Finché voci umane non ci sveglieranno

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    Vittime, non lo siamo tutti?

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    I sotterranei dell'Opera

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    Quando Edith aprì gli occhi si accorse di trovarsi in una stanza in cui non era mai stato.
    Debolmente illuminato da un piccolo candelabro l'ambiente appariva privo di mobili e suppellettili, stretto e lungo, quasi un corridoio, abilmente adornato da figure maestose ed iscrizioni su tutte le pareti, freddo, umido, sentiva già di odiare quel posto. Sentiva sotto il suo corpo il freddo pavimento di marmo, nella sua mente il marmo doveva essere bianco e candido, oppure rosato o rosso come nei grandi palazzi rinascimentali mentre questo era scuro, orribile, una tonalità di marrone molto scuro, quasi nero, che contrastava aspramente con le ricche e sublimi lavorazioni delle pareti, dorate e porpora, dove i grandi occhi delle sconosciute figure dipinte sembravano osservarlo da vicino.
    La stanza era piuttosto grande ed è anche per questo che, si disse, sentiva così pungente il freddo che penetrava dalle fessure fra le pareti, perché sapeva, sentiva, di non essere in una casa, in ambiente comodo e familiare, atto al uso dell'uomo, al contempo non era nemmeno un semplice corridoio, un sottoscala, una cantina, quella era una stanza, una stanza non ideata dall'uomo. Creata non per l'uomo.

    Edith non credeva negli alieni.

    Steso sul pavimento Edith cercò di muoversi, con le mani tastò il freddo pavimento sotto di sé, cercò di alzarsi. Non ci riuscì: Le sue gambe sembravano legate, come in una morsa, ma indolore, come una ingessatura. Come se gli fossero state amputate, come se non le avesse più.
    Cercò di ricordare:

    Un mattino di luce, nella sua bella casa in campagna, l'aria sul viso, il profumo delle rose.

    Un lampo nel cielo, una luce.
    Una luce forte, accecante, improvvisa, una luce che non avrebbe mai più visto, nessuno.

    Poi, il buio..

    Aprì gli occhi, Edith, un piccolo essere pressoché inutile su Gaia, uno fra un milione, uno capitato dove non doveva, dove non voleva, essere. Non sapeva quale fosse il suo ruolo in questa storia, non poteva immaginarlo. Povero Edith, non sapeva nemmeno dove si trovasse.
    Edith lui, e lui solo, un minuscolo abitante di un pianeta azzurro disperso fra milioni e milioni di corpi celesti, fra migliaia di stelle in agonia schiacciate dalle immutevoli leggi del tempo, fra mostri gravitazionali capaci di ingoiare nelle proprie viscere ancestrali persino la luce, persino lo spazio, immerso dove non poteva esistere. Edith tutto questo non lo poteva capire, non era abbastanza evoluto.

    Loro sì.
    Loro sapevano.
    Loro capivano.

    Edith aprì gli occhi, nella stanza fredda, stretta e lunga, nel corridoio da dove i suoi ricordi iniziavano. Tutto il suo passato, la gioventù, gli amori, i rancori, le passioni erano svaniti, in un secondo, senza che Edith potesse rendersene conto, erano già divenuti un'ombra vaga, indefinita e indefinibile nella sua mente. Non ricordava nemmeno più il suo nome: Edith.
    Se la memoria di quello che sei ti abbandona, Edith, tu non sei più nulla.
    Così si disse.
    Povero Edith, non aveva nessuna colpa, né nessun merito, per affrontare quello che gli sarebbe accaduto. Il trucco sta nel riuscire ad aprire gli occhi, ascoltami, Edith.

    Edith aprì gli occhi, nella stanza fredda, stretta e lunga, nel corridoio da dove i suoi ricordi iniziavano.
    Le sue mani erano fredde, sentiva le estremità delle dita congelarsi, cercava di muoversi:
    Di nuovo cercò di dimenarsi, urlare, alzarsi, invano. Sentiva le gambe strette in una morsa, leggera, delicata ma al contempo forte e indistruttibile.
    Gridò a squarciagola, picchiò i pugni sul pavimento marmoreo urlando e piangendo finché le sue mani si lacerarono, finché le ossa della mano iniziarono ad incrinarsi, e, sanguinante, si arrese, strisciò verso le pareti, come un serpente, si lasciò cadere, Edith aveva speso tutte le sue lacrime.

