Di come il coniglio perse la testa

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  1. Dogmeat
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    Il signor Lauri era sempre stato sospettoso nei confronti del mondo.
    Le cose non migliorarono di certo, quel giorno. La sala d'attesa era piena di gente.

    Ho sempre svolto il mio lavoro in maniera impeccabile, pensò. Non mi sono mai dato malato. Non capisco. Perché proprio io?
    La lettera gli arrivò quel mattino alle dieci in punto. Il mittente era il signor Ettore Facchin, suo datore di lavoro. Tremando, aprì la busta e ne estrasse il foglio su cui vi era scritta una sola frase:

    Nel mio ufficio alle ore 22:00



    Evidentemente non era l'unico ad aver ricevuto la lettera. Nella sala d'attesa miseramente illuminata da poche lampade a muro situate qui e lì, si contavano almeno venti persone. Il signor Lauri si sentiva estremamente spaesato. Fuori posto.
    Dall'altra parte della stanza la segretaria lo fissò mentre lui si avvicinava al bancone dietro il quale era seduta.
    «Si accomodi» fece questa «non dovrebbe mancare molto».
    «Mancare molto a cosa?» chiese il signor Lauri.
    «Oh, lei deve essere nuovo. Si accomodi, prego, la chiameremo noi.» La segretaria sorrideva. Capelli neri, occhi azzurri. Era incredibilmente bella.
    Perplesso, il signor Lauri si sentì addosso gli occhi dell'intera sala. «Non le ho nemmeno detto chi sono.»
    La ragazza non disse nulla.
    «Ho capito» concluse il signor Lauri. Si allontanò dal bancone e si diresse verso l'unica sedia libera della stanza.
    «Di Giacomo!» chiamò la segretaria. «Di Giacomo, presto! Il signor Facchin è in pericolo. Rischiamo di chiudere qui la sessione. Non possiamo permettercelo.»
    Dal fondo della sala si alzò un uomo enormemente grasso. Calvo, ma con una folta barba bianca. Ansimando si avvicinò al bancone.
    In pericolo? Pensò Lauri. La sessione? Non capiva. Un passo alla volta. Tutto quello che devo fare e prendere posto e magari chiedere informazioni a qualcuno.

    Accanto a Lauri sedeva un clown.
    Fin troppo tardi il signor Lauri si accorse che nessuno nella stanza era vestito con abiti formali. C'erano due clown, un barbone, un uomo in tuta, cinque soldati, una dozzina di donne in costume da bagno e perfino un uomo in sedia a rotelle con tanto di flebo al braccio.
    L'uomo grasso, chiamato poco prima dalla segretaria, il signor Di Giacomo, aveva fatto molta fatica ad attraversare la porta dell'ufficio del signor Facchin. Il sudore gli colava dalla fronte e gli bagnava il collo. Tutti nella sala erano rimasti in silenzio mentre si godevano lo spettacolo. Quando alla fine riuscì ad entrare, la segretaria tirò un sospiro di sollievo.
    Il signor Lauri, stordito dagli eventi, si rivolse al clown che gli sedeva accanto e, con voce incerta, riuscì a chiedere: «ma cosa succede?»
    Il clown, che puzzava di alcol e orina, lo guardò con aria confusa. Fece per parlare, ma si interruppe subito scuotendo la testa. Una flebile risata si fece largo fra le sue labbra.

    Deve essere un sogno. Sto sognando. Devo essermi addormentato dopo cena. Oh, mio Dio! Che ore sono? Farò tardi all'appuntamento col signor Facchin. Devo svegliarmi, ora.

    Non si svegliò.
    Si sentiva troppo intontito per chiedere lumi a quella gente. Preferì starsene seduto, in silenzio. Il mondo davanti agli occhi sembrava una copia imperfetta della realtà. La vista sembrava filtrata da una patina appiccicosa fatta di materiale onirico. In trappola. La mente costretta in uno stato di scarsa lucidità da qualcosa di intangibile. Estraneo, eppure così familiare. Provò il desiderio di alzarsi, di correre. Di urlare.
    Non fece nulla di tutto ciò.
    Uno dopo l'altro, le persone presenti venivano chiamate dalla segretaria e, una volta entrate nell'ufficio del signor Facchin, non facevano più ritorno. Quando arrivò il turno del clown alcolista, questo si alzò sbuffando. «Questa è l'ultima volta, lo giuro» disse. «Il vostro caro Facchin, ieri, insieme ai suoi amici...» indicò i cinque soldati «già, mi riferisco a voi, lì dietro! Mi ha strappato i vestiti di dosso e mi ha picchiato fino a farmi svenire.» Si alzò nell'aria un timido brusio.

