Il quadro

Paul van Loon

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    “Fosca-Losca, Fosca-Losca, è una pazza, Fosca-Losca!” gridavano cantilendando i bambini scagliando zolle fangose dietro la vecchietta che arrancava sulla strada sconnessa di Gark, un piccolo villaggio di pescatori.
    La donna si girò agitando il pugno ossuto, stretto come una zampetta di uccello intorno a un bastone. I ragazzi si dispersero vociando, e scomparvero con strida di eccitazione nelle viuzze laterali.
    “Uuuh, Fosca-Losca si è seccata. Fosca-Losca si è arrabbiata. Occhio! Fosca-Losca dà il malocchio... il malocchio... il malocchio!”
    L'eco delle loro grida, rimandata dalle pareti delle casette bianche, risuonò a lungo. Poi i bambini vennero chiamati in casa dalle loro madri, e le porte richiuse con forza smorzarono le loro voci.
    “Occhio all'occhio di Fosca-Losca” si udì ancora una volta in lontananza, ma la vecchia era già scomparsa nella sua casetta, in fondo alla discesa.
    Fosca-Losca aveva un occhio malefico: lo dicevano tutti a Gark, da quando l'avevano trovata, da piccola, in una notte di plenilunio. Abbandonata sulla soglia di una delle casette di quel piccolo villaggio di pescatori, che consisteva solo di una strada e di alcuni vicoletti laterali. La trovatella aveva circa due anni, e per via del suo occhio losco, era stata chiamata Fosca-Losca.
    Quando Fosca-Losca andava in giro, accadevano incidenti d'ogni genere, in apparenza spontanei. Piccoli incidenti, in realtà: finestre che si rompevano senza una ragione al mondo, qualcuno che ruzzolava per le scale e si rompeva una gamba, un pesante lampadario che si staccava dal soffitto e per un capello non colpiva il cranio pelato del vecchio borgomastro.
    Ma via via che Fosca-Losca cresceva, anche la natura degli incidenti peggiorava. I pescatori, per esempio, tornavano sempre più spesso dalla pesca con le reti vuote: bastava che Fosca-Losca fosse stata lì a guardare il mare. Qualcuno cominciò a far caso a queste coincidenze, e risultò che ogni volta che si verificava qualche guaio; qualcuno aveva visto Fosca-Losca nei paraggi.
    Eppure il suo comportamento non aveva niente di particolare. Era una bimbetta che se ne andava saltellando in giro come tutti gli altri bambini, osservando intensamente ogni cosa col suo occhio losco. Fatto sta che gli incidenti si moltiplicavano e diventavano sempre più seri. Quando, durante una serata tempestosa, un fulmine colpì il campanile della chiesa, qualcuno affermò di aver visto Fosca-Losca affacciata alla sua finestrella a fissare il campanile col suo occhio losco.
    La misura era colma e gli abitanti del villaggio erano stufi. Si tenne una riunione straordinaria, e la sera stessa venne presa una decisione. La mattina seguente, i genitori adottivi portarono Fosca-Losca dal medico del villaggio e lo pregarono di cucire l'occhio malefico di Fosca-Losca con un sottile ma fortissimo filo da pesca.
    Il malocchio era scongiurato.

    Fosca-Losca diventò una vecchia rugosa, ma il suo occhio continuò a restare chiuso. Il patrigno e la matrigna le avevano fatto giurare solennemente che non avrebbe mai tentato di tagliare i fili con cui era stato cucito.
    Fosca-Losca era una persona di parola, e lo fu anche quando i genitori adottivi erano ormai morti da un pezzo. Ma aveva promesso a se stessa che un giorno i suoi compaesani avrebbero pagato cara la loro colpa.
    Tutti a Gark le davano della matta, la trattavano come fosse spazzatura, e perfino i bambini, a Gark, la sbeffeggiavano. Ma Fosca-Losca attendeva paziente, sapendo che il suo momento sarebbe arrivato.

