Sentimentalismo

Auguste de Villiers de L'Isle-Adam

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Smertefull_Dodskamp
         
     
    .

    User deleted


    A Jean Marras

    Mi stimo poco quando mi esamino; molto
    quando mi confronto.
    IL SIGNOR CHIUNQUE


    Una sera di primavera, due giovani beneducati Lucienne Èmery e il conte Maximilien de W, erano seduti sotto i grandi alberi di un viale degli Champs-Èlysées.
    Lucienne è quella bella giovane sempre vestita di nero, il cui viso è di un pallore marmoreo, e la cui storia è ignota.
    Maximilien, del quale abbiamo appreso la tragica fine, era un poeta di straordinario talento. In più, era di ben fatto e aveva modi eleganti. I suoi occhi splendevano di luce intellettuale, affascinanti, ma, come le pietre preziose, un po' freddi.
    L'intimità tra i due durava da appena sei mesi.
    Quella sera, dunque, guardavano in silenzio le vaghe sagome delle carrozze, delle ombre, dei passanti.
    A un tratto, la signora Èmery prese con dolcezza la mano del suo amante e gli disse: <<non vi sembra, amico mio, che, agitati senza posa da impressioni artificiali e, diciamo così, astratte, i grandi artisti - come voi - finiscano col perdere la capacità di sentire davvero i tormenti e i piaceri che la sorte gli offre? Dimostrate quantomeno con un certo disagio (e questo vi fa passare per insensibili) i sentimenti personali che la vita vi obbliga a provare. Allora si direbbe, dai vostri movimenti freddamente misurati, che palpitate per pura cortesia. Certo, l'Arte vi perseguita con un rovello ossessivo fin dentro l'amore e il dolore. A furia di analizzare le complessità di questi sentimenti, avete troppa paura di non essere perfetti nell'esprimerli, non è vero?... Di mancare di esattezza nell'esposizione di ciò che vi turba... Non riuscite a liberarvi di questa preoccupazione. Paralizza in voi gli slanci più belli e frena ogni espansione naturale. Si direbbe che, a voi principi di un altro universo, una folla invisibile vi stia sempre intorno, pronta a criticare o ad applaudire.
    Quando vi colgono una felicità immensa o una grande sventura, quello che si risveglia in voi, prima ancora che il vostro spirito se ne sia reso conto, è l'oscuro desiderio di rivolgervi a un attore di primo piano per chiedergli quali siano i gesti adatti a cui dovete lasciarvi andare in quella circostanza. L'Arte condurrebbe all'inaridimento?... È inquietante... >>
    <<lucienne>>, rispose il conte <<io ho conosciuto un cantante che, accanto al letto di morta della sua fidanzata e sentendo la sorella di questa abbandonarsi a un convulso singhiozzare, non riuscì a impedirsi di notare, pur nella sua afflizione, i difetti di emissione vocale che avvertiva in qui singhiozzi, e pensava senza volerlo agli esercizi giusti per dare loro "più" corpo. Vi sembra una malvagità?... Eppure, il nostro cantante morì a causa di quella separazione, mentre la sorella, sopravvissuta, si tolse il lutto esattamente nel giorno prescritto dalle usanze.>>
    La signora Èmery guardò Maximilien.
    <<a sentir voi>> disse <<sarebbe difficile precisare in che cosa consista la vera sensibilità, e da quali segni la si possa riconoscere.>>
    <<voglio dissipare i vostri dubbi in proposito>> rispose sorridendo il signore de W <<ma i termini... tecnici... sono spiacevoli, e temo che...>>
    <<non temete! Io ho il mio bouquet di violette di Parma, voi il vostro sigari; vi ascolto.>>
    <<e va bene, obbedisco!>> replicò Maximilien. <<le fibre cerebrali colpite dalle sensazioni di gioia o di dolore negli artisti, dite voi, sembrano come allentate dall'eccesso di emozioni intellettuali di cui ha bisogno ogni giorno il culto dell'Arte. Io credo che queste fibre misteriose siano invece glorificate! Gli altri uomini sembrano dotati di tenerezze più perfezionate, di passioni più franche, più serie?...E io vi assicuro che la quietezza dei loro organismi, ancora un po' oscurati dall'Istinto, li porta a manifestare, come espressioni supreme dei sentimenti, delle semplici esplosioni di animalità.
