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    Guardare il sole che scivola dietro l’orizzonte nella savana è uno spettacolo ineffabile.
    Il disco dorato attraversa il cielo azzurro e alla fine, avvicinandosi al terreno ad ovest, screzia il celeste di rosa e la luce da bianca diventa arancione. Le nuvole candide sono rosse, sembrano infuocate e gli alberi che si stagliano in lontananza davanti, sono neri pece.
    Il mondo è pieno di dipinti che tentano di raffigurare questa scena, magari in primo piano viene disegnata una pozza d’acqua dove si possono vedere degli animali mentre si abbeverano, giraffe, elefanti, fenicotteri o zebre.

    Marion aveva sognato per mesi, anni di poter fare il suo viaggio in Africa. Da quando il professor Milton le aveva dato la sua approvazione al progetto di tesi che aveva proposto la ragazza, Marion aveva iniziato a programmare la spedizione verso il Kalahari.
    Marion Keaton era una brillante studentessa di antropologia della Duke University, aveva lunghi capelli rossi ricci e gli occhi verdi; nata a Corpus Christi, in Texas, nel 1991, crebbe fin da giovane con la curiosità nel cuore ed il fascino negli occhi. Da che ne aveva memoria aveva sempre trovato estremamente interessanti le storie riguardanti le popolazioni primitive o popoli lontanissimi, e nel momento in cui aveva dovuto scegliere l’università, aveva deciso di andare in una con un buon corso di etno-antropologia.
    Divenne la prima del suo corso in poco tempo e dedicò ogni momento alla sua passione, quindi quando fu in periodo di tesi, aveva già le idee ben chiare e si presentò dal professor Milton con un progetto riguardante un confronto tra Masai, Kualngo, Akan e Boshimani; sarebbe partita appena finito l’iter burocratico e avrebbe speso cinque mesi nella savana.

    Il giorno prima della partenza Marion rimase in casa seduta sul divano con le ginocchia al petto e una tazza di tè, non smetteva di fissare il quadro di arte africana che una sua amica le aveva regalato per il suo compleanno. Continuava a sognare ad occhi aperti l’avventura che stava per vivere.
    L’aria fresca che entrava dalla finestra del suo appartamento nel centro di Durham le portava suoni che però lei non sentiva, nelle sue orecchie c’erano solo suoni di tamburi, di danze tribali, di lingue africane. Provò a dormire, ma non chiuse occhio e guardò il sole sorgere sopra i palazzi, quando sentì il clacson del taxi prese le sue valigie e, dopo aver sospirato profondamente, scese le scale del condominio per raggiungere la macchina che le avrebbe fatto iniziare la sua avventura.

    Era riuscita a trovare un volo diretto per Nairobi e durante il tragitto non riuscì a smettere di sorridere, all’atterraggio avrebbe trovato un collega del professor Milton ad attenderla, il professor Gummer, un uomo molto alla mano, ma dalle teorie brillanti. L’avrebbe aiutata nella sua ricerca e le avrebbe insegnato a guardare il mondo in maniera più profonda e reale, appena arrivò nel torrido aeroporto di Nairobi vide un uomo con un cartello con sopra il suo nome. Un sorriso le illuminò il volto e Marion camminò veloce per l’affollata zona d’imbarco in direzione del professore, i capelli le davano fastidio e mentre andava se li legò sulla nuca. Il professor Gummer era un uomo di quarant’anni con i capelli corti e la barba brizzolata, era vestito da perfetto avventuriero con una tenuta color cachi a pantaloni corti che in circostanze normali lo avrebbe fatto sembrare ridicolo.
    «Marion?» chiese l’uomo con la fronte imperlata di sudore.
    «Sì, lei è il professor Gummer vero?»
    «Chiamami John, qui non c’è posto per i signori.»
    La ragazza sorrise e lasciò che John le prendesse una delle due borse che aveva con sé.

    La prima sera parlarono del più e del meno e del progetto di Marion.
    «Uno studio veramente affascinante Marion.» iniziò John «Ricordo quando dovetti laurearmi io, feci una tesi sulla…»
    «Sulla struttura sociale della società Masai e sul ruolo della figura femminile.» concluse la ragazza.
    John la guardò spostando indietro la testa e sorrise malizioso.
    Marion fu in imbarazzo e sentì il calore avvamparle sul viso e sul petto mentre arrossiva. «Ho letto tutti i suoi lavori. Ho trovato le sue analisi sulla lingua boshimana semplicemente ispiranti.» disse mettendosi un ciuffo di capelli ramati dietro l’orecchio sinistro.

    Dopo che ebbero preparato la spedizione, partirono verso sud in direzione del confine tra Kenya e Tanzania, a nord del confine sarebbero venuti a contatto con un villaggio di Masai stanziali, assai rari, e andando verso sud ovest avrebbero trovato la riserva di Nogorongoro che era sulle rotte abituali di transumanza dei Masai.
    Marion non stava nella pelle e appena entrò nel villaggio sentì il suo cuore battere all’impazzata. Improvvisamente non sentiva più caldo e il sole non le dava fastidio nonostante la sua pelle incredibilmente pallida, l’eccitazione di vivere il suo sogno le dava un’energia contagiosa. La gente del villaggio iniziò a chiamarla Oblata Ndama la cui traduzione era approssimativamente anatra, vista la sua goffaggine, del sole, data la sua indole solare e buona. John era ben conosciuto tra quelle persone e gli studi di Marion proseguirono meravigliosamente. La sera cercava di dormire nonostante gli insetti incredibilmente molesti e quando il sole sorgeva si alzava piena di euforia; la sua giornata si costruiva su quella dei suoi nuovi amici. Un giorno poteva assistere all’allevamento dei bovini mentre un altro poteva aiutare nella costruzione delle capanne di paglia e escrementi.
    Lei e John avevano una capanna tutta per loro, ma solitamente venivano invitati dai “vicini” e spesso venivano accordati loro alcuni onori veramente rari. Marion arrivò a legarsi con una giovane donna sposata con un uomo che aveva già tre mogli e che ne stava per avere una quinta e il giorno in cui la nuova ragazza entrò nella proprietà del marito, le donne invitarono Marion a partecipare al rituale che consisteva nel lanciare escrementi e insultare la nuova arrivata. Fu una giornata molto particolare in cui Marion apprese tanto e si sentì veramente parte del loro meraviglioso villaggio. Ovviamente le parve strana come cosa, aveva studiato queste usanze, ma partecipare era completamente diverso; il mondo è un posto meraviglioso, deve essere solo esplorato.
    Passò quasi due mesi con queste persone e ricevette perfino offerte di matrimonio che furono fatte a John, gli offrirono anche sei buoi e due vacche per lei, che dovettero rifiutare in maniera molto gentile.

