Una sigaretta deliziosa

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  1. Dogmeat
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    Il mio pranzo semidigerito galleggia nella tazza del cesso.
    Dovrei essere triste, ma non posso trattenere le risate quando vedo uno spaghetto intero nel mio vomito.
    «Fammi capire cosa è successo» mi dice Rino. Rino e il suo doppio mento. «Hai ottenuto la casa?»
    «Potresti aspettare fuori?» rispondo. «Ho del lavoro da fare qui» e continuo a vomitare.
    Rino esce dal bagno portandosi via il suo doppio mento.

    Quando finisco i miei affari lo trovo in soggiorno, seduto sulla mia poltrona da settantadue eurocrediti. I fragili braccioli in legno che quasi stanno per staccarsi sotto la pressione del suo largo culo.
    «Ah, eccoti. Come ti senti?» mi chiede.
    «Stanley Kubrick» gli rispondo. «Voglio essere Stanley Kubrick.»
    «Cosa?» Rino mi guarda con i suoi soliti occhi spaventati. «Hai ottenuto o no la casa?»
    «No.»
    Il mio amico, barra avvocato, barra sanguisuga, sospira. «Senti, mi dispiace. Per tutto quello che è successo». Mi dice: «tu capisci che così la casa andrà all'Impero. Sono davvero dispiaciuto, ma non posso fare più niente. Fatti forza, Davide.»
    «Forza?» Io sono un illuminato. «Rino, ti ho mai detto che durante l'infanzia avevo un amico immaginario che chiamavo Dado?»
    Rino mi guarda, ma rimane in silenzio.
    «Rispondo io per te, se non te la senti» come ho fatto a diventare amico di questo individuo? «La risposta è no. L'ho raccontato solo ai miei genitori» prendo un bicchiere e lo riempio d'acqua. «Dado continuava a dirmi che dovevo andare via da casa mia, che apparteneva a lui... gli lanciai contro una bottiglia di vetro, la quale, ovviamente, andò in frantumi contro il muro. Mio padre diceva che Dado era solo una parte di me. Mi faceva notare come gli avessi dato il mio nome. “Dado è il diminutivo di Davide, capisci? Dado sei tu”» bevo. «Solo oggi ho capito che aveva ragione. Aveva...»
    «Ti senti bene?» Rino mi interrompe e io gli guardo il mento. «Vuoi farmi la cortesia di raccontarmi cosa ti ha detto?» Si riferisce alla mia defunta ex moglie.
    «Certo che ti faccio la cortesia» mi siedo sul divano e inizio a raccontare.


    ***



    «Ogni volta che parla deve tenere premuto il pulsante rosso.» L'uomo col camice azzurro mi sorride, ma non tanto.
    È questo che ti insegnano alla scuola per aiuto-comunicatori. Devi sorridere abbastanza da sembrare solidale, ma non troppo da sembrare quasi felice. Il cliente è in lutto e tu devi assolutamente assecondarlo. Sbaglia il sorriso di mezzo centimetro e sei licenziato.
    «Il contatto può durare da qualche secondo a svariati minuti. Si prenda tutto il tempo necessario, non ci sono costi aggiuntivi. Il tutto verrà registrato, come da lei richiesto.»
    Gli dico che qualche secondo non è sufficiente. Devo parlare con la mia defunta ex moglie abbastanza a lungo da farle dire “ti lascio tutti i miei averi”.
    «Signor Valenzetti, sono desolato, ma questo non dipende da noi» l'uomo col camice azzurro scuote la testa mantenendo il sorriso stampato sul viso.
    Ti insegnano ad essere autoritario, ma mai ostile.
    Poi continua: «si ricordi che il soggetto non sa di essere morto. Se vuole mantenere un buon contatto deve fare in modo che la cosa rimanga immutata. Non dica nulla che lo possa insospettire.»
    Firmo i documenti e una coppia di anziani esce dall'edificio piangendo a dirotto.
    L'uomo col camice azzurro non smette di parlare: «è possibile che, poco prima della disconnessione, il soggetto inizi a dire cose senza senso. Il tono della voce potrebbe mutare. In quel caso non si allarmi, è tutto normale.»
    «Soggetto» gli dico «è una parola un po' troppo fredda e distaccata per un aiuto-comunicatore, non le pare?»
    «Mi scusi, non volevo offenderla» mi dice. E poi si mette a sudare.