    Edith aprì gli occhi, e vide ciò che non poteva vedere.
    Vide mostri fagocitati dalle più terribili paure dell'uomo, vide mostri generati da sangue e sabbia osservarlo da vicino, esseri affamati di sangue, del suo sangue, scortarlo mentre veniva trascinato sul pavimento della stanza fredda, credeva di essere all'inferno, questo pensò.
    Povero Edith, non sapeva ancora nulla.

    Un crampo, improvviso, era la sua mano: Arpionata da uno di quei mostri che lo braccavano: il dolore fu terrificante, Edith sentì la belva vomitata dall'inferno strappargli le carni dalle ossa. Una lama affilata, una morsa, gli aveva reciso la mano destra.

    Urlava Edith, di dolore e di disperazione, cercava inutilmente di parlare, di chiedere dove fosse finito, che cosa stava accadendo.
    Non gli risposero, non avrebbe capito.

    Fu trascinato lungo il corridoio, il braccio non gli doleva, quello che faceva male era il sapere, coscientemente, di aver perso la mano, per sempre.
    Non sarebbe stato importante.

    Finalmente giunse nella grande sala al centro della struttura. Edith urlò, imprecò, pianse fino a non avere più lacrime.
    Lo lasciarono lì.
    Loro erano pazienti, erano giusti.

    Edith urlò fino a che ogni fiato in suo possesso sembrava averlo abbandonato, si dimenò fino a perdere ogni forza.
    Allora, e solo allora Edith si liberò del suo peso, dal peso della sua esistenza.
    E fu pronto.

    Da un angolo della oscura sala apparve una figura indefinibile, nera come la notte ma con mani umane, con denti da leone ma con occhi da essere umano che chiamò Edith, per nome:
    “Edith” disse “sei pronto?”
    Rispose di sì, non sapeva perché, e non sapeva come avesse fatto perché ogni forza lo aveva abbandonato da tempo. “Allora seguimi” rispose con tono severo il suo aguzzino voltandogli le spalle.

    Edith riuscì ad alzarsi, senza sforzo e senza nessuna fatica, si sentiva fluttuare in questa stanza sconosciuta, dimenticò ogni dolore, ogni lacrima versata in quel lungo corridoio infernale, dimenticò persino la sua mano destra..
    Seguiva il suo carnefice, senza capire.

    Non sentiva più né dolore né fatica, Edith, seguì quella creatura fino ad una grande sala scarsamente illuminata da flebili candelabri.
    Al Suo cospetto.

    La figura seduta sul trono era luminosa, come il sole di mezzogiorno, la luce che irradiava era accecante tanto da non poter distinguerne le fattezze, l'essere che aveva accompagnato, meglio trascinato Edith gli fece cenno di inginocchiarsi di fronte alla figura maestosa e indecifrabile che occupava il trono al centro della stanza, Edith si inginocchiò, non sapeva chi avesse di fronte.

    Poche parole in una lingua incomprensibile all'uomo fra l'essere luminoso e la figura nera. Si procedette come da tradizione:
    L'essere inumano con denti da leone e mantello nero estrasse un affilato pugnale.

    Lo alzò sopra il petto di Edith.
    Terrorizzato, non poteva più muoversi, Edith accettò il suo destino.
    Chiuse gli occhi.


    Edith aprì gli occhi:
    Vide il mostro in nero strappargli cuore dal petto, ma non sentiva dolore.. nausea, quella sì, ma nessun dolore.




    Il cuore di Edith pulsava ancora negli artigli del suo carnefice quando venne posato sul piatto di una bilancia, una bilancia dorata, e, nell'altro piatto, una piuma, molto più pesante...



    Edith capì, finalmente.


    Anubi era terribile ma giusto, l'eterno Ra lo aveva graziato.



    Poi, finalmente, Edith aprì gli occhi, davvero.



    Edited by Astaroth IV - 12/2/2012, 22:40
     
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  2. Dulaan
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    Questo racconto è magnifico. Non ho capito fino alla fine cosa stesse succedendo.
    Davvero, magnifico.
     
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  3. Sephir
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    È davvero fantastico, non ci sarei mai arrivato che si trattava della pesatura egiziana dell'anima. Mi hai stupito, e questo è stato uno dei pochi racconti che mi sono davvero goduto fino alla fine, complimenti. :peoflow:
     
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    :omfg: È. Bellissimo!