    Quando arrivò per loro il momento di andarsene, il villaggio pianse per una giornata, tutti augurarono loro ogni fortuna e a Marion fu regalato un gioiello, un anello fatto dalla seconda moglie di uno degli anziani.

    Ripresero il viaggio verso sud est e John mostrò a Marion le bellezze dell’Africa. Ogni sera potevano scorgere i più belli animali che la savana poteva nascondere e la ragazza rimase rapita dagli stupendi colori che la tramortivano in ogni momento. Un giorno riuscirono a vedere un branco di leonesse che si mimetizzavano nella steppa per cacciare le zebre. Fu veramente intenso, i due antropologi si fermarono a distanza di sicurezza, impugnarono i binocoli e mentre la natura dava il suo spettacolo, John spiegò tutto a Marion. La sua voce profonda sembrava un’estensione dello stesso continente, era come se a parlare non fosse un professore, ma l’Africa stessa.
    «La leonessa rimane nell’erba secca completamente mimetizzata, la zebra non la vedrà finché la leonessa non lo vorrà, ma a quel punto sarà già troppo tardi.» il felino si muoveva in direzione della zebra, silenziosa e veloce, ogni suo movimento era sicuro e armonioso, era stata fatta dalla natura per essere la migliore cacciatrice in quel posto, e sembrava lo sapesse.
    Il vento spirava un alito caldissimo da sud e Marion si accorse che stava tenendo il fiato, riprendendo a respirare mosse il binocolo e le ci vollero alcuni secondi per ritrovare la leonessa. La vide immobile davanti alla sua preda.
    «Ecco, la vedi? Adesso sta aspettando il momento adatto. Potrebbe attendere per ore intere senza alcun problema.» la zebra si chinò per mangiare e la leonessa scattò con una velocità inquietante. Con falcate incredibili coprì la distanza che la separava dall’animale e, prima che questo potesse provare a scappare, balzò protendendo gli artigli e facendoli affondare sul fianco bianco nero. La povera zebra tentò di spostarsi, ma la predatrice l’aveva già afferrata. Marion riuscì chiaramente a vedere il terrore negli occhi della zebra tramutarsi in dolore quando le zanne adamantine della leonessa si conficcarono nel collo. Fu tutto così veloce: un ruggito, un guaito, il colore bianco che scintillava seguito dal rosso che scorreva e poi, poi la calma.
    Marion aveva la gola secca e si sentiva svuotata. La visione l’aveva scossa dentro, si sentiva di fronte a qualcosa di troppo più grande per poterlo comprendere pienamente, così decise di accettarlo incondizionatamente e cercare di farne parte.

    Una sera erano accampati e John stava preparando un tè mentre Marion scriveva sul suo diario di viaggio gli avvenimenti della giornata, la notte era piuttosto fresca e i due antropologi stavano vicini al fuoco sotto un cielo stellato dalla bellezza ineffabile. Improvvisamente il rumore di un motore ruppe l’atmosfera e una jeep arrivò nel loro accampamento. Sopra c’erano tre uomini vestiti di verde, delle vecchie uniformi militari del Congo, e impugnavano delle armi da fuoco. Marion sentì il cuore fermarsi e John le fece segno di stare indietro.
    I tre scesero dalla macchina e uno di loro, che zoppicava un poco, lasciò il suo fucile per prendere un machete, l’arma mandava uno scintillio gelido che avrebbe perseguitato Marion per tutta la vita. Il professore provò a istaurare un dialogo, ma dovette cambiare quattro lingue prima di avere una risposta.
    «Sono predoni. Se diamo loro ciò che vogliono ci lasceranno stare.» disse alla ragazza visibilmente terrorizzata.
    I tre iniziarono a frugare tra la loro roba prendendo tutto quello che ritenevano interessante, poi uno vide l’anello che Marion portava al dito e lo indicò, subito John le disse di darglielo, ma lei non ci riuscì: il dito si era un po’ gonfiato e il gioiello non voleva saperne di uscire.
    Con un sorriso fin troppo sadico, l’uomo con il machete iniziò a camminare nella direzione della ragazza e John, che aveva capito, si mise davanti. Un altro gli si avventò contro colpendolo allo stomaco con il calcio del fucile e appena fu in terra iniziarono a tirargli calci.
    Marion urlò e cercò di andare ad aiutarlo, ma il predone con il machete le tirò uno schiaffo che la fece cadere a terra. Le urlò qualcosa che non riuscì a capire e riprese ad avvicinarsi. La ragazza ormai stava piangendo a dirotto e pregava i suoi aguzzini di smettere e di lasciarli stare. L’uomo le afferrò la mano e tirò l’anello con forza rischiando di spezzarle il dito, ma ebbe solo l’effetto di farlo incastrare di più, così alzò il machete e sorrise a Marion. I suoi denti bianchissimi contrastavano tantissimo con la sua pelle estremamente scura e nel buio il fuoco che scoppiettava illuminava il suo viso facendolo apparire come un demone. La poveretta continuava a gridare e a pregare di non farle del male, provò ad usare i dialetti imparati dai Masai, ma il mostro fu spietato e con un fendente deciso le tagliò via l’anulare della mano destra. Il dito cadde a terra e per un momento Marion non capì più nulla. Le ci vollero alcuni secondi per capire che erano sue le grida che sentiva, i tre uomini stavano ridendo di gusto mentre lei gridava a squarcia gola per il dolore. Il sangue iniziò a scorrere copioso e bagnò il terreno polveroso, un sapore acido le salì in bocca e senza preavviso dette di stomaco. Sporcò gli scarponi di quello col machete e questo, in risposta, urlò qualcosa e la colpì al volto con un calcio.
    Marion cadde a terra completamente disorientata con del sangue che le colava dal naso rotto e voltando lo sguardo vide in John sdraiato vicino a lei.

    I tre notarono che la ragazza stava guardando il suo compagno e continuando a ridere la schernirono mentre prendevano la mira. Una serie di boati riempì la savana facendo scappare alcuni uccelli addormentati poco lontani.
    Le lacrime riempirono gli occhi di Marion, ma non ebbe modo di disperarsi troppo per il suo amico perché i tre riportarono la loro attenzione su di lei. Iniziarono a colpirla violentemente e a farle dei tagli per poter godere delle sue urla. Lei continuava a piangere, ma questo sembrava essere il vero divertimento. Quando le slogarono la spalla sinistra svenne dal dolore, ma la fecero rinvenire presto a suon di schiaffi, volevano che fosse sveglia mentre abusavano di lei. La stuprarono e continuarono a torturarla per tutta la notte. Quando il sole iniziò a sorgere e loro si erano ormai stancato del giocattolo, la lasciarono da sola a morire.

    Il caldo era veramente insostenibile e il vento iniziò a buttarle della sabbia addosso, ma lei non poteva sentire nulla; rimaneva sdraiata a terra con gli occhi secchi e aspettava solo di morire. Finalmente.

