Percezione e realtà

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  1. Black Fear
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    Vi propongo un supercazziatone filosofico che mi sto ponendo da diversi giorni.

    La percezione è il processo psichico che opera la sintesi dei dati sensoriali in forme dotate di significato. ( fonte: wiki )

    Ciò che mi è venuto in mente è sfociata da una semplice frase che ho letto alcuni giorni fa non ricordo dove e sarebbe:
    La percezione è solo che un'illusione.
    Da li ho cominciato a chiedermi: Se la percezione è un'illusione, l'uomo stesso e la materia presente attorno a se è un'illusione.
    Ma se ciò sarebbe vero, perchè siamo ancora qui dopo averlo letto? Non ci si aprirebbe la mente sul che noi siamo semplici illusioni e quindi credendoci spariremmo nel nulla più assoluto? O, meglio, se tutto fosse un'illusione, perchè non esistono uomini che scoprono ciò e riescono a modificarla a proprio piacimento diventando a loro volta creatori di illusioni che si applicano direttamente sulla materia che ci circonda? (volo free style, alzare pesi 100 volte al di fuori della forza muscolare, ecc.). Quindi, personalmente affermo che la percezione non è un illusione perchè la materia stessa non dovrebbe esistere in quel caso, ma, che la percezione è pura verità e a essere l'illusione è la stessa parola realtà che ha assunto un termine errato nella sua etimologia di base. Vi faccio un esempio:

    Con realtà di solito si intende il mondo in cui si cammina, si interagisce con altri esseri. in cui applichiamo una certa energia e ne riceviamo altrettanta. Questa affermazione vi fa pensare solo al creato terrestre... Oppure anche a qualcosa che avete nella mente?

    BAM

    A proprio questo volevo puntare, cioè che viviamo in due definizioni di realtà diversa direttamente creata dai nostri 5 sensi, cioè quella "fisica" e quella che noi chiamiamo sogno. Perchè? Perchè si, perchè se ci tirano un pugno in faccia nella realtà fisica sentiamo dolore e quando ci tirano un pugno nel sogno sentiamo dolore in quella dimensione, anche se ogni tanto è assurdamente inibito, come se ci fosse un errore di calcolo nel cervello ma questa è un'altra cosa.... Quello a cui volevo arrivare è che le nostre percezioni sono in qualsiasi caso fisiche e racchiuse nel nostro corpo e cervello ma a essere sbagliata è la realtà stessa che viene vissuta in due mondi completamente diversi, ma che specularmente si rassomigliano per alcuni punti, come se stessimo davanti a due specchi, uno normale e uno deformante.

    Cosa ne pensate di ciò?
     
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    Cogito ergo sum.
    Riguardo al sonno, se mi sento male vado in dormi-veglia e sto mooolto male mentre cerco di prendere sonno, quindi sono scettico nell'arrivare in un altra dimensione, anche se a volte anch'io ho pensato che i nostri cinque sensi ci ingannino :/ Comunque a volte mentre dormo è come se guardassi me stesso da un'altra prospettiva la mia stanza.
    Ripensado all'andare nelle altre dimensioni, è impossibile che noi arriviamo in una quarta dimensione. La mia teoria (mia nel senso che ci sono arrivato da solo anche se penso che menti mooolto più illuminate della mia stupida testolina l'abbiano elaborata in modi più logici) è che noi possiamo vedere chi sta nella prima e seconda dimensione, ma loro no. Per questo non possiamo arrivare alla quarta. Sono sinceramente confuso sulle mie teorie... :/
     
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  3. Black Fear
         
     
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    Bah non parlo di seconda, terza e quarta. Ma dimensione come realtà che viene vissuta dal nostri sensi. Forse è meglio definirlo "altro mondo" in maniera molto ma molto blanda.
     