    L'iniziale spaesamento del signor Lauri si tramutò ben presto in puro terrore, e quando fu l'ultimo rimasto ad aspettare nella sala aveva ormai considerato qualsiasi teoria plausibile che spiegasse cosa stesse succedendo, senza giungere ad alcun risultato utile.
    Devo andarmene, pensò. Non posso restare qui dentro un minuto di più.
    Non ebbe il tempo di formulare altri pensieri: la segretaria chiamò il suo nome.
    Riluttante si alzò e si diresse verso il bancone. «La prego, mi spieghi cosa sta succedendo!» la supplicò.
    «Ma certo» la ragazza gli sorrise. Si chinò e fece per prendere qualcosa da sotto il bancone. Dopo qualche secondo si alzò con un plico di fogli fra le mani. Lo porse al signor Lauri. «Ecco a lei, oggi le tocca fare il cabarettista. Si limiti a leggere questo copione. Legga ad alta voce quello che c'è scritto. Legga e basta! E ci metta del patos, mi raccomando.»
    «Il cabarettista?» il signor Lauri guardò il plico datogli dalla ragazza. Un copione di circa trenta pagine tenute insieme da una grossa graffetta. In prima pagina spiccava il titolo dell'opera:

    DI COME IL CONIGLIO PERSE LA TESTA

    Scritto da
    Un tizio molto poco raccomandabile



    Rimase fermo per qualche secondo, senza dire una parola. Più confuso che mai.
    La segretaria sorrideva compiaciuta.
    E questo cosa significa? Era troppo debole, troppo fiaccato per chiederlo ad alta voce. Quindi il prossimo passo è aprire quella porta e rischiare la vita? E se mi rifiutassi?
    La segretaria notò la sua esitazione. «Avanti, è già in ritardo.»
    A passi lenti, come se avesse le suole di piombo, il signor Lauri si diresse verso la porta dell'ufficio. Non riusciva a pensare a nulla. Il cuore sembrava uscirgli dal petto. Respirava affannosamente.
    Che situazione.
    Non avrebbe mai voluto raggiungere la porta, ma questa si avvicinava sempre di più, inesorabile. L'aria divenne terribilmente densa.
    Lentamente mise la mano sul pomello e, trattenendo il respiro, aprì la porta.
    Non ebbe il coraggio di guardare cosa ci fosse nell'ufficio. Serrò gli occhi, abbassò la testa.
    Entrò.

    ***



    La porta si richiuse con violenza alle sua spalle. Le tenebre lo avvolsero per quella che a lui sembro un'eternità. L'oscurità confortante e accogliente gli donò quale secondo interminabile di pace.
    Stringeva fra le mani il copione datogli dalla segretaria qualche minuto prima. Le dita sudate resero la carta umida e scivolosa. Con entrambe le mani si portò il plico di fogli al petto quasi a proteggersi dalle creature che certamente, di lì a poco, sarebbero sbucate dalle tenebre opprimenti.
    Ad un tratto sentì odore di pop corn. Non si sbagliava. Un odore che lo riportò al periodo di un'infanzia che forse non aveva mai vissuto.

    Il riflettore si accese improvvisamente. Il fascio di luce puntato su di lui.