    Improvvisamente un rumore di foglie secche riuscì a catturare la sua attenzione, stranamente, e la costrinse a spostare lo sguardo a sinistra. Si dovette sforzare molto, ma alla fine riuscì a vedere gli occhi della leonessa che la stavano fissando nascosta dall’erba. Una lacrima le bagnò una guancia cadendo sul suolo e un pigro ruggito si spanse per l’accampamento ormai distrutto.
    «Sono così felice che sia tu.» disse Marion con un fior di voce. «Ti prego, fai in fretta.»
    L’animale si mosse lentamente e uscì allo scoperto, i suoi passi felpati erano decisi, superò il corpo martoriato di John e puntò verso di lei, le si avvicinò continuando a fissarla negli occhi. Marion sorrise e si sforzò per piegare la testa e mettere in mostra il collo.
    La leonessa si chinò e le portò il muso vicino al viso, dischiuse le fauci facendo chiudere gli occhi alla ragazza per il fetore di putrido.
    Marion aspettò il momento in cui avrebbe avvertito le zanne affondarle nel collo, ma rimase pietrificata nel sentire la lingua ruvida dell’animale che le accarezzava il viso. Continuò a leccarla per alcuni secondi per poi darle alcuni colpetti col muso per farla alzare; la ragazza cercò di mettersi a sedere, ma il male alla spalla era troppo e ricadde distesa; la mano le bruciava per la ferita e anche le gambe erano doloranti. Dopo due tentativi decise di rimanere ferma ad aspettare di morire, ma la leonessa non fu d’accordo e le ruggì vicino alle orecchie in tutto il suo splendore. Qualcosa bruciò nelle sue vene e urlando Marion riuscì a mettersi in ginocchio, l’animale si spostò lentamente e le si sedette davanti continuando a fissarla altezzosa. Da dietro arrivò un rumore come di risata e voltandosi Marion vide che si stava avvicinando una iena, ma la sua nuova migliore amica fece un altro ruggito e la iena scappò a gambe levate.
    La leonessa ricominciò a leccarle il viso e la ragazza rimase ferma per diversi minuti, poi l’animale si distese vicino a lei muovendo distrattamente la coda e pulendosi la zampa destra. Marion non capiva cosa stesse accadendo, ma si era ripresa abbastanza per capire che non voleva morire; fermò il polso sinistro tra le ginocchia e spostò la spalla indietro con l’altra mano urlando per il dolore mentre un suono sordo avvertiva dello spostamento corretto dell’articolazione. Si fasciò la mano ferita e prese una delle borracce; il primo sorso fu come acido, ma non smise di bere finché non ebbe finito l’acqua. Si mise dei vestiti puliti e tornò a controllare il cadavere del suo amico. Lo avevano crivellato di colpi confusi. Ucciso a sangue freddo.
    Non avrebbe potuto seppellirlo e sicuramente non sarebbe stata capace di fare in modo che venisse restituito alla famiglia, così si limitò a chiudergli le palpebre e dargli un bacio sulla guancia.

    Si alzò guardandosi attorno senza sapere cosa fare.
    La leonessa le si avvicinò ancora, Marion sentì nuovamente bisogno di piangere e si mise in ginocchio abbracciandola. Affondò il viso nella sua pelliccia respirando il suo odore. Sentiva il suo calore riscaldarle il cuore e la sua muscolatura tesa la faceva sentire al sicuro. Rimase in quell’abbraccio per quasi due ore, alla fine si addormentò e il sonno portò sogni rivelatori di vendetta e giustizia. Capì la differenza tra le due e quando fosse necessaria l’una o l’altra.
    Si svegliò completamente diversa, sapeva ciò che doveva fare e non avrebbe più versato lacrime. Il sole stava tramontando, la leonessa non c’era più, ma vicino a lei c’era la carcassa di un’antilope; andò verso la borsa John e prese un coltello con cui tagliò una fetta di carne. Accese un fuoco e cosse il pezzo d’antilope respirando il fumo e guardando il cielo, lo stesso cielo che aveva visto due giorni prima, ma che ora sembrava così differente. Nulla era più lo stesso.

    Il giorno dopo controllò la jeep, ma quei tre animali avevano preso diversi pezzi e Marion non era in grado di farla ripartire, così raccolse tutto quello che poteva servirle e prese a camminare tentando di seguire le tracce lasciate dal veicolo dei suoi aguzzini, mentre avanzava sotto il sole inclemente della savana ripensò a tutto quello che era successo e si ritrovò a pensare a quanto fosse diversa dalla Marion che aveva lasciato il villaggio: non era più Oblata Ndama. Quanto velocemente una persona poteva cambiare?
    Continuò a camminare per giorni e dovette imparare a cacciare per sopravvivere, ma le venne naturale come respirare, ogni volta che chiudeva gli occhi vedeva lo sguardo della leonessa e sapeva benissimo cosa fare. Cercava solo gli animali che le servivano per sopravvivere ed era efficace e veloce.

    Alla fine vide un fumo di un fuoco da campo e controllò la situazione con il binocolo. Li aveva trovati.
    Un sorriso le increspò le labbra e il sangue rimase gelido, doveva solo decidere come agire, ma non c’era troppo da pensare; la leonessa le aveva insegnato come fare: doveva avvicinarsi non vista fino a quando non fosse troppo tardi. La savana era ormai il suo terreno e quei tre erano le sue prede.
    In branco erano difficili da sconfiggere, ma se fosse riuscita a dividerli non sarebbe stato troppo difficile; ricordò quello che zoppicava e sorrise ancora. Separare il più debole dal gruppo era la prima mossa, poi avrebbe dovuto essere veloce e precisa. L’avrebbe portato dove voleva lei e non si sarebbe fatta vedere finché non lo avesse voluto, finché non fosse stato ormai troppo tardi.
    Fece un giro di perlustrazione e notò che lì vicino, a est, c’era un gruppo di iene che cercavano carcasse, a sud una formazione rocciosa piuttosto intricata, a ovest era da dove era arrivata e a nord c’era spazio aperto. Con sé aveva tre piccoli suricati che teneva per mangiare e ne mise uno sulla strada delle iene per attirarle verso l’accampamento, non avrebbero mai attaccato gli uomini, non finché i tre fossero stati in piedi, in gruppo e in salute, ma se le iene ne avessero trovato uno da solo, magari ferito…
    Aspettò che le tenebre calassero completamente e si avvicinò al loro accampamento, rimase nell’ombra a sentire le loro risate scomposte, non capiva quello che dicevano, ma non le interessava. Quella sera sarebbe stata lei a cacciare.

