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  1. .
    CITAZIONE (Cavaliere Nero 94 @ 8/7/2016, 20:43) 


    E anche il cavaliere si è commosso, questo è il suo modo di dimostrarlo.

    Come sempre, disegno molto simpatico Ser. :asd:
  2. .
    Okay. No. Ti odio. Non è Okay.

    Ho passato la prima metà del racconto a lollare e chiedermi "ma che cazzo sto leggendo?" mi sembrava abbastanza ridicolo e ironico.


    Poi mi hai spezzato le ginocchia. Alla fine ci son rimasto malissimo, una tristezza spiazzante e devastante, se volevi fare un racconto ad effetto, porca miseria ci sei riuscito. Complimenti.
  3. .
    Anno 3, quarta era.

    Nei pressi delle rovine di Hame, nel bacino del Nibenay, molto a nord-est di Cheydinhal.



    Dai confini di Morrowind soffiava una leggera brezza, che accarezzava l’erba e scuoteva le foglie degli alberi, il sole stava calando pigramente e un ragazzo, appollaiato su una roccia, controllava la zona, per individuare eventuali pericoli.

    Ordinati capelli neri, poco più lunghi di tre dita, occhi color nocciola, alto sul metro e settanta, snello e muscoloso, indossava un’armatura pesante d’acciaio, completa di stivali, gambali e guanti, non portava nessun elmo, ma dal collo della corazza fuoriusciva un cappuccio nero adagiato sulle imponenti spalle di acciaio, a tracolla una sacca di cuoio. Nel fodero alla sua sinistra teneva una potente spada di ebano, reperita durante una delle sue missioni. Darius, così si chiamava il giovane, era infatti un fiero figlio dell’impero, abile nello scovare ed eliminare tutti coloro che violano i principi dei Nove Divini.

    Quando alla fine della terza era L’eroe di Kvatch sconfisse il Re dei Vermi molti pensarono che quell’avvenimento segnasse la fine della necromanzia. Ma così non fu. Darius aveva, infatti, scoperto e distrutto un grande covo di necromanti, ponendo fine alla loro peccaminosa esistenza, ma qualcuno sopravvisse e architettò di far provare le stesse emozioni da lui provate al nostro avventuroso protagonista.

    Per questo Darius si trovava qui, alle rovine della antica città Ayleid di Hame. Qualche giorno prima la sua promessa sposa era sparita e, in seguito, egli aveva ricevuto una lettera che recitava queste parole:

    “Come tu hai eliminato coloro che chiamavo famiglia,
    come tu hai distrutto il posto che chiamavo casa,
    come tu hai distrutto i miei sogni,
    ora io farò lo stesso con te, cane imperiale.
    Il tuo destino ti attende, alle rovine di Hame.
    -Monarus”



    Ripensando a ciò che stava succedendo a Darius venne il magone, ma sapeva che doveva agire.

    Scese dalla roccia, si tirò su il cappuccio e si avvicinò all’ingresso delle rovine. Stava per tirare fuori un grimaldello quando si accorse che la porta non aveva serratura, si apriva semplicemente premendo un sigillo al centro. Così entrò.



    Sapeva che contro i nemici che doveva affrontare la furtività era inutile, quindi alzò la sua mano destra e recitò un incantesimo di luce. La magia non era troppo potente, per evitare di farlo scoprire prima del dovuto, ma lo era abbastanza da tagliare l’oppressiva oscurità che permeava quel luogo; davanti a lui una lunga rampa di scale di pietra bianca, macchiata dal tempo e dal muschio scendeva perdendosi nelle tenebre. Scese cautamente gli scalini quando, arrivato all’ultimo, un suono secco riempì l’ambiente, seguito da un sibilo, Darius rotolò a terra appena in tempo per sentire lo spostamento d’aria della freccia poco sopra la sua testa, si portò avanti e illuminò il corridoio, ciò che vide non lo stupì particolarmente; in piedi davanti a lui, uno scheletro stava rovistando nella sua vecchia e polverosa faretra, alla ricerca di un’altra freccia da tirare, in pochissimi secondi il ragazzo sfoderò la spada e la piantò nell’orbita vuota del non-morto, spinse verso l’alto e con un suono secco staccò il teschio della creatura, lanciandolo via; questa si sgretolò e cadde a terra.

