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chiaroscuro1997.
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La sveglia di fianco al letto vibra e parte la radio. Una canzonetta da spiaggia. Si alza felice, poca gente si alza felice, lui si. Oggi è il giorno del paradiso, mercoledì. Fila in bagno, si lava i piedi e la faccia e le ascelle. Scende di casa con una borsa che contiene del mangiare per cani e gatti.
Nel bar sotto casa si spara della caffeina nel corpo. Ama il caffè, chi non lo ama non è figlio di Dio.
“Un caffè fa lavorare per tre” pensa, tutto eccitato tastando con fiducia la sacca.
Paga, erotizza un po’ la cameriera, e esce confondendosi con mille anime.
In testa canticchia la canzoncina della sveglia. Socchiude gli occhi nel chiaroscuro dell’alba. Spegne il cellulare.
In una lavatrice di pensieri si getta istintivamente in un vicolo. Si fuma una sigaretta, gli gira la testa, poco, poi passa. In un angolo ancora ignorato dal sole tira fuori dalla borsa una ciotola di plastica; versa il contenuto di una lattina di alluminio nel contenitore. Sorride. Prende una boccetta di pillole e ne nasconde con cura una nel cibo puzzolente e gommoso. Sorride ancora.
Torna a casa e camminando leggero come un gatto.
Un gatto percorre il vicolo con il passo felpato come solo un felino può fare. Annusa l’aria e sente odore di cibo. E’ felice. Sorride come solo un gatto sa fare.
E’ tutto nero e avanza nella penombra della viuzza rasente al muro. I baffi sfiorano l’intonaco. Schiva un paio di pisciate e si ritrova nell’angolino ormai illuminato.
Si guarda intorno. E’ solo. Contento di mangiare dopo due giorni di digiuno.
Infila il muso nella ciotola.
“Tutte storie sulla cattiveria degli esseri umani, mi nutrono, sono fantastici” è l’unico pensiero che il suo cervello debole dalla fame riesce a produrre.
Si ingozza e tra un pezzo di manzo in gelatina e l’altro ingoia un piccola sfera bianca. Non se ne accorge.
Il benefattore mangia un panino. Ha una fame da lupo, si ingozza e non si accorge dei minuscoli latticini contenuti in quel pane di plastica. La gola gli si gonfia e le sue mani scavano l’aria cercando di catturare un pezzo di vita. Iniziano le convulsioni. “Perché?” si chiede, e muore con in testa una domanda senza risposta. Morire con un dubbio è peggio che morire soffrendo come un cane.
Intanto circa duecento metri più in là un gatto soddisfatto prende la via per il ritorno, verso la colonia di randagi che è la sua città. Un dolore acuto come cento spilli piantati sui polpastrelli si propaga per il suo corpicino innocente; centinaia di formiche immaginarie gli stanno mangiando le viscere partendo dallo stomaco. Soffre come non ha mai sofferto, ma trova la forza di lanciare un miagolio lancinante come una fucilata. Non vede più da un occhio, l’altro è sulla via del fratello. Non si sente più le gambe e la coda. Si lascia cadere sui porfidi, due minuti dopo una mano gli sfila la vita dal naso, e ogni centilitro d’aria che se ne va pesa come un’incudine sulle sue costole. Soffre, soffre, soffre.
L’ultimo pensiero è carico di ingenuità da bambino, “Chi è stato?”. Solo una persona conosce la risposta, ma una specie di giustizia divina la sta strappando dal suo proprietario.
Un passante vede di fianco a se una carcassa di gatto. Fa una smorfia con la bocca e con tutta la faccia.
“Un altro cazzo di gatto morto di fame”. Si allontana il più possibile dal cadavere e tira dritto verso il lavoro.
Merda, merda, merda, merda, merda di cane è chi avvelena i nostri fratelli fiduciosi e per questo ingenui.
Pregate che non passi mai per la vostra stessa via mentre vi macchiate le mani di cibo per animali.
Non esiste una punizione divina per i vostri gesti, ma esiste la mia sadica punizione e fa molto più male.. -
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Mi è piaciuta. C'è qualche ripetizione qua è là, ma non è davvero niente male, ed è smistabile 
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Si, concordo con Pisy. . -
chiaroscuro1997.
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L'ho scritta un sacco di tempo fa e l'ho riletta ieri. Grazie! .