    Marion prese un sasso e lo lanciò in mezzo agli uomini rimanendo nascosta. I tre smisero subito di parlare e iniziarono a guardarsi attorno mettendosi sulla difensiva, afferrarono i loro fucili e la ragazza alzò gli occhi al cielo pensando a quanto fossero patetici. Lanciò un altro sasso, questa volta contro i predoni e corse dalla parte opposta, poi da lì tirò il corpo di uno dei suricati.
    Uno degli uomini gridò e gli altri gli fecero segno di stare zitto, accesero le torce e iniziarono a controllare i dintorni, ma Marion si era appiattita al suolo diventando completamente invisibile tra la folta vegetazione secca. Mentre era lì distesa sentì strisciare qualcosa vicino a lei e vide un serpente verde che stava andando verso l’albero dietro. Con un movimento lento si spostò per poi scattare e prenderlo al collo in modo che non potesse morderla, controllò i tre uomini e approfittò di un momento in cui erano distratti per lanciare il serpente nella loro direzione. Quando lo vide illuminato riconobbe che era un boomslang e sorrise pensando alla fortuna che aveva avuto.
    Il serpente degli alberi attaccò uno dei tre e gli altri urlarono. Quando quello zoppicante sguainò il suo machete e uccise il serpente, il suo compagno era già stato avvelenato.

    Marion si spostò velocemente mentre i tre erano occupati con il suo diversivo e riuscì a raggiungere la loro jeep, girò la chiave e accese gli abbaglianti. I tre si voltarono rimanendo accecati per qualche secondo e Marion corse via con le chiavi.
    Il seme era stato piantato, ora doveva aspettare che i tre si dividessero. Cosa che accadde praticamente subito. Dopo aver parlottato tra di loro si incamminarono in diverse direzioni lasciando l’uomo morso vicino al fuoco; inizialmente Marion aveva pensato di seguire l’uomo che zoppicava, ma il destino le aveva fatto cambiare obiettivo e aggirò l’accampamento fino a rimanere da sola dietro al povero avvelenato.
    Il veleno del boomslang è molto pericoloso perché oltre a disorientare, rende praticamente nulle le capacità di rigenerazione, facendo morire le sue vittime per emorragie. Sarebbe stato semplice occuparsene.
    Si mosse velocemente rimanendo bassa e riuscì a raggiungere l’uomo alle spalle, gli mise una mano alla bocca e il coltello alla gola, si spostò un poco perché potesse vederla in volto e si godette il suo sguardo pieno d’orrore, poi gli tolse la mano dalla bocca e gli fece segno di far silenzio. Appena l’uomo provò a gridare la ragazza gli affondò il coltello nella gola e rimase a sentire il sangue caldo che le colava sulla mano.

    Lasciò il cadavere dove era e tornò a coprirsi con la notte.
    I due predoni si erano diretti a est e ad ovest, le torce che stavano usando rivelavano la loro posizione; Marion corse nella direzione di quello che zoppicava che era andato a est e vide che le iene erano poco distanti. Lanciò l’ultimo suricato verso di lui e appena quello si chinò per raccoglierlo, la ragazza scattò fuori dal suo nascondiglio e colpì l’uomo nel ginocchio con cui zoppicava con tutta la sua forza. Solo il suo grido riuscì a coprire il rumore sordo dell’osso che si spezzava.
    Fulminea, Marion afferrò il machete che era caduto in terra e con un fendente colpì l’altra gamba, non riuscì a tagliargliela perché la tibia era troppo dura e la lama rimase conficcata nell’osso. Mentre si dimenava gridando imprecazioni in una lingua che Marion non capiva, la ragazza vide che aveva il suo anello attaccato al collo, gli staccò la catenina e gli tirò un calcio in volto.
    «Ora non ridi più?»
    Gli sputò addosso e corse via.

    L’uomo gridava e le iene lo trovarono subito.
    In pochi secondi le grida smisero.

    Ne era rimasto solo uno, Marion pensò che sicuramente sarebbe arrivato presto allarmato dagli urli del suo amico e così fu.
    Il predone urlò per allontanare le iene e si accasciò per vedere come stesse il suo compagno, Marion abbassò la testa e iniziò a correre verso di lui, gridò con tutto il fiato che aveva in gola e saltò usando il suo slancio per farlo cadere a terra. L’uomo era gigantesco e nonostante tutta la sorpresa, riuscì a sostenere l’attacco della ragazza, ma perse la sua arma. Si rimise in piedi e la colpì con violenza al viso mandandola a terra. Rise scomposto e con calma riprese il suo fucile.
    Girò attorno alla ragazza e le tirò un calcio al ventre, ma Marion non avrebbe più urlato di dolore. Le puntò il fucile aspettandosi di sentirla nuovamente piangere disperata, ma lei alzò la testa e sostenne il suo sguardo con una forza disarmante.
    «C’è una cosa di cui non hai tenuto conto, stronzo.»
    «E cosa sarebbe?» chiese lui in un inglese stentato.
    «Le leonesse cacciano in branco.»
    L’uomo ne fu intimorito e smise di sorridere, disse qualcosa e provò a premere il grilletto, ma in quel momento una bellissima leonessa fu vomitata dalla notte e con un balzo prese l’uomo alla gola portandolo in terra. Marion si alzò in piedi e si avvicinò lentamente mentre la leonessa teneva l’uomo urlante senza ucciderlo, prese il machete dalla gamba del suo amico e lo portò alla gola dell’ultimo predone. La leonessa lo lasciò e Marion urlò con quanto fiato aveva in corpo per poi librare un colpo violentissimo con cui decapitò l’uomo.

    Si lasciò cadere a terra e rimase in ginocchio per interi minuti a guardare la leonessa negli occhi, alla fine si alzò, entrambe si voltarono e iniziarono a camminare in direzioni opposte.

    Edited by KungFuTzo - 9/12/2015, 12:39
  2. .
    Bentornata Professor Piton!
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    Sto correndo velocemente e i miei passi fanno troppo rumore; ogni volta che il piede tocca l’asfalto del viale un suono secco squarcia la notte e fa capire dove sono, ma non importa più.
    Purtroppo è inutile nascondersi ormai; loro mi hanno già trovato e ora devo correre per non farmi prendere e uccidere.
    Sento i loro schifosi mostri ansimare dietro di me, non vedono l’ora di affondare le loro zanne bianchissime nella mia carne, di assaggiare il mio sangue e di togliermi la vita. I suoni che mandano mi fanno accapponare la pelle perché mi ricordano quanto sono vicini.
    Il mio cuore sta battendo all’impazzata e non so per quanto reggerà ancora, il sudore mi imperla la fronte e lo sento colare sulla schiena. Mi devo fermare un attimo e mi appoggio a uno degli spettrali alberi del viale, mi chino mettendo le mani sulle gambe e cerco di respirare con il naso ascoltando il battito che mi tambura nelle orecchie.
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    Profondi respiri.

    La nuvola di vapore creata dalla condensa viene dissolta velocemente, una folata di vento mi gela il sudore sul viso e un brivido mi scuote. Un fascio di luce si agita e capisco di dover riprendere a correre nonostante tutto mi chieda di buttarmi a terra e riposare.
    Non posso permettere che mi prendano, non voglio morire.

