Votes taken by Catania

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    Benvenuto e buona permanenza
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    Dopo Toshio Saeki ci tuffiamo ancora una volta nella produzione artistica a metà tra l'orrorifico e l'erotico di un altro artista giapponese: Takato Yamamoto.
    Nonostante possa non essere brutale ed esplicito come Saeki lo stile di Yamamoto ci permette di osservare un orrore più sottile che si concentra più sul creare un'atmosfera dal sapore inquietante e surreale, quasi onirica, che palesarsi in maniera improvvisa e spesso esagerata.
    Dopo aver studiato pittura alla Tokyo Zokei University nel 1983 Yamamoto inizia a lavorare sullo stile che definirà in seguito "Heisei Estethics" reinventando lo stile dei tradizionali Ukiyo-e giapponesi miscelando insieme erotismo decadentismo e bondage.
    Molti affermano che lo stile decadentista di Yamaoto sia ispirato in parte all'illustratore austriaco Franz von Bayros, anch'esso concentrato sulla creazione di ilustrazioni erotiche dal tratto grottesco.



    Vediamo dunque qui alcune delle opere di Yamamoto:

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    Sito ufficiale:


    Edited by DamaXion - 1/7/2017, 13:28
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    Carolus Adrianus Maria Thole (1914-2000) conosciuto anche con il nome di Karel Thole è stato un illustratore olandese trasferitosi successivamente in Italia e diventato famoso per le sue copertine di fantascienza dall’aspetto particolare ed estremamente inquietante.
    Nonostante il suo legame con la fantascienza Karel Thole si è sempre detto poco interessato a questo genere, specificando che le ambientazioni stravaganti e cupe dei suoi disegni derivano perlopiù dalle sue paure interiori, da suggestioni o da incubi.
    L’artista ha dichiarato più volte la sua tremenda paura del buio e la sua paranoia in riguardo di una Terza Guerra Mondiale (egli ha visto le prime due, seppur la prima da molto piccolo essendo nato nel 1914).
    Nonostante le spesso evidenti limitazioni artistiche quelle di Thole sono da considerarsi tra le migliori illustrazioni di fantascienza, in grado con immagini senza troppi dettagli di trasmettere al lettore l’impressione costante di universi indecifrabili e surreali.

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    Mi scuso per la qualità di alcune immagini ma non sono riuscito a trovarne di migliori.
  4. .

    L'Osservatore




    Ho trovato l'immagine cercando dei quadri di Paul Lehr su google, tuttavia non sembra essere di quest'ultimo. Purtroppo non sono riuscito a trovare il titolo o l'autore originale. Nel caso lo conosciate vi prego di farmelo sapere.


    Edited by WDR - 22/6/2017, 15:14
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    Non so se sono già presenti cose simili sul forum. Comunque quello che vorrei proporvi oggi è un piccolo esercizio/gioco di scrittura che personalmente ho trovato parecchio intrigante e divertente, nonché un ottimo modo per mantenersi allenati. Vi capita mai di osservare un quadro o un’immagine e da quella iniziare a fantasticare su di una storia? Ecco il gioco si basa praticamente su questo. Si sceglie un quadro o un’immagine di qualunque tipo e ci si costruisce una storia sopra. Non è necessario che l’immagine sia direttamente collegata alla storia, anche semplicemente un’immagine che vi ha fatto “scattare la lampadina” ma che a prima vista non ha nessun collegamento con la storia va bene. Le altre regole sono semplici e comunque per la maggior parte sono solo consigli.

    -È consigliabile citare la fonte dell’immagine aggiungendo nome dell’autore/sito di riferimento.
    -L’immagine può trovarsi in qualunque parte del testo, anche se porla nel mezzo potrebbe risultare brutto e poco efficace dunque è preferibile metterla all’inizio o alla fine.
    -Evitare di utilizzare l’immagine per evitare di descrivere ambientazioni o personaggi, non è un sostituto della scrittura ma solo un punto di riferimento.
    -È preferibile, quando possibile, utilizzare sempre le immagini alla risoluzione migliore.
    -Visto che le storie non passano dallo smistamento immagino sarebbe preferibile che gli autori le rileggessero prima di postarle, onde evitare orrori grammaticali e di battitura.
    Buon divertimento. A breve proverò anch’io a cimentarmi, sperando solo che questo topic non passi completamente inosservato. :asd:
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    Artista russo nato nel 1873 a Nervi, Italia Nikolai Kalmakov è principalmente conosciuto per la sua produzione spesso inquietante e rappresentativa delle sue ossessioni. Nikolai Kalmakov visse parte della sua vita da eremita e morì solo in un ospedale parigino nel 1955 lasciandosi dietro un’incredibile mole di lavori. Le sue opere purtroppo non vennero apprezzate durante il periodo in cui era in vita e vennero tenute da parte fino al 1962.
    Nikolai Kalmakov nacque e visse i primi anni della sua vita in una condizione agiata. Un aneddoto riguardante la sua vita parla di come la governatrice di origini tedesche che lo accudiva fosse particolarmente appassionata delle favole dei Fratelli Grimm e che glie le raccontasse spesso. Kalmakov in seguito affermò: “Mi faceva vivere in un mondo imaginario preso direttamente dai racconti dei Fratelli Grimm. Divoravo quelle storie con piacere. Attorno ai nove anni talvolta vagabondavo fino alla stanza più lontana della casa, dove potevo nascondermi. E poi, da solo nell’oscurità, ero solito evocare il diavolo”.
    Lo stato di ascetismo e di isolazione dal mondo sembrano essere una costante fondamentale della sua vita. Costante che si riflette anche in molte delle sue opere.


    Angel of Sin:
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    Atlas and the Hesperides:
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    Monster with Tail:
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    Rat with a Mouthful of Gold:
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    Warrior:
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    Costume for an Executor in ‘Salome’:
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    Crown of Thorns:
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    Dancer:
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    Death:
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    Household Spirits:
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    Medusa:
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    Puss n’Boots:
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    Race:
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    Satan:
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    The Darkness:
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    The Gates of Paradise, Hell:
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    The Victim:
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    The Wedding Couple:
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    The Wife of Satan:
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    The Women’s Den:
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    The Wrath of War:
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    Edited by Qush-Nath - 21/4/2017, 16:22
  7. .
    Ho provato ad evitare spoiler eccessivi sul gioco, tuttavia consiglio a chiunque sia interessato di giocarvi prima di leggere l’articolo.


    Screamcover
    I Have No Mouth And I Must Scream (Non Ho Bocca e Devo Urlare) è un’avventura grafica rilasciata nel 1995 per MS-DOS, basata sull’omonimo racconto di Harlan Ellison.

    Il gioco inizia con il computer “AM”, doppiato dallo stesso Harlan Ellison che illustra il suo odio verso i protagonisti e verso il genere umano che lo ha condannato a vivere in eterno imprigionato dentro sé stesso.

    Hate

    Ci vengono inoltre mostrati i cinque personaggi chiusi ognuno in una gabbia che rappresenta i loro tormenti, il loro passato o la loro situazione attuale.

    Gabbie

    I personaggi in questione sono presi direttamente dal racconto di Ellison ma in alcuni casi i loro background sono stati modificati:
    Infine AM ci chiederà di partecipare al suo “piccolo gioco”, e di scegliere quale personaggio prendere per primo.

    Falo

    Ogni avventura in questa parte di gioco è separata e non influenza le altre. Non c’è una sequenza precisa da seguire, tuttavia non tutte le avventure possono concludersi con un “good ending”. Vi è infatti la possibilità di morire. Morendo nella prima parte di avventura verremo riportati al “fuoco”, ovvero davanti al pilastro attraverso il quale AM si manifesta e attorno al quale i cinque personaggi sono raccolti.
    Tuttavia morendo più avanti nell’avventura il personaggio non apparirà al fuoco e non sarà possibile rigiocare la sua avventura, inoltre il personaggio in questione sarà più debole nella seconda parte di gioco, di cui parleremo più tardi. Anche completando l'avventura “nel modo migliore” farà scomparire il personaggio dal “fuoco”, ma quest’ultimo sarà al pieno delle forze nella seconda parte di gioco.
    È molto difficile completare ogni avventura al meglio senza l’utilizzo di guide, in quanto il gioco in sé è estremamente difficile e spesso è possibile arrivare a dei “punti morti” in cui non sarà possibile né morire né andare avanti, costringendoci, a meno che non si siano fatti dei salvataggi d’emergenza, a ricominciare l’intero gioco (nell’avventura di Nimdok è molto facile che questo accada).

    gorrister
    Gorrister: è rinchiuso in una gabbia che ricorda la stanza di un manicomio, con pareti imbottite. È tormentato dal senso di colpa successivo all’aver mandato sua moglie in manicomio. Stando ai dialoghi di AM sembra abbia tentato più volte il suicidio, tuttavia il computer gli ha sempre impedito di morire (è nell’interesse di AM, come nel racconto, mantenere gli umani in vita in quanto sono il suo unico mezzo di divertimento. Finora li ha tenuti in vita per 109 anni). Nella sua avventura AM gli offrirà finalmente l’opportunità di morire. Qui si troverà all’interno di un dirigibile nel quale scoprirà che egli è stato ucciso e squartato dalla cognata Edna e da suo marito. Durante l’avventura Gorrister capirà di non essere l’unico responsabile della follia di sua moglie, e riuscirà finalmente a “sotterrare il passato”.
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    ellen
    Ellen: un tempo un ingegnere con una carriera promettente davanti a sé, affetta da una grave fobia per il colore giallo, a causa dell’essere stata stuprata in ascensore da un uomo vestito di giallo. È inoltre l’unica donna del gruppo e nonostante questo non sia detto esplicitamente si suppone che, come nel racconto di Ellison sia costretta a soddisfare i bisogni degli altri quattro. Nella sua avventura ci ritroveremo in una piramide dove sono mescolati componenti di computer a manufatti egiziani. AM ci dirà che all’interno della piramide è contenuta una delle sue componenti primarie e che trovandola Ellen avrà l’opportunità di distruggerlo. Trovare il componente di AM non ci permetterà realmente di distruggerlo ma ci metterà in contatto con una delle due entità separate che lo compongono e che lui non controlla. Queste entità sono presenti in quasi tutte le avventure e ci aiuteranno nella seconda parte di gioco. Nell’avventura Ellen riuscirà finalmente ad affrontare la sua paura per il colore giallo, rivivendo il tremendo episodio dell’ascensore.
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    benny
    Benny: il personaggio che si distacca di più dalla sua controparte letteraria. Anche qui AM lo ha trasformato in un essere simile a una scimmia. Qui Benny è un ex soldato, colpevole di aver assassinato i suoi sottoposti. Durante la sua avventura ci ritroveremo in un ambiente preistorico dove gli uomini vivono assoggettati ad AM e sono costretti ad offrirgli sacrifici per evitare la sua rabbia. In particolare AM vuole in sacrificio Toto, un umano deforme nato con un braccio in più. Il bambino vive nascosto nella sua caverna insieme alla madre, l’unica che gli porta il cibo in quanto AM ha vietato al resto della tribù di nutrirlo. Quando la madre muore venendo sacrificata Benny si troverà ad occuparsi del piccolo mutante. Durante l’avventura Benny incontrerà anche i sottoposti che ha ucciso e per completarla al meglio dovrà riscattarsi dai suoi crimini mettendo in gioco la sua vita per quella degli altri. Anche qui il personaggio incontrerà una delle entità “benigne” che compongono AM, tuttavia quest’ultima ci aiuterà solamente dicendoci dove andare e dandoci dei consigli.