    Non si parla veramente col defunto. Il computer cattura gli schemi elettrochimici del cervello ed elabora una risposta affidabile e sicura.
    «Se la risposta è elaborata dal computer, ed è affidabile e sicura, allora perché quando il contatto sta per chiudersi il tono della voce può mutare?» Chiedo all'inaffidabile e insicuro uomo col camice. «Perché il contatto si chiude? Una volta assimilati gli schemi elettrochimici, la macchina non potrebbe elaborare risposte per sempre?»
    «Signore, le risposte a questi quesiti sono tanto affascinanti quanto complicate. Può trovare un esauriente resoconto nel saggio Chimica dell'aldilà scritto dal dottor Veri.»
    E questo che ti insegnano alla scuola per aiuto-comunicatori. Cogli ogni opportunità per vendere il prodotto.
    «Magari il dottor Veri si sbaglia» dico. «Qualsiasi cosa egli abbia scritto.» Magari è tutto vero. Il cliente parla con l'oltretomba.
    La morte è stata monopolizzata secoli fa, ora tocca monopolizzare quello che viene dopo.
    Rendere consumabile il consumato.
    L'uomo col camice mi sorride nervosamente. «Da questa parte, prego. Le faccio strada.»

    Ai funerali della mia ex moglie c'era un cane che pisciava ovunque. So già che questa immagine sarà stampata nella mia mente per tutta la chiacchierata. A Dio piace punirti con le piccole cose.
    «Come già le ho detto, non deve far altro che tener premuto questo pulsante e parlare. Io sarò qui fuori per tutto il tempo. Se ha bisogno di qualcosa, non esiti a chiamarmi» l'uomo col camice ha smesso di sudare.
    Gli dico che può andare. Gli stringo la mano.
    Fisso il pulsante rosso e penso ai fenomeni di falsa reincarnazione. Talvolta il defunto assume il tono di voce di un bambino e racconta dettagliatamente la sua nuova vita. A volte il bambino dice di vivere nel 1800, oppure di essere devoto a Giove. Il bambino dice che una grossa belva lo insegue ovunque, e che la sua lancia è rotta. È andato a caccia col padre che ora giace a terra con le budella di fuori e le sue feci si mischiano con il sangue ancora caldo. Il bambino chiede disperatamente aiuto attraverso l'altoparlante.
    Il dottor Veri non si esprime in merito.

    La prima cosa che dice Rosa, la mia defunta ex moglie, è “zuppetta”.
    Stabilizzazione del software, penso. Non sa di essere morta, ricordo. Gli schemi elettrochimici non sanno di essere solo schemi elettrochimici, mi correggo.
    «Rosa?» comincio. «Sono io, Davide. Come ti senti?»
    Fruscio.
    «Sei ancora arrabbiata con me?» continuo.
    Dal piccolo altoparlante esce solo statico.
    Mi alzo e mi dirigo verso la porta. L'uomo col camice deve mettere a posto la cosa.
    «Davide?» voce metallica e timida. «Davide, sei tu. Volevo chiamarti da tanto tempo, ma alla fine sei venuto tu a trovarmi.»
    Il cane che piscia.
    «Sì» le rispondo. «Perdonami se non sono venuto prima. Come stai?»
    «Sto morendo. Non c'è più nulla da fare. A questo punto sono nelle mani di Dio. Il morbo del pulviscolo ha una mortalità del novantotto percento. Sono fottuta.»
    «Non dire così» non sono mai stato bravo a recitare. Devo cambiare discorso. «Senti, Rosa...»
    «Già» mi interrompe. «Conosco benissimo il motivo della tua visita» si prende una pausa. «Sei benestante, Davide. Ci sono migliaia di bambini italo-tedeschi che soffrono a causa di questa folle guerra.» La voce elettrochimica di Rosa si mette a piangere. «Mi dispiace, ma l'immobile deve andare all'Impero.»
    Tutto ad un tratto ricordo perché ho divorziato.
    Odio le sue cazzate! Odio le sue cazzate! Odio le sue cazzate!
    «Allora vuoi proprio farlo?» è tutto inutile. Sto sprecando il mio tempo.
    Ancora quel fruscio. Il contatto è perso?
    «Rosa? Sei sveglia?»
    Il cane piscia ovunque.