    Il forestiero arrivò un bel giorno a Gark e prese alloggio alla locanda “Il Polpo Felice”. Era uno strano cliente. Aveva con sé una valigia e dall'aspetto sembrava un artista. Disse di chiamarsi Doppel, di professione pittore.
    Aveva in mente di fare degli schizzi e qualche veduta a olio del piccolo villaggio. Ma i paesani speravano che ripartisse presto. Non avevano simpatia per i forestieri, e tanto meno per gli artisti. Ficcavano il naso dappertutto e disturbavano la normale vita del villaggio con la loro presenza, le loro domande e la loro curiosità.
    Doppel andava matto per le casette pittoresche dai tetti rossi e per la strada in discesa con i misteriosi vicoletti e scantinati. Ogni mattina usciva col cavalletto in spalla e la cassetta da pittore sotto il braccio, e la sera mangiava di solito un piatto di pesce alla locanda. Ma quando cercava di attaccare discorso con il locandiere, il più delle volte non riceveva in risposta altro che una mezza parola, o un grugnito. Per questo motivo si stupì altamente il giorno che il locandiere lo prese per un braccio e, indicandogli il quadro che aveva dipinto quel giorno sul molo, gli chiede: “Perché ci hai messo anche quella là?”
    Il quadro rappresentava una fila di casette sullo sfondo di un mare tempestoso e un vasto cielo pieno di gabbiani. E in un angolo in basso, davanti a una delle casette, Doppel aveva dipinto una piccola vecchia con un occhio chiuso.
    “Vorrebbe dire questo personaggio?” chiese Doppel. “Era lì per caso, e mi è sembrato che stesse bene nel quadro. E' rimasta lì immobile per tutto il tempo mentre la ritraevo. Una strana vecchietta. Lei la conosce? Chi è, esattamente?”
    “Tutti la conoscono, e tutti la scansano” brontolò il locandiere. “E' la Fosca-Losca del malocchio” aggiunse con un rapido segno di croce “Giri alla larga da Fosca-Losca. Porta disgrazia, anche con l'occhio chiuso”.
    Doppel scoppiò in una risata. “Il malocchio! Che stupidaggine!”
    Ma il locandiere non ci trovava niente da ridere. “Dia retta a me, giovanotto. Giri alla larga da Fosca-Losca. Distrugga questo dipinto. L'occhio di Fosca-Losca è pericoloso. Guai al nostro villaggio, se mai quell'occhio dovesse riaprirsi! Nessuno sa fin dove arriva la potenza dell'occhio di Fosca-Losca, e nessuno ha voglia di saperlo. Per questo glielo abbiamo cucito, quando era ancora bambina”.
    “Cosa mi dice?” esclamò Doppel sbigottito. “Cucire un occhio a una bambina per una sciocca superstizione! E' mostruoso! E quella poverina...menomata per tutta la vita!”
    Il locandiere sbuffò e rientrò nella sua locanda. E quando il giovane pittore gli ordinò un boccale di birra, brontolò scontroso: “E' finita”.
    Confuso, Doppel salì in camera, si gettò sul letto e si propose di andare a trovare quella vecchietta il giorno seguente. Aveva probabilmente bisogno di fare due chiacchiere, visto che gli abitanti del villaggio la trattavano con tanto disprezzo.

