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Cammini sul sentiero che ormai è stato battuto da tutti.
Non fai alcuna fatica a mettere un piede davanti all’altro e avanzi senza
quasi accorgertene: le gambe vanno da sole e puoi tranquillamente
guardare a destra e a sinistra.
Intorno a te il bosco è meraviglioso, gli ornielli hanno i fiori che devono schiudersi
e anche i cornioli che costeggiano i lati del sentiero sono lussureggianti.
Stai sorridendo guardando poco più lontano, dove iniziano le rocce che portano alla
cima della collina; riesci a vedere i fiori gialli della ginestra e dell’elicriso.
La pietra grigia è macchiata di verde grazie a numerosi licheni, alcuni muschi e
molte piantine di asplenio.
Tutto è meraviglioso.
Poi sposti lo sguardo.
Il sentiero che percorri è lineare, semplice, polveroso.
Noioso.
A destra vedi una distesa di felci che portano ad un orrido.
Sicuramente non ci finirai dentro, ma non arriverai nemmeno a sentire
l’odore delle calendule che crescono lungo il bordo, né potrai ammirare
da vicino lo splendore dei gigli tigrati spontanei.
Perché non puoi vedere anche tu il colore arancione di quei meravigliosi fiori?
Il vento ulula tra i chiari tronchi delle betulle e le foglie verdissime stormiscono,
quasi sembrano volerti prendere in giro. L’erba cresce solo fuori dal tuo sentiero.
Com’è possibile? Quei sottili fili verdi se ne stanno lì sul bordo e non sei degno
nemmeno di calpestarli.
La frustrazione ti fa battere i piedi e cominci a camminare più veloce, non ti accorgi
dei molti non-ti-scordar-di-me che schiacci, continui a marciare andando dritto e pensi
che non è giusto. Cosa hai fatto per non meritarti i fiori sulla tua strada?
Guardi ancora ai lati e vedi le foglie verdi di tutte quelle piante che non riesci più nemmeno
a distinguere, la brezza è leggera e ti rinfresca, ma non riesci a sentirla.
Ti chini velocemente e prendi un sasso.
Perché non puoi avere anche tu il vento sulla pelle?
Tiri il sasso con furia, alla cieca, sperando di distruggere tutto il bosco.
Nello slancio ricadi con il piede sinistro sopra una bellissima orchidea selvatica, ma non la vedi
nemmeno; i suoi petali rosati si accartocciano sotto la tua suola e il fiore muore schiacciato.
Davanti a te, sul terreno che credi completamente brullo,
spuntano camomille e margherite,
ma non sei in grado di vederle, preso come sei ad arrabbiarti per quello che
scorgi ai lati, e ancora una volta calpesti tutto.
Ormai il verde ti rende cieco e urli al bosco, maledicendolo per tutto quello
che non ti concede.. -
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Idea senza dubbio carina e interessante, con una buona stesura. Piccola nota, forse la morale di fondo è resa in modo troppo banale, o meglio, troppo palese, ma penso che non fosse proprio nelle tue intenzioni ricorrere a colpi di scena, bensì rappresentare a pieno il sentimento dell'invidia e cosa ci porta a (non) fare.
Direi AR. -
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Si, questa fa parte di un piccolo progetto, una raccolta denominata emozioni umane. Sono a gruppi di tre in cui la prima è una palese descrizione dello stato d'animo e due allegoriche, ma comunque semplici . -
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Sì, concordo per AR. . -
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AR e smisto . -
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L'invidia ti porta a vedere solo ciò che non riesci a vedere, a sentire e a toccare, facendoti dimenticare di tutte le cose belle che ci sono, ti spinge a non prestare loro attenzione. Ho percepito tutto il dolore e la distruzione del personaggio in me, forse proprio perché è scritto in modo semplice e deciso. Perché le emozioni sono semplici e pure.
A me è piaciuta molto. Vabbe, ma che te lo dico a fare. Ogni volta che entro in un topic aperto da te vedo questo:SPOILER (clicca per visualizzare). -
DameoNightmare.
User deleted
Affascinante ed empatica Kung, mi è piaciuto il dualismo: invidia e giardinaggio/andiamo per funghi. . -
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Bello .