    Non morti, immonde creature, questo lo attendeva. Darius ne era certo, quindi si era già preparato psicologicamente.

    Scese un’altra rampa di scale, poi svoltò a destra, lì trovò uno zombie acefalo. Se quelli normali sono coriacei, questi sono ancora peggio, almeno non mordono, pensò; e gli corse in contro brandendo la sua lama. Una prima falciata squarciò il ventre dell’abominio, che riversò le sue putrescenti interiora per terra, alla vista e all’odore di quella scena Darius ebbe un momento di esitazione, che il non-morto colse per sferrare un poderoso colpo al ragazzo, lo colpì con i suoi artigli in pieno petto, un attacco così potente e ben assestato da ammaccare e graffiare persino la sua spessa armatura d’acciaio. L’imperiale, all'impatto, barcollò indietro, ma prontamente riprese l’equilibrio facendo leva sul piede destro. Si lanciò sul nemico con una falciata dall’alto verso il basso e il colpo fu talmente potente e ben piazzato da spingere la spada dalla spalla destra dello zombie fino al centro del suo diaframma. La creatura stramazzò al suolo e Darius procedette oltre.

    Percorse il corridoio, esaminò qualche stanza vuota e qualche vicolo cieco fino ad arrivare ad una porta lucente. Su di essa era inciso un albero stilizzato, con lunghi rami che ascendevano al cielo, la raffigurazione emanava una fredda luce azzurra, in puro stile Ayleid.



    Varcata la porta si trovò su una terrazza che dava su uno stanzone, antichi lampadari magici originari delle rovine, penzolando dal soffitto, saturavano l’ambiente di una spettrale luce azzurra.



    Affacciandosi individuò due zombie, realizzando che quella era l’unica via organizzò una strategia efficace per eliminare i due nemici rapidamente e senza correre troppi rischi. Quando fù sicuro sul da farsi scese cautamente delle scalinate alla sua sinistra, che lo avrebbero condotto allo stanzone. Una volta lì, caricò violentemente ma silenziosamente uno dei due non morti e lo sconfisse squarciandogli il ventre, dopodiché corse verso il secondo e gli piantò la spada in pieno petto. Le cose, però, non andarono come sperate. Lo zombie, con uno strattone di lato, fece mollare la presa a Darius e si allontanò di qualche passo con la scura spada di ebano ancora incastrata tra le costole, spiazzato ma determinato il ragazzo rifletté rapidamente su come agire, ma quando scattò, un terzo zombie, rimasto nascosto nella penombra della luce spettrale, lo afferrò con mani e denti al braccio sinistro.
    Il giovane imperiale si fece prendere dal panico, era nei guai e doveva pensare in fretta, o lo zombie lo avrebbe trascinato per terra e col suo simile gli avrebbero fatto fare una fine orrenda.
    Riacquistata la lucidità Darius si portò la mano destra poco sotto la spalla sinistra e sganciò il pezzo di armatura; libero, ma indifeso sul braccio sinistro, corse verso il non morto che tratteneva la sua spada, la afferrò con entrambe le mani, appoggiò un piede sul petto del mostro e tirò con forza. La spada venne via e, con la stessa energia che aveva appena usato per estrarla dal petto della creatura, si avventò sull’altra tranciando di netto le sue tenere e marcescenti carni. Appena il giovane tirò nuovamente su la lama e fece per girarsi verso il suo secondo avversario questo si scagliò con le unghie e con i denti sul suo braccio privo di protezione. Darius urlò dal dolore e, spinto sempre da esso, lanciò un micidiale fendente al collo della creatura che, per come era posizionata, perse sia la testa che le braccia; cadendo sconfitta al suolo.

    Stanco e ferito il giovane guerriero si sedette a terra appoggiato al muro, rovistò per qualche istante nella sua sacca, ne estrasse una pozione contro le malattie e la bevve. Non voleva certo morire lì per il sopraggiungere di qualche infezione o beccarsi qualche malattia. Fatto ciò ripose la lama nel fodero e si portò la mano destra sulla ferita, la luce di un incantesimo di cura illuminò intorno a lui mentre, lentamente, il braccio guariva.
    Aspettando la completa guarigione Darius ripensò alla sua amata. Quant’era bella. Quanto gli mancava. Nella sua mente vide i suoi lunghi capelli dorati, i suoi dolcissimi occhi verdi come le foglie, le sue sottili labbra, le piccole orecchie a punta che a stento uscivano dalle sue chiome, il suo nasino leggermente all’insù che le dava tanto fastidio, ma che lui tanto amava, come ogni parte di lei. Era una cosina così piccola, esile e alta poco più di un metro e mezzo, con la sua delicata pelle candida. Doveva salvarla a tutti i costi, era lì per quello, non poteva fallire.