    Ci sono casi in cui il soggetto inizia a piangere istericamente. Dice di non voler tornare sulla terra.
    Talvolta quello che esce dall'altoparlante è il verso di un qualche animale.
    Un povero ragazzo di ventidue anni, morto in guerra, comincia a nitrire in maniera terribilmente realistica sotto gli occhi dei suoi genitori in lacrime.
    Il dottor Veri non si esprime.

    «Ciao! Chi sei? Chi è Rosa?» il fruscio è rotto dalla voce di un bambino. «Ti piace il mio disegno? È uno squalo. Mio padre mi ha detto che una volta esistevano questi grandi pesci che mangiavano di tutto. Magari si sono estinti per questo. Mamma dice che non si devono mangiare le schifezze.»
    Il tribunale accetta testamenti anche da false reincarnazioni? Non ne ho idea, ma dovrei comunque provarci.
    «Rosa?» so già che non funzionerà «ci sei ancora?»
    «Mi dispiace, qui non c'è nessuno che si chiama così. Vuoi dirmi se ti piace il mio disegno?»
    «Caspita, sai disegnare benissimo.» Da qui non si vede nulla, ma essere gentili è il primo passo per ottenere ciò che si vuole. «Piacere, io sono Davide. Tu come ti chiami?»
    «Anche io mi chiamo Davide!» la voce di un bambino felice. «Ti chiamerò Dado. Ti piace?»
    Un brivido mi percorre la schiena.
    Non devo chiamarlo per nome. Sto parlando con la mia ex moglie, non con un bambino.
    Di nuovo il fruscio.
    «Senti, mi piacciono molto i tuoi disegni, ma ora devi farmi un favore, va bene?»
    «Adesso basta, Dado.» La voce del bambino sembra ora quella di un ragazzino. «Devi andartene. Noi non andremo mai via da questa casa. Vattene via e non tornare più. Tu nemmeno esisti!»
    «Cosa? Davide...» l'ho chiamato per nome «ma che stai dicendo? Non ho mai detto nulla del genere!» Non reggerà mai in tribunale.
    Il ragazzino urla. Qualcosa va in frantumi. Il contatto termina.

    ***



    «Mi devi settantadue eurocrediti» dico mentre indico la poltrona.
    Rino si alza e va a prendersi da bere.
    Nella stanza cala il silenzio. Una mosca si posa sul mio braccio. Sento il mio amico che sorseggia il mio whisky.
    «Quindi?» mi chiede. «Cosa significa questa storia?»
    «Significa che l'immobile andrà all'Impero» rispondo.
    «Grazie per l'importante ragguaglio» Rino mi guarda inviperito. «Ora, per favore, mi spieghi cosa significa tutto il resto?»
    «A me sembra ovvio.»
    «Beh, io sono un coglione. Quindi ora mi fai il porco favore di chiarirmi le cose!»
    «Quanto amavo disegnare squali, da bambino. A Dado piacevano molto, o almeno così diceva. Voleva a tutti i costi quella casa.» Mi accendo una sigaretta. «Finalmente decise di andarsene quando gli gettai contro la bottiglia.»
    Rino continua a fissarmi mentre si versa un altro bicchiere.
    «Questa storia non significa niente, Rino.» Il mio amico, barra avvocato, barra sanguisuga, non è pronto per la verità. La mia verità. «Puoi anche andare a casa, adesso.» La sigaretta che tengo fra le labbra è di gran lunga la più deliziosa che abbia mai fumato.
    Senza dire una parola, Rino apre la porta in vetro ed esce nell'oscurità della sera.