    I lampioni creano delle isole di luce alternate e mi tentano a cambiare direzione per nascondermi nell’oscurità, ma quei demoni mi troverebbero ovunque. Meglio restare dove posso correre senza difficoltà.
    Mentre tento di ignorare i polmoni che mi stanno scoppiando, la milza che mi sta abbandonando e il cuore che si sta per fermare, ripenso a quella mattina, quando tutto era ancora perfetto.
    Una lacrima mi scende sulla guancia e il vento della corsa la allontana velocemente.
    Questa mattina avevo il mondo ai miei piedi, ora sono sotto i piedi del mondo. Sto per morire e non posso fare niente se non correre. Penso, ma ormai mi risulta faticoso pensare lucidamente, la paura si è impossessata di me e sono disperato.
    Il viale sta per terminare e davanti a me finisce il parco, ma quei maledetti sono anche lì, hanno messo blocchi ad ogni ingresso.
    Maledetti.
    Uno di loro mi viene contro mentre gli altri mi impediscono di fuggire. Mi volto per cambiare direzione, ma quel mostro salta e mi inchioda al suolo.
    La strada è fredda e l’asfalto mi graffia il volto. Con lo sguardo cerco qualsiasi cosa possa aiutarmi, ma non c’è niente, solo un'enorme figura scura che ci sovrasta sulla destra.
    Sto piangendo pregando invano, lo scongiuro di non farmi del male, ma lui usa tutta la sua forza per tenermi a terra mentre mi piega indietro un braccio.
    Continuo a gridare e a dimenarmi, non voglio morire.
    Improvvisamente sento un dolore alla testa e tutto diventa nero.

    Dal The New York Times
    Ieri notte, verso le undici, la polizia metropolitana di New York ha finalmente arrestato l’assassino che stava terrorizzando il distretto di Manhattan da due settimane. L’uomo, un cittadino americano originario del Texas di trentadue anni, è stato colto in flagranza di reato sulla West 77th St e ha iniziato a correre verso Central Park. Le forze dell’ordine hanno circondato tutto il parco mentre una squadra cinofila ha continuato l’inseguimento. Alla fine il malvivente è stato fermato davanti alla statua di Jose de San Martin. L’uomo ha perso conoscenza durante l’arresto e in questo momento è ricoverato in ospedale […]


    Edited by KungFuTzo - 12/2/2016, 16:44
  4. .
    Mordekai, temo che così tu metta troppo in crisi il master. Lui ha già una trama, un cambiamento del genere è un po' in stile godmod. Se non vuoi dirlo a tutti, almeno manda un mp a lui e parlate di questo treno così continuiamo a giocare
  5. .
    Sarebbe meglio se incorporassi il nuovo capitolo nel post originale invece di metterlo come commento, alla lunga rischi che, se diventano più pagine, il lettore debba fare una caccia al tesoro per leggere tutto. Aggiungi i nuovi capitoli e chiedi a uno staff di mettere un annuncio in box
  6. .
    Grazie mille. L'errore non l'avevo proprio visto, a volte, dopo aver riletto e riletto, alcuni errori li sorvoli senza vederli assolutamente :)
  7. .
    Di fatto non è nemmeno una leggenda che io sappia, l'ho inventata di sana pianta :)
    Forse hai ragione, ma ti assicuro che il medioevo non è il solo periodo buio, i suoi effetti sono durati a lungo (ti consiglio di leggerti La famiglia Manzoni di Natalia Gizburg. Regala una discreta visione di quei tempi). Inoltre va considerato che Stradivari era comunque una persona in vista, magari non era intoccabile, ma comunque era sopra a molti dubbi.
  8. .
    cervello
  9. .
    Guidami oh Calliope, che la mano
    mia a narrar le gesta sia della potente
    Moleide, rosee guance, che col suo
    cor riuscì a salvare l’intera sua gente.

    Pe' dieci giorni e dieci notti, saette
    volaron intorno la achea città adducendo pella giusta
    gente morìa che aedi piagneranno
    in sì troppe feste. L’ira dell’ospitale Ade fia
    abbattuta su Mole, dell’isola di Melos regio da quando
    il primo nato della testa coronata s’intrufolò tra
    i pioppi al bosco prossimi, di Persefone e indugiò
    giacendo con la signora del cinereo divino.

    Il potente Ade, scoperta l’onta, destò le spaventevoli
    armi, che nascostesi da Elio, viaggiaron guidate dalla
    fredda luce di Selene per esser mortifere colla famiglia
    dell’offenditore.

    -Oh Romide, disse il giovan virgulto, -padre mio. Afrodite
    S’insinuò nelle auree vie di Morfeo e col tocco suo la
    mente portò alla divin nipote d’Era. Colli occhi verdi e
    d’ossidiana la pelle, mi rapì pella mano e condusse nei
    verdi pascoli dell’Ade, ove il mirto odoroso cela il vero.
    All’abbraccio guidato dalla figlia, il Romide strinse Efemio,
    piè silente, e svoltò lo sguardo alle richieste e fece oltraggio
    cacciando il sacerdote, co’ veloci prore era lì per domandar
    giustizia contro il Moleide.

    Tre volte l’Apotropaico giunse prima ch’achei sentissero i
    bui lamenti dell’infernal armata. Non fia la paura nei cori,
    ma la saggezza delle menti a far della città una roccaforte
    che, serrando i portali, bloccaron la via d’ingresso.
    Arricciossi ogni capello della Romide testa, e l’esercito reale
    preparossi alla crucial battaglia, che ominunque dei guardaron
    con interesse per esser chiamati con flebile vociar.

    -Deh lo padrone dell’Ade si è schierato.
    E li suoi arcieri son morti semoventi.
    E li suoi scudieri son morti semoventi.
    E li suoi spadieri son lupi tremendi.
    E li suoi araldi di furor a fuoco animati.
    Il suono delle pelli battute si spanse e alla mente
    degli achei arrivò. Fu allora c’orando, Lacoona,
    rosee guance, pose le ginocchia in terra e innalzò
    il pianto che la fraterna colpa non penasse la sua
    gente, coi fumi leggeri, del grasso ventre, e velli
    freschi, che al cielo indugiaron, l’udì Demetra che
    dall’olimpo scese e inverdì la terrazza della principessa.

    La ria figlia, per fugar la turbitudine della prigionia,
    da quando la melagrana fu intaccata coll’inganno,
    avea iniziato a intrattenersi co’ giovan mortali e danzanti
    semidivini pe’ alleviar lo scontento.
    La vista della primaveril divina la colse impreparata e
    la giovin Moleide quasi cadde nell’oblio.