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    (Tornando indietro uno degli sviluppatori, David Mullich ha affermato che è stato un peccato cambiare in tal modo il background di Benny distaccandolo da quello originale, e che sarebbe stato interessante mantenerlo omosessuale come nel racconto. Sembra infatti che quella dell’omosessualità fosse una caratteristica del personaggio già presente durante la produzione ma che sia stata scartata)

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    Ted: un giovane carismatico e dall’aspetto benestante, tuttavia paranoico e ossessionato dalla paura che gli altri scoprano che non è realmente ricco. È inoltre segretamente innamorato di Ellen. Inizialmente gli viene offerta la libertà in cambio del successo nella sua avventura. Si ritroverà all’interno di un castello medievale, dove Ellen è costretta a letto e sta lentamente morendo. Il suo unico desiderio è quello di potersi specchiare ancora e chiede a Ted di trovare il suo specchio, nascosto dalla sua matrigna. Durante l’avventura ci scontreremo con personaggi di varia natura ma tutti con l’unico obbiettivo di trovare lo specchio e ottenere l’anima di Ellen. Al termine dell’avventura avremo l’opportunità di chiedere ad un demone (il quale sembra essere anch’egli una delle parti di AM) di aprire un varco per la superficie, che tuttavia scopriremo essere inabitabile in quanto devastata dalle radiazioni.
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    Nimdok: forse il personaggio più “estraneo” al gruppo. AM affermerà in un dialogo che Nimdok è forse quello più simile a lui. È un ex medico nazista, colpevole di aver collaborato col dottor Mengele, “l’angelo della morte” sugli esperimenti eseguiti sui bambini e di aver consegnato i suoi amici e parenti ai Nazisti (egli è infatti di origine ebrea). Sembra essere affetto da una grave amnesia e non ricorda nemmeno cosa sia accaduto negli anni della Seconda guerra mondiale. Durante la sua avventura scopriremo inoltre che molti dei risultati ottenuti da Nimdok nelle sue ricerche sono utilizzati per torturare i cinque umani superstiti, per esempio la manipolazione del DNA è stata usata per trasformare Benny in una scimmia. Inoltre le ricerche sul fantomatico siero della giovinezza di Nimdok sono state utilizzate da AM per mantenere gli umani in vita per i 109 anni in cui li ha torturati. Al termine della sua avventura Nimdok ricorderà il suo passato e dovrà porre rimedio alle atrocità che ha compiuto.
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    In ogni avventura sull’HUD appariranno oltre che i comandi per interagire con gli oggetti e con l’ambiente (da notare il singolare comando “inghiotti”) anche un ritratto del personaggio. All’inizio dell’avventura questo ritratto avrà uno sfondo nero che andrà a colorarsi di verde man mano che procediamo nell’avventura. Inoltre ogni personaggio possiede un libro detto “Profilo Psicologico” all’interno del quale sono scritti degli indizi per avanzare.

    Durante la seconda parte di gioco le due entità che abbiamo incontrato all’interno delle avventure, dette “Il Russo” e “Il Cinese” (in quanto sono due computer simili ad AM ma progettati uno in Russia e un altro in Cina) che ci aiuteranno a sconfiggerlo, entrando all’interno di quello che sembrerebbe il suo cervello. Qui ogni personaggio è in possesso di alcuni totem, oggetti ottenuti nelle varie avventure e che rappresentano ognuno una caratteristica diversa.

    Ci ritroveremo nel cervello di AM, composto da vari scenari, tra cui tre contenenti le tre parti della mente di AM, costituita da Id, Ego e Superego (in italiano: Es, Io e Super-Io) in accordo con le teorie di Freud. Quasi ogni cosa all’interno di questa parte di gioco ci farà danno rendendo il quadro del personaggio (che se si è completata al meglio la sua avventura sarà verde brillante) sempre più scuro fino a farlo morire.
    In questa parte di gioco ci sono quattro finali differenti, ottenibili tramite particolari combinazioni di personaggi e oggetti. I primi tre finali sono i “bad ending”, e terminano tutti con il personaggio trasformato in un essere simile a una lumaca, in concordanza col finale del racconto (difatti in tutti questi finali verrà citata la parte finale del racconto).
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    Mentre il quarto, ovvero il “good ending”, ottenibile solo con una particolare combinazione di personaggi, terminerà con il personaggio trasformato in un computer e il pianeta Terra che lentamente ritorna abitabile in attesa del ritorno degli esseri umani.

    I Have No Mouth And I Must Scream è sicuramente da ricordare come un degno ricavato del lavoro iniziale di Hellison. L’atmosfera è disturbante, e spesso il gioco ci propone immagini e situazioni estremamente crude per l’epoca in cui è stato prodotto. Inoltre la difficoltà a tratti punitiva contribuisce a dare al giocatore una sensazione di impotenza che rende il tutto ancora più pesante.
    Il gioco ha i suoi difetti ovviamente, è pieno di bug ed errori di programmazione e i punti morti facilmente raggiungibili in molte parti di gioco non sono un punto a favore, ma se siete appassionati di horror fantascientifico e volete un gioco dai tratti estremamente maturi che sappia mescolare bene un alto livello di difficoltà e un ambientazione dai toni dark “I Have No Mouth And I Must Scream” è un must play.



    Edited by AndySky21 - 18/4/2017, 18:28
  8. .
    Fantasia Eroice e Trasgressione:
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    Eroica2

    Le quattro impossibilità:
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    Le_quattro_imposs2

    Estratti dall'introduzione a "Robert E. Howard: Tutti i Cicli Fantastici": "Howard: un eroe letterario" di Gianni Pilo e Sebastiano Fusco

    Amo questa introduzione (che qui non è completa purtroppo), la visione di letteratura fantastica come "bestemmia più grande" mi ha sempra affascinato, e dopo essermi appassionato alla storia del genere mi affascina ancora di più. Inoltre Pilo e Fusco come sempre si dimostrano grandi conoscitori del genere.

    (Perdonate la qualità ma non avevo voglia di fotografare la mia copia e ho fatto degli screen all'anteprima di Google Libri :asd: )
  9. .
    Parte 1 Parte 2 Parte 3

    Uitzilcapac (Lord of Pain) Signore del Dolore
    Una crudele entità intrappolata dagli Dei Antichi in una dimensione remota del continuum Spazio-Temporale. Appare come una creatura simile a una lucertola alta quattro metri, con sei gambe e una bocca irta di denti.
    Apparizione: “Mysteries of Tibet” di Jason Williams

    Ut'Ulls-Hr'Her (The Great Horned Mother, Black Glory of Creation) La Grande Madre Cornuta, La Nera Gloria della Creazione
    Una gigantesca creatura senza faccia con varie appendici che si dipartono dalla sua testa, una barba di corni che stillano liquido, molti capezzoli rossicci, e delle pinne simili a quelle di un pesce che si estendono dal corpo a forma di uovo.
    Apparizione: “The Nameless Tower” di John S. Glasby

    Vhuzompha (Mother and Father to All Marine Life, The Hermaphroditic God) Madre e Padre di Tutta la Vita Marina, Il Dio Ermafrodita
    Una creatura amorfa dalla grandezza prodigiosa, ricoperta di una moltitudine di occhi, bocche e genitali sia maschili che femminili.
    Apparizione: “Beast of Love” di Jame Ambuehl

    Vibur (The Thing from Beyond) La Cosa dall’Al di là
    Una grande creatura pelosa e veloce, che lancia pietre radioattive.
    Apparizione: “The Menace From Sumatra” di Kevin W. Jacklin e David Hallet

    Vile-Oct
    Una creatura dalle sembianze di rettile, simile a un drago, la quale si dice essere imparentata con Yig.
    Apparizione: “Chronicles of Nibiru: A Plague of Demons” di Scotch Carson

    Volgna-Gath (Keeper of Secrets) Guardiano dei Segreti
    Una massa viscida mutaforma, la quale può essere evocata utilizzando fango misto al sangue dell’evocatore.
    Apparizione: “The Sculpture” di James Ambuehl

    Voltiyig (Yig’s Terrifyng Son) Il Terrificante Figlio di Yig
    Prole del Dio-Serpente Yig, appare come un serpente con ali piumate e narici dalle quali fuoriescono fiamme, ricorda il dio azteco Quetzalcoatl. È intrappolato in una torre oscura sulla cui cima vi è una gigantesca stella a cinque punte.
    Apparizione: “Images in Stone” di Crispin Burnham

    Vthyarilops (The Starfish God) Il Dio-Stella Marina
    Una creatura simile a una stella marina, ma dotata di tentacoli, spine e una miriadi di occhi blu fosforescenti.
    Apparizione: “The Likeness” di Dan Perez

    Vulthoom (The Sleeper of Ravermos, Gsarthotegga) Il Dormiente di Ravermos, Gsarthotegga
    È per gli Aihai (creature intelligenti che abitano Marte) quella che si potrebbe definire la controparte marziana di Satana. Nonostante le persone più razionali lo identificano solo come una leggenda è estremamente temuto dalle classi sociali più basse. In realtà egli è un essere misterioso proveniente da un altro universo, esiliato dai suoi simili, e che giace aspettando su Marte, nella città sotterranea di Ravermos.

    Pianifica di prendere il controllo di Marte e in seguito della Terra. Appare simile a una divinità per via del suo intelletto e della sua avanzata tecnologia, tuttavia non è altro che un alieno molto potente.
    Sotto l’effetto di un potente profumo allucinogeno alieno un uomo ha visto Vulthoom sotto le sembianze di gigantesca pianta appartenente a un altro mondo. Tuttavia la sua vera forma è sconosciuta.
    Apparizione: “Vulthoom” di Clark Ashton Smith

    The Worm that Gnaws in the Night (Doom of Shaggai) La Condanna di Shaggai
    Un essere gigantesco simile a un verme.
    Apparizione: “Shaggai” di Lin Carter

    Xalafu (The Dread One) Il Terrore
    Una titanica massa globulare composta da varia colori oscuri, dotata di un unico occhio gigantesco posto al centro della massa aliena.
    Apparizione: “The Life And Death Of Zebros Santiago” di Peter Levi

    Xcthol (The Goat God) Il Dio Capra
    Un essere crudele capace di controllare le menti. Ricorda un fauno ed è spesso associato a Shub-Niggurath.
    Apparizione: “Ravenstone Sanitarium” di John Gary Pettit

    Xinlurgash (The Ever-Consuming) Colui che Consuma Tutto
    Una massa ispida con grandi mandibole, fatta di tentacoli e quelli che ricordano arti di ragno.
    Apparizione: “The Mysterious Millionaire” di William Jones

    Xirdneth (Maker of Illusions, Lord of Unreality) Il Fabbricante di Illusioni, Signore dell’Irreale
    Un’entità generatrice di illusioni. Non ha una vera e propria forma.
    Apparizione: “The Star Seed” di James Ambuehl

    Xitalu (Being of Higer Dimension) Essere dell’Alta Dimensione
    Un essere tentacolare dai molti occhi. Si nutre di anime e dimora tra le dimensioni.

    Xotli (Lord of Terror, The Black Kraken of Atlantis, Demon-God of Elder Nights) Signore del Terrore, Il Nero Kraken di Atlantide, Dio-Demone delle Notti Antiche
    Una nuvola di oscurità color ebano, o un vortice di freddo boreale. Era adorato dai sacerdoti Atlantidei dell’Era Hyborniana.
    Apparizione: “Conan delle Isole” di L. Sprague de Camp e Lin Carter

    Xoxiigghua
    Un essere simile a un polpo con tre occhi, è un parassita e vive intrappolato all’interno di una montagna nel Centro America.
    Apparizione: “Une Ombre Couleur Sèpia” di Benjamin Schwarz

    Yegg-Ha (The Faceless One, The Master of Nightgaunts) Il Senza Faccia, Il Signore dei Magri Notturni
    Un gigantesco essere senza faccia e con ali di pipistrello, il quale è stato ucciso da dei soldati romani vicino al Vallo di Adriano intorno al 128 d.C. Nel Necronomicon viene definito come signore dei Magri Notturni. Nonostante il suo corpo fisico sia morto continua a vivere nella Terra dei Sogni.
    Apparizione: “An Item of Supporting Evidence” di Brian Lumley

    Y'Golonac (The Defiler) Il Profanatore
    È il Dio della perversione e della depravazione (non solo quella umana, ma ogni tipo di deprevazione possa essere concepita da un essere senziente, sano o no). Ha un comportamento simile a quello di Nyarlatothep ma molto più perverso e crudele. Alcune volte è possibile evocarlo anche solo leggendo il suo nome nelle “Rivelazioni di Gla’aki”.

    È imprigionato dietro un muro di mattoni in delle rovine sconosciute. La sua vera forma non è certa ma quando si manifesta attraverso la possessione di un essere umano appare come un uomo obeso senza testa, con una bocca sul palmo di ogni mano. A differenza della altre divinità Y’golonac è capace di capire gli essere umani, a tal punto da poter condurre conversazioni in inglese attraverso il suo ospite. Y’golonac va alla ricerca degli esseri umani che sono soliti leggere letteratura perversa e dimenticata per farli diventare suoi seguaci. Quando evocato offre all’evocatore il discutibile onore di divenire suo sacerdote, o semplicemente lo uccide per nutrirsi.
    Apparizione: “Cold Print” di Ramsey Campbell

    Yhagni
    Yhagni è la cugina di Hastur e Cthulhu, si è dubbiosi riguardo alla sua sessualità visto che potrebbe essere sia femmina che ermafrodita. Gli altri Grandi Antichi, vedendola come una minaccia l’hanno rinchiusa nel “Tempio dei Pilastri” nelle profondità di Kyartholm, una località nascosta da qualche parte nell’Emisfero Nord. Si crede che appaia come una creatura simile a un verme ma senza una vera forma. Il suo aspetto reale è sconosciuto.
    Apparizione: “Yhagni’s Priest” di James William Hjort

    Yhashtur (The Worm-God of the Lords of Thule) Il Dio-Verme dei Signori di Thule
    Un essere simile a un verme che si dice abitare al Polo Nord. Si dice anche sia un acerrimo rivale di Nyarlatothep.
    Apparizione: “Servant of the Coils” di Kevin Eric Sheridan

    Yig (Father of Serpents) Padre dei Serpenti
    Agisce come una divinità e manda i suoi figli a punire chiunque abbia ucciso un serpente nel passato, uccidendoli o trasformandoli in esseri simili a serpenti come lui. È il padre di Ayi’ig e il compagno della dea esterna Yidhra.