    Quando giungi ad una verità non puoi fare altro che contemplarla. Non posso andare a dormire, adesso. Non posso mangiare.
    L'unica cosa che tollero, ora, è fumare.

    «Voglio essere Stanley Kubrick, la prossima volta.»


    Racconto ispirato a vari deliri filosofici che attanagliano la mia poco lucida mente.

    Di gran lunga la storia più complessa che abbia mai scritto.
    Ero indeciso se postarla o no già quando ebbi l'idea iniziale.
    Non volevo dare una spiegazione in quanto non c'è un vero e proprio significato. L'unico vero significato è quello che il lettore le dà.

    Mi limiterò a spiegare il “come” e non il “cosa” in quanto è un racconto a libera (liberissima) interpretazione.

    Che succede nel racconto?
    In un futuro (o presente, ma anche passato) alternativo, è possibile parlare con i defunti per qualche secondo (o minuto) tramite uno speciale computer.
    Emblematici sono i casi di “falsa reincarnazione”: mentre il defunto sta parlando, la sua voce può talvolta diventare quella di un bambino (o animale) che descrive dettagliatamente la sua nuova vita. Il tempo può essere distorto: le persone possono reincarnarsi anche nel passato o nel “presente”.
    Il protagonista, sotto il consiglio dell'amico/avvocato, decide di parlare con la sua ex moglie defunta per estorcerle la casa.
    Improvvisamente, dall'altoparlante, si sente la voce di un bambino che racconta per filo e per segno episodi accaduti nell'infanzia dello stesso protagonista. Episodi che egli non ha mai raccontato a nessuno, fatta eccezione per i suoi genitori.
    Davide giunge ad una conclusione: se lui è la reincarnazione della sua stessa moglie e questi due sono stati in vita “contemporaneamente” per tanto tempo, è probabile che tutti abbiano, in realtà, la stessa coscienza. È probabile che tutti “siano la stessa persona”.
    Alla luce di questa verità (che è una verità solo per Davide) tutto perde di significato. Conta solo il qui e ora. Conta solo la sigaretta accesa.


    Edited by Dogmeat - 28/3/2016, 05:01
     
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    Non l'ho capita. Puoi spiegarmela?
     
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  3. Dogmeat
         
     
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    Lo so, è parecchio complesso. Proprio per la sua complessità non volevo postarlo, ma alla fine ho ceduto.
    A malincuore (lol) ho aggiunto la spiegazione sotto spoiler.
     
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    Okay, ho letto la spiegazione e, credimi, se gli altri decideranno di smistarlo, ci vuole assolutamente. Non è tanto la storia in sé, ma è il finale che mi ha turbata facendomi pensare a "dove vuole andare a parare?" :asd: Detto ciò, io l'ho gradita semplicemente per la scorrevolezza del racconto (perché a concetti io sono negata, mi dispiace). Per me va in AR.
     
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  5. Dogmeat
         
     
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    Eh, purtroppo non riesco a scrivere racconti con trame semplici :asd:


    EDIT: Titolo modificato.