    -Oh figlia di Mole incominciò l’anesidora -pel
    tuo cor dì franca. Il tuo pianger giunse alle irte cime del
    divin monte dimorato dagli immortali, che pella tua
    causa interessati or sono. Il gesto di Efemio, offese
    l’oscuro sposo di mia figlia.
    -L’errar del mio Efemio, Deh s’invia al selvo proibito che
    dal buio fè nascosto e la divina vide; si distese assime la
    meraviglia e pell’erbosa terra giaccero assieme d’amor intrisi.
    -D’amor intrisi.

    -Deh lo padrone dell’Ade si è schierato.
    -Intercedo pella tua gente col mio genero, ma ti avverto
    oh Moleide, lo tuo coraggio e il cor desideroso verrà provato
    con versi e azioni, che s’inventan e parean d’altro mondo.
    Si pria che lo carro passi tre volte tu, accompagnata dalle
    sacre matrone tosta all’improvvisato tempio e rècavi profumi
    e posti sull’ara le care e leggiadre votivie con giare di due giovenche,
    il divo fiume onda l’onta lava e gli achei familiari tui risparmerossi.

    -Deh lo padrone dell’Ade si è schierato.
    Tutto sia daffar pel popolo e fratelli miei,
    ma tu dicesti dì franca e lo cor mi chiede, che fia
    dello mio fato.
    -Lo Fato non è pe' mortal mente né pell’occhio divino.
    E così che sia quel che sia.

    -E sia, corri a placarlo mia divina, io intanto ratto le chiavi
    del portal ch’io possa sortir colle offerte dettemi. Potria solo
    destar mio figlio con un bacio e dirli addio.

    Li soldati, con sopra il semidivino Ocantio, figlio
    di Ares in persona e Masifae, staan conclamando
    a battaglia feroce.
    -Deh lo padrone dell’Ade si è schierato.
    E li suoi arcieri son morti semoventi.
    E li suoi scudieri son morti semoventi.
    E li suoi spadieri son lupi tremendi.
    E li suoi araldi di furor a fuoco animati.
    Un gesto e lo acheo campione fia fermato e la battaglia a riposar.
    Nella sua tenda co’ Strisa, la su donna, a metter unguenti sulla
    schiena che d’improvvisa apparizione nella giara si levò il suo divin genitore.

    -Oh Ares Maiaphonos, dal cor mi sia mai tolta di sì spiacenti
    guai lo dispiacere, ma del mio buon padre la venuta la potea
    intender como s’io non venia spinto a Pluto.
    -Ocantio, l’animoso despota ch’echeggia oltre Caronte è qui,
    s’avvia pella vita del Meloide infingardo. Sì tu ch’io genero ne
    la valle con Masifae, la battaglia el sangue ricerchi, ma i
    nemici in questo loco s’infittan di divin magia e la tu spada un
    ne ferisce che metà. S’io che volea affrettar l’esito a favor del
    mio sangue ti porto la daga forgiata da Efesto.

    Col lampo porporato del dio omicida scompare e la daga scintillante
    si fia in lo splendor clangore ne la tenda del Fortebraccio.
    Con la destata lama del vulcan divino incantata e colpita a ferir
    fendenti torna e chiedea per lo campion di tenebrosa armata.
    La terra tremaa col passaggio del mostro del cinereo, con le candide
    ossa in vista e le zanne luminose. L’elmo crinierato in blu tartarico
    e gli occhi impeciato delle carene naviganti.

    L’infante nipote del regio mortale fia in Morfeo abbraccio che la
    madre dalle rosee guance lo raggiunse e con un lieve tocco
    fece il contorno del viso latteo del piccolo.
    -Deh lo padrone dell’Ade si è schierato.
    Ma tu riposa e tempra lo spirto che la tu mamma fè della battaglia fine
    e pace sigillo.

    Pria della luce, le orrende ma sacre matrone di bianco
    conciate si presentaan alla vista della pora che di tutto
    fiato rispose di ghidar alla foce dello fato scorrevole como
    il fiume. Colle bocche cucite di seta nera si portaan all’estremi
    della Meloide rendendola invedibile alli ciechi pertugi
    dell’orripilante armata.
    -Deh lo padrone dell’Ade si è schierato.
    E li suoi arcieri son morti semoventi.
    E li suoi scudieri son morti semoventi.
    E li suoi spadieri son lupi tremendi.
    E li suoi araldi di furor a fuoco animati.

    Mentre passaa vide il prio guerrier e lo sguardo e
    com’ebbe il cammino in lui gli sguardi fissi: si movea
    pel campo in direzione del campion mostruoso e del Pluto condottiero.
    -Sciagurato! Il cor d’ira ti rode e il padre tuo alla battaglia
    ti irretisce, ma non è bello il coltivarla como non lo è
    il fugarla pel crescerla in anima.
    Col silente inceder sì in loco attese tra le mute matrone
    ch’ora attendean lo scontro de li due campioni.
    -Deh lo padrone dell’Ade si è schierato.
    E li suoi arcieri son morti semoventi.
    E li suoi scudieri son morti semoventi.
    E li suoi spadieri son lupi tremendi.
    E li suoi araldi di furor a fuoco animati.
    Ma ora fremean tutti aspettando di sentir toccar le lame.

    Li sfidanti si scrutaron in cerchio errando e in quel
    punto istesso colli scudi a batter sopra con spade pell’aria
    mandar clangori. Fia battaglia sine eguali e lo sparger di terra
    coi calzari alzata fu arte della guerra che lo padre del
    demimortal sfidante fu orgoglio malcelato ai familiar divini ne
    la casa dell’Agoraio.
    Colla daga incantevole, infornata dalle mani dello sposo di
    Afrodite, sia combattente e danzatore di guerra ricercatore,
    lo Ocantio, figlio di Ares, affondò tra le costole del mostro pel
    spinge a torno l’anime a Pluto padrone.
    -Sciocco Deh, il sangue purpureo scorre solo nei viventi e pel
    divin pugnale la guerra porteria solo moria all’uomo tuo fratello.
    Il padre tuo combatter e attaccare conosce solo dell’atto in su
    pella collera e niuno è eguagliatore in ferocia e forza, ma
    la saggezza non è cosa sua.

    Il mostruoso campion de la bruta ferinità s’innalza
    sopra il semidivin figlio e colle forti braccia prende
    cumulo per poi lanciarlo contro e in pochi secondi
    l’urlo di guerra dei morti s’intona col canto di dolore
    del combattente d’antonomasia.
    Colla tristezza nel cor la donna saggia e dalla primaveril
    dea aiutata li occhi abbassa, afferra la divin daga intrisa
    di fango e ad errar lenta riprende addutta dalle matrone a
    la pece tenda.

    -Oh Lacoona Meloide, s’entrata in irti vie pel contestar
    la mia condotta. Il devoto sorridossi alla donna e girossi
    pe’accendere l’incensiere.
    -Or mi resti tu solo oh sacerdote, pel finire della insensata
    battaglia. Fè mi delle giovenche le giare ch’io porto e tieni queste
    offerte a cu’io tengo pel Pluto ospite.