    Quando la ferita si rimarginò completamente Darius si rimise in piedi, raccolse e indossò il pezzo di armatura e proseguì.

    Lo stanzone conduceva ad un’altra camera molto simile, con quattro colonne quadrate al centro e, ai lati opposti, due diverse vie. L’imperiale esaminò la stanza, al centro, tra le quattro colonne, giaceva un piccolo scrigno Ayleid. Aprendolo trovò solo qualche vecchio ingrediente alchemico andato a male e una strana gemma azzurra, era piccola e romboidale, emetteva una fioca luce che pulsava lentamente. Non era certo di cosa aveva trovato, ma ripose comunque la piccola gemma nella sua sacca e si incamminò per la strada sulla sua sinistra.



    Il giovane non camminò a lungo, il corridoio segnato dal tempo terminava con un’imponente porta di metallo arrugginito, Darius fece per aprirla, ma era chiusa a chiave, allora tirò fuori uno dei suoi grimaldelli e cominciò a lavorare sulla serratura. Dopo qualche secondo nel corridoio risuonò un secco rumore metallico, il grimaldello si era rotto; il tempo aveva avuto la meglio sulla porta, rendendola inamovibile e impossibile da aprire, Darius sospirò e tornò indietro, imboccò la strada a destra e proseguì falciando nuovamente le tenebre col suo incantesimo di luce.
    Il percorso era lungo e labirintico, il nostro esploratore incontrò anche un paio di scheletri, che sconfisse velocemente, nonostante uno armato di mazza ferrata e scudo gli avesse dato un bel po’ di filo da torcere e un paio di nuove ammaccature sull’armatura. Girò e rigirò tutta la strada, tutti i bivi e tutte le stanze, ma non sembrava esserci una via d’uscita. Nessuna porta, nessuna scala, niente.

    Una stanza in particolare attirò la sua attenzione. Era una stanza completamente vuota, se non per un piccolo altarino al centro, su di esso la carcassa di uno zombie, probabilmente un’evocazione mal riuscita. Delle quattro pareti della stanza, quella dalla parte opposta all’ingresso, quindi oltre l’altare, insospettiva Darius. La parete, infatti, sembrava graffiata verticalmente in alcuni punti e lo strato di sporco e muschio era minore rispetto al resto delle rovine.
    Darius stette ad esaminare la stanza e la parete a lungo, a tratti gli sembrava di percepire dei debolissimi rumori provenire da oltre di essa, questo non faceva altro che frustrarlo di più. Non riusciva a venirne a capo. Dopo svariati minuti sbottò e, per sfogarsi, calciò il corpo decomposto che giaceva sull’altare, facendolo cadere. Il ragazzo guardò l’altarino dove prima stava la carcassa e sgranò gli occhi: situato al centro vi era un tasto quadrato di pietra, grande poco più di un pugno. Si sentì un idiota.

    Spinto da rinnovato vigore Darius schiacciò il pulsante. Ma non successe niente. Sembrava bloccato.

    Esaminando attentamente il tasto notò che al centro presentava un piccolo incavo piramidale, si ricordò della gemma trovata in precedenza, così la prese dalla sua borsa e la incastrò nell’interruttore. Riprovò a premerlo e, questa volta, funzionò. Con uno stridente rumore di pietra che sfrega su se stessa la parete sospetta sprofondò nel pavimento, rivelando un passaggio segreto.
    Il giovane si incamminò nel corridoio buio, finché non arrivò ad una porta metallica. Dietro di essa si sentivano dei sinistri rumori.
    Darius inghiottì la paura ed entrò nella stanza.