    Sostengo che i loro cervelli e i loro cuori sono serviti male da centri nervosi che, sepolti in un torpore abitudinario, risuonano di vibrazioni infinitamente meno numerose e più opache delle nostre. Si direbbe che si affrettino a far svaporare le loro impressioni con molto rumore solo per illudere se stessi o per giustificarsi in anticipo dell'inerzia in cui si sentono già risprofondare.
    Queste nature senza echi sono proprio quelle che la gente chiama "persone di carattere": dei corpi, dei cuori violenti e insignificanti. Smettiamola di lasciarci ingannare dalla sordità delle loro grida. Ostentare la propria debolezza nella segreta speranza di contagiarne gli altri, al fine di beneficiare, anche solo in un modo che ai propri occhi è fittizio, dell'emozione reale suscitata in un altro grazie a questo maneggio oscuro, be', questa è una cosa che va bene solo per esseri incompleti.
    In nome di quali diritti reali pretenderebbero di decretare che tutte le loro esagitazioni, di lega più che dubbia, siano davvero l'espressione dei dolori o delle ebbrezze della vita, e taccerebbero di insensibilità coloro che per pudore se ne astengono? Il raggio di luce che investe un diamante seminascosto nella ganga viene forse riflesso meglio che da un diamante ben tagliato in cui penetra l'essenza stessa del fuoco? In verità, quelli e quelle che si lasciano commuovere dalle espansioni grezze sono persone che per natura preferiscono i rumori confusi alle profonde melodie; ecco tutto.>>
    <<scusate, Maximilien,>> lo interruppe la signora Èmery <<sto ascoltando la vostra analisi un po' troppo sottile con sincera ammirazione... ma sareste così gentile da dirmi che ora stanno suonando?>>
    <<le dieci, Lucienne!>> rispose il giovane guardando il suo orologio alla luce del sigaro.
    <<ah, bene! Continuate.>>
    <<perché tanta inquietudine per l'ora che passa?>>
    <<perché è l0ultima del nostro amore, amico mio!>> rispose Lucienne. <<ho accettato dal signor de Rostanges un appuntamento per le undici e mezza di stasera; e ho esitato a dirvelo fino ad adesso. Me ne volete?... Perdonatemi.>>
    Se il conte, a queste parole, si fece un po' più pallido, l'oscurità protettrice nascose quel segno di emozione, nessun fremito svelò ciò che dovette provare dentro di sé in quell'istante.
    <<ah!>> disse con una voce regolare e armoniosa. <<un giovane tra i più compiti, merita il vostro amore. Vi dico addio, allora, mia cara Lucienne>> aggiunse.
    Prese la mano della sua amante e la baciò.
    <<chissà che cosa ci riserva il futuro?>> gli rispose Lucienne sorridente, ma un po' interdetta. <<rostanges non è che un capriccio a cui non so resistere. E ora, amico mio,>> aggiunse dopo un breve silenzio <<continuate pure a parlare, ve ne prego. Vorrei sapere, prima di lasciarci, cosa dà ai grandi artisti il diritto di disprezzare tanto il modo di fare degli altri uomini.>>
    Tra i due amanti passò un istante terribile, muto.
    <<noi>> riprese Maximilien <<proviamo le sensazioni comuni con altrettanta intensità di chiunque altro. Sì, il fatto naturale, istintivo, di una sensazione lo sperimentiamo, fisicamente, proprio come tutti! Ma è solo all'inizio che lo sentiamo in questa maniera umana!
    Quello che ci fa sembrare come paralizzati, quasi sempre e nelle più varie circostanze, è la quasi impossibilità di esprimere i suoi echi immediati in noi. Quando gli altri uomini, mancando di sufficiente vitalità, hanno già dimenticato, in noi le sensazioni crescono come il rumore delle onde quando ci si avvicina al mare. A determinare la superiorità della nostra specie sono le percezioni di questi occulto echi, di queste infinite e meravigliose vibrazioni. Di lì vengono le apparenti discordanze tra i pensieri e le azioni quando uno di noi, per esempio, cerca di tradurre, alla maniera di tutti, ciò che sente. Pensate a quale distanza ci separa dalle età primitive del Sentimento, da così tanto tempo perduto e in fondo al nostro spirito! L'atonia della voce, l'anomalia dei gesti, quello stare a cercare le parole, tutto è in contraddizione con il