    Edited by Dogmeat - 28/3/2016, 04:57
     
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    Ho letto questo racconto e ho iniziato a scrivere il mio parere, ma poi mi sono reso conto che per questo tipo di storia sarebbe stata necessaria una seconda lettura.
    Adesso, quindi, dopo averla riletta, posso dirti che ho adorato il fatto che la trama sia ben definita, ma il vero significato del racconto sia a libera interpretazione. Io odio i finali aperti, ma non quelli ambigui, perché questo tipo di struttura narrativa ti fa riflettere e ti soddisfa anche se non riesci a interpretare a pieno ciò che succede. Almeno capisci cosa succede, ecco.
    E' interessante anche il futuro descritto, anzi, accennato: sono un fan sfegatato delle realtà alternative (in una mia eventuale top ten dei miei libri preferiti, almeno tre o quattro sarebbero romanzi distopici) e mi è piaciuto come tu sia riuscito a rendere credibile quel mondo con solo pochi riferimenti all'Impero, agli aiutocomunicatori e così via; si respirava proprio un'aria di normalità, come se i protagonisti fossero dei cinquantenni che iniziano ad abituarsi all'utilizzo di uno smartphone.
    Ciò che ho maggiormente preferito, però, è il tuo stile: molto maturo, sporco, ma allo stesso tempo preciso e "pulito"; l'impressione che ho avuto è che non ci fossero parole messe a casaccio, artifizi retorici o altri stratagemmi per allungare il brodo, ma tutto fosse estremamente misurato, funzionale al racconto- Mi fai venir voglia di leggere finalmente Palahniuk, nel caso fosse ancora lui la tua ispirazione.
    Complimenti, comunque, smistiamo in AR (anche se, in tutta onestà, se dovessi classificare i tuoi racconti in ordine di gradimento ce ne sarebbero altri al primo posto).
     
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  7. Dogmeat
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    Ti ringrazio :peoflow:
    CITAZIONE
    si respirava proprio un'aria di normalità

    Ed era proprio questo l'effetto che volevo regalare. Sono molto contento di esserci riuscito.

    CITAZIONE
    Ciò che ho maggiormente preferito, però, è il tuo stile: molto maturo, sporco, ma allo stesso tempo preciso e "pulito"; l'impressione che ho avuto è che non ci fossero parole messe a casaccio, artifizi retorici o altri stratagemmi per allungare il brodo, ma tutto fosse estremamente misurato, funzionale al racconto- Mi fai venir voglia di leggere finalmente Palahniuk, nel caso fosse ancora lui la tua ispirazione.

    Ormai mi sto spostando quasi definitivamente dalla narrazione in terza persona ad una in prima, narrata al presente.
    Quello che cerco di fare, inoltre, è colpire e "svegliare" il lettore con alcune frasi forti (il cane che piscia, le feci col sangue) messe qui e lì in un contesto totalmente estraneo a questi elementi.
    Palahniuk è stato determinante per me, e se ti piace questo stile davvero DEVI recuperarlo.
     
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    Lo farò assolutamente ;)
    Comunque, questo racconto (e Anima ingiallita, soprattutto) mi hanno ricordato tantissimo anche Philip K. Dick. Non so se Palahniuk si sia ispirato direttamente a lui e, per proprietà transitiva, lo abbia fatto anche tu, però ho trovato enormi somiglianze stilistiche e di atmosfera con "un oscuro scrutare".
     
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  9. Dogmeat
         
     
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    Mi piace molto il caro Philip ma non ho letto un oscuro scrutare, vorrei farlo nel futuro prossimo. Da Palahniuk prendo soltanto lo stile.

    L'ispirazione di questo racconto in particolare mi è venuta guardando un episodio di black mirror (serie che consiglio). Diciamo che mi piace usare lo stile di Palahniuk ma raccontando storie completamente diverse da quelle che racconta lui.
     
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    Capisco. Black Mirror è in lista da molto tempo, ma da come viene descritta sembra proprio fare al caso mio.
     
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    ɥıʌǝɯıup

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    Come dire...
    me cojoni :siga:


    Stupendo, senza fronzoli, eppure chiaro e coinvolgente. Sono riuscita a visualizzare chiaramente Davide, la sua stanchezza, l'ambiente crudo. è la prima volta che mi impegno a leggere qualcosa di tuo, e credo che ora andrò a recuperarmi i tuoi altri racconti.
     
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    Adoro lo stile scorrevole e la trama, dico AC anch'io
     
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  13. Dogmeat
         
     
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    Grazie mille, così mi commuovo :peoflow:
     
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