    Con i quadri in valigia, il cavalletto in spalla e la cassetta da pittore sotto il braccio, il giorno seguente Doppel lasciò la locanda. Ne aveva abbastanza di quel villaggio così ostile. Ma prima di partire per sempre doveva a ogni costo cercare quella vecchia donna.
    Scendendo per il lastricato di ciottoli rotondi, giunse davanti alla piccola casa in fondo alla strada. Era una strana coincidenza, pensò, che la casetta di Fosca-Losca stesse isolata dalla fila delle altre abitazioni, come se queste, per paura, se ne tenessero scostate il più possibile.
    “Che idea balorda” pensò “Mi sono lasciato influenzare dalle strampalerie del locandiere”. Ma quando varcò il cancello del piccolo giardino non poté impedirsi di sentire un brivido freddo lungo la schiena.
    Il silenzio, in quel luogo, era così assoluto da dargli l'impressione che tutti gli altri suoni fossero stati improvvisamente cancellati. Le parole del locandiere lo perseguitavano. “Che ci sia qualcosa di più che una pura superstizione?” si chiese d'un tratto, e fu sul punto di risolversi a girare sui tacchi e andarsene in tutta fretta. Ma mentre stava per farlo, la porta della casetta di Fosca-Losca si aprì cigolando. Doppel fissò spaventato il vano scuro dietro la porta, dove qualcuno gli faceva segno di avvicinarsi.
    I dubbi e i timori di Doppel dileguarono all'istante: nel piccolo ingresso buio c'era una ragazza con un'ampia gonna bianca e lunghi capelli biondi che le nascondevano metà del volto.
    Doppel la fissò con gli occhi sgranati. Era rimasto senza fiato. La ragazza gli fece un nuovo cenno con la mano. Obbediente, Doppel raggiunse la porta ed entrò nel piccolo ingresso. Totalmente affascinato da quella giovane donna, aveva dimenticato tutto il resto: dimenticato che questa, in realtà, doveva essere l'abitazione della vecchia Fosca-Losca. Ma forse, si disse riscuotendosi, quella che gli aveva aperto era sua figlia.
    La ragazza lo condusse in una stanzetta bassa e sedette con grazia su un divano quasi completamente in ombra.
    “Siedi, pittore” disse, con una voce che alle orecchie di Doppel suonò come una musica dolcissima.
    Ammaliato, Doppel posò in terra valigia, cavalletto e cassetta da pittore e si lasciò cadere accanto a lei sul divano, fissandola con occhi sfavillanti. Era così bella, così delicata: Doppel sentiva l'impulso irresistibile di prenderla fra le sue braccia.
    Ma con sua grande meraviglia, la ragazza si piegò in avanti e scoppiò improvvisamente in singhiozzi, con i lunghi capelli biondi che le ricadevano sul viso. Doppel sentì una fitta al cuore: avrebbe voluto confortarla, ma non osava muoversi. Eppure avrebbe fatto qualsiasi cosa purché lei smettesse di piangere. Quel pianto gli era insopportabile.
    “Posso fare qualcosa per te?” sussurrò infine “Sei... sei così bella. Non devi piangere”.
    “Non sono affatto bella” singhiozzò la ragazza “Guarda!”. E così dicendo si gettò i lunghi capelli dietro le spalle, così che Doppel potesse vederla in volto. Era un volto bellissimo. L'unico difetto era quell'occhio chiuso, come incollato.
    “Il mio occhio” singhiozzò la giovane donna “Me lo hanno cucito perché mi odiano”.
    Doppel gettò un grido di indignazione. “Quegli insensati! Prima, per la loro superstizione, chiudono l'occhio della madre e poi anche quello della figlia...”
    “Sono tanto infelice!” continuò tra le lacrime la ragazza “Solo se il mio occhio verrà riaperto potrò conoscere la felicità”.
    “Vorrei poterti aiutare” disse Doppel. Piangendo, lei si lasciò cadere contro di lui. “Oh sì, ti prego, aiutami!”
    “E come?” chiese interdetto Doppel, leggermente stordito da un dolce profumo di gelsomino.
    “Taglia il filo che mi tiene chiuso l'occhio. Non posso farlo io...”
    “Ma...”
    “Coraggio! Sono certa che puoi farlo. Avrai di sicuro una lametta affilata in quella cassetta. I pittori la usano per grattar via la vernice dalle tele, non è vero?”
    Doppel esitava. Aveva effettivamente una lametta affilata, ma gli ripugnava l'idea di usarla per riaprire le palpebre della ragazza.
    “Fallo, ti prego! Adesso!” singhiozzava la ragazza. Doppel non riuscì più a sostenere quello sguardo implorante: prese la lametta, e col cuore martellante cominciò a tagliare con estrema cautela uno dei fili, sottile come un capello. La sua mano tremava, ma la ragazza lo incoraggiò.
    “Non aver paura: andrà tutto bene!”
    Come sotto un incantesimo, Doppel tagliò a regola d'arte anche l'ultimo filo. Allora la ragazza si alzò di scatto in piedi e arretrò fino all'angolo più oscuro della stanza, coprendosi l'occhio destro col palmo di una mano
    “Esci! Vattene!” sibilò. La sua voce, da dolce e melodiosa, era improvvisamente aspra e rotta come quella di una vecchia.
    Doppel era allibito. Perché, di colpo, quell'ostilità?
    “Ma... io...”
    “Via di qui!” gridò lei, minacciosa “Hai liberato il mio occhio, e di questo ti sono grata. A te non voglio far del male. Ma gli altri devono avere quel che si meritano...”
    Nell'ombra, la sua figura appariva piccola, curva e sbilenca. Attraverso le dita che le nascondevano l'occhio destro, Doppel vide trapelare una luce abbagliante. Quelle dita erano le dita di una vecchia, ossute come artigli, e il raggio che ne trapelava diventata sempre più accecante.
    “Vattene!” gracchiò la voce “Vattene, prima che sia troppo tardi!”
    D'un tratto Doppel comprese tutto, e fu preso da un panico indicibile. Questa era Fosca-Losca! La Fosca-Losca dall'occhio stregato, che gli era apparsa sotto le sembianze di una bella ragazza perché lui acconsentisse a riaprirle l'occhio.
    Il pittore si precipitò fuori dalla stanza, afferrando, nella fretta, solo la valigia dei quadri. Uscì come un razzo dalla casetta e corse a gambe levate per la discesa. Non pensava che a filarsela al più presto.