    Davvero, mi piace veramente tanto. Sei riuscito a far capire esattamente quello che avrebbe potuto provare un antico egizio prima di apparire al cospetto di Anubi... Ottimo lavoro!
     
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    E' Fantastica :la:
     
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  6. Lelouch ~
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    Mi è piaciuta l'interpretazione, ovvero come hai immaginato la pesa delle anime quanto a sensazioni e immagini. Però non mi piace come l'hai scritta, proprio per niente: moltissime virgole sono messe dove non andrebbero, spesso anche a sostituire dei punti. Il risultato è una narrazione spezzetttata, che crea pause dove non dovrebbero essercene o rende fluide frasi che andrebbero invece separate.
    E quando trovo qualcosa scritto così, lo trovo irritante perché mi impedisce di godermi la lettura, specie se l'idea di base è buona.

    In sintesi, rivedi bene la punteggiatura e stabilisci con attenzione le pause nella narrazione.
     
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    CITAZIONE (Lelouch ~ @ 10/2/2012, 18:43) 
    Mi è piaciuta l'interpretazione, ovvero come hai immaginato la pesa delle anime quanto a sensazioni e immagini. Però non mi piace come l'hai scritta, proprio per niente: moltissime virgole sono messe dove non andrebbero, spesso anche a sostituire dei punti. Il risultato è una narrazione spezzetttata, che crea pause dove non dovrebbero essercene o rende fluide frasi che andrebbero invece separate.
    E quando trovo qualcosa scritto così, lo trovo irritante perché mi impedisce di godermi la lettura, specie se l'idea di base è buona.

    In sintesi, rivedi bene la punteggiatura e stabilisci con attenzione le pause nella narrazione.

    Forse hai ragione ma era proprio questo lo stile di scrittura che volevo per questo racconto.
    Le frasi sono volutamente molto lunghe (o molto corte) per far leggere alcuni paragrafi tutto d'un fiato, quindi senza punti o pause ed altri molto brevi, battute quasi, per accelerare il racconto, sopratutto verso la fine.

    Fammi comunque qualche esempio di come potrei modificare il testo, vorrei vedere se si può migliorare. :peoflow:
     
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  8. ¬Seha
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    Epico! :killer:
     
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  9. Lelouch ~
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    CITAZIONE (Astaroth IV @ 11/2/2012, 12:15) 
    CITAZIONE (Lelouch ~ @ 10/2/2012, 18:43) 
    Mi è piaciuta l'interpretazione, ovvero come hai immaginato la pesa delle anime quanto a sensazioni e immagini. Però non mi piace come l'hai scritta, proprio per niente: moltissime virgole sono messe dove non andrebbero, spesso anche a sostituire dei punti. Il risultato è una narrazione spezzetttata, che crea pause dove non dovrebbero essercene o rende fluide frasi che andrebbero invece separate.
    E quando trovo qualcosa scritto così, lo trovo irritante perché mi impedisce di godermi la lettura, specie se l'idea di base è buona.

    In sintesi, rivedi bene la punteggiatura e stabilisci con attenzione le pause nella narrazione.

    Forse hai ragione ma era proprio questo lo stile di scrittura che volevo per questo racconto.
    Le frasi sono volutamente molto lunghe (o molto corte) per far leggere alcuni paragrafi tutto d'un fiato, quindi senza punti o pause ed altri molto brevi, battute quasi, per accelerare il racconto, sopratutto verso la fine.

    Fammi comunque qualche esempio di come potrei modificare il testo, vorrei vedere se si può migliorare. :peoflow:

    Ovviamente puoi volutamente rendere le frasi più lunghe o brevi, di certo non ti posso criticare per questo. Quello che intendo è che in certi casi hai usato le pause per spezzare le frasi nei punti sbagliati.
    Se per te va bene, giusto per evitare di intasare di messaggi inutili il post, ti potrei mandare un MP spiegandoti come avrei corretto alcune parti.
     
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  10. Ikarion
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    stupenda!
     
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    "Il solo immaginare che ti sto uccidendo mi ha fatto venire un sorriso in volto "

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    Cavolo è davvero bella quest'idea di fare un racconto egiziano. Complimenti!
     
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  12. Black Fear
         
     
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    Altri Racconti, smisto!
     
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11 replies since 10/2/2012, 01:20   374 views
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