Il pacco postale

Paul van Loon

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    Con meticolosa precisione, Maarten adattò l'ultimo pezzetto di coda sul modellino in scala del Tyrannosaurus Rex, il re dei feroci lucertoloni giganti. Sotto la luce della lampada da tavolo, il dinosauro appariva minacciosamente reale. Ma, pensò Maarten, quel modellino alto venti centimetri, uscito da una scatola di costruzioni, poteva tutt'al più spaventare una formica.
    Maarten raddrizzò le spalle, le appoggiò allo schienale della sedia e osservò soddisfatto l'opera sua. Non gli restava che dipingere la pelle del mostro con lo smalto sintetico, e poi il Rex avrebbe fatto bella mostra di sé su uno degli scaffali della sua camera, già zeppi di animali preistorici, scheletri di uccelli, aeroplanini e barchette, tutti costruiti con le sue mani.
    Marteen era un fanatico di modellismo. Fin da piccolo era stato affascinato da quelle scatole piene di bastoncini e placchette di plastica, da cui, con un po' di destrezza e una buona dose di pazienza, si potevano ricavare modellini al naturale. Quella “incastromania”, come la definiva suo padre, era cresciuta fino a diventare un'attività che riempiva tutte le sue ore libere.
    A volte Maarten rimaneva ad affaticarsi fino a notte fonda per collocare al loro posto minuscoli pezzetti di plastica. La soddisfazione che gli procurava un lavoro ben riuscito era tale da renderlo indifferente al fatto che gli altri lo giudicassero un eccentrico. E ora che abitava da solo in una camera ammobiliata, poteva dedicare al suo hobby tutto il tempo che voleva, senza dover dare spiegazioni a nessuno.
    Aveva appena allungato la mano per prendere il barattolino di vernice, quando suonò il campanello della porta. Maarten guardò l'orologio da parete: erano le sei e mezza.
    Chi poteva essere? Il suo hobby gli lasciava poco tempo per le amicizie, per cui era improbabile che si trattasse di una visita.
    Marteen andò alla finestra, l'aprì e guardò in basso.
    Era già autunno inoltrato, e foglie fruscianti svolazzavano sulla strada semibuia. Accanto al marciapiede c'era un furgoncino col motore acceso.
    “Chi è?” gridò Marteen in direzione della sagoma scura davanti alla porta.
    “Un pacco per lei, giovanotto”. Dal berretto riconobbe un fattorino delle poste, che reggeva sulle braccia un grosso pacco rettangolare. Incuriosito, Marteen corse fuori dalla stanza, scese le scale, raggiunse il freddo androne e aprì la porta.
    Pochi minuti dopo, col fiato grosso, era di nuovo nella sua camera, seduto al tavolo su cui aveva posato il pacco. A occhio e croce non aveva giudicato che fosse tanto pesante, e ora era molto curioso di conoscerne il contenuto.
    Oltre al suo nome, al suo indirizzo e a un francobollo inglese, sull'involucro non c'era nessun'altra indicazione. “Inghilterra?” pensò Maarten, tagliando frettoloso lo spago del pacco.
    Una volta strappata la carta marrone, apparve una scatola su cui era attaccata una busta. Dentro c'era una breve comunicazione: “In conformità al testamento del signor Angus Brubaker, questa scatola da costruzioni, a dieci anni dalla morte del suddetto, diviene proprietà di suo nipote Maarten Zangvogel”.
    Seguivano la firma illeggibile di un notaio e la data: 23 settembre 199...