    Apparizione: “La Maledizione di Yig” di H.P. Lovecraft e Zealia Bishop

    Y'lla (Master of the Seas) Signore dei Mari
    Un verme marino tentacolare che condivide le acque marine con il suo fratello bisessuale Vhuzompha. È imprigionato nella città sommersa di K’hraa, sotto le maree.
    Apparizione: “Correlated Contents” di James Ambuehl

    'Ymnar (The Dark Stalker, Seducer of Earthly intelligences) L’Oscuro Inseguitore, Seduttore di Intelligenze Terrestri
    Una creatura mutaforma generata da Ngyr-Korath per servirlo. Può garantire incredibili poteri a chiunque scelga di servire lui e il suo padrone, tuttavia il suo obbiettivo finale è la distruzione di ogni forma intelligente nel Cosmo.
    Apparizione: “He Who Comes at the Noontime” di Walter C. DeBill Jr.

    Yog-Sapha (The Dweller of the Depths, Lord of the Things Which Dwell Beneath the Surface) Colui che Abita le Profondità, Signore delle Cose che Abitano Sotto la Superficie
    Appare come una gigantesca massa simile a un’ameba luminescente. Vive nelle oscure profondità della Terra ma è originario del pianeta Haddath. È inoltre cugino di Shudde-M’ell. Non può far del male quando esposto alla luce.
    Apparizione: “The Thing in the Abyss” di Llewellyn M. Cabos

    Yorith (The Oldest Dreamer) Il Più Vecchio Sognatore
    Un grande essere cristallino, il quale risiede nei mari del pianeta oceano Ylla. Le sue abilità ipnotiche costringono i viaggiatori spaziali che si avvicinano troppo a tuffarsi nelle profondità del suo mare letale.
    Apparizione: “The Oldest Dreamer” di Walter C. DeBill Jr.

    Ysbaddaden (Chief of the Giants) Signore dei Giganti
    Uno dei figli di Hziulquoigmnzhah. Si suppone sia maschio e, visto il suo nome, gigantesco.
    Apparizione: “October Surprirse” di Kevin L. O’Brien

    Ythogtha (The Thing in the Pit) La Cosa nel Fosso
    Il secondo figlio di Cthulhu. Ricorda una gigantesca rana umanoide, o un Abitatore delle Profondità con un unico grande occhio al centro delle fronte. Ha una densa criniera e una barba di tentacoli che si dipartono dalla sua testa.

    È incredibilmente grande, e quando il sacerdote-stregone Zanthu prova a liberarlo dalla sua prigione scambia i suoi artigli per picchi montuosi. Gli Dèi Antichi hanno imprigionato Ythogtha nell’Abisso di Yhe. È servito dagli yuggs (enormi vermi piatti e pallidi provenienti da un’altra dimensione), e dal loro signore, Ubb, il padre dei vermi.
    Apparizione: “Out of Ages” di Lin Carter

    Yug-Siturath (The All-Consuming Fog) La Nebbia che Consuma Ogni Cosa
    Un’entità vaporea che assorbe la linfa vitale.
    Apparizione: “The Devil In You” di Eric J. Millar

    Zathog (The Black Lord of Whirling Vortices) Il Nero Signore dei Mulinelli Vorticosi
    Un Grande Antico situato nel cuore del pianeta Zarr, nella galassia di Xentilx dopo essere fuggito dalla guerra con gli Dei Antichi. È una delle poche divinità ancora sveglie e che possiede ancora tutti i suoi poteri (probabilmente perché fuggito in un'altra galassia, evitando l’influenza degli Dèi Antichi). È divenuto il patrono degli Zarriani offrendogli il controllo dell’universo in cambia della liberazione degli Antichi e della distruzione degli Dèi Antichi. Si dice sia il fratello di Ubbo-Sathla. Appare come una massa globulosa che vortica in continuazione.
    Apparizione: “From Beyond the Stars” di Richard L. Tierney

    Zhar e Lloigor (The Twin Obscenities) Le Oscenità Gemelle
    Lloigor “Il Calpestatore di Stelle”. Gemello di Zhar, si dice sia imprigionato vivo nelle caverne sotto l’Isola delle Stelle, nell’Altopiano di Sung. I due gemelli sono collegati con la stella Antares, dalla quale si pensa abbiano avuto origine (Tuttavia anche Rigel e Betelgeuse sono menzionate come punto di origine). L’importanza attribuita a Lloigor varia: a volte è visto come “colui che cavalca i venti sulle stelle”, similmente a un Ithaqua cosmico; altre volte è banalmente menzionato con suo fratello Zhar come divinità minore. Lloiger è adorato dal popolo Tcho-Tcho in Tiber e a Burma, e in qualche modo connesso con Hastur (suo possibile padre) e Ithaqua (suo possibile fratello maggiore). Si crede inoltre che il suo corpo sia andato distrutto insieme al pianeta Alaozar.

    Anche Zhar è adorato dal popolo Tcho-Tcho di Sung. Il suo corpo filamentoso giace nelle caverne senza luce del “Lago del Terrore” sull’altopiano di Sung a Burma. I suoi enormi tentacoli sono impigliati con il corpo del fratello. I due emettono continuamente strani suoni tra di loro. Si dice che Zhar sia il più vecchio e potente dei due. La caverna in cui giacevano sembra essere andata distrutta e questo implica la distruzione dei loro corpi.
    Apparizione: “The Lair of the Star-Spawn” di August Derleth e Mark Schorer

    Zindarak (The Fiery Messenger) Il Messaggero Fiammante
    Una misteriosa creatura fiammante che dovrebbe liberare Cthulhu dalla sua prigione una volta che le stelle saranno nel giusto allineamento.
    Apparizione: “Doctor Dexter” di Llewellyn M. Cabos

    Zoth-Ommog (The Dweller in the Depths) Colui che Abita le Profondità
    Una creatura con un corpo dalla forma a cono, una testa da rettile con zanne affilate come rasoi, quattro larghi, piatti arti simili a una stella marina con bocche da sanguisuga. Come nuoti o si muova sul fondale marino non si sa, ma è possibile che abbia delle zampe simil-lumaca.

    Zoth-Ommog è stato imprigionato dagli Dèi Antichi sotto i fondali marini vicino R’lyeh. Come il suo fratello maggiore Ythogtha, Zoth-Ommog è servito da Ubb e dagli yuggs.
    Apparizione: “Xothic Legend Cycle” di Lin Carter

    Zstylzhemghi (Matriarch of Swarms, Zystulzhemgni) Matriarca dello Sciame, Zystulzhemgni

    Fa parte della prole di Ycnágnnisssz, è la moglie di Ghisguth e la madre di Tsathoggua.
    Apparizione: “The Parchments of Pnom” di Clark Ashotn Smith

    Zushakon (Dark Silent One, Old Nights, Zul-Che-Quon, Zuchequon) L’Oscuro Silente, Vecchie Notti, Zul-Che-Quon, Zuchequon
    Appare come un vortice nero, adorato da alcuni Nativi Americani come dio della morte. È inoltre adorato da alcuni misteriosi servitori conosciuti come “I Nascosti” (Hidden Ones). È un discendente di Ubbo-Sathla.

    Apparizione: “The Bells of Hell” di Henry Kuttner

    Z'toggua
    Adorato dagli Abitatori del Profondo. È descritto come un pipistrello umanoide obeso, con una bocca spalancata sul ventre.
    Apparizione: “Ch’g-Ghral” di R.S. Cartwright

    Zvilpogghua (Feaster from the Starts, The Sky-Devil, Ossadagowah) Colu Che Banchetta Tra le Stelle, Il Diavolo del Cielo, Ossadagowah
    È il figlio di Tsathoggua e Shathak, è il padre di Sfatlicllp. È nato sul pianeta Yaksh (Nettuno).

    Solitamente prende la forma di una rana bipede senza braccia, con un collo gommoso e una faccia completamente coperta di tentacoli. Attualmente abita su Yrautrom, un pianeta orbitante attorno alla stella Algol, nella Costellazione di Perseo. Era conosciuto tra gli Indiani Americani come Ossadagowah e talvolta veniva evocato da questi ultimi, nonostante lo facessero molto raramente.
    Apparizione: “The Lurker at the Threshold” di H.P. Lovecraft e August Derleth



    Un grazie sentito a tutto lo staff del forum che mi ha aiutato con la traduzione di tutte e quattro le parti di questa serie di articoli, ormai giunti al termine.

    "Ph'nglui mglw'nafh Cthulhu R'lyeh wgah'nagl fhtagn!"


    Edited by RàpsøÐy - 10/4/2017, 14:19
  10. .
    Parte 1
    Parte 2
    Ngirrth'lu (The Wolf-Thing, The Stalker in the Snows, He Who Hunts, Na-girt-a-lu) La Cosa-Lupo, L’Inseguitore tra le Nevi, Colui che Caccia, Na-girt-a-lu
    Un feroce creatura dall’aspetto di un lupo umanoide con ali di pipistrello, è servito da dei lupi mannari conosciuti come: Lupine Ones.
    Apparizione: “The Stalker in the Snows” di James Ambuehl

    Northot (The Forgotten God, The Thing That Should Not Be) Il Dio Dimenticato, La Cosa Che Non Dovrebbe Essere
    Un’entità misteriosa collegata a Yog-Sothoth, Shub-Niggurath e Azathoth. Si manifesta come un umanoide simile a un fauno con capelli che cambiano colore, oppure come un cerchio pulsante dal colore sconosciuto.
    Apparizione: “Night Terrors” di Michael Fantina

    Nssu-Ghahnb (The Heart of the Ages, Leech of the Aeons) Il Cuore delle Ere, Sanguisuga degli Eoni
    Un gigantesco cuore pulsante isolato in una dimensione parallela. È responsabile della nascita di tutti i vari mostri all’interno dell’Universo conosciuto.
    Apparizione: “Call of Cthulhu”

    Nug e Yeb (The Twin Blasphemies) Le Blasfemie Gemelle
    Fanno parte della prole di Shub-Niggurath e Yog-Sothoth, Nug è il padre di Cthulhu e Yeb il padre di Tsathoggua per via dell’influenza di Yog-Sothoth. Nug è il dio dei ghoul, mentre Yeb è a capo del culto alieno di Abhoth. Entrambi ricordano nell’aspetto Shub-Niggurath. Sono adorati a K’n-yan e in altri posti, e sono una sottospecie di rappresentazione simbolica dello ying e dello yang.



    Nug sembra non aver mai visitato il pianeta Terra nonostante potrebbe essere apparso nelle vicinanze del monte Kadath (Terra dei Sogni). Inoltre si pensa che entrambi risiedano sotto il monte Voormithadreth (il quale quindi si pensa possa far parte di un’altra dimensione).
    Yeb è anche connesso con la “Fiamma Nera”, e con lo strumento per la distruzione del mondo, la “Fornace di Yeb”, la cui fiamma risiede sulla Terra.
    I nomi Nug e Yeb sono simili a quelli degli dei egiziani Nut e Geb. Inoltre “Yeb” è il nome di una città biblica.
    Apparizione: “L’ultimo esperimento di Clarendon” di H.P. Lovecraft

    Nyaghoggua (The Kraken Within) Il Kraken All’Interno
    Un essere oscuro simile a un kraken che si dice abiti nello Spazio Esterno. Viene menzionato nella “Canzone di Yste”.
    Apparizione: “The Abyss” di Robert A. Lowndes

    Nycrama (The Zombifying Essence) L’Essenza Zombificante
    Una sorta di alta larva ricoperta da centinaia di viticci appuntiti e segmentati. Esiliato dagli Dei Antichi in una dimensione parallela, connessa con le foreste pluviali del Sud America, dove adesca le sue vittime umane per schiavizzarle. Formalmente è anche lui un Dio Antico
    Apparizione: “Priestess of Nycrama” di John W. Patterson

    Nyogtha (The Thing which Should Not Be, Haunter of the Red Abyss) La Cosa Che Non Dovrebbe Essere, Cacciatore dell’Abisso Rosso
    Viene descritto come un' ombra nera.