    -Deh lo padrone dell’Ade si è schierato.
    E li suoi arcieri son morti semoventi.
    E li suoi scudieri son morti semoventi.
    E li suoi spadieri son lupi tremendi.
    E li suoi araldi di furor a fuoco animati.
    Ma ecco che iva superbo alito che alma conduce Ade nel
    la tenda del vate ch’a voce chiama lo suo signore pell’offerta di pace.
    S’infrange l’immagin nell’ardor della fiamma e la donna
    s’inginocchia in fronte a lui.
    -Se mi teneo in disparte era pe’timore, ma aora son qui
    pella pace e la vita dello mio popolo e co’ questo gesto io t’offro
    lo richiesto sangue Meloide.

    Il leggiadro fumo s’innalza el brillo della lama arride al volto
    di Pluto ch’erra pella tenda e ivi pone la mano su quella de la donna.
    -S’hai il coraggio delle tue parole, nutri il suolo.

    -Deh lo padrone dell’Ade si è schierato.
    E li suoi arcieri son morti semoventi.
    E li suoi scudieri son morti semoventi.
    E li suoi spadieri son lupi tremendi.
    E li suoi araldi di furor a fuoco animati.
    Ma tutto scomparve quando il sangue di Lacoona imporporò l’erba.

    Ed ecco la forza della Meloide ch’el suo sangue versò pe'
    salvar quello del suo popolo.

    Edited by KungFuTzo - 18/10/2015, 18:57
  10. .
    Ad essere sincero ci stavo pensando, per questo ho fatto la pagina fb, per raggiungere un po'di gente da informare quando lo farò. Comunque mi fa un piacere immenso che mi stiate dando così tanti consigli, mi fate sentire come se avessi già pubblicato nel migliore dei modi!
  11. .
    Purtroppo come discorso temo sia più complesso di come lo state affrontando. La pedofilia rientra in una delle più comuni parafilie e purtroppo non è una cosa che qualcuno puo decidere. Lungi da me l'idea di voler difendere persone che molestano e maltrattano bambini, ma anche demonizzare qualcuno che, magari non ha fatto mai nulla solo per le risposte fisiologiche che ha, lo trovo poco giusto. Se posso dire la mia opinione la cosa più logica da fare è un censimento che racchiuda persone con parafilie e praticare controlli periodici (il problema è che questa cosa dovrebbe essere volontaria).
    Nel caso di personaggi che mettono in pratica le fantasie abusando di minori, la punizione giusta è difficile da trovare. La prigione non ha solo il compito di tenere individui lontani dalla società, se così fosse tanto varrebbe tornare alla pena di morte, ma serve anche e soprattutto a correggere comportamenti deviati per una reintroduzione in società. Pertanto è molto più complesso, a seconda del crimine potrebbe essere utile praticare un'inibizione anche totale della libido, una reclusione con possibilità di lavori socialmenti utili per un periodo di tempo relativo all'atto effettuato. Ancora una volta sono parole generli che mal si addicono al relativismo dei casi reali, ma temo sia troppo semplice dire ergastolo senza pensare al problema nella sua interezza. Spero di non creare troppa polemica con il mio intervento.
    Comunque concludo dicendoti che dovresti togliere i link, se vuoi mettere un articolo ti basta scriverlo in spoiler, ma i link che puoi mettere sul forum, fuori la sezione spoiler, sono di youtube e della wiki.
  12. .
    Grazie mille. Ancora per poco sarò il re delle frasi da cioccolatino, come dicevamo recentemente presto lanceremo sul mercato il gonfiapalloncini automatico e entreremo nel dorato mondo dei nababbi!
    Nah. Grazie mille per le tue parole, chissà perché avvicinandosi l'anniversario delle candidature ci siamo sentiti in tre di fare un memoriale, altri pochi ed ecco il gruppo dei memoriali di quelli che passarono a settembre :)
    Seriamente, sei un bravo staffer e un'ottima persona, sono felice di aver parlato con te anche fuori dal forum e credo che l'idea di skype sarà divertente.
  13. .

    In ogni generazione c'è una prescelta che si erge contro i vampiri, i demoni e le forze delle tenebre...lei è la cacciatrice



    Ok, forse non sono un osservatore di quel tipo, ma di cose no ho viste da quando sono qui.

    Non so perché sto scrivendo questa "cosa". Non ho tanti motivi per scrivere un memoriale, ma in questa torrida giornata di Luglio, mi sembra una cosa giusta da fare, soprattutto dopo che ho letto quello dei miei colleghi.

    La mia presentazione risale a un anno e pochi giorni fa e non è avvenuta dopo anni che frequentavo il forum. No, mi iscrissi subito. Una delle poche decisioni impulsive che il mio carattere pragmatico e calcolatore mi ha permesso di prendere; non avevo mai frequentato alcun forum e oltre a questo non lo faccio nemmeno ora, ma sono felice di essermi buttato.
    Ricordo ancora quando entrai la prima volta, ero nel mio ufficio del DMU nel campus del Risø a Roskilde. Stavo aspettando che la mia relatrice arrivasse e avevo acceso il computer girando il cucchiaino per far sciogliere lo zucchero nella tazza di tè e latte, una scatola di biscotti danesi al burro sulla destra e una connessione internet. Il forum non fu la mia prima tappa, ci arrivai grazie alla wiki, ma alla fine vidi la cover ispirata all’inquietante arte; non ho mai avuto una grande passione, né una buona fiducia, nei forum, ma questo mi sembrava fatto bene.
    Subito mi presentai e poco dopo postai la prima storia, una storia che, se vi interessano gli aneddoti inutili, scrissi per uno stupido progetto di HorrorTv di sky. In quella sede ebbi il primo contatto con lo staff, staff che, con delle variazioni, ho imparato a conoscere.

    Dopo la prima ne postai un’altra e poi un’altra ancora, finalmente avevo trovato un posto in cui poter condividere tutte le storie che mi venivano in mente e i commenti dello staff erano sempre molto appropriati e spesso divertenti da osservare.
    Verso Settembre si sono aperte le candidature e decisi di provare, alla voce in cui chiede i motivi io scrissi sinceramente che lo facevo perché, principalmente, ero curioso.
    Vorrei dilungarmi molto su quello che è accaduto e sugli aneddoti che hanno trovato natale e morte in pochi giorni: i messaggi privati con il Cavaliere Nero, con Severus Snape/Rory, la chat morituri in cui c’è voluto qualche giorno per capire che se in venticinque persone ci salutiamo singolarmente occupiamo quasi tutto un giorno solo per quello,…

    Molte prove sono state preparate e affrontate, e alla fine, passai insieme a pochi altri.

