Verde come le foglie, nero come la cenere

Le favole di KungFuTzo

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    #andamovie

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    urante le giornate torride, quando il sole è ancora più inclemente del solito nel deserto, è possibile scorgere la sua figura, ma è solo un miraggio, un gioco di luci creato da suo fratello che lo ricorda con nostalgia. Questo almeno è ciò che viene raccontato ai bambini davanti al fuoco dalle nonne, prima di andare a dormire quando narrano la storia di Green Max e di Black Ed. Lasciate che sia io a narrarvi la storia dall’inizio, partendo da quando uno spirito silvano, un elementale della natura, e suo fratello, lasciarono il loro regno incantato per entrare nel nostro.

    Nelle vaste praterie dell’Ovest c’era un villaggio di allevatori che viveva in armonia con l’ambiente circostante; ogni primavera, gli abitanti facevano una meravigliosa festa ai limiti dell’immensa foresta che iniziava lì vicino e ringraziavano gli spiriti per la loro benevolenza. Per una notte all’anno, gli spiriti venivano nel nostro mondo e danzavano con gli umani, erano creature di straordinaria bellezza e di indicibile terrore. Provate ad immaginare gli esseri fatati più aggraziati che procedevano a braccetto con mostruose bestie velenose. Esattamente come la natura nel nostro universo, quegli esseri coesistevano in armonia, senza uno non poteva esistere l’altro, pertanto non si davano battaglia come invece facciamo noi, ma collaboravano per mantenere l’equilibrio.


    Tutto era perfetto, ma tra i due popoli limitrofi, gli agricoltori del Nord e i pescatori del Sud, scoppiò una terribile guerra e le rigogliose pianure divennero un campo di battaglia. Per quasi cent’anni la furia dei combattimenti sconvolse quelle terre, ma i pacifici abitanti del villaggio continuarono a celebrare gli spiriti. Anche se non potevano più fare le loro meravigliose feste, gli allevatori mettevano offerte fuori dalle porte, di notte, invitando gli spiriti ad accettare le poche cose che erano loro rimaste. Dopo il secolo d’insensata guerra, i popoli sigillarono una pace duratura, ma le praterie, una volta rigogliose, vertevano in condizioni tremende: non c’erano più le sconfinate distese verdi su cui le mandrie dei pacifici villani erano solite pascolare; il fiume era quasi completamente secco perché a Nord era stata costruita una grandissima diga. Gli uccelli avevano smesso di nidificare perché gli alberi stavano morendo, non era più possibile vedere i cani della prateria che uscivano dalle loro tane nel terreno la mattina e i poveri allevatori videro diminuire sempre di più i loro animali.
    Quella che una volta era una bellissima vallata brulicante di vita, era ormai ridotta ad un brullo deserto spaccato dalle fratture di siccità, una grossa cicatrice della follia umana che avrebbe impiegato molto tempo per risanarsi.

    Passarono gli anni e il popolo degli allevatori iniziò a morire, ormai erano rimasti solo pochi in un villaggio fantasma. Fu allora che Maris, una splendida ragazza con gli occhi color del mare e i capelli dorati, figlia del capo, andò di notte nella foresta con l’oggetto a cui teneva di più, un piccolo ciondolo d’oro appartenuto a sua madre. Le enormi querce che erano sul confine sembravano minacciose, non somigliavano assolutamente a quelle descritte nei racconti narrati dai vecchi, quando parlavano delle mistiche feste fatate. La ragazza era piena di timore e tremava non solo per il vento gelido che soffiava a intervalli facendo suonare le foglie degli alberi; il terreno era duro e le radici venivano fuori come piccoli scalini in cui era fin troppo facile inciampare.
    Maris si addentrò nel buio del bosco e raggiunse il suo centro dove trovò il piccolo stagno immerso in una perenne nebbia bianchissima, prese il coraggio a due mani e iniziò a cantare per gli spiriti. Una canzone triste che però aveva un cuore di speranza.