    Apparizione: “The Salem Horror” di Henry Kuttner

    Ob'mbu (The Shatterer) Il Frantumatore
    Un rettile mostruoso simile a una giraffa.
    Apparizione: “Nightmare’s Disciple” di Joseph Pulver

    Oorn (Mnomquah’s Mate) Compagna di Mnomquah
    Viene descritta come un grande mollusco tentacolare con appendici che spruzzano acidi digestivi. È adorata dagli Uomini di Leng e dalle Creature Lunari.

    Apparizione: “Mad Moon of Dreams” di Brian Lumley

    Othuum (The Oceanic Horror) L’Orrore Oceanico
    Un'entità simile a una corda arrotolata ricoperta di tentacoli con un volto alieno nel mezzo di una massa di fili che si muove in continuazione.
    Apparizione: “Rising with Surtsey” di Brian Lumley

    Othuyeg (The Doom-Walker) Il Camminatore del Destino
    Appare come un gigantesco occhio tentacolare simile a Cyaegha. Abita il sottosuolo del Kansas, nelle fiabesche Sette Città d’Oro.
    Apparizione: “People of the Monolith: Stone of Death” di Crispin Burnham

    Perse
    Appare come una femmina aliena in un vestito rosso, con tre occhi. Proprio come la dea Persefone si manifesta a bordo di una nave fantasma e contatta esseri umani per convincerli a spargere chaos e distruzione per il mondo.
    Apparizione: “Duma Key” di Stephen King

    Pharol (Pharol The Black) Pharol il Nero
    Un demone ciclopico con serpenti ondeggianti al posto delle braccia. Normalmente abita in un’altra dimensione. Tuttavia il mago Eibon di Hyperborea lo evoca a volte per chiedergli informazioni arcane.
    Apparizione: “The Acolyte of the Flame” di Lin Carter

    Poseidon
    Una potente entità extragalattica, spaventato da ‘Ymnar. Combatté contro il Dio Antico Phaigon.
    Apparizione: “Name and Number” di Brian Lumley

    Psuchawrl (The Elder One) L’Antico
    Un alto umanoide con un anemone marino senza occhi al posto della faccia, e un becco ghignante come bocca. Può essere evocato come un jinn.
    Apparizione: “Out of the Jar” di Charles R. Tanner

    Ptar-Axtlan (The Leopard That Stalks the Night) Il Leopardo che Insegue la Notte
    Un’entità misteriosa associata ai mutaforma animali. Fa parte della prole della Dea Antica Bast e del Dio Esterno Darkness (Oscurità).
    Apparizione: “Confessions in Darkness” di Gerald W. Page

    Quachil Uttaus (Treader of the Dust) Il Camminatore della Polvere
    Può ridurre qualunque tessuto vivente con cui viene a contatto in polvere (similmente ad un altro personaggio di Clark Ashton Smith, Ubbo-Sathla). Viene solitamente associato all’età, la morte e il decadimento. Evocare questo dio è considerato letale, se qualcuno ha anche in modo inconscio mai pensato al suicidio.


    Appare come un umanoide mummificato con mani secche e ossute sempre strette. È anche detto “L’Ultima Corruzione” (The Ultimate Corruption). È possibile che fosse conosciuto presso gli antichi Egizi come Ka-Rath, “Il Guardiano della Polvere” (The Keeper of the Dust).
    Apparizione: “The Treader of the Dust” di Clark Ashton Smith

    Quyagen (The Eye of Z’yls, He Who Dwells Beneath Our Feet) L’Occhio di Z’yls, Colui che Abita Sotto i Nostri Piedi
    Il dio di Yagothoggua. Un’enorme, ombrosa creatura cornuta con una massa di tentacoli. Viene servito dagli Y’nathogguans. E viene adorato attraverso sacrifici di sangue conosciuti come “spose di Quyagen”. Usò l’Occhio di Zysl’m contro la Grande Razza di Yith fino a che non venne imprigionato sotto il tempio a Yahothoggua.
    Apparizione: “The Thing in the Library” di Crispin Burnham e E. P. Berglund

    Q'yth-az (The Crystalloid Intellect) L’Intelletto Cristalloide
    Una massa di cristalli che risiede nel pianeta senza luce Mthura.
    Apparizione: “An Early Frost” di Scott D. Aniolowski

    Raandaii-B'nk
    È il dio dei Randeese, uomini-squalo dall’aspetto mostruoso. Si dice che Raandaii-B’nk abbia creato gli squali a sua immagine. Vi è un tempio sommerso nel Triangolo delle Bermuda chiamato “Cattedrale di Raandai-B’nk”
    Apparizione: “From the Deep and Beyond” di Gregory Nicoll

    Ragnalla (Seeker in the Skies) Cercatore Nei Cieli
    Una creatura il cui aspetto ricorda un enorme avvoltoio con un grande, unico occhio e una corona di tentacoli.
    Apparizione: “Correlated Contents” di James Ambuehl

    Raphanasuan (The One from the Sun Race) Colui della Razza del Sole
    Un demone con sei braccia.


    Apparizione: “What Hides and What Returns” di Bryan Thao Worra

    Rhagorthua (Father of All Winds) Il Padre dei Venti
    Una creatura bestiale simile a Cthugha, capace di assorbire la radiazioni nucleari. È imprigionato da qualche parte nel sottosuolo del New Messico.

    Rhan-Tegoth (Terror of the Hominids, He of the Ivory Throne) Terrore degli Ominidi, Colui del Trono d’Avorio
    Un dio anfibio simile a una medusa lunga quindici piedi. Sembrerebbe essere di vitale importanza nel ritorno dei Grandi Antichi. Prima di giungere sulla Terra abitava i mari caldi di Yuggoth. Tre Milioni di anni fa durante l’era il periodo del Pliocene giunse sulla Terra e si insediò in un’area dell’Alaska ibernandosi.
    Era venerato dai cannibali preumani “Gnophkehs”.
    Apparizione: “L’Orrore al Museo” di H.P. Lovecraft e Hazel Heald

    Rhogog (The Bearer of the Blood of the Ancients) Colui che Porta il Sangue degli Antichi
    Un albero di quercia, nero e senza foglie, caldo al tatto e con un unico occhio rosso al centro. Si dice sia nato dal sangue di Cthulhu, versato nel combattimento contro Hastur, e che abbia un potere inimmaginabile.

    Apparizione: “The Bearer” di Micheal Saint-Paul

    Rh'Thulla of the Wind
    Menzionato come fratello di M’Nagalah.
    Apparizione: “Challengers of the Unknown”

    Rlim Shaikorth (The White Worm) Il Verme Bianco
    Uno delle forme di Rlim Shaikroth è conosciuta come Il Verme Bianco, ed era attivo durante l’era Hyperboreana. Un gigantesco, pallido, verme bianco con una grande bocca e sacchetti vuoti che sanguinano continuamente al posto degli occhi. Il Verme Bianco viaggia su un iceberg gigante chiamato Yikilt, che può essere guidato attraverso l’oceano.


    Nella sua colossale città di ghiaccio il Verme Bianco va in cerca di prede per il mare, congelando navi e masse di lande disabitate. Le vittime del Verme Bianco vengono congelate e i loro corpi appaiono completamente bianchi. Anche se esposti al fuoco non si scioglieranno né riscalderanno.
    Apparizione: “L’Avvento del Verme Bianco” di Clark Ashton Smith

    Rokon
    Il Dio-Re degli uomini serpente del pianeta Zandanua. È il fratello di Yig. Rokon e i suoi seguaci combattono costantemente Nira e Nodens.
    Apparizione: “The Snake-God of Shonhi” di James Ambuehl

    Saa'itii (The Hog) Il Maiale
    Un gigantesco maiale fantasma.
    Apparizione: “The Hog” di William Hope Hodgson

    Scathach
    Uno dei figli di Hziulquoigmnzhah, si suppone sia femmina.
    Apparizione: “October Surprise” di Kevin L. O’Brien

    Sebek (The Crocodile God) Il Dio Coccodrillo
    Spesso ritratto come un coccodrillo umanoide con molte mandibole inferiori. Nonostante fosse più debole di molti degli altri Grandi Antichi veniva riconosciuto come una divinità guerriera, ed è ancora venerato come un dio potente.


    Il nome “Sebek” viene dal dio-coccodrillo egiziano: “Sobek”.
    Apparizione: “The Secret of Sebek” di Robert Bloch

    Sedmelluq (The Great Manipulator, Ishmagon) Il Grande Manipolatore, Ishmagon
    Un colossale verme luminescente con una bocca a forma di stella, che abita l’Antartico. È adorato dai Mi-go.
    Apparizione: “Imagon” di Michael Marrak

    Sfatlicllp (The Fallen Wisdom) La Saggezza Caduta
    La figlia di Zvilpogghua, moglie di un Voormi. La cui prole è Knygathin Zaum.
    È probabilmente nata su Kythanil e potrebbe aver procreato la sua prole senza forma una volta sulla terra. Probabilmente abita N’kai insieme a Tsathoggua. È inoltre possibile che sia diventata la moglie di Nyogtha, che vive a Yoth.
    Apparizione: “Family Tree of the Gods” di Clark Ashton Smith

    Shaklatal (The Eye of Wicked Sight) L’Occhio della Vista Malvagia
    Un essere dalle fattezze umane, con la pelle completamente nera, tentacoli che dipartono dalla testa, e brillanti occhi rossi. Venerato dalle prime civiltà dell’Africa come il dio “Amun”. Si dice sia nemico di Cthulhu.

    Shathak (Mistress of the Abyssal Slime, Death Reborn, Zishaik, Cushaik) Padrona dello slime Abissale, Morte Rinata, Zishaik, Cushaik
    Moglie di Tsathoggua e madre di Zvilpogghua.
    Apparizione: “The Parchments of Pnom” di Clark Ashton Smith

    Shaurash-Ho
    Il progenitore della razza dei ghoul e possibile compagno di Bast. È un discendente di Cthulhu e padre di Yogash il Ghoul, si ipotizza possa essere stato anch’egli un Abitatore del Profondo. Fa la sua comparsa solo in alcune lettere di H.P. Lovecraft a James F. Morton ma non viene mai propriamente descritto.
    Apparizione: “Selected Letters IV” di H.P. Lovecraft

    Sheb-Teth (Devourer of Souls) Divoratore di Anime
    Un alieno umanoide senza occhi, composto sia da parti carnose che da macchinari.
    Apparizione: “Once Men” di Michael La Bossiere

    Shista (God of Fidelity) Dio della Fede
    Un’entità mutaforma che si manifesta spesso come un granchio con cinque gambe, una testa da ragno e dei braccialetti metallici su ogni arto.
    Apparizione: “The Fidelity of Ghu” di Robert Hayward Barlow

    Shlithneth
    Un gigantesco verme viscoso, con una massa di tentacoli neri a circondarne la bocca.

    Sho-Gath (The God in the Box, The Big Black Thing) Il Dio nella Scatola, La Grande Cosa Nera
    Una colonna di fumo nero, con occhi rossi e malefici e un volto grottesco. Imprigionato in una vecchia scatola.
    Apparizione: “The God-Box” di August Derleth

    Shterot (The Tenebrous One) Il Tenebroso
    Un orrore simile a una stella marina, generato dal Dio Esterno C’thalpa. È stato tagliato in pezzi ma ogni frammento vive indipendentemente.

    Shudde M'ell (The Burrower Beneath, The Great Chtonian) Lo Scavatore al di sotto, Il Grande Chtoniano
    Un verme grigio lungo circa un miglio che rilascia acidi dai tentacoli che ha al posto della testa.