    Maarten rimase a fissare la lettera con occhi increduli. Angus Brubaker era un suo zio, morto dieci anni prima.
    Maarten l'aveva quasi dimenticato, e i ricordi che ora gli si riaffacciavano d'un tsrato alla mente non erano molto gradevoli. Zio Angus era stato un uomo detestabile. Nel rileggerne il nome su quel foglio, Maarten rievocò un lontano avvenimento.
    Aveva circa otto anni, quando il ricco zio Angus era arrivato in visita dall'Inghilterra. Fin dal principio, senza una ragione plausibile, Maarten aveva concepito una forte avversione per lui. Ma evidentemente l'avversione era reciproca. Zio Angus, infatti, aveva persuaso i genitori di Maarten a porre immediatamente fine all'insana mania del loro figlioletto.
    “Un bambino di otto anni che se ne sta tutto il giorno tappato in camera ad assemblare pezzetti di plastica, diventerà un asociale e più tardi un fallito” aveva sentenziato lo zio “Non capisco come possiate permetterglielo. Mandatelo all'aperto, fatelo giocare al pallone, andare in bicicletta, stringere delle amicizie. La sua stanza sembra una camera degli orrori. Ma l'avete vista? Fantocci di Dracula e di Frankenstein, pipistrelli, scheletri... E' malsano vivere in un ambiente così”. E con grande costernazione di Maarten, zio Angus, con un solo gesto, gli aveva spazzato via dal tavolo tutti i modellini costruiti con le sue mani. E ancor più grande fu la costernazione quando vide che i suoi genitori davano timidamente ragione allo zio.
    Incredibile! L'influenza di zio Angus si rivelò così forte, che i genitori giunsero a proibire a Maarten di comprare nuove scatole di costruzioni. E, come se non bastasse, la sera stessa il papà aveva ficcato tutti i modellini in un sacco di plastica e li aveva scaricati nel cassonetto dell'immondizia.
    “Da oggi hai chiuso con queste scempiaggini, Maarten” gli aveva detto “D'ora innanzi farò in modo di tenerti occupato in attività sane e formative, come tutti i bambini ragionevoli. Fortuna che zio Angus ci ha avvisati in tempo. Lui sa il fatto suo: è la persona più ricca e di successo della famiglia”.
    Maarten era rimasto così scosso che non aveva più detto parola per un'intera settimana. Ma durante quella settimana aveva meditato vendetta.
    Lo zio sarebbe tornato in Inghilterra da lì a qualche giorno, ma prima della sua partenza Maarten avrebbe messo in atto il suo piano.
    Zio Angus era venuto sul continente per acquistare delle opere d'arte. Aveva visitato tutte le migliori gallerie, e alla fine aveva acquistato a un'asta per una somma spropositata un dipinto del celeberrimo pittore Salvador Dalì.
    Lo zio era smisuratamente compiaciuto del suo acquisto, e sostentava l'aria più naturale del mondo per aver scucito una fortuna per un quadro.
    Quella stessa notte, Maarten scese di soppiatto dal letto e sgattaiolò in punta di piedi fino alla camera degli ospiti, preoccupato che il minimo rumore potesse svegliare zio Angus. Ma sentendo il fragoroso ronfare dello zio, Maarten s'infilò lestamente nella camera, tirò fuori il quadro da sotto il letto dell'ospite e lo portò quatto quatto nel salotto al pianterreno. Poi, con il coltello del pane, raschiò via buona parte del colore, strappò la tela in minutissimi pezzi e mise il tutto in una larga scatola di cartone. Poi scrisse sul coperchio: PUZZLE PER AMATORI D'ARTE. COMPONI DA SOLO IL TUO QUADRO FAVORITO CON QUESTO FAVOLOSO KIT.
    Infine aveva riportato cornice e scatola nella camera degli ospiti e le aveva fatte silenziosamente scivolare sotto il letto di zio Angus.
    “Voglio vedere la sua faccia, domattina!” gongolò Maarten quando fu di nuovo a letto.