    La prima cosa che vide una volta dentro gli fece quasi mancare un battito, stesa sopra ad un maestoso altare al centro della stanza Amalia, la sua amata, giaceva svenuta. Esaminando il resto dell'ambiente vide un grosso mucchio di cadaveri in fondo alla camera e, nascosto nella penombra, un uomo in tunica, incappucciato.
    L’uomo non tardò a presentarsi, era Monarus. Sembrava solo di qualche anno più grande dell’imperiale, dal cappuccio si intravedevano la pelle candida, dei capelli mogano e un sorriso malvagio, ma non gli occhi; era alto circa un metro e sessanta o poco più, da questa veloce analisi Darius ne dedusse che doveva trattarsi, molto probabilmente, di un bretone.

    Disse poche parole, salutò ironicamente il protagonista, lo ringraziò per essere venuto e gli disse che avrebbe fatto buon uso del suo corpo, dopodiché sollevò la mano destra, la strinse in un pugno da cui scaturì una tenebrosa luce violacea e dal mucchio di cadaveri dietro di lui si alzarono cinque zombie che corsero molto più velocemente del normale verso il protagonista, aggredendolo.

    Darius, ripresosi dallo stupore, estrasse velocemente la spada e tranciò di netto il primo non morto che gli si parò davanti. Roteò su se stesso e assestò un fendente letale ad un secondo avversario, i nemici però erano molto più agili e potenti del solito, uno di essi lo assalì da dietro aggrappandosi al suo petto, un secondo lo afferrò per le gambe e il terzo iniziò a tirare delle sferze micidiali alla corazza del nostro protagonista.

    Mentre si svolgeva questa scena Monarus si avvicinò tranquillamente all’altare su cui giaceva Amalia che stava cominciando a riprendere i sensi. Egli alzo entrambe le braccia, spalancò le mani e un’aura malvagia di tetra oscurità iniziò a levarsi dall’altare.
    Vedendo la scena, Darius, con uno scatto di adrenalina, afferrò lo zombie che lo tratteneva da dietro e lo scaraventò davanti a sè, colpendo anche quello che lo stava assalendo frontalmente, piantò la spada nelle cervella del non morto che gli aveva afferrato le gambe e si avviò a giustiziare gli altri due. Tagliò di netto la testa di quello che aveva lanciato, mentre tentava di rialzarsi e con il pesante stivale di metallo spappolò il cranio dell’ultimo nemico rimasto. Quando si girò verso Monarus i suoi occhi furenti di rabbia videro le tenebre abbracciare completamente il necromante e la sua amata, senza pensarci due volte corse verso quell’innaturale globo di oscurità e ne uscì brandendo in vita il mago oscuro, lo sbatté a terra e gli assestò un gancio destro in pieno naso, che si deformò violentemente con un suono secco e una nebbia di sangue sotto le nocche ricoperte di spesso metallo del protagonista. Il necromante urlò di dolore e lanciò una palla di fuoco verso l’avversario, il cappuccio di Darius si incendiò, egli scattò in piedi e se lo strappò via da sotto l’armatura, lanciandolo lontano. Anche Monarus si rialzò, il violento colpo assestato dal suo nemico gli aveva tolto il cappuccio rivelando i suoi glaciali occhi azzurri, solcati da pesanti occhiaie. I due si scrutarono per qualche secondo, dopodiché il necromante scagliò una violenta raffica di fulmini verso il nemico, il guerriero gli corse incontro, brandendo innanzi a sé la sua lama, i fulmini vennero attratti dalla spada di Darius, scorrendo per le sue braccia e facendogli provare un dolore immenso. In preda a spasmi causati dall’elettricità il nostro protagonista chiuse gli occhi e cadde in ginocchio, quando si riprese, pochi secondi dopo, era certo che ora lo attendesse la morte. Ma non fu così.
    Rialzò lo sguardo e vide l’elsa della sua spada a qualche centimetro dal suo naso, seguì lentamente con lo sguardo l’impugnatura, poi la lama, finché non la vide scomparire nel petto di Monarus, per poi conficcarsi nella pietra che componeva le pareti della stanza.

    C’era riuscito, con i Nove Divini dalla sua parte era riuscito a sconfiggere il malvagio mago nero.

    Dolorante ma sollevato Darius si rialzò in piedi e si girò verso il centro della stanza. Sopra l’altare la sua amata Amalia aveva ripreso i sensi e si stava lentamente alzando. Il nostro eroe colmo di gioia corse verso di lei, la giovane elfa alzò la testa ed emise un urlo.

    Un urlo agghiacciante, disumano, che avrebbe spaventato persino la più malvagia creatura nei più oscuri e maledetti meandri dell’oblivion.