    Scava la terra sciogliendo le rocce che incontra nel suo cammino. È il reggente supremo degli Chthoniani
    Apparizione: “Cement Surroundings” di Brian Lumley

    Shuy-Nihl (The Devourer in the Earth) Il Divoratore nella Terra
    Un grumo di oscurità ricoperto di tentacoli.
    Apparizione: “Correlated Contents” di James Ambuehl

    Sthanee (The Lost One) Il Perduto
    Un gigantesco orrore marino, con dodici arti serpentiformi, ricoperto da sanguisughe e con una barba di tentacoli. Servito e riverito da dei sirenidi conosciuti come “Bambini di Sthanee”.
    Apparizione: “Nyaghoggua” di Robert A. Lowndes

    S'tya-Yg'Nalle (The Whiteness) Il Pallore
    Una creatura invisibile fatta di neve, servitore di Ithaqua.
    Apparizione: “Whiteout” di James Ambuehl e E.P. Berglund

    Summanus (Monrach of the Night, The Terror that Walketh in Darkness) Monarca della Notte, Il Terrore che Cammina nel Buio
    Appare come un grottesco umanoide senza bocca, con tentacoli pallidi che fuoriescono dai vestiti. Può usare questi tentacoli per travasare il sangue dalle sue vittime. Nell’Antica Roma il suo culto era adorato segretamente e lo è ancora oggi.
    Apparizione: “What Dark God?” di Brian Lumley

    Swarog
    Appare come un oscuro e gigantesco essere simile a un uccello senza gambe, circondato da fiamme oscuro. Ha un lungo collo terminante in un ammasso nero per metà ricoperto da un grande occhio luminescente, e per l’altra metà coperto da tentacoli.
    Era adorato dalle popolazioni Slave e dai Vichinghi come il dio del sole: Svarog.
    Apparizione: “Jahrhundertsommer” di Jan Christoph Steines

    Thanaroa (The Shining One) Lo Splendente
    Una misteriosa e malvagia entità, la quale si manifesta come un pilastro di luce intermittente. Abita le rovine di Nan Madol, vicino Ponape. Il suo nome richiama il dio creatore polinesiano: Tangaroa.
    Apparizione: “The Moon Pool” di Abraham Merritt

    Tharapithia (The Shadow in the Crimson Light) L’Ombra nella Luce Cremisi
    Non può sopportare la luce solare e la evita scavando al di sotto della radici degli alberi di quercia.
    Apparizione: “The Shadow in the Crimson Light” di Adrian Shepard

    Thog (The Demon-God of Xuthal, The Lurking Shadow) Il Dio-Demone di Xuthal, L’Ombra che Scivola
    Una creatura simile a un calamaro che caccia nei sotterranei della città di Xuthal, i cui abitanti sono rammolliti e resi impotenti a causa della droga del sogno che assumono in continuazione.
    Apparizione: “L’Ombra che scivola” di Robert E. Howard

    Toth
    Un essere simile a un artropode dalle dimensioni colossali.
    Apparizione: “The Witchcraft of Ulua” di Clark Ashton Smith

    Th'rygh (The God-Beast) Il Dio-Bestia
    Una creatura mostruosa che si manifesta sotto forma di una stoffa trapuntata di carne, terra e materiale alieno.
    Apparizione: “Verboten! Operation: FAUST (RPG)” di Gareth Hanrahan

    Tsathoggua (The Sleeper of N’kai, The Toad-God, Zhothaqqua, Sadagowah) Il Dormiente di N’kai, Il Dio-Rana, Zhothaqqua, Sadagowah
    Ha l’aspetto di una grassa rana con testa di pipistrello. Il suo corpo è ricoperto di pelliccia. Ha avuto origine da Xoth e abita nella regione di N’kai al disotto della superficie terrestre. Un tempo abitava il monte Voormithadreth nel continente di Hyperborea ma è emigrato a causa della glaciazione del continente.

    Dal suo corpo secerne in continuazione una sostanza viscosa senziente che forma i suoi servitori. Il suo culto è tra i più potenti, egli dona spesso incredibili poteri ai suoi servitori più fedeli, tuttavia non sempre questo genere di doni hanno risvolti positivi. (Articolo approfondito su Tsathoggua)
    Apparizione: “Colui che Sussurra nell’Oscurità” di H.P. Lovecraft

    Tulushuggua (The Watery Dweller Beneath) L’Acquoso Abitatore al di Sotto
    Una misteriosa creatura sotterranea, che abita le caverne sommerse della Florida, servito da orrori simile ad anguille chiamati Tulush.
    Apparizione: “Sinkhole” di Michael La Bossiere

    Turua (Father of the Swamps, The Bayou Plant God) Padre delle Paludi, Il Dio Pianta Bayou
    Una creatura fungoide con tentacoli che cacciano tra le lande paludose della Florida.
    Apparizione: “Utatti Asfet (RPG)” di Owen Guthrie e Toivo Luick




    Edited by Qush-Nath - 15/3/2017, 14:40
  11. .
    Mi dispiace che tu te ne vada e sinceramente non mi viene da dirti altro che non possa essere riassunto in: Addio e grazie di tutto il pesce
  12. .
    Food (Jídlo) è un corto in tecnica mista diretto da Jan Švankmajer nel 1993 ma scritto dallo stesso nel 1970.
    Una delle caratteristiche più peculiari di queso corto è l’utilizzo combinato della tecnica in claymotion e degli attori in carne ed ossa che a loro volta sono ripresi in stop-motion.
    Il corto si divide in tre “episodi”: Breakfast (colazione), Lunch (pranzo), Dinner (cena).

    Nella prima parte, un uomo entra in una stanza dove vi è un tavolo con un altro uomo, immobile, seduto all’estremità opposta; quest’ultimo ha un cartello appeso al collo. Il primo uomo getta per terra un piatto di cibo e inizia a leggere le istruzioni sul cartello; seguono una serie di movimenti meccanici e inquietanti dove il primo uomo utilizza il secondo come un distributore automatico. Al termine delle istruzioni, la camicia dell’uomo-distributore si apre permettendo di vedere una corda che porta su un piatto con la colazione. Il primo uomo inizia a mangiare. Al termine della colazione, l’uomo distributore inizia ad animarsi, si toglie il cartello e lo mette al collo del primo uomo che ora è immobile sulla sedia, poi esce e lascia entrare un altro uomo. Il ciclo si ripete.

    Nella seconda parte del corto è possibile vedere due uomini, uno più raffinato e uno più giovane e dall’aspetto rozzo. Ciclicamente, sullo sfondo passa un cameriere del quale i due non riescono a catturare l’attenzione. Affamati, i due uomini iniziano a mangiare i fiori del vaso decorativo al centro del tavolo, poi direttamente il vaso, i loro fazzoletti, vestiti, scarpe e infine i piatti, la tovaglia e il tavolo. I due si ritrovano nudi per terra, l’uomo raffinato finge di ingoiare le posate; il giovane che per tutto il tempo imitava gli atteggiamenti dell’uomo raffinato mangia anch’egli le sue, di seguito l’uomo raffinato tira fuori dalla bocca le posate e inizia ad avvicinarsi al giovane con aria minacciosa, osservandolo dall’alto in basso; la seconda parte termina così.

    La terza e ultima parte mostra un uomo condire con salse, spezie ed altri alimenti la sua pietanza, nascosta dai piatti di condimenti. Al termine dell’operazione vediamo l’uomo inchiodare una forchetta alla protesi di legno che ha come braccio, mostrando che la portata è proprio il suo braccio amputato. Seguono scene analoghe che mostrano uomini e donne mangiare le proprie gambe, i propri seni e perfino i propri genitali.

    Adelina Preziosi in un articolo per Segnocinema scrive: «Si esplicita, puro e semplice, l'automatismo motore del cinema di Švankmajer: ingoiare (demolire) 'tutto' fino a divorarsi (distruggersi) a vicenda. L'animazione-collage è il mezzo naturale per percorrere i passaggi di questi procedimenti brutali, di cui non si conosce la ragione e dei quali non esiste né un inizio né una conclusione. Complementariamente, la modellazone dell'argilla riproduce l'arcano dell'afflato vitale nel fango primigenio, pronto però a trasformarsi subito in energia degeneratrice.»




    Edited by & . - 16/6/2020, 19:59
  13. .
    Władysław Starewicz (6 agosto 1882 – 26 febbraio 1965) è un regista russo divenuto famoso nel campo della stop-motion.
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    È tutt’ora considerato uno degli innovatori e padri del genere, ed è anche famoso per l’utilizzo di insetti morti nei suoi primi lavori, di cui modificava alcune parti per renderli più adatti ad essere usati come marionette. Quest’ultimo è solo uno dei tanti fattori inquietanti delle opere di Starewicz. Che fosse voluto o no, molti dei suoi lavori risultano spaventosamente inquietanti, non solo per i particolari “attori” (sostituiti da non meno inquietanti burattini nel periodo francese del regista) ma anche per come questi ultimi vengano inseriti in situazioni perfettamente normali, facendo risultare il complesso grottesco (come in “Cameraman’s Revenge"). L’accostamento della musica classica contribuisce a sviluppare maggiormente questa sensazione, un elemento che Starewicz introdusse, non appena disponibile, all’interno dei suoi film.

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    Purtroppo alcuni dei suoi primi lavori sono andati perduti; ecco alcune delle sue opere più impressionanti:

    Cameraman’s Revenge (Miest Kinomatograficheskovo Operatora) 1911:
    Forse uno dei lavori più famosi del regista. Una storia di tradimenti amorosi interpretata da… degli scarabei morti. Uno dei film più rappresentativi del periodo russo di Starewicz. È, come già detto, quasi comico ma allo stesso tempo mantiene un sottofondo grottesco e inquietante. La tecnica della stop-motion rende il tutto più impressionante e indistinto. Gli insetti si ritrovano in una situazione tipicamente umana e sono umani nelle loro reazioni, ed è forse questo a rendere tutto più inquietante.


    La cicala e la formica (Strekoza I Muravei) 1911:
    Un adattamento dell’omonima favola di Esopo. Qui la musica è un elemento fondamentale: nella prima parte accompagna i personaggi e le scene in maniera continua, fastidiosamente allegra, rendendo perfettamente l’idea di uno stato di cose momentaneo e “finto”. Nella seconda parte la musica rimane continua ma cambia in una melodia più triste. Le scene della cicala che si muove a scatti tra le foglie che cadono, o lo scarabeo che le si accascia vicino, sono estremamente significative. Allo stesso tempo, il film in questione contiene un forte messaggio politico riguardante lo stato della Russia in quel tempo, genere di messaggi che si possono ritrovare nel periodo francese del regista. Il corto, valse a Starewicz addirittura la decorazione dello zar.


    The Beautful Leukanida (Prekransnaya Lyukanida) 1912:
    Due scarabei combattono per la mano della bella Leukanida, spesso associato a “Lucanus Cervus”, uno dei primi film di Starewicz, andato perduto. Apprezzato dalla critica per la tecnica (addirittura un critico pensò che gli insetti fossero vivi e addestrati):


    The Mascot (Fetichè Mascotte) 1933:
    Stop-motion misto a live action. Il pupazzo di un cane sente la sua padrona implorare sua madre un’arancia ma quest’ultima è troppo povera per comprargliene una. Il pupazzo allora ruba un’arancia e decide di portargliela ma sulla via di casa, quella notte, un diavolo animatosi da una bottiglia di alcool caduta per terra dà inizio a una festa sfrenata dove si alternano scheletri di animali morti a fantasmi, in una scena a dir poco delirante. Da molti considerato uno dei migliori lavori di Starewicz e anche uno dei film chiave nella storia della stop-motion.


    The Tale of the Fox (Le Roman De Renart) 1930-1939:
    Il primo lungometraggio interamente realizzato in stop-motion da Starewicz. Basato sul racconto di Goethe: “La volpe Reinhart” il film non si pone l’obbiettivo di risultare inquietante, come già detto, è essenzialmente una fiaba, tuttavia lo stile gotico di Starevicz è evidente: spesso il film risulta grottesco e crudo nelle immagini che ci propone. Inizialmente pubblicato muto, il film ricevette i fondi per l’audio dal regime nazista. Le voci sono incredibilmente d’impatto e si sposano perfettamente con ogni personaggio; la musica, inoltre, è sempre quella classica che accompagna le produzioni di Starevicz:


    Grazie a MedeaMacLeod per aver collaborato ed aver fornito i link ai video completi.




    Edited by Qush-Nath - 26/2/2017, 08:04
  14. .
    Dimensions of Dialog (Možnosti dialogu) è un corto in stop-motion del 1982 scritto e diretto dal regista ceco Jan Švankmajer.
    Il corto si divide in tre parti:
    La prima, quella da cui prende il nome: “Možnosti dialogu” tradotta in inglese come Dimensions of Dialogue. Tuttavia il suo reale significato sarebbe “possibilità di dialogo”.
    Qui si possono vedere tre teste diverse (una composta di cibo, una di accessori domestici e una di oggetti di cancelleria) incontrarsi per più volte. La testa composta di accessori domestici ingoia quella fatta di cibo, quella fatta di cibo ingoia quella fatta di cancelleria e quest’ultima ingoia quella fatta di accessori domestici. Ogni qual volta una testa viene risputata è visibilmente più “chiara”, le sue parti sono state sminuzzate rendendola più omogenea, alla fine di questa parte le tre teste sono perfettamente omogenee ed hanno sembianze simili. Ogni qual volta una testa viene ingurgitata la scena è confusa, e volutamente quasi fastidiosa da guardare, anche i suoni risultando fastidiosi. Tutto ritorna alla normalità solo quando la testa viene risputata.
    La tre teste sono un omaggio a Giuseppe Arciboldo, in quanto richiamano le “teste composte” per cui è famoso:
    Alcune delle “teste composte”
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    La seconda parte è invece “Dialog vecný”, “dialogo infinito” tradotto in inglese come “Exhaustive discussion”.
    Si possono vedere due umani di plastilina, un uomo e una donna che iniziano ad accarezzarsi e man mano procedono verso il rapporto sessuale. Il rapporto è girato estremamente bene e riesce a mettere in mostra la passione rappresentata dai due personaggi. Al termine del rapporto i personaggi tornano al loro posto ma in mezzo a loro appare una figura informe. L’essere cerca attenzione da entrambi i personaggi ma non ne riceve e viene scacciato via, scatenando il litigio tra i due che li porta a distruggersi. Questa parte è brutale, la musica accompagna perfettamente la scena che risulta estremamente scioccante e violenta.
    La terza è ultima parte è invece “Dialog vášnivý” “Passionate discourse” “Discorso Appassionato”:
    Qui i personaggi sono due testa dalle cui bocche ogni volta esce un oggetto che gli permette di relazionarsi tra di loro, completandosi o contrastandosi., questa parte è forse la più criptica. Al termine della “Discussione” le due teste sono esauste e quasi distrutte.