    Ora, al solo ricordo dell'attacco di bile di zio Angus la mattina della scoperta, a Maarten veniva ancora da sogghignare.
    Quel famoso giorno l'aveva appena intravisto, ma lo zio gli era apparso completamente trasformato. La sua faccia era del colore della pasta da pane, e tutta la sua persona pareva un sacco vuoto, come se le ossa, per il gran dispiacere, avessero ceduto di colpo.
    Quando Maarten gli era comparso davanti, zio Angus l'aveva guardato per un attimo senza parlare, ma con uno sguardo pieno di astio mortale. E il giorno stesso era ripartito senza salutare. Un uomo disfatto. La scatola con il quadro distrutto l'aveva data allo spazzino.
    Naturalmente Maarten era stato punito dai suoi genitori (sei mesi senza paghetta e niente vacanze), ma ciò non gli aveva fatto né caldo né freddo. La vendetta gli aveva procurato una soddisfazione tale da ripagarlo di tutto. Ora zio Angus sperimentava sulla propria pelle il male che gli aveva fatto.
    Verso la fine di quello stesso anno giunse dall'Inghilterra la notizia che zio Angus era morto di un colpo apoplettico.
    E ora, nel decimo anniversario di quell'evento, gli era arrivata quella grande scatola di costruzioni, la sua parte dell'eredità di zio Angus. Curioso, pensò Maarten. A quanto pareva, lo zio, sul letto di morte, si era pentito di aver trattato così duramente il suo nipotino.
    Questo era più che possibile, ma perché far spedire quella scatola di costruzioni solo dopo dieci anni?
    Maarten non si raccapezzava; ma poi, con un'alzata di spalle, decise di rivolgere tutta la sua attenzione al contenuto, che, a giudicare dall'esterno, poteva diventare un bel pezzo per la sua collezione. Sollevò il coperchio e guardò.
    “Perbacco!” esclamò meravigliato, col cuore che si era messo a galoppargli in petto per la sorpresa. Ora sì che avrebbe avuto da cimentarsi! C'era proprio tutto -come notò alla prima occhiata- per costruire uno scheletro.
    Le costole, le vertebre e tutte le altre ossa erano meticolosamente ordinate una accanto all'altra nei loro involucri di plastica. Fantastico! E non si sarebbe trattato di un modellino in scala, ma di uno scheletro a grandezza naturale, come quello del gabinetto di biologia della scuola. I pezzi erano di vetroresina o qualcosa del genere, ma sembravano proprio veri.
    Maarten sperava da anni di trovare un kit per poter costruire anche lui uno scheletro così favoloso. E ora lo zio Angus, la grande, generosa buon'anima dello zio Angus, aveva fatto sì che quel sogno finalmente si realizzasse. Le dita di Maarten formicolavano dalla voglia di mettersi all'opera.
    “Ci lavorerò stanotte!” si disse, e fischiettando cominciò a togliere le ossa dagli involucri di plastica, posando via via con cura i pezzi uno accanto all'altro sul pavimento, così da averne una vista d'insieme e facilitarsi il compito.
    Quando tutto il contenuto del pacco fu disposto in bell'ordine sul pavimento, Maarten mise sul fuoco una grossa caffettiera. Mangiò un paio di tramezzini e li mandò giù in fretta col caffè. Infine si mise all'opera, sotto l'occhio inquisitore della luna che si scorgeva in un angolo della finestra.

    Con la punta della lingua fra i denti, Maarten lavorava concentrato e infaticabile. Con l'abilità acquisita in anni e anni di esperienza, assemblava i vari pezzi usando qua e là del sottile fil di ferro.
    Unì tra loro le vertebre della colonna vertebrale, in fondo alla quale adattò le due ossa del bacino. “E' roba di prima qualità” mormorò “Non si distingue quasi dal vero”.
    Con le due mani collocò al suo posto il teschio, e lo osservò da tutti i lati.
    “Incredibile, come sanno fare le cose” pensò. Per far apparire il teschio il più realistico possibile, avevano perfino rivestito d'oro un dente davanti. Come se lo scheletro fosse appartenuto realmente a qualcuno. I fabbricanti di quelle scatole non mancavano di umorismo.
    Ma, chissà come, quel dente d'oro lo affascinava e insieme gli dava un vago malessere. Maarten provò a rifletterci, ma non gli venne in mente nulla. Che importanza aveva, dopo tutto? Unì saldamente il teschio alle vertebre del collo e con un sospiro si alzò in piedi.
    “Finito!”. Lo scheletro, steso sul pavimento, spiccava bianco nella luce lunare che penetrava dai vetri della finestra.
    Maarten osservò il suo capolavoro con un sentimento di soddisfazione. “Ora” pensò “inventerò qualcosa per appenderlo. O magari gli adatterò un sostegno lungo la colonna vertebrale, così potrà fare la sua figura accanto alla porta. Una bella sorpresa per i visitatori!”.
    Ridendo sotto i baffi, Maarten entrò nel cucinotto e si sedette su un alto sgabello da bar. Si versò in una tazza il caffè rimasto nella caffettiera, ne bevve un sorso e storse la bocca. Il caffè era freddo e cattivo. Maarten guardò l'orologio di cucina. Quasi mezzanotte. Era stato ad armeggiare per più di sei ore filate... Però ne era valsa la pena!
    Al di sopra dell'orlo della tazza, guardò pensoso lo scheletro. Il dente d'oro scintillava alla luce della luna. Maarten aggrottò le sopracciglia. Ma chi era che aveva un dente così?
    Di colpo ricordò. Ma sì, era zio Angus ad avere un dente davanti incapsulato d'oro! Maarten scoppiò a ridere. Che combinazione! Troppo bello per essere vero! “Forse” pensò “è stato proprio zio Angus a rivestire d'oro il dente di questo modello, perché ogni tanto io mi ricordi di lui”.
    Si alzò dallo sgabello e, con le gambe molli per la stanchezza, si avvicinò allo scheletro. “Ho appena pensato a un nome per te, amico” disse “D'ora in poi ti chiamerai Angus”. Il teschio lo guardò con un muto sogghigno.
    “Vado a letto, Angus” disse Maarten “E domattina ti metterò in piedi. Ora sono troppo stanco”. Fece per ritirarsi, ma si bloccò su due piedi. Possibile? Un braccio dello scheletro sembrava aver mutato posizione. Maarten gli aveva sistemato le braccia sull'attenti, ma ora il braccio destro era piegato a un angolo di novanta gradi.
    “Devo essermi sbagliato” si disse Maarten crollando il capo. “Sono stato certamente io a piegargli il braccio: non c'è altra spiegazione”. Sbadigliò, si accostò al letto, spense la luce e si lasciò cadere sopra le coperte, senza togliersi gli abiti di dosso. Diede un'ultima occhiata soddisfatta allo scheletro che giaceva al centro della camera in una macchia di luce lunare. Il dente d'oro mandò una scintilla. “Buonanotte, Angus” disse Maarten girandosi su un fianco.