    A Darius gelò il sangue nelle vene, i suoi occhi incontrarono quelli della sua amata e, laddove prima si trovavano due splendenti iridi color smeraldo, ora, non v’era nulla, solo bianco, spento, morto. Dagli occhi sgorgavano lacrime di sangue e dalla bocca della giovane volavano schizzi di bava spinti fuori dalle sue immonde urla. Ella non tardò a lanciarsi contro quella che, ormai, era solo la sua prima preda.
    Darius non poté fare nulla, Amalia gli saltò addosso e cominciò a colpirlo e morderlo, forse avrebbe potuto afferrarla per le spalle e lanciarla via, per poi raccogliere la spada, magari cercare di spezzarle il collo con le sue robuste mani, o controbattere a pugni, ma non lo fece.

    Avrebbe solo voluto abbracciarla un’ultima volta e dirle che l’amava. Ma non potè.

    Monarus, dopotutto, aveva tenuto fede alla sua parola.



    La storia è, ovviamente, ambientata nell'universo degli Elder Scroll, qualche anno dopo il termine degli aventi di Oblivion. Ho deciso di scrivere una storia ambientata in questo universo poichè adoro i suoi ambienti, il suo stile e quant'altro. Spero vi piaccia.


    Edited by InKubus - 28/10/2016, 10:37
  4. .
    A me non è dispiaciuta, bella storia e il finale un po' di effetto lo fa. Bella storia direi.


    Però scusate
    CITAZIONE (Silent Shadow @ 23/6/2016, 13:42) 
    Il mio nome è Diogo

    che nome Diogo :asd:
  5. .
    Adorando gli Elder Scroll ho adorato leggere una pasta su uno di essi, molto godibile, tra l'altro.

    Lo ammetto, mi ha inquietato non poco, ha fatto il suo dovere :asd:
  6. .
    Un capolavoro incompiuto.

    Ho adorato leggerlo e esplorare con la mente questo mondo fantasy che hai creato.

    So che probabilmente non andrà avanti, tuttavia, ti incito a scrivere ancora racconti fantasy, io ne sono un grande fan e, per quel poco che posso valere, sarò un tuo grande fan se li scriverai.

    Complimenti.
  7. .
    Scusatemi, ma io da quando han cominciato a raccontare le storie ho avuto il sospetto che i tre ragazzatti fossero solo il frutto della sua immaginazione, quindi il finale me lo aspettavo e non è stato a sorpresa. Per me. Peccato.

    Ho apprezzato comunque il racconto.
  8. .
    Finale alquanto "what the fuck" ma devo dire che mi è piaciuta molto, bel lavoro.
  9. .
    È strana, ma non è malaccio.
  10. .
    Oddio, dove mi trovo? Non riesco a vedere niente.
    L’incidente, la corsa in ospedale, l’intervento.
    Io e il mio fottuto vizio di andare veloce in moto.

    Sono steso su una qualche superficie rigida, sento il mio corpo intorpidito, non riesco a muovere un muscolo.

    “Hey, stai tranquillo, sei in ospedale” risponde una rassicurante voce femminile.
    Provo a rispondere, ma le mie labbra non si muovono, la mia gola non produce alcun suono.

    Cazzo, non riesco a proferire parola, ti prego aiutami, che sta succedendo?!

    “Calmo, sono la dottoressa P. va tutto bene, hai subito un intervento molto importante da parte di una mia collega, è normale sentirsi strano”
    Okay, okay, provo a calmarmi. Sono solo i postumi dell’intervento allora.

    Ma un momento, io non sto parlando, fisicamente non riesco a farlo, come può la dottoressa capirmi?
    “Come dici? Uh, beh, è compito di noi medici capire i pazienti, ti pare? Sei mai stato dal dentista?”

    Facile rispondere così.

    “Adesso devo farti un paio di punture, tranquillo, va bene?”
    Più tranquillo di così, sono tipo paralizzato dall’anestetico o robe del genere, chi si muove.
    “Dai, non essere scorbutico, è per il tuo bene”

    L’ago mi penetra la carne, non provo dolore né fastidio, quasi non riesco a sentirlo.

    Dottoressa, cosa mi ha iniettato?
    “1,4-butandiammina e 1,5-pentandiammina”

    Oh grazie! Ora si che ho capito. Laureati del cazzo.