    Purtroppo o per fortuna la mia natura mi porta ad essere un ottimo osservatore e molto spesso mi piace rimanere sullo sfondo a guardare in silenzio, godendomi ogni spettacolo mi si presenti. Devo ammettere che un poco mi dispiace non aver interagito di più con ogni membro dello staff (vecchio e/o nuovo) e le poche cose che verranno dette su di me temo non si discostino troppo dalle mie qualità di scrittore.

    Vorrei spendere qualche parola per alcuni membri solo per rendere questo memoriale degno di essere letto e per far vedere che anche questo gruppo è composto da persone in carne ed ossa.
    Da chi iniziare?

    Direi da Shira.
    Se la memoria mi assiste sei stata la prima che abbia commentato la mia storia e subito ho notato la tua dedizione al lavoro che fai sul forum, gestisci tante cose e quando abbiamo dubbi il nome che viene fuori è sempre il tuo. La tua dedizione deve nascondere uno spirito di abnegazione veramente encomiabile. Ricordo anche un dialogo sull’uso delle virgole con te e sorrido ancora pensando a come devo esserti sembrato all'inizio. Tante persone lavorano al forum, ma, in fede mia, non credo di aver visto spesso la passione che dimostri con tanta naturalezza.

    Forse i membri che ho conosciuto un po’ meglio sono stati Heliocentricø (Helio), Kingor (King) e, ultimamente, Saske.
    Siete persone molto interessanti e divertenti, prendete il forum nella maniera più giusta che ci sia, siete seri quando è necessario, ma non disprezzate le risate. Con King ho iniziato a curare una delle ultime iniziative su facebook e devo dire che il tuo lavoro sulla page è incredibile. In questo periodo che non te ne puoi occupare siamo in quattro e fatichiamo a fare quello che facevi tu.
    Con Helio ho parlato relativamente spesso, prima che venissimo scelti nello staff ricordo che discutemmo anche della lite tra il Cavaliere e King. Raramente sono in disaccordo con i tuoi commenti, specialmente in smistamento e le tue storie che ho letto sono molto belle.
    Purtroppo con Saske ho quasi esclusivamente dei giudizi dati dall’osservazione, sei forse la persona più divertente dello staff e sei sempre disponibile a prenderti carico di tutto pur di aiutare, non solo per cose inerenti al forum e questo ti rende una persona molto bella.
    Come ho già detto, purtroppo il mio livello di amicizia con tutti i membri è piuttosto superficiale, ma sono comunque molto felice di potervi considerare più che semplici simpatizzanti.

    Queen.
    Tu sei una persona particolare. Non ho mai parlato con te singolarmente, ma ho letto molti tuoi commenti e quello che ne viene fuori è il ritratto di una persona buona e sensibile quanto forte. Una volta mi dicesti che avevo una fan ad Arezzo (ora non rammento la storia) ed è uno dei commenti che ricordo con più piacere. Spero di rivederti presto nel gruppo staff.

    VShade.
    Ancora sto ridendo per la storia di Roger e per il tuo post (e credo di dover spendere poche altre parole).

    Ci sono tanti altri membri di cui bisognerebbe parlare come Liutern che (se non vado errato) mi fece il colloquio, come Lux Lisbon che è passata insieme a noi e che dopo qualche tempo di latitanza è tornata più forte che mai: i tuoi giudizi sono forse tra i più completi. Come Shintaka il cui avatar mi ha sempre inquietato, come RullOmbra, con cui sto avendo l’occasione di collaborare alla pagina facebook e tanti altri.

    A questo punto starete pensando. “Finalmente questo sproloquio è giunto al termine”. Invece devo deludervi perché c’è un altro punto che devo sfiorare e si chiama CreepyPastaForum.
    Un grazie a tutti gli utenti del “foro”, vecchi e nuovi. Nuovi che hanno idee e iniziative, come quel gioco di ruolo a cui partecipo insieme a tanti altri. Vecchi che si riuniscono nella box ricordando i bei tempi (ah quando la box mi cancellava i messaggi).

    Non possiamo negare che a causa dei social i forum stiano leggermente boccheggiando e il CPF non fa eccezione purtroppo, ma è lungi dal suo ultimo alito.
    Sono contento di aver visto personaggi come Roger/La morte rossa/(troppi account per dirli tutti) so che non leggerai mai queste parole, ma i tuoi commenti sulle mie storie e la tua sincerità erano molto genuini, peccato per la tua passione a infrangere qualsivoglia tipo di regola. Di vedere personaggi come Lying Figure che si sta impegnando veramente molto per migliorare se stesso e il forum. Di aver visto tanti iscritti alle candidature. Vedere personaggi come Zedef che ha condiviso un piano per sopravvivere agli zombi molto interessante.
    Ringrazio tutti quelli che si presentano la prima volta attratti dall’atmosfera tetra, tutti coloro che vogliono condividere i propri incubi e i propri sogni.

    Sono convinto che questo forum sia più simile ad un qualche tipo di famiglia su rete che a un mero e asettico sito in cui scambiare opinioni su un interesse condiviso.
    Ecco, volevo scrivere qualcosa che fosse una fotografia oggettiva del mio periodo passato sul forum, ma alla fine sono diventato smielato.
    Sono molto più a mio agio con le frasi da cioccolatino da vecchio saggio, ma ormai sono scivolato nel viale del diabete pertanto fatemi ripetere solo una cosa.
    GRAZIE A TUTTI! Finché farete ciò che state facendo, il CPF non potrà mai morire.

    Edited by KungFuTzo - 20/7/2015, 10:05
  14. .
    Permetti a uno che è cresciuto non riuscendo a comprendere il 90% dei comportamenti dei coetanei e che ha imparato a capire le espressioni facciali grazie alla tv di darti dei consigli. La prima cosa da fare, forse la più importante, è essere sempre sinceri con se stessi. Impara a stare bene con te e vedrai che gli altri staranno bene con te, ma come noi sappiamo molte volte il problema non è questo, il problema è stare bene NOI con gli altri. Questo lo puoi risolvere solo tu, cerca di capire cosa ti infastidisca dell'essere sola e capirai che tipo di peraona cercare come amica. Per cambiare una situazione come questa, con problemi, parafrasando il tuo commento, interni ed esterni, occorre una volontà ferrea e la pazienza di imparare a conoscere se stessi.
  15. .
    Dipende da chi è presente al funerale suppongo. Se c'è ancora la mia famiglia di ora direi nothing else matter (la versione cantata dal coro dei bambini "scala qualcosa"). Se sono solo come un cane far from home dei five finger death punch. Se ci sono solo amici, lacrimosa di mozart. Se ci fosse mia moglie un quartetto a cappella che canti cara mia o remembering jenny (da buffy). Se ci dovessero essere figli healing winds (soul calibur 3). Se ci sono nipoti il flower duet. Se scoprissi che i religiosi avevano ragione ed esistesse una vita oltre la morte, il dies irae di Mozart.
86 replies since 5/7/2014
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