modello corrente di sincerità e con le banalità di linguaggio che la maggioranza trova adeguate al suo modo di sentire. Noi suoniamo falsi: ci trovano di ghiaccio. Le donne, se guardano dentro di noi, non ci capiscono. Pensano volentieri che anche noi, perfino noi, dovremmo agitarci almeno un pochino! e andare a stare tra quelle "nuvole" dove è inteso che si rifugino i "poeti", secondo un detto diffuso ad arte dalla borghesia. Come si stupiscono quando vedono accadere esattamente il contrario! L'orrore pieno di disprezzo che, a questa scoperta, esse provano per quelli che le hanno ingannate sul nostro conto va oltre ogni limite e, se ci tenessimo alla vendetta, quell'orrore sarebbe davvero spassoso.
    No, Lucienne, noi non amiamo tradurre male noi stessi in queste manifestazioni menzognere fabbricate dalla gente. Ci sforzeremmo invano di rimetterci addosso tutti questi abiti umani smessi, da tempo immemore dimenticati nella nostra anticamera! Noi ci siamo identificati con l'essenza stessa della Gioia! Con l'idea viva del Dolore! Cosa volete, è così! Unici tra gli uomini, siamo giunti al possesso di una facoltà quasi divina: quella di trasfigurare, col nostro semplice contatto, le felicità dell'Amore, per esempio, o le sue torture, in una forma du eternità immediata. È questo il nostro indicibile segreto! D'istinto, ci rifiutiamo di lasciarlo trapelare, per risparmiare, finché è possibile, al nostro prossimo la vergogna di trovarci incomprensibili. Ahimè! Siamo come quei forti cristalli in cui, in Oriente, dorme il puro spirito delle rose morte e che sono ermeticamente velati da un triplice involucro di cera, d'oro e di pergamena.
    Una sola lacrima della loro essenza, di quell'essenza conservata così nella grande anfora preziosa (ricchezza di una intera progenie, che si trasmette in eredità, come un tesoro sacro benedetto dagli avi), basta a penetrare in profondità molte misure di acque limpida, ve lo assicuro, Lucienen! E quella, a loro volta, bastano a profumare molte case e molti sepolcri, e per lunghi anni!... Noi non siamo quasi affatto simili (ecco il nostro delitto) a quelle boccettine piene di profumi banali, tristi e sterili fiale che il più delle volte ci si scorda di chiudere, e l'aroma inacidisce o si disperde al primo soffio. Conquistata una purezza di sensazioni inaccessibile ai profani, saremmo bugiardi ai nostri stessi occhi se prendessimo a prestito le pantomime banali e le espressioni stereotipate di cui si accontenta l'uomo comune. Noi ci affretteremmo, un coscienza, a dissuaderlo, se prestasse fede anche per un solo istante, al primo grido che a volte può strapparci un caso felice o fatale. È proprio perché abbiamo la cognizione giusta della Sincerità, che noi siamo sobri nei gesti, scrupolosi nelle parole, riservati negli entusiasmi, contenuti nelle disperazioni.
    Dunque, è la qualità delle nostre facoltà affettive a farci guadagnare l'accusa di essere aridi?... Per la verità, cara Lucienne, se ci tenessimo (non voglia iddio!) a non essere più incompresi dalla maggior parte delle persone, e volessimo rivendicare dal loro intelletto un omaggio diverso dall'indifferenza, sarebbe in effetti auspicabile, come dicevate voi stessa, che nelle grandi occasioni un buon attore si mettesse dietro di noi, passasse le sue braccia sotto le nostre, e poi parlasse e gesticolasse al nostro posto. Allora saremmo sicuri di toccare la folla nel solo modo che riesce a capire.>>
    La signora Èmery osservava, molto pensosa, il conte de W.
    << Ma sul serio, mio caro Maximilien,>> esclamò << voi non osereste più dire "buongiorno" o "buonasera" per paura di fare la figura di... prenderli in prestito dai comuni mortali? Avete dei momenti squisiti e indimenticabili, lo ammetto, e sono fiera di averli ispirati. A volte mi avete abbagliata con gli abissi del vostro cuore e con le dolci espansioni della vostra tenerezza; sì, fino a un non so quale rapimento di cui conserverò per sempre lo strano, inquietante ricordo!... Ma, cosa volete!... Voi mi sfuggite e io non riesco a seguirvi, e non sarò mai del tutto sicura che proviate anche voi, in un modo non immaginario, quello che mi fate provare... È per questo, Max, che non posso proprio far altro che separarmi da voi.>>
