discorsi da ragazzine delle medie. E Penny non era nemmeno così odiata. Aveva qualche amico e, un giorno di dicembre, fu persino popolare.

    Avevamo presentazione culturale durante l'ora di storia. Ogni settimana dei ragazzi ci avrebbero insegnato qualcosa sulla loro cultura, spesso Germanica, Latina o Danese. Quando arrivò il turno di Penny, ci mostrò come modellare strisce di carta per farle diventare a forma di stelle. Bisognava schiacciarle un po' sulle punte per farle diventare paffute e carine. Ci disse che, nella cultura Coreana, bisognava esprimere un desiderio quando si finiva la stella. Piacque a tutti e per tutta la giornata le ronzarono intorno chiedendo consigli su come rendere le loro stelle paffute e carine come le sue. Lei era così felice, lo potevo vedere, ed io ero felice per lei. Ma non durò. Il giorno dopo la gente ricominciò a darle addosso. Mi assicurai di nascondere per bene nel mio armadietto le stelle che avevo fatto. Una per un'automobile per i miei sedici anni, una per un cucciolo, una per un bel paio di tette quando sarei stata grande e una per un'altra stagione della mia serie preferita.

    Ci dimenticammo di lei quando iniziarono le vacanze invernali. Parlai con Sarah e le ragazze qualche volta, ma per la maggior parte passai il tempo libero con la mia famiglia facendo le solite fantastiche cose che facciamo normalmente. Nulla fuori dall'ordinario.

    Ne ritornammo a parlare il primo giorno di scuola dopo le vacanze. Dopo la prima ora eravamo tutti raggruppati nella palestra perché il preside doveva fare un annuncio speciale. Mi sedetti in quella vecchia e affollata scatola di sardine mentre il preside ci disse che Penny non era più tra noi, che “ci era stata portata via” da suo padre, e che lei sarà per sempre nei nostri cuori. Quindi cominciò il discorso su come noi dovevamo segnalare ad un professore o ad un altro adulto in caso ci sentissimo vittime di abusi domestici. E ci diedero una lista di numeri che potevamo chiamare. Tutta la scuola si muoveva in uno stato vago e scolorito. Nessuno pianse, ma nessuno sorrise. Nessuno parlò di Penny, ma nessuno parlò di nient'altro. Fino all'ora di pranzo.

    Mi sedetti vicino a Sarah e le ragazze, nessuna di noi aveva toccato i bastoncini di pesce. Quindi Vanessa si avvicinò e a bassa voce ci disse di aver sentito che Penny era stata picchiata a morte con una sedia. Disse che potevamo saltare le ultime due ore per andare a vedere la casa dove viveva la ragazza, che era solo ad un paio di isolati da lì. Io non volevo andare, ma non volevo nemmeno sembrare una codarda, e sono sicura che le altre ragazze si sentirono allo stesso modo. Dissi che sarei venuta.

    Ci incontrammo fuori dalla scuola, i nostri stivali facevano scrocchiare la neve così rumorosamente che pensai ci avrebbero scoperto a momenti, ma non successe. Attraversammo la parte “vecchia” della città. La parte vecchia stava lì da tanto tempo quanto il resto della città, solo che le case non erano mai state ricostruite. Vanessa ci portò ad una casetta di mattoni che sembrava vecchia di un secolo. Tutt'intorno aveva il nastro della polizia, ma quando lei, Sarah ed un'altra ragazza si chinarono per passarci sotto, le seguii senza nemmeno pensarci.
    La cucina era in condizioni terribili. Piatti sporchi riempivano il lavandino e coprivano il tavolo, c'erano insetti morti e cenere di sigarette ovunque. Il divano era pieno di chiazze di muffa. Lattine di birra vuote riempivano la maggior parte del pavimento, nessuna disse una parola mentre camminavamo per la casa. Quando scendemmo le scale trovammo la camera di Penny.

    Non c'era un vero letto, ma solo un materasso sul pavimento, senza lenzuolo. Solo un mucchio di coperte che puzzavano di piscio. Alcuni libri di scuola erano appoggiati vicino al muro, ed un vecchio orsacchiotto di peluche era riverso sul pavimento in mezzo alla stanza. Non so perché ma guardai nel suo armadio. Stavo solo esplorando. Sembrava il classico armadietto da sottoscala, di quelli a forma di cuneo. Lo aprii.

    Non si poteva vedere la fine dell'armadio, erano troppe. Non potevo mettere un piede dentro senza schiacciarle. Erano migliaia.

    Migliaia e migliaia di stelle di carta.

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    Edited by Er Mortadella - 1/11/2016, 17:37
     
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    people who think oikawa should've gone to shiratorizawa are banned.

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    Toccante
     
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    Da lacrimuccia, ma davvero bella.

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    "Il solo immaginare che ti sto uccidendo mi ha fatto venire un sorriso in volto "

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    Davvero triste :cry:
     
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