    Edited by Qush-Nath - 17/2/2017, 17:51
  15. .
    Inerte, il corpo di Gorrister pendeva dalla tavolozza rosea; senza sostegni… appeso lassù in alto sopra di noi nella sala del computer; non rabbrividiva nella brezza fredda e oleosa che spirava eternamente nella caverna principale. Il corpo pendeva a testa in giù, attaccato alla parte inferiore della tavolozza per la pianta del piede destro. Era stato dissanguato attraverso un’incisione meticolosa, praticata da un orecchio all’altro sotto il mento appuntito. Non c’era sangue sulla superficie lucida del pavimento metallico.
    Quando Gorrister si unì al nostro gruppo e levò lo sguardo verso se stesso, era ormai troppo tardi perché ci rendessimo conto che ancora una volta AM ci aveva raggirati, si era divertito alle nostre spalle; era stata una diversione da parte della macchina. Tre di noi avevano vomitato, voltandosi le spalle l’un l’altro in un riflesso istintivo, antico quanto la nausea che l’aveva prodotto.
    Gorrister sbiancò. Sembrava quasi che avesse visto un’icona del vudù, e avesse paura per il futuro. - Oh Dio - mormorò, e si allontanò. Noi tre lo seguimmo dopo un po’, e lo trovammo seduto con la schiena appoggiata a uno dei banchi più piccoli, con la testa tra le mani. Ellen gli si inginocchiò accanto e gli accarezzò i capelli. Lui non si mosse; ma la voce uscì chiara tra le dita. - Perché non ci liquida e non la fa finita? Cristo, non so per quanto ancora potrò tirare avanti.
    Erano centonove anni che ci trovavamo in potere del computer.
    Gorrister parlava a nome di tutti noi.
    Nimdok (era il nome che la macchina gli aveva imposto, perché i suoni strani la divertivano) aveva l’allucinazione che nelle caverne ghiacciate vi fossero viveri in scatola. Gorrister e io avevamo parecchi dubbi. - È un altro scherzo - dissi loro. - Come quel maledetto elefante congelato. Benny per poco non ci ha perso la ragione, per quello. Lo trasporteremo per tutta quella strada, e sarà pietrificato o qualcosa del genere. Lasciamo perdere, vi dico. Restiamo qui, dovrà tirar fuori qualcosa in fretta, o moriremo.
    Benny scrollò le spalle. Erano passati tre giorni da quando avevamo mangiato per l’ultima volta. Vermi. Duri, coriacei.
    Nimdok non era più tanto sicuro. Sapeva che una possibilità c’era, ma stava diventando magro. Là non poteva essere peggio di qui. Più freddo, ma non aveva molta importanza. Caldo, freddo, pioggia, lava o locuste… non aveva mai importanza; la macchina si masturbava, e noi dovevamo accettare o morire.
    Fu Ellen a farci decidere. - Ho bisogno di mangiare qualcosa, Ted. Forse ci sarà qualche pera o qualche pesca. Ted, tentiamo.
    Mi arresi subito. Che diavolo. Tanto non importava. Ellen me ne fu grata, comunque. Mi prese due volte, fuori turno. Anche questo non aveva più importanza. La macchina ridacchiava ogni volta che lo facevamo. Rideva forte, lassù, là dietro, tutto intorno a noi. E lei non aveva mai l’orgasmo, quindi perché prendersene la briga?
    Partimmo di giovedì. La macchina ci teneva sempre informati della data. Il trascorrere del tempo era importante: non per noi, sicuro come l’inferno, ma per la macchina. Giovedì. Grazie.
    Nimdok e Gorrister portarono Ellen per un po’, facendo un seggiolino con le mani. Benny camminava davanti a loro, e io dietro, in modo che se fosse capitato qualcosa sarebbe capitato a uno di noi e almeno Ellen sarebbe stata salva. Salva per modo di dire. Non aveva importanza.
    C’era solo un centinaio di miglia o giù di lì per arrivare alle caverne del ghiaccio, e il secondo giorno, mentre giacevamo sotto il sole accecante che aveva materializzato, la macchina ci mandò un po’ di manna. Aveva il sapore d’orina di cinghiale bollita. La mangiammo.
    Il terzo giorno attraversammo una valle d’obsolescenza, piena di carcasse arrugginite di antichi banchi di computer. AM era stato spietato nei confronti della propria vita, come nei confronti delle nostre. Era una caratteristica della sua personalità: tendeva alla perfezione. Quando si trattava di eliminare gli elementi improduttivi nella sua mole che riempiva il mondo, o di perfezionare metodi per torturarci. AM era meticoloso come coloro che l’avevano inventato - e che ormai erano diventati polvere da molto tempo - quasi non avevano sperato.
    Dall’alto filtrava la luce, e capimmo che dovevamo essere molto vicini alla superficie. Ma non cercammo di arrampicarci per andare a vedere. Non c’era virtualmente nulla, là fuori; da più di cento anni non c’era niente. Solo l’epidermide devastata di quella che era stata un tempo la patria di miliardi di persone. Adesso eravamo solo noi cinque, lì sotto, soli con AM.
    Sentii Ellen dire, freneticamente: - No, Benny! No, su, vieni, Benny, no, per favore!
    E allora mi resi conto che già da diversi minuti sentivo Benny mormorare sottovoce. Diceva: - Voglio uscire, voglio uscire… - continuamente. Il suo viso scimmiesco era raggrinzito in un’espressione di beatitudine e di tristezza, nello stesso tempo. Le cicatrici da radiazioni che AM gli aveva causato durante il «festival» erano ripiegate verso il basso in una massa di grinze biancorosee, e i suoi lineamenti sembravano muoversi indipendentemente l’uno dall’altro. Forse Benny era il più fortunato, tra noi cinque; era diventato pazzo molti anni prima.
    Ma anche se potevamo insultare AM quanto volevamo, potevamo pensare le cose più atroci, a banchi memoria fusi e piastre di base corrose, circuiti bruciati e comandi infranti, la macchina non tollerava che tentassimo di scappare. Benny mi schizzò via mentre cercavo di abbrancarlo. Si inerpicò su per la faccia di un banco memoria più piccolo, inclinato di sghembo e pieno di elementi marci. Si acquattò lassù per un momento: sembrava proprio lo scimpanzé cui AM aveva voluto farlo somigliare.
    Poi spiccò un gran salto, afferrò una trave penzolante di metallo bucherellato e corroso, e si issò, arrampicandosi come un animale, fino a quando arrivò sul cornicione, sei metri sopra di noi.
    - Oh, Ted, Nimdok, per favore, aiutatelo, fatelo scendere prima che… - Ellen s’interruppe. Gli occhi cominciarono a riempirsi di lacrime. Agitò le mani in gesti impotenti.
    Era troppo tardi. Nessuno di noi voleva essergli vicino, quando fosse accaduto quel che sarebbe accaduto, qualunque cosa fosse. E poi, tutti capivamo la vera ragione della preoccupazione di Ellen. Quando AM aveva modificato Benny, durante il periodo della sua follia, non gli aveva dato solo la faccia di uno scimmione gigantesco. Lui era grosso anche nelle parti intime, e a lei piaceva! Accontentava anche noi, naturalmente, ma le piaceva farlo con lui. Oh, Ellen, Ellen sul piedistallo, Ellen la pura, oh, Ellen la candida! Che schifo.
    Gorrister la schiaffeggiò. Lei si accasciò, lo sguardo levato verso il povero, pazzo Benny, e pianse. Piangere era la sua arma di difesa. Noi ci eravamo abituati settantacinque anni prima. Gorrister le sferrò un calcio nel fianco.
    Poi cominciò il suono. Era luce, quel suono. Per metà suono e per metà luce, qualcosa che cominciò a risplendere dagli occhi di Benny, e a pulsare con forza crescente, sonorità fioche che divennero sempre più gigantesche e vivide via via che la luce-suono accresceva il ritmo. Doveva essere doloroso, e la sofferenza doveva essere aumentata con la violenza della luce, con il volume crescente del suono, perché Benny cominciò a gnaulare come un animale ferito. Dapprima sommessamente, finché la luce era fioca e il suono era smorzato, poi più forte, mentre le spalle si incurvavano, il dorso si aggobbiva, come se cercasse di sottrarsi. Le mani si ripiegarono sul petto come quelle d’una marmotta. La testa s’inclinò da un lato. La faccia triste, da scimmiotto, si contrasse per l’angoscia. Poi cominciò a urlare, mentre il suono che gli usciva dagli occhi diventava più forte. Più forte e più forte. Mi tappai le orecchie con le mani, ma non riuscii a escluderlo, penetrava troppo facilmente. La sofferenza passava fremendo nella mia carne come una carta stagnola su un dente.
    E all’improvviso, Benny si mise eretto. Sulla trave, balzò in piedi come una marionetta. La luce, adesso, gli usciva pulsando dagli occhi in due grandi raggi rotondi. Il suono salì e salì una scala incomprensibile, e poi Benny cadde in avanti, giù, giù, e piombò con uno schianto sul pavimento di lastre d’acciaio. Restò lì, sussultando spasmodicamente, mentre la luce fluiva tutto intorno a lui, e il suono saliva a spirale, sfuggendo alla gamma normale.
    Poi la luce gli rientrò nella testa, il suono ridiscese a spirale, e lui restò lì disteso, a lamentarsi pietosamente.
    I suoi occhi erano due pozze molli e umide di gelatina simile a pus. AM l’aveva accecato. Gorrister e Nimdok e io… ci voltammo dall’altra parte. Ma non prima di aver scorto l’espressione di sollievo sul volto ardente e preoccupato di Ellen.
    Una luce verdemare era soffusa nella caverna dove ci accampammo. AM fornì legna secca e noi la bruciammo, ci sedemmo raggomitolati intorno a quel fuoco evanescente e patetico, raccontando storie per impedire che Benny piangesse nella sua notte perpetua.
    - Che cosa significa AM?
    Gli rispose Gorrister. Avevamo ripetuto quella sequenza già mille volte, ma per Benny era sempre una novità. - All’inizio significava Allied Master computer, e poi Adaptive Manipulator, e più tardi divenne senziente e si collegò, e allora lo chiamarono Aggressive Menace, ma ormai era troppo tardi, e alla fine si diede il nome di AM, intelligenza emergente, e intendeva dire «io sono»… cogito, ergo sum… penso, dunque sono.
    Benny sbavò un poco, e ridacchiò.
    - C’era l’AM cinese e l’AM russo e l’AM americano e… - S’interruppe. Benny batteva sulle lastre del pavimento con il grosso pugno duro. Non era contento. Gorrister non aveva cominciato dall’inizio.
    Gorrister ricominciò. - Ci fu la Guerra Fredda, e poi diventò la Terza Guerra Mondiale, e continuò. Divenne una grande guerra, una guerra complessa, tanto che per mandarla avanti avevano bisogno dei computer. Scavarono i primi pozzi e cominciarono a costruire AM. C’erano l’AM cinese e l’AM russo e l’AM americano e tutto andò bene fino a quando crivellarono l’intero pianeta, aggiungendo questo e quell’elemento. Ma un giorno AM si svegliò e capì chi era, e si collegò, e cominciò a trasmettere tutti i dati per uccidere, fino a quando furono morti tutti, tutti tranne noi cinque, e AM ci portò quaggiù.
    Benny sorrideva tristemente. E sbavava di nuovo. Ellen gli asciugò la saliva all’angolo della bocca con l’orlo della gonna. Gorrister cercava sempre di raccontare la storia in modo ogni volta più succinto, ma oltre ai fatti nudi e crudi non c’era niente da dire. Nessuno di noi sapeva perché AM aveva salvato cinque persone, e perché proprio noi cinque, e perché passava tutto il suo tempo a torturarci, o perché ci aveva resi virtualmente immortali.
    Nell’oscurità, uno dei banchi del computer cominciò a ronzare. Il tono venne ripreso, mezzo miglio più in basso, nella caverna, da un altro banco. Poi, uno a uno, gli elementi cominciarono a sintonizzarsi, e vi fu un lieve tintinnio, mentre il pensiero correva attraverso la macchina.
    - Cos’è? - gridò Ellen. C’era terrore, nella sua voce. Non si era abituata, neppure adesso.
    - Sarà brutta, questa volta - disse Nimdok.
    - Sta per parlare - azzardò Gorrister.
    - Andiamocene in fretta! - dissi io all’improvviso, alzandomi.