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  4. ~Mogøros•
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    Come negare la tua riflessione?
    Nessuno vive nel mondo reale.
    Tutti viviamo nella proiezione del mondo reale che attraverso i segnali dei sensi, l'esperienza e la loro maturazione abbiamo costruito dentro di noi.
    Quando non bastasse, i nostri sensi non ci danno un'immagine realistica del mondo, ma il frutto di una elaborazione finalizzata con successo al vantaggio dell'individuo e della specie.
    Ho letto un piccolo libro molto interessante sulla nostra visione cromatica.
    La vista ci presenta un mondo colorato dove in realtà sono presenti solo radiazioni elettromagnetiche di frequenze diverse. Ma i colori rappresentano un'interpretazione immediata e valida della realtà, consentendoci di cogliere in un attimo informazioni utili e a volte vitali.
    Un albero è un albero per chiunque lo guardi! Certamente, ma esiste solo dal momento in cui lo percepiamo.
    Siccome ciascuno di noi lo percepisce in modo diverso, perché alla vista ne ricava emozioni originali e del tutto personali, l’albero diventa una realtà diversa a seconda di come lo percepiamo.
    Qual è dunque l’albero più vero? Quale percezione può permettersi di prevalere su un’altra? Chi può affermare lecitamente che una realtà sia più vera di altre?
    Esso non è mai uguale a se stesso ma unico, nella sua diversità, per ogni percettore che ne acquisisca la consapevolezza. Volendo esemplificare, salta agli occhi, quale enorme differenza esista tra l'albero percepito dalla mosca e quello percepito dall'elefante.
    Indubbiamente, nell'esperienza comune, molti degli elementi della conoscenza sono condivisi, ponendo le basi di una possibilità comunicativa altrimenti negata, anche se possono verificarsi intriganti ma non ostativi malintesi.
    Se si immagina l'esistenza di un mutante umano con una percezione dei colori alterata, poniamo col rosso ed il verde invertiti, ma cresciuto in una comunità di non mutanti, egli imparerà a definire rosso il suo verde e verde il suo rosso, rendendo non identificabile la sua originalità agli altri e nemmeno a se stesso, ma senza subire alcuna limitazione.
    Invece può anche verificarsi il caso in cui, scostamenti capaci di ridurre la conoscenza condivisa oltre una certa soglia, inducano l'isolamento dell'individuo (il folle) mettendone a rischio la stessa sopravvivenza.
    Detto questo si pone immediatamente la questione successiva, quella della realtà, su cui anche a me non dispiace affatto arrovellarmi.
    Si può dire che esista una realtà se non è percepita? Quanto è importante per la sua sussistenza l'esistenza di un testimone? Essa esiste di per se o solo in funzione della sua possibile percezione?
    La questione è tutt'altro che banale o inconsistente ed è ricca di implicazioni e conseguenze inaspettate, che certo non si possono esaurire qui.
    La prima risposta comunque, quella più spontanea, sarebbe l'affermazione di una realta sussistente per se. Lasciando stare l'albero, capace a modo suo di interagire con l'ambiente, pensiamo ad una pietra o ad una montagna, o a un pianeta, una stella, una galassia, o all'intero universo.
    Caspita l'oggetto è lì, nella sua estrema concretezza e ci sarebbe comunque, anche se improvvisamente scomparissero tutti gli esseri sensibili.
    Ma dopo la risposta sorge il primo dubbio. Posso asserire che ci sarebbe comunque perché io ne ho avuto percezione, ma se tale percezione non ci fosse mai stata? La pietra esisterebbe comunque? E chi potrebbe affermarlo? E come sarebbe possibile affermarlo se nessuno ne avesse mai percepito l'asistenza?
    In effetti allora, se nessuno la percepisce, la pietra potrebbe non esistere, essa comincia ad esistere con una certa sicurezza solo quando un testimone ne possa constatare ed affermare l'esistenza.
    Forse bisogna interpretare il senso assegnato al termine esistente.
    Definiamo esistente una cosa constatabile in modo condiviso.
    Di dubbia esistenza una cosa percepibile solo da alcuni.
    Inesistente una cosa che nessuno percepisce.
    Quindi l'esistenza non è un attributo della cosa in se ma che si sviluppa esclusivamente nella relazione tra oggetto e testimone. Nessuno quindi può asserire credibilmente l'esistenza di un oggetto non constatabile e non intendo la sua sola esistenza "per me" ma in assoluto la sua esistenza "per se".
    Impossibile esaurire l'argomento, o anche trattarlo in maniera adeguata.
    Volendo comunque formulare una conclusione mi sembra che si potrebbe riconoscere, con una certa prudenza salomonica, un contributo almeno pari al cinquanta per cento da assegnare al testimone, lasciando all'oggetto il restante cinquanta per cento della sua realtà, anche se il mio sospetto, abbandonando la prudenza, è che la realtà dipenda per intero dalla consapevolezza del testimone o, in altre parole, che senza testimone la realtà proprio non esista e che sia quindi destinata a finire inevitabilmente con ciascuno di noi.

    CITAZIONE (Mask888 @ 15/4/2013, 21:20) 
    Cogito ergo sum.
    Riguardo al sonno, se mi sento male vado in dormi-veglia e sto mooolto male mentre cerco di prendere sonno, quindi sono scettico nell'arrivare in un altra dimensione, anche se a volte anch'io ho pensato che i nostri cinque sensi ci ingannino :/ Comunque a volte mentre dormo è come se guardassi me stesso da un'altra prospettiva la mia stanza.
    Ripensado all'andare nelle altre dimensioni, è impossibile che noi arriviamo in una quarta dimensione. La mia teoria (mia nel senso che ci sono arrivato da solo anche se penso che menti mooolto più illuminate della mia stupida testolina l'abbiano elaborata in modi più logici) è che noi possiamo vedere chi sta nella prima e seconda dimensione, ma loro no. Per questo non possiamo arrivare alla quarta. Sono sinceramente confuso sulle mie teorie... :/

    Mask888, guarda che l'uomo può percepire fino alla terza dimensione sensoriale, la quarta dimensione è quella degli infrarossi e degli ultravioletti.
     
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    ~Mogøros• :quoto: in tutto.
    Non sapevo che la quarta dimensione sia quella degli ultravioletti e infrarossi, ma è vero che ne conosciamo fino a undici? D:
     
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4 replies since 15/4/2013, 19:59   112 views
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