    Si svegliò spaventato da un rumore crepitante. Si drizzò a sedere sul letto, intontito dal sonno.
    “Chi sarà quel cretino che fa questo baccano di notte?” pensò “Gli spazzini stanno già lavorando nella strada?”. Il rumore si fece sentire di nuovo. Non proveniva da fuori. Maarten si stropicciò gli occhi e subito, con un grido, si rannicchiò contro la parete.
    Al centro della camera, Angus stava ritto sulle gambe malferme, le braccia ciondolanti ai due lati del corpo e il teschio che si muoveva a scatti, come la testa di un ballerino di break-dance.
    “Angus!” esclamò Maarten, e subito, nonostante la paura, afferrò di colpo la situazione. “Zio Angus!”.
    Tra un secco crepitare di ossa, lo scheletro si gettò in avanti a braccia tese.
    Con un grido, Maarten rotolò fulmineamente giù dal letto, e le braccia ossute lo mancarono per un pelo.
    Angus crollò in avanti e andò a finire sul letto.
    Strisciando via a gattoni, Maarten vide Angus rimettersi faticosamente in piedi e fissarlo. Nelle sue orbite vuote ardeva un bagliore sinistro.
    Col suo passo dinoccolato, Angus si mosse di nuovo contro Maarten, ma Maarten balzò in piedi, corse nel cucinotto, e dopo una frenetica occhiata intorno alla stanza, afferrò lo sgabello e lo sollevò in aria. Quando si girò, Angus era lì alle sue spalle. Una mano ossuta scattò verso di lui e gli serrò la gola.
    Come nella morsa di una tenaglia, Maarten si sentì mancare il respiro, mentre macchie scuse gli comparivano davanti agli occhi. Con la forza della disperazione, scagliò lo sgabello contro il teschio ghignante. Il teschio saltò via dalle vertebre del collo e volò con un colpo secco contro lo scaffale degli animali preistorici. L'urto fu tale che il Tyrannosaurus Rex cadde sul pavimento e andò in pezzi, seguito da un Iguanodonte e da un Brontosauro.
    La morsa intorno alla sua gola si allentò, ma la mano non aveva ancora lasciato la presa. Maarten sollevò per la seconda volta lo sgabello e colpì con tutte le sue forze la gabbia toracica dello scheletro. Il colpo andò a segno: lo sterno si spezzò in due, costole e altre ossa volarono intorno. La mano lasciò la gola di Maarten e lo scheletro crollò su se stesso.
    Ansimante, tremando come una foglia, Maarten si accasciò sullo sgabello sfregandosi la gola con una mano. Quando si fu un po' calmato, accese la luce, e col volto sbiancato rimase a fissare le ossa sparse per tutto il pavimento.
    Il teschio era in terra davanti allo scaffale, fra una quantità di modellini rotti.
    A quel colpo di sgabello, i denti erano saltati via dalle mascelle, ruzzolando un po' dappertutto. Il dente d'oro si era fermato contro il battiscopa, ma quando Maarten fece per raccoglierlo, andò a finire in una fessura, scomparendo sotto il pavimento di legno.

    Maarten radunò con la scopa costole, teschio e tutte le altre ossa e cacciò ogni cosa in un sacco di plastica. Poi aprì la finestra e gettò in strada il sacco, accanto al bidone della spazzatura.
    La mattina dopo regalò all'uomo della nettezza la sua intera collezione di modellini. E di scatole di costruzioni non volle più sentirne parlare per tutta la vita.
     
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  2. rongio1
         
     
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    Quanti anni ha Maartin?
     
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