    Gli giunse il suono di mille voci che si sovrapponevano. Confluivano l'una nell'altra a creare un lamento convulso, quasi gioioso. Grida e strani rumori provenivano da tutte le direzioni.
    Era troppo. Non poteva sopportare altro. Il terrore gli chiudeva la gola impedendogli di respirare. Restò immobile, facendo attenzione a non muovere nessun muscolo del corpo.
    Le grida e i rumori lentamente cessarono, fino a che nella stanza regnò il silenzio più assoluto.
    Quando finalmente gli occhi si abituarono alla forte luce, riuscì a vedere la fonte dell'orrore.
    La platea era gremita di spettatori in attesa.
    Oltre a lui, sul palco, c'era un piccolo tavolo con sopra un grosso bicchiere ricolmo d'acqua. Il signor Lauri si rigirò il plico fra le mani, indeciso sul da farsi.
    Lentamente si avvicinò al tavolo, vi posò sopra il copione e fece l'unica cosa che credeva dotata di senso. «Signor Facchin?» chiamò.
    La platea esplose in una fragorosa risata.
    Dopo pochi secondi, dal fondo, si avvicinò un ragazzo biondo. «Professore, purtroppo non sono preparato» disse «in questi giorni sono stato pesantemente influenzato. Potrebbe interrogarmi la prossima settimana?» chiese ansiosamente.
    Il signor Lauri non seppe cosa dire. Ignorò completamente la domanda del ragazzo. «Signor Facchin, voleva vedermi?» gridò, invece, all'aria, consapevole che non avrebbe ricevuto una risposta quantomeno sensata.
    Sul volto di alcuni spettatori apparvero sorrisi soffocati.
    «Cosa vuole dire?» chiese il ragazzo biondo «non capisco.»
    «Lei è il signor Facchin?» domandò al ragazzo «è stato lei a mandarmi la lettera?»
    «Lettera?»
    I sorrisi iniziarono a tramutarsi in risate. Gli unici a mantenere un'espressione seria, quasi spaventata, erano il signor Lauri e il ragazzo biondo.
    Un rumore improvviso, estremamente forte, squarciò l'aria. Molto simile ad un allarme antincendio.
    Il signor Lauri iniziò a sentirsi male. Il mondo davanti ai suoi occhi divenne una centrifuga. Poteva quasi percepire il suo cuore rallentare. Si accasciò a terra.

    ***



    Ettore Facchin si svegliò e spense la sveglia. Quella mattina non doveva lavorare, ma adorava svegliarsi presto.
    Dal bagno emerse una voce femminile, quella di sua moglie: «dormito bene?»
    Come sempre si era alzata poco prima che suonasse la sveglia.
    «Certo» rispose Ettore, leggermente turbato.
    La donna percepì la spiacevole sensazione nella voce del marito. «Brutto sogno?» chiese.
    «Ah» esitò Ettore «non ne sono sicuro» rise. «Ero a teatro. Sul palco c'era il mio vecchio professore di fisica, il signor Lauri. Invece di recitare voleva interrogarmi.» Si passò una mano fra gli ormai radi capelli biondi. «Pazzesco.» concluse.
    Si alzò dal letto e si diresse verso il bagno. Si sentiva stranamente agitato. Provò il desiderio di abbracciare sua moglie.

    Un brutto sogno, pensò. Proprio un brutto sogno.


    Racconto dall'evoluzione estremamente travagliata.
    Scritto almeno due anni fa, è l'unico racconto di quei tempi ad essere sopravvissuto alla mia furia cestinatrice.
    Mi decisi a pubblicarlo su questo forum qualche mese fa, per poi cambiare idea poco dopo e farlo cestinare.
    Un racconto che odio immensamente, ma che non si decide a morire. :asd:
    Riletto e ritoccato almeno un migliaio di volte. Non sarò mai soddisfatto del risultato.
    Per staccarmelo di dosso, tento ora di pubblicarlo una seconda volta, sperando sia quella buona.

    Spiegazione:
    Il signor Lauri viene convocato dal suo datore di lavoro, Ettore Facchin.
    Non appena metterà piede nella sala d'attesa dell'ufficio, la situazione che si troverà ad affrontare si farà estremamente onirica e surreale.
    Gli eventi si faranno sempre più confusi fino a che il signor Lauri si convincerà di stare sognando, ma dopo poco arriva il colpo di scena: si tratta sì di un sogno, ma non del signor Lauri. Quest'ultimo, come tutti i "dipendenti" che aspettavano nella sala d'attesa, è solamente un personaggio che popola il sogno di Ettore Facchin.