    <<mi rassegno dunque a non essere comune>> rispose il conte <<anche a costo di incorrere nel disprezzo della gente perbene che (forse a ragione) si giudica costruita meglio di me. Del resto, pare che oggi tutti abbiamo provato tutto. Io spero che presto in ogni capitale ci saranno quattro o cinquecento teatri, per cui, visto che là gli avvenimenti usuali della vita sono recitati decisamente meglio che nella realtà, nessuno si darà più la pena di vivere di persona. Quando ci si vorrà appassionare o commuovere, si prenoterà un posto e tutto sarà più semplice. Questa scappatoia non sarebbe mille volte preferibile, dal punto di vista del buonsenso?... Perché esaurirsi in passioni destinate all'oblio?... Nel giro di sei mesi, che cosa non si dimentica un po'? Ah, se sapeste quanto silenzio portiamo in noi!... Ma perdonatemi, Lucienne: sono le dieci e mezza, e sarei indiscreto se non ve lo rammentassi, dopo la vostra confidenza di poco fa>> mormorò Maximilien sorridendo e alzandosi.
    <<e la vostra conclusione?...>> disse lei. <<arriverò in tempo.>>
    <<concludo>> rispose Maximilien <<che quando un tizio qualunque, battendosi il petto come per stordirsi del vuoto che sente dentro di sé, dice di uno di noi: "Ha troppo cervello per avere un cuore!" è molto probabile che il tizio arrossirebbe se gli si rispondesse che lui ha troppo cuore per avere anche un po' di cervello, il che prova che in fondo noi non ci siamo scelti il ruolo peggiore, per ammissione stessa di chi ce lo rinfaccia. E poi, lo vedete che cosa diventa questa frase, a un attenta analisi? È come se uno dicesse "Questa persona è troppo beneducata, non saprà mai, malgrado tutti i galatei puerili e benfatti. Di modo che quella frase non esprime, ingenuamente, altro che la gelosia istintiva e, per così dire, malinconica di certe natura quando si trovano alla presenza della nostra. Ciò che in effetti ci separa non è una differenza: è un infinito.>>
    Lucienne si alzò e prese il braccio del signor de W.
    <<dalla nostra discussione io ricavo questo assioma>> disse << che, per quanto contraddittorie sembri a volte le vostre parole o i vostri modi nelle circostanze terribili o gioiose della vostra esistenza, non provano per niente che voi siate...>>
    <<di legno!...>> terminò il conte con un sorriso.
    Guardavano passare le carrozze illuminate. Maximilien fece cenno a una, che accostò. Quando Lucienne vi prese posto, il giovane si inchinò, silenzioso.
    <<arrivederci!>> gridò Lucienne, mandandogli un bacio.
    La carrozza di allontanò. Il conte la seguì per un po', con lo sguardo assorto; poi, risalendo a piedi il viale, col sigaro tra le labbra, tornò a casa, al rondò.
    Quando fu solo, nella sua camera, si sedette davanti al tavolo da lavoro, prese da un nécessaire una limetta e parve assorbito nella cura di pulirsi la punta delle unghie.
    Poi scrisse alcuni versi su una... vallata scozzese, che gli tornò in mente, in modo imprevisto, nel subbuglio dello Spirito.
    Poi tagliò alcune pagine di un libro nuovo, le scorse, e gettò da parte il volume.
    Suonarono le due di notte: si stiracchiò.
    <<questi battiti di cuore sono proprio insopportabili!>> mormorò.
    Si alzò, calò le cortine pesanti e le tende, andò verso un secrétaire, lo aprì, prese in un cassetto una piccola pistola "da taschino", si avvicinò a un divano, si puntò l'arma sul petto, sorrise e sollevò le spalle, chiudendo gli occhi.
    Un colpo sordo, attutito dai tendaggi, risuonò; un po' di fumo azzurrino si levò dal petto del giovane, che cadde sui cuscini.
    Da allora, quando qualcuno chiede a Lucienne perché si vesta sempre di scuro, lei risponde ai suoi spasimanti, con tono brioso:
    <<bah! Che volete! Il nero mi dona!>>
    Ma in quei momenti il ventaglio da lutto palpita sul suo seno, come l'ala di una falena su una pietra tombale.
     
    .
0 replies since 28/3/2012, 03:20   105 views
  Share  
.