    Le sue parole vennero portate dal vento che sibilava tra i tronchi e raggiunsero le orecchie degli spiriti della foresta. La voce della giovane era dolcissima e la melodia d’una bellezza incomparabile, ma fu il suo cuore puro ad attirare Green Max, che si avvicinò per osservarla rimanendo nell’ombra di un acero.
    La ragazza si mise il ciondolo al collo e disse alla foresta che quello era il suo dono, la sua offerta per poter anche solo parlare con gli esseri fatati; sospirò profondamente e immerse un piede nello stagno.
    L’acqua era gelida e appena le arrivò alla vita iniziò a tremare visibilmente, ma era decisa ad andare fino in fondo, prese un respiro e andò completamente sotto; aveva gli occhi chiusi, quindi non vide la luce dello spirito che l’aveva raggiunta e quando Green Max le prese una mano per farla alzare, lei sussultò spaventata e tirò subito la testa fuori.


    «Non aver paura di me Maris.» disse lui con una voce profonda che le riecheggiò nel petto.
    Sembrava un ragazzo giovane, ma le apparenze possono essere ingannatrici; in realtà era vecchio quanto la Terra stessa e nel corso del tempo aveva avuto fin troppi nomi. La ragazza lo guardò: aveva gli occhi verdi luminosi simili a gemme, i capelli marroni come la corteccia dei noci e un pizzetto che in realtà era un lichene foglioso; era vestito con una straordinaria cappa rossa e le stava tenendo la mano destra per aiutarla ad uscire dall’acqua.
    «Come fai a conoscere il mio nome?»
    Il ragazzo sorrise e illuminò la foresta «Sappiamo molte cose e i nomi dei mortali non sono informazioni difficili da avere. Ma dimmi Maris, perché sei venuta fin qui a donarmi l’unico ricordo tangibile che hai di tua madre?» le mostrò il ciondolo che adesso stringeva lui nella mano.
    Istintivamente Maris si toccò il petto dove aveva lasciato il prezioso monile e continuò a fissare lo spirito rapita.
    «Ti ho donato l’oggetto a cui tengo di più perché il mio popolo sta morendo. Sono venuta qui per chiedere aiuto e speravo che quel piccolo ciondolo potesse essere abbastanza.»
    «Aiuto? Che tipo di aiuto sei venuta a chiedere?»
    «La forza e la possibilità di riportare la prateria come era un tempo.»
    «Il cambiamento è naturale come la morte mia cara Maris, ci sono stati tanti fattori che hanno portato la valle a diventare quello che è adesso. Ma il tuo cuore è puro e la tua richiesta è sincera. Ti aiuterò, ma non potrò fare tutto io.»
    La ragazza si buttò ai piedi dello spirito abbassando lo sguardo.
    «Grazie mille, spirito. Grazie. Io e la mia gente ti siamo debitori.»
    Il ragazzo si chinò e fece alzare Maris continuando a sorridere.
    «Non mi ringraziare ancora. E chiamami pure Max.»

    Così iniziò l’avventura di Green Max nel nostro mondo e grazie alla sua straordinaria magia, unita alla forza del popolo di Maris, la prateria tornò ad essere popolata da centinaia di animali, il verde si vedeva da una distanza inimmaginabile e nuovi corsi d’acqua spuntarono per bagnare la terra assetata. Con lui era giunto anche suo fratello, il silenzioso Black Ed, che era il padrone del marcio e della morte; aveva un aspetto bestiale, con gli occhi gialli e senza bocca, ma tutti impararono ad apprezzarlo, visto l’aiuto che portava. I due fratelli erano uno spettacolo di equilibrio, senza la morte non poteva esserci rinascita e con le sostanze che marcivano, i terreni tornavano fertili. L’uno completava l’altro.
    Rimasero con il popolo di Maris fino a quando questa non morì di vecchiaia.
    Sul letto di morte Max le restituì il suo ciondolo e, con un sorriso sereno, Maris viaggiò nell’aldilà.