    La gente del villaggio guardava sbigottita l'imbrattatele che, pallido come un cadavere, scendeva a rotta di collo verso il porto e saltava, appena in tempo, a bordo di un mercantile in partenza.
    Il pittore era schizzato fuori dalla casa di Fosca-Losca, questo l'avevano visto coi loro occhi. Che cosa poteva significare?
    Gli abitanti del villaggio cominciarono a sentirsi inquieti. Un piccolo gruppo si mosse titubante verso la casa di Fosca-Losca. Se il forestiero se l'era data a gambe, c'era sicuramente sotto qualcosa.
    Tutto il villaggio venne allertato, e in capo a un'ora un'intera folla si era raccolta davanti alla casetta di Fosca-Losca. Qualcuno scagliò una pietra contro la porta. E poi una seconda. Altri seguirono il suo esempio, e di lì a pochi istanti una gragnuola di pietre piovve sulla porta e le finestre di Fosca-Losca. Si udì un tintinnio di vetri rotti.
    “Esci di lì, strega!” gridarono gli abitanti del villaggio spintonandosi, fischiando, vociando, come mutati in un mostro dalle mille teste. Allora la porta si aprì di colpo, e Fosca-Losca uscì col suo passo malfermo. Era una piccola vecchia curva, che si copriva l'occhio destro col palmo di una mano. Nessuno, nella sorpresa generale, notò la luce bianca che trapelava fra le dita.
    “Guardate!” gridò uno degli autori della sassaiola. “Le abbiamo centrato l'occhio!”. Molti sghignazzarono. Ma Fosca-Losca rimase ferma sulla soglia, muta e imperterrita. Lentamente, Fosca-Losca prese ad avvicinarsi lungo il vialetto del piccolo giardino.
    “E' giunta l'ora” disse fermandosi di fronte alla folla “di farvi pagare la vostra crudeltà. Mi credevate pazza, non è vero? Pensavate che fossi indifferente a tutto? Che non curassi il male?”
    Un indefinibile sgomento si insinuò nella folla. Gli abitanti del villaggio se ne stavano come impietriti sulla strada, incapaci di alzare lo sguardo su Fosca-Losca.
    “E' giunta l'ora...” ripeté Fosca-Losca “La mia ora!”. E così dicendo allontanò la mano dal viso e spalancò smisuratamente l'occhio destro...
    Dalla folla si levò un urlo di terrore.

    “Guarda laggiù” disse al pilota il capitano del mercantile che si allontanava al largo “Un momento fa c'è stato un lampo accecante sulla costa di Gark”.
    Sollevò il cannocchiale e mise a fuoco la costa.
    “Strano. Eppure sono certo che in quel punto dovrebbe trovarsi Gark. E invece non c'è altro che una grande macchia bianca. Come se Gark fosse stato spazzato in un baleno dalla faccia della terra”.
    Il timoniere alzò le spalle, sputando una cicca di tabacco da masticare. Nella sua lunga vita di marinaio aveva visto tante stranezze che niente, ormai, gli sembrava impossibile.

    In un'augusta cabina del mercantile, Doppel, ancora scosso da un leggero tremito nervoso, tolse i suoi quadri dalla valigia e li posò uno accanto all'altro sul pavimento. Poi rimase lì a fissarli, incapace di credere ai propri occhi. Tutte le tele su cui aveva dipinto le vedute di Gark erano immacolate. Come se Gark non fosse mai esistito, e lui non l'avesse mai dipinto.
    Solo in un angolo dell'ultima tela si vedeva ancora qualcosa. Era la figura d una piccola donna rugosa, esattamente come Doppel l'aveva ritratta. Tranne un particolare. Chissà come, ora anche l'occhio destro era aperto e fissava Doppel col suo sguardo strabico.
    Il pittore cacciò un urlo. Poi afferrò il quadro, e senza più guardarlo corse sul ponte della nave e lo scagliò in mare.
    Con un tonfo, la tela cadde fra le onde, che la trascinarono lontano finchè scomparve del tutto alla vista.
     
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