    Edited by Dogmeat - 30/11/2015, 03:58
     
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    Soggetto molto interessante e originale, a tratti anche filosofico, perché mi ha ricordato quella "teoria" (più che altro, una riflessione) secondo la quale la nostra vita potrebbe essere nient'altro che il sogno di qualcun altro, e la vita di questo qualcuno a sua volta altro materiale onirico, e così via.
    Ho alcune note negative da fare, tuttavia: innanzitutto, forse a causa dell'eccessiva lunghezza (a mio parere, eh), il racconto appare leggermente confuso, forse ancor più di quanto non sarebbe dovuto esserlo nelle tue intenzioni, per ricalcare lo spaesamento del protagonista. Le sue considerazioni sviano un po', a volte si ha l'impressione che la storia stia per prendere una piega horror, altre che la tensione serva solo per rendere la situazione più onirica (letteralmente, in questo caso). Un leggero taglio alle sue riflessioni (anche in vista del finale, in cui si scoprirà essere solo un personaggio secondario) renderebbe la lettura più fluida, però credo che, come tu stesso hai detto, sarebbe impossibile arrivare ad ottenere un risultato che ti soddisfi a pieno.
    Dalle innumerevoli bozze (talvolta anche concluse) che riempiono il mio pc o il mio account evernote ho capito che un racconto che si basi su di un'illuminazione, un'idea folgorante come questa, vada subito messo per iscritto e concluso senza ulteriori revisioni. Forse sarà un'opera imperfetta, ma quei piccoli aggiustamenti non farebbero altro che tradire la sua essenza (anche perché delle correzioni fatte poco dopo la stesura, nei mesi o negli anni successivi sono sicuro che sembrerebbero stonare e si tornerebbe alla bozza iniziale xD)

    Sono indeciso riguardo lo smistamento: si potrebbe collocare nel filone più surreale dell'Horror (quindi HS), ma penso che i lettori si aspetterebbero fino alla fine un qualche mindfuck o una presenza più massiccia dell'elemento tensione, quindi sono più propenso a collocarla in una delle sezioni di UT, in questo caso Altri Racconti
     
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  3. Dogmeat
         
     
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    Come spesso accade nei miei racconti, le considerazioni e le azioni dei personaggi raramente hanno senso. In questo caso, per esempio, è il signor Lauri a crearsi la "trappola". Potrebbe benissimo alzarsi ed andarsene, nessuno glielo impedirebbe, eppure rimane.
    Le sue considerazioni non hanno mai un fine preciso e cambiano di minuto in minuto. Si parte dalla preoccupazione della perdita del lavoro fino ad arrivare alla paura di eventuali "creature" che potrebbero sbucare dal buio.
    Concordo sul fatto che questo (ed altro) possa confondere, e non poco, il lettore. Non nascondo che inizialmente il racconto era lungo almeno il doppio e altrettanto più confuso. Se la lettura risulta spiacevole per questo, farò del mio meglio per migliorare il tutto, altrimenti preferirei tenerlo così com'è.

    CITAZIONE
    a volte si ha l'impressione che la storia stia per prendere una piega horror, altre che la tensione serva solo per rendere la situazione più onirica

    Altra sensazione che volevo trasmettere era proprio quella di "falso horror". Una sorta di: "attenzione, è possibile che qui accada qualcosa di molto spiacevole... ma tranquilli che sicuramente non succederà nulla di nulla".
    In merito a ciò ero indeciso se postarlo in smistamento CS o UT.
     
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    Nell'ottica dell'inettitudine del personaggio queste stranezze acquisiscono più senso, effettivamente. E anche l'effetto di "falso horror" calza a pennello.
     
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    Ok, dico AR anche io.
     
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    Confermo il mio Altri Racconti e smisto :ahse:
     
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  7. CalmWolf
         
     
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    Ho fatto un po' di casino nel leggerla :asd: Penso sia perché si passa dalla prima scena, dove si pensa sia il signor Lauri il protagonista, per poi diventare il signor Facchin alla fine. La storia è strutturata in maniera confusionale, nel senso che appunto spesso i fatti c'entrano ben poco con il resto, come nei sogni; il che in una certa maniera non fa che abbellire il racconto, dato che alla fine esso è rappresentato dalla sola esperienza onirica.
    La storia mi è piaciuta, specialmente, come ho già detto di sopra, per il "cambio" di personaggio.
     
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6 replies since 28/11/2015, 03:41   249 views
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