    Quanto vorrei poter dire “e tutti vissero felici e contenti. Fine”, ma è a questo punto che la storia inizia ad essere tinta di nero.

    Sì perché il punto più debole degli esseri umani è sempre stato la brama di potere e di ricchezza, e quando Green Max disse che lui e suo fratello sarebbero tornati nel loro mondo, tra gli abitanti del villaggio serpeggiarono voci atte a spargere il terrore, voci di morte e carestie. Erian, uno dei consiglieri del capo villaggio, vedeva qualcosa di più distruttivo nei poteri degli spiriti, un qualcosa che avrebbe potuto usare per diventare padrone non solo delle praterie, ma anche dei villaggi a Nord e a Sud. Fu così che alimentò le voci e si circondò di fedelissimi che lo avrebbero appoggiato sempre; il tempo scarseggiava perché i due spiriti sarebbero scomparsi dopo pochi giorni, quindi gli uomini dovevano agire in fretta. Erian prese con sé sei dei suoi tirapiedi ed irruppe nella casa di Max e Ed. Gli spiriti sono esseri potenti, ma perfino loro possono essere uccisi quando decidono di prendere forma umana; utilizzando l’elemento sorpresa riuscirono a catturare Max e minacciarono di ucciderlo se Ed non avesse fatto quello che gli dicevano.

    Come erano cambiate le cose, un battito di ciglia prima una ragazza dal cuore puro chiedeva il loro aiuto pronta a sacrificare ciò a cui teneva di più, e subito dopo un uomo dall’animo nero voleva utilizzare i loro poteri per avere un regno effimero. Ed non sapeva cosa fare, ma non poteva veder uccidere suo fratello e abbassò lo sguardo in segno di resa.
    Gli ordinarono di fare cose orribili, ma lui si rifiutò categoricamente di fare del male di proposito senza alcun motivo; nonostante il suo aspetto, non era un mostro, era l’altra faccia della vita. Per costringerlo iniziarono a torturare il povero Max davanti a lui continuando a ripetergli che il sangue del ragazzo era sulle sue mani perché avrebbe potuto fermare le torture quando voleva. Gli spezzarono le ossa, lo tagliarono con qualsiasi oggetto che riuscivano a trovare, lo bruciarono e lo scorticarono; le urla dello spirito erano angoscianti e due degli uomini di Erian persero il senno ascoltandole, ma l’uomo era deciso a seguire i suoi sogni di vanagloria. Il tempo passava e i giorni divennero mesi, i mesi, anni. Ogni volta che Ed usciva vedeva gli abitanti del villaggio, quelle stesse persone che poco tempo prima gli sorridevano e lo ringraziavano, che voltavano lo sguardo o lo trattavano con diffidenza e disprezzo. Ormai era rimasto solo e non sapeva come fare a salvare il fratello.
    «Non può fare quello che chiedete.» tentava di spiegare inutilmente Max «Se lo facesse rischierebbe di rompere l’equilibrio e a quel punto ne soffrireste anche voi.»
    Quelle parole risuonavano nella mente del folle Erian ogni giorno, pensò che ci dovesse essere un modo per usare quella cosa a suo vantaggio, ma non riusciva a capire come. L’equilibrio borbottava tra sé Se quell’equilibrio rimane, il mostro non lavorerà mai per me. Ma se per qualche ragione, questo benedetto equilibrio fosse già rotto, la cosa cambierebbe.
    La sua mente aveva iniziato già da tempo ad abbandonarlo e la pazzia lo portò a fare l’impensabile; fece condurre Ed nella cella e iniziò calmo.
    «Voi continuate a dire che l’equilibrio è il motivo per cui io non posso essere re.» si avvicinò alla sedia su cui aveva legato Max «Ma io devo essere il signore di tutto, io devo essere re.» ormai aveva preso ad urlare «Io sono troppo potente per lasciare che una cosa stupida come il vostro equilibrio mi ostacoli!»
    Con quest’ultima frase afferrò i capelli di Max tirandogli indietro la testa, costringendolo a mostrare il collo; il coltello scintillò nel buio e Erian sgozzò il ragazzo velocemente macchiando Ed con il sangue del fratello. Appena la lama recise la pelle dello spirito tutti i fuochi nel villaggio si spensero e un fulmine a ciel sereno illuminò a giorno la notte. Poi scese il silenzio.