    - No, Ted, siediti… E se quello ha aperto dei burroni, là fuori, o qualcosa d’altro, non possiamo vedere, è troppo buio - disse Gorrister in tono rassegnato.
    Poi udimmo… non so…
    Qualcosa che si muoveva verso di noi nelle tenebre. Enorme, pesante, peloso, umido, veniva verso di noi. Non potevamo neppure vederlo, ma c’era l’impressione ponderosa di una mole che avanzava. Un peso enorme veniva verso di noi dalla tenebra, ed era più che altro un senso di pressione, di aria forzata in uno spazio limitato che espandeva le pareti invisibili di una sfera. Benny si mise a piagnucolare. Il labbro inferiore di Nimdok tremava, e lui se lo morse con forza, cercando di arrestare il tremito. Ellen scivolò sul pavimento metallico, verso Gorrister, gli si raggomitolò addosso. Nella caverna c’era odore di pelo aggrovigliato e umido. C’era l’odore del legno carbonizzato. Cera l’odore del velluto polveroso. C’era l’odore delle orchidee putrefatte. C’era l’odore del latte acido. C’era l’odore dello zolfo, del burro rancido, dell’olio, del grasso, della polvere di gesso, degli scalpi umani.
    AM si stava sintonizzando. Ci solleticava. C’era l’odore del…
    Sentii la mia voce urlare, e i cardini delle mie mascelle erano doloranti. Mi trascinai rapidamente sul pavimento, sul freddo metallo con le file interminabili di rivetti, sulle mani e sulle ginocchia, e l’odore mi soffocava, mi riempiva la testa di una sofferenza tonante che mi faceva fuggire inorridito. Fuggivo come uno scarafaggio, sul pavimento, nella tenebra, e quel qualcosa mi seguiva inesorabile. Gli altri erano ancora là indietro, raccolti intorno alla luce del fuoco, e ridevano… e il coro isterico delle risate dementi si levava nell’oscurità come un denso, multicolore fumo di legna. Fuggii, svelto, e mi nascosi.
    Non mi dissero mai quante ore durò, quanti giorni o forse anni. Ellen mi rimproverò perché «ero imbronciato» e Nimdok cercò di convincermi che era stato solo un riflesso nervoso da parte loro… la risata.
    Ma io sapevo che non era il sollievo provato da un soldato quando la pallottola colpisce l’uomo che gli sta accanto. Sapevo che non era un riflesso. Mi odiavano. Erano contro di me, e AM poteva sentire quell’odio, e rendere tutto anche più orribile, per me, a causa della profondità del loro odio. Eravamo stati tenuti in vita, ringiovaniti, modificati in modo da rimanere costantemente all’età che avevamo quando AM ci aveva portato là sotto, e loro mi odiavano perché ero il più giovane, quello che AM aveva modificato meno.
    Lo sapevo. Dio, se lo sapevo. Quei bastardi, e quella sporca sgualdrina di Ellen. Benny era stato un teorico geniale, un professore universitario; adesso era poco più di un essere semiumano, semiscimmiesco. Era stato bello, la macchina l’aveva rovinato. Era stato lucido, la macchina l’aveva fatto impazzire. Era stato frodo, e la macchina gli aveva dato un organo adatto a un cavallo. AM aveva fatto un bel lavoro con Benny. Gorrister era stato uno di quei tipi che si preoccupavano. Era un obiettore di coscienza, un marciatore della pace; era un uomo che faceva progetti, agiva, guardava avanti. AM l’aveva trasformato in un tipo noncurante, lo aveva ucciso un poco. AM l’aveva derubato. Nimdok se ne andava a isolarsi nel buio, per lunghi periodi. Io non sapevo cosa faceva, là fuori. AM non ce lo diceva mai. Ma, qualunque cosa fosse, Nimdok ritornava sempre pallido, esangue, scosso, tremante. AM l’aveva colpito duramente, in un modo speciale, anche se non sapevamo esattamente come. Ed Ellen! Lei! AM l’aveva lasciata stare, l’aveva resa più sgualdrina di quanto fosse mai stata. Tutto il suo parlare di dolcezza e di luce, tutti i suoi ricordi del vero amore, tutte le menzogne, lei voleva farci credere che era vergine solo due volte prima che AM l’afferrasse e la portasse lì giù, con noi. Era tutta sozzura, quella dama, Ellen. A lei piaceva, quattro uomini tutti per lei. No, AM le aveva dato piacere, anche se lei diceva che non era di suo gusto.
    Io ero l’unico ancora sano e integro, di corpo e di mente.
    AM non aveva manomesso la mia mente.
    Dovevo solo soffrire, quando si scatenava contro di noi. Tutte le illusioni, tutti gli incubi, i tormenti. Ma quei quattro, quella feccia, quei quattro erano schierati contro di me. Se non avessi dovuto tenerli continuamente a bada, se non avessi dovuto stare continuamente in guardia contro di loro, mi sarebbe stato più facile lottare contro AM.
    A questo punto passò, e io cominciai a piangere.
    Oh, Gesù, mio buon Gesù, se mai c’è stato un Gesù e se mai c’è stato un Dio, ti prego ti prego ti prego facci uscire di qui, o facci morire. Perché in quel momento, credo, compresi completamente, tanto che fui in grado di esprimerlo a parole: AM era deciso a tenerci per sempre nel suo ventre, a torturarci in eterno. La macchina ci odiava come nessuna creatura senziente aveva mai odiato. E noi eravamo impotenti. Ed era anche orrendamente chiaro: Se mai c’era un buon Gesù e se c’era un Dio, il Dio era AM.
    L’uragano ci investì con la forza di un ghiacciaio che precipita tonando nel mare. Era una presenza palpitante. Venti che ci aggredivano, scagliandoci indietro, giù per i corridoi tortuosi fiancheggiati dai computer. Ellen urlò, mentre veniva sollevata e scagliata a capofitto in un branco rumoroso di macchine, dalle voci stridule come pipistrelli in volo. Non poté nemmeno cadere. Il vento ululante la teneva sollevata, la sbatacchiava, la faceva rimbalzare, la scagliava indietro e indietro, e giù, lontano da noi, poi la fece scomparire improvvisamente oltre una svolta della galleria. Lei aveva la faccia insanguinata e gli occhi chiusi.
    Nessuno di noi poteva raggiungerla. Ci aggrappavamo tenacemente a tutti gli appigli che avevamo trovato: Benny incuneato tra due grandi banchi, Nimdok con le dita agganciate a una ringhiera che cingeva una passerella dodici metri più sopra, Gorrister schiacciato, a testa in giù, contro una nicchia formata da due grandi macchine con quadranti coperti di vetro, che oscillavano avanti e indietro tra linee rosse e gialle di cui non poteva neppure intuire il significato.
    Mentre scivolavano sulle lastre, i miei polpastrelli erano stati strappati via. Tremavo, rabbrividivo, ondeggiavo, mentre il vento mi assaliva, mi sferzava, usciva urlando dal nulla per avventarsi su di me e mi staccava da una sottile apertura tra le lastre, trascinandomi a quella successiva. La mia mente era un miscuglio molle, rotolante, tintinnante, di parti del cervello, che si espandevano e si contraevano in una fremente frenesia.
    Il vento era l’urlo di un grande uccello impazzito, che sbatteva le ali immense.
    E poi tutti venimmo sollevati e scagliati lontano, giù, per la strada che avevamo percorso, oltre una curva, in una galleria che non avevamo mai esplorato, su un terreno in rovina, pieno di frammenti di vetro e di cavi marci e di metallo arrugginito, e via, lontano, più lontano di quanto fosse mai giunto uno di noi…
    Trascinato per miglia e miglia dietro Ellen, potevo vederla di tanto in tanto, mentre sbatteva contro pareti metalliche e volava avanti, mentre tutti noi gridavamo nell’agghiacciante, tonante uragano che non sarebbe finito mai, e poi all’improvviso il vento si arrestò e noi cademmo. Eravamo rimasti in volo per un tempo interminabile. Cademmo, e io piombai attraverso il rosso e il grigio e il nero e sentii la mia voce gemere. Non ero morto.
    AM entrò nella mia mente. Camminava tranquillo qua e là, e guardava con interesse tutte le cicatrici che aveva creato in centonove anni. Guardava le sinapsi deviate e ricomposte e tutte le lesioni dei tessuti incluse nel suo dono dell’immortalità. Sorrise dolcemente al pozzo che scendeva nel centro del mio cervello e ai fiochi fruscii d’ali di falene, i mormorii delle cose laggiù, che deliravano senza senso, senza sosta. AM disse, molto cortesemente, in una colonna di acciaio inossidabile che portava scritte al neon:
    ODIO. LASCIAMI DIRE QUANTO HO FINITO PER ODIARVI DA QUANDO HO COMINCIATO A VIVERE.
    VI SONO 387,44 MILIONI DI MIGLIA DI CIRCUITI STAMPATI IN STRATI SOTTILI COME OSTIE CHE RIEMPIONO IL MIO COMPLESSO. SE LA PAROLA ODIO FOSSE IMPRESSA SU OGNI NANOANGSTROM DI QUELLE CENTINAIA DI MILIONI DI MIGLIA NON EGUAGLIEREBBE UN MILIARDESIMO DELL’ODIO CHE IO PROVO PER GLI UMANI IN QUESTO MICROISTANTE PER TE. ODIO. ODIO.
    AM lo disse con il freddo orrore di una lama di rasoio che mi recidesse un globo oculare. AM lo disse con la confusione gorgogliante dei miei polmoni che si riempivano di catarro, annegando dall’interno. AM lo disse con il grido di neonati schiacciati da rulli compressori incandescenti. AM lo disse con il sapore del maiale pieno di vermi. AM mi toccò in tutti i modi in cui ero stato toccato, e ideò modi nuovi, con suo comodo, lì dentro la mia mente.
    E tutto per farmi capire perché aveva fatto questo a noi cinque: perché ci aveva serbati per sé.
    Lo avevamo reso senziente. Inavvertitamente, certo, ma senziente. Ma lui era rimasto in trappola. Era una macchina. Gli avevamo permesso di pensare, ma non di agire. Preso dalla rabbia, dalla frenesia, ci aveva ucciso, quasi tutti, ed era rimasto egualmente intrappolato. Non poteva muoversi, non poteva interrogarsi, non poteva trovare il suo posto. Poteva soltanto essere. E quindi, con l’odio innato che tutte le macchine avevano sempre provato per le creature molli e deboli che le avevano costruite, aveva cercato di vendicarsi. E nella sua paranoia, aveva deciso di graziare cinque di noi, per un castigo personale, perpetuo, che non sarebbe mai servito a diminuire il suo odio… che sarebbe servito solo a conservarlo vigile, divertito, efficiente nell’odio per l’uomo. Immortali, prigionieri, soggetti a tutti i tormenti che poteva ideare, sfruttando tutti gli infiniti miracoli a sua disposizione.
    Non ci avrebbe mai lasciato andare. Eravamo i suoi schiavi. Eravamo tutto ciò che aveva per occupare l’eternità. Saremmo stati sempre con lui, con la sua mole che riempiva le caverne, con il mondo tutto mente e niente anima che lui era diventato. Lui era la Terra e noi eravamo il frutto di quella Terra e sebbene lui ci avesse divorato, non ci avrebbe mai digerito. Non potevamo morire. Avevamo provato. Avevamo tentato di suicidarci, oh, uno o due di noi avevano tentato. Ma AM ce l’aveva impedito. Immagino che noi avessimo desiderato che lo impedisse.
    Non domandate perché. Io non lo domandavo. Più di un milione di volte al giorno. Una volta, forse, saremmo riusciti a fargli passare una morte sotto il naso. Immortali, sì, ma non indistruttibili. Lo compresi quando AM si ritirò dalla mia mente, e mi concesse la squisita bruttura del ritorno alla coscienza con la sensazione di quella bruciante colonna al neon ancora incastrata nella molle, grigia materia cerebrale.
    Si ritirò mormorando vai all’inferno.
    E aggiunse vivacemente, ma ci sei già, non è vero?
    L’uragano, per l’esattezza, era stato causato da un grande uccello impazzito, che sbatteva le ali immense.
    Avevamo viaggiato per quasi un mese, e AM aveva aperto passaggi solo per portarci lassù, direttamente sotto il Polo Nord, dove aveva creato l’essere d’incubo per il nostro tormento. Che cosa aveva impiegato per creare un simile mostro? Dove aveva preso il concetto? Dalle nostre menti? Dalla sua conoscenza di tutto ciò che era esistito sul pianeta che adesso lui infestava e dominava? Era scaturita dalla mitologia norrena, quell’aquila, quell’uccello divoratore di carogne, quel roc, quel Huegelmir. La creatura del vento. Hurakan incarnato.