    Mi sento strano, ho freddo.
    La voce dell’infermiera è dolce e rassicurante, ma al contempo distante, distaccata.

    Ho paura, voglio tornare a casa.

    “Non è carino insultare i titoli di studio di chi ti tiene sotto i ferri sai? Comunque non preoccuparti, tornerai sicuramente a casa, ormai il peggio è passato”
    Davvero? Tornerò a casa, staro bene? Potrò di nuovo stare con la mia famiglia, andare in giro, conoscere nuove persone?
    “Certo, anzi, ti dirò di più. Presto potrai conoscere tutti e stare con ognuno di loro, potrai andare dovunque, anzi, andrai dovunque!”

    Sento una vena di follia in queste parole, nonostante la voce della dottoressa rimanga calma come sempre.

    Dottoressa-
    “Sai che” mi interrompe “in ognuno di noi è presente una piccola percentuale delle molecole che hanno composto ogni personaggio famoso della storia?”

    E questo cosa significa?

    “Chi è il tuo idolo del passato? Shakespeare? No, non mi sembri il tipo, forse Jimi Hendrix? Beh, chiunque esso sia sappi che, in una piccola parte, le molecole e gli atomi che componevano il suo corpo ora sono nel tuo!” disse con particolare emozione, per poi tornare al suo tono dolce e calmo “Non è eccezionale?”

    Perché mi sta dicendo tutto questo? Ho paura, tutto questo è inquietante, voglio solo tornare a casa, voglio solo stare bene, la prego dottoressa, mi aiuti!

    “La vita è un ciclo continuo, sfrutta bene ciò che hai perché è solo in prestito e quando tutto finisce bisogna restituirlo, capisci? È normale, non pensi a chi verrà dopo di te? Vuoi essere così egoista da negare la materia prima su cui costruire il futuro dell’umanità?”



    “Presto sarai libero, migliaia e migliaia di persone saranno composte anche da te. E sarai ovunque, girerai il mondo, conoscerai un numero infinito di persone, stai sereno. Va tutto bene, c’è qui la dottoressa Putrefazione”.





    Edited by InKubus - 29/6/2016, 18:30
  11. .
    Aw, quanti bei ricordi Dev :')
  12. .
    Molto bella, mi è piaciuta, soprattutto perchè un istante prima di leggerla mi sono letto "La sconosciuta della Senna".

    Che idea geniale collegare così una WT e una creepypasta. :love:
  13. .
    CITAZIONE (Flammy Snowleaves @ 19/6/2016, 17:55) 
    io mi aspettavo ci fossero pezzetti di gente dentro i muri :sese:
    però dovevano essere pareti davvero piccole per essere interamente ricoperte di pelle.. oppure le persone erano incredibilmente grandi/piene di pelle (?)
    No OK, il patto narrativo ci insegna che dobbiamo dare per buono tutto ciò che il narratore ci dice :patception:
    Aaaanyway.. bellina ^-^

    Oppure, più semplicemente, erano più pelli conciate e cucite insieme. Io mi immagino.
  14. .
    CITAZIONE (Cavalier Nero @ 18/6/2016, 20:17) 
    CITAZIONE (InKubus @ 18/6/2016, 19:58) 
    Il cavaliere mi ha preceduto, io pensavo a questo:
    (IMG:https://i.jeded.com/i/screamers.16001.jpg)


    BTW, chi non odia gli screamers?

    Mai visto :O é bello?

    Mh, insomma, è uno di quei classici film fantascientifici degli anni '90, io l'ho guardato tutto e non mi ha fatto schifo, ma non è niente di speciale. E' uno di quei film che potresti vedere la domenica pomeriggio su italia uno subito dopo a Tremors. Per intenderci.

    [SCUSATE L'OT]
  15. .
    Dimenticare.

    Mi spiego meglio, sono dell'idea che i ricordi siano ciò che ci definiscono vivi, che ci definiscono noi. Senza essi non saremmo noi, non saremmo nulla. E non ce ne renderemmo nemmeno conto.

    La morte in se non mi fa paura, mi fa paura l'idea che dopo di essa io non potrò più ricordare, non avrò più memoria. Si smette di essere quando si smette di ricordare, per questo preferisco non pensare a quest'eventualità.
110 replies since 17/9/2012
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