    Erian accese una candela che inondò la fredda cella con una luce traballante e illuminò Ed.
    «Io non sarei voluto arrivare a tanto. E credo che anche tuo fratello avrebbe voluto rimanere vivo. Ora il vostro equilibrio è rotto e tu farai quello che ti dico io.»
    Lo spirito si era subito precipitato da Max con gli occhi colmi di lacrime e gli accarezzò il viso dolcemente.
    «Adesso basta mostro! Io sono il tuo padrone ora, tuo fratello è morto.»
    Ed si voltò con lo sguardo pieno di furia e iniziò a muovere leggermente il viso, si portò una mano artigliata al mento e prese a tirare verso il basso; la pelle cominciò a sfilacciarsi e del liquido denso gli colò sul collo. L’uomo lo guardò con orrore senza riuscire a muoversi né a parlare e il mostro continuò fino a riuscire ad aprire un foro simile ad una bocca.
    Tentò di parlare e un suono vicino ad un ruggito invase la stanza facendo tremare le sbarre di ferro e buttando Erian in terra. Ci provò ancora e alla fine ci riuscì.
    «Erian, temo che tu abbia commesso un piccolo errore.» disse con una calma estenuante.
    «C-cosa vuoi dire?»
    «L’equilibrio era ciò che mi impediva di obbedirti, ma il mio adorato fratello era il tuo ascendente. Ora lui non c’è più, tu me l’hai portato via e non c’è più nulla che tu possa usare per difenderti da me.»
    Ed si alzò e si mosse lentamente verso l’uomo tremante che strisciava in direzione della porta. Alla fine Erian riuscì ad alzarsi e aprì la porta per fuggire, ma si ritrovò davanti lo spirito nero che era apparso improvvisamente dall’altra parte,questo lo afferrò alla gola e sospirò facendo sentire all’uomo puzza di putrido. Appena la loro pelle fu a contatto le vene di Erian divennero scure, gli occhi ingiallirono e il sangue iniziò a ribollire.
    «Con mio fratello abbiamo salvato il tuo stupido popolo. Per colpa tua io lo spazzerò via.»

    Lasciato il corpo dell’uomo in avanzato stato di decomposizione nella cella, Ed uscì per strada e cominciò a camminare per le vie del villaggio che per una vita aveva considerato come casa; allargò le braccia e lasciò fluire i suoi poteri che penetrarono in ogni abitazione, in ogni capanno, in ogni stalla. Lo spettacolo era veramente orribile: in tutta la città c’erano animali, uomini, donne e bambini a terra, morti, con le carni marce e il terrore stampato in volto.
    In una sola notte Black Ed portò via la vita dalla valle trasformandola in un devastato deserto, arrivò a distruggere anche la foresta in cui aveva vissuto con suo fratello per tanto tempo. Alla fine, consumato dal dolore e distrutto dalla vendetta, lo spirito tornò nel suo mondo, ma non avrebbe mai permesso alla vita di tornare in quella valle ed è per questo che ancora oggi viene chiamata Death Valley.

    FINE.

    Edited by KungFuTzo - 14/10/2015, 19:33
     
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  2. Kingor Melkor
         
     
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    Complimenti ancora Kung, non ti smentisci. AR.
     
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    Ma quanto adoro queste favole :la:
    Altri Racconti.
     
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  4. HeliØ of the Ode
         
     
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    Ripulisco e smisto in AR.
     
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    "Il solo immaginare che ti sto uccidendo mi ha fatto venire un sorriso in volto "

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    La dimostrazione che l'uomo è peggio di un demone. zxczj3td5
     
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