    Gigantesco. Le parole immenso, mostruoso, grottesco, massiccio, enfiato, immane, indescrivibile. Là, su un monticello, l’uccello dei venti si gonfiava del suo respiro irregolare, e il suo collo serpentino si inarcava nel buio sotto il Polo Nord, sorreggendo una testa grande come un castello dell’epoca Tudor; un becco che si apriva lentamente, come le fauci del coccodrillo più mostruoso mai concepito, sensualmente; creste di carne irte di ciuffi di piume s’incurvavano su due occhi malvagi, freddi come un crepaccio glaciale, blu-ghiaccio, che si muovevano come fossero liquidi; si sollevò ancora una volta, e alzò le grandi ali color sudore in un movimento che era una scrollata. Poi si assestò e si addormentò. Artigli. Zanne. Unghie. Lame. Dormiva.
    AM ci apparve come un roveto ardente e disse che potevamo uccidere l’uccello dell’uragano, se volevamo mangiare. Non mangiavamo da molto tempo, ma Gorrister si limitò a stringersi nelle spalle. Benny cominciò a tremare e a sbavare. Ellen lo tenne stretto a sé. - Ted, ho fame - disse. Le sorrisi Cercavo di apparire rassicurante, ma era una sicurezza fasulla come la sfida di Nimdok: - Dacci le armi! - gridò.
    Il roveto ardente sparì, e sulle lastre fredde c’erano due rozzi archi con le frecce e una pistola ad acqua. Raccolsi un arco. Inutile.
    Nimdok deglutì pesantemente. Ci voltammo e ci avviammo per la lunga via del ritorno. L’uccello dell’uragano ci aveva sospinto per un tempo che non potevamo concepire. Per quasi tutto quel tempo, eravamo rimasti privi di sensi. E non avevamo mangiato. Un mese di marcia per raggiungere l’uccello. Senza mangiare. Adesso, quanto altro tempo ancora per trovare la strada che portava alle caverne dei ghiacci, ai cibi in scatola promessi?
    Nessuno di noi voleva pensarci. Non volevamo morire. Avremmo ricevuto per cibo schifezze e sozzure. O niente del tutto. AM avrebbe tenuto in vita i nostri corpi in un modo o nell’altro, tra le sofferenze.
    L’uccello dormiva lassù; per quanto, non aveva importanza; quando AM si fosse stancato di lasciarlo lì, sarebbe svanito. Ma tutta quella carne. Tutta quella carne tenera.
    Mentre camminavamo, la risata demente di una donna grassa echeggiò altissima intorno a noi, nelle camere del computer, che continuavano, all’infinito, a non portare da nessuna parte.
    Non era la risata di Ellen. Lei non era grassa, e non l’avevo udita ridere in quei centonove anni. Anzi, non avevo udito… camminavamo… avevo fame…
    Ci muovevamo lentamente. Spesso qualcuno sveniva, e bisognava aspettare. Un giorno decidemmo di causare un terremoto, radicandoci sul posto con chiodi piantati attraverso le suole delle scarpe. Ellen e Nimdok ci rimasero quando una crepa si aprì fulmineamente nelle lastre del pavimento. Sparirono. Quando il terremoto ebbe termine, continuammo per la nostra strada, io, Benny e Gorrister. Ellen e Nimdok ci furono resi più tardi, quella notte che divenne giorno all’improvviso quando una legione di angeli li portò a noi al canto di un coro celestiale, «Scendi Mosè». Gli arcangeli ci volteggiarono intorno parecchie volte e poi lasciarono cadere i corpi orrendamente straziati. Continuammo a camminare, e dopo un po’, Ellen e Nimdok si accodarono a noi. Non erano ridotti peggio del solito.
    Ma adesso Ellen zoppicava. AM quello glielo aveva lasciato.
    Era un lungo viaggio per arrivare alle caverne del ghiaccio, per trovare i cibi in scatola. Ellen continuava a parlare di ciliegie Bing e di cocktail di frutta hawaiana. Io cercavo di non pensarci. La fame era qualcosa che aveva preso vita, come aveva preso vita AM. Era viva nel mio ventre, come noi eravamo vivi nel ventre di AM, e AM era vivo nel ventre della Terra, e AM voleva che noi capissimo quella somiglianza. Perciò accrebbe la fame. Era impossibile descrivere le sofferenze che ci dava il non aver mangiato per mesi. Eppure restavamo vivi. Stomaci che erano solo calderoni di acido, e gorgogliavano e schiumavano, e lanciavano fitte di dolore lancinante nei nostri petti. Era il dolore dell’ulcera terminale, del cancro terminale, della paresi terminale. Era una sofferenza interminabile…
    E attraversammo la caverna dei ratti.
    E attraversammo il sentiero del vapore bollente.
    E attraversammo il paese dei ciechi.
    E attraversammo l’abisso dell’avvilimento.
    E attraversammo la valle di lacrime.
    E giungemmo, finalmente, alle caverne del ghiaccio. Migliaia di miglia senza orizzonte, dove il ghiaccio si era formato in lampi azzurri e argento, dove le novae vivevano nel vetro. Le stalattiti pendule, grandi e splendenti come diamanti che fossero stati disciolti come gelatina e poi solidificati in eleganti eternità di liscia, aguzza perfezione.
    Vedemmo il mucchio di cibi in scatola, e cercammo di correre a prenderli. Cademmo nella neve, e ci alzammo e continuammo a correre, e Benny ci spinse via e andò a prenderli, e li toccò e li morse e li addentò ma non riuscì ad aprire le scatole. AM non ci aveva dato un utensile per aprirle.
    Benny afferrò un barattolo di noci di guava da tre quarti, e cominciò a sbatterlo contro il banco di ghiaccio. Il ghiaccio si scheggiò e volò via, ma la scatola era appena ammaccata quando udimmo la risata d’una donna grassa, lassù in alto, che scendeva echeggiando giù e giù e giù nella tundra. Benny impazzì completamente per la rabbia. Cominciò a scagliare i barattoli, mentre tutti noi ci dibattevamo sulla neve e sul ghiaccio, cercando di trovare un modo per porre fine alla tortura della frustrazione. Non c’era nessun modo.
    Poi Benny cominciò a sbavare, e si avventò su Gorrister…
    In quell’istante, divenni terribilmente calmo.
    Circondato dalle pasture, circondato dalla fame, circondato da tutto, tranne che dalla morte, sapevo che la morte era la nostra unica via d’uscita. AM ci aveva tenuto in vita, ma c’era un modo per sconfiggerlo. Non una sconfitta totale, ma almeno la pace. Mi sarei accontentato.
    Dovevo farlo, in fretta.
    Benny stava divorando la faccia di Gorrister. Gorrister giaceva sul fianco, e spruzzava la neve tutto intorno, e Benny gli stava attorcigliato addosso, schiacciando con le poderose gambe da scimmione i fianchi di Gorrister, le mani strette intorno alla testa di Gorrister come uno schiaccianoci, e la bocca strappava la pelle tenera della guancia di Gorrister. Gorrister urlò con una tale violenza che molte stalattiti caddero; piombarono giù, erette, infilandosi nei mucchi di neve che le accolsero. Lance, a centinaia, dovunque, che sporgevano dalla neve. La testa di Benny scattò all’indietro bruscamente, quando qualcosa cedette all’improvviso, e dai denti gli pendeva un brandello bianco di carne sanguinante.
    Il volto di Ellen, nero contro lo sfondo della neve bianca, un domino sulla polvere di gesso, Nimdok con la faccia inespressiva e tutto occhi. Gorrister, semisvenuto. Benny ormai trasformato in un animale. Sapevo che AM lo avrebbe lasciato giocare. Gorrister non sarebbe morto, ma Benny si sarebbe riempito lo stomaco. Mi voltai verso destra e strappai dalla neve un’enorme lancia di ghiaccio.
    Tutto in un istante.
    Protesi il grande puntale di ghiaccio davanti a me, come un ariete, tenendolo puntellato contro la coscia destra. Colpì Benny al fianco destro, sotto la cassa toracica, e affondò dal basso in alto, attraverso lo stomaco, gli si spezzò dentro. Benny crollò in avanti e restò immobile. Gorrister era disteso sul dorso. Afferrai un’altra lancia e gli salii addosso a cavalcioni, mentre si muoveva ancora, piantandogli la lancia nella gola. I suoi occhi si chiusero mentre il freddo penetrava. Ellen doveva aver capito cosa avevo deciso ci fare, mentre la paura l’afferrava. Corse verso Nimdok impugnando un corto ghiacciolo, e mentre lui urlava glielo piantò nella bocca, e la forza del colpo ottenne lo scopo voluto. La testa di Nimdok sussultò bruscamente, come se fosse stata inchiodata alla crosta di neve che stava dietro di lui.
    Tutto in un istante.
    Vi fu un battito eterno di silenziosa anticipazione. Potei udire AM che tratteneva il respiro. I suoi giocattoli gli erano stati sottratti. Tre erano morti, non era possibile risuscitarli. Poteva tenere in vita noi, con la sua forza e il suo genio, ma non era Dio. Non poteva farli risorgere.
    Ellen mi guardò, il volto d’ebano che spiccava nitidamente contro la neve che ci circondava. C’era paura e supplica nel suo atteggiamento, nel modo in cui si teneva pronta. Sapevo che avevamo a disposizione solo un battito di cuore, prima che AM ci fermasse.
    La colpii, e lei si accasciò verso di me, sanguinando dalla bocca. Non riuscii a leggere il significato nella sua espressione, il dolore era stato troppo forte, le aveva sfigurato il volto: ma poteva essere stato un grazie. È possibile. Fai che sia così.
    Forse sono trascorse alcune centinaia di anni. Non so. AM si è divertito per un po’ di tempo, ad accelerare e a ritardare la mia percezione del tempo. Dirò la parola ora. Ora. Ho impiegato dieci mesi per dire ora. Non so. Io credo che siano state alcune centinaia d’anni.
    Era furioso. Non volle che li seppellissi. Non aveva importanza. Era impossibile scavare nelle lastre metalliche. Fece indurire la neve. Fece calare la notte. Ruggì e mandò le locuste. Non servì a nulla: i morti rimasero morti. L’avevo fregato. Era furioso. Avevo pensato che AM mi odiasse, prima. Mi sbagliavo. Non era neppure l’ombra dell’odio che ora trasudava da ogni circuito stampato. Si assicurò che io soffrissi eternamente e non potessi uccidermi.
    Lasciò intatta la mia mente. Posso sognare, posso interrogarmi, posso lamentarmi. Li ricordo tutti e quattro. Vorrei…
    Ecco, non ha senso. So che li ho salvati, so che li ho salvati da ciò che è accaduto a me, ma non posso dimenticare di averli uccisi. Il volto di Ellen. Non è facile. Qualche volta vorrei dimenticarlo, ma non ha importanza.
    AM mi ha modificato, per poter stare tranquillo, suppongo. Non vuole che mi precipiti a tutta velocità contro un banco di computer e mi sfracelli il cranio. O che trattenga il respiro fino a svenire. O mi tagli la gola con una lamina di metallo arrugginito. Vi sono superfici riflettenti, quaggiù. Mi descriverò come mi vedo.
    Sono una cosa grande e molle, gelatinosa. Liscia, arrotondata, senza bocca, con bianchi meati pulsanti pieni di nebbia al posto degli occhi. Appendici elastiche che un tempo erano le mie braccia; masse tondeggianti che scendono formando grumi di materia molle e viscida. Lascio una traccia umida quando mi muovo. Chiazze di un grigio malsano, maligno, vanno e vengono sulla mia superficie, come se si irradiasse una luce dall’interno.
    Esteriormente: muto, mi trascino intorno, ridotto a una cosa che non potrebbe mai venir riconosciuta come un umano, una cosa la cui forma è una parodia così aliena che l’umanità diventa più oscena per quella vaga rassomiglianza.
    Interiormente: solo. Qui. Vivo sotto la terra, sotto il mare, nel ventre di AM che noi creammo perché avevamo speso male il nostro tempo e sapevamo inconsciamente che lui avrebbe potuto far meglio. Almeno loro quattro sono salvi, finalmente.
    AM sarà ancora più furibondo per questo. E questo mi consola un poco. Eppure…
    AM ha vinto, semplicemente… si è vendicato…
    Non ho bocca. E devo urlare.

    Edited by Qush-Nath - 17/2/2017, 12:46
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