La Nave

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    Il gabbiano si sedette sullo scoglio e Ruth, che di gabbiani, nel corso dei suoi dodici anni di vita, ne aveva visti parecchi, gli mollò un pezzo di pane, giusto una briciola. «To', amico, saziati pure.» Il gabbiano divorò la briciola e poi... ruttò? Era possibile che un gabbiano ruttasse? Le venne in mente un detto del capitano Sam, quando era ancora un vita: «Gli uomini sono come i gabbiani: ruttano e mangiano senza pietà.» Non aveva molto senso, ma c'era da dire che il capitano Sam, con quel suo occhio destro mancante e la gamba di legno e l'odore dei sette mari, era sempre stato un tipo parecchio fuori di testa.
    E non era stato certo l'unico, sulla nave in cui Ruth era nata.
    Non aveva mai visto la terra ferma, lei... be', fino ad ora, s'intende. La vita l'aveva passata su quella gigantesca barca di legno che, di fatto, ospitava un mondo intero, con tutti i suoi colori, le sue etnie e le persone. Si ricordava benissimo di Bob Sperlog, il cuoco nero con denti d'oro; di Susan Hon, quella ragazza dai capelli biondi che adorava spassarsela con gli schiavi a bordo; di Jack Juls, quel bellissimo ragazzo muscoloso con occhi verdi per cui lei si era presa una cotta; e di tante altre centinaia di persone che avevano segnato la sua vita.
    Ma, chissà come, non si ricordava dei suoi genitori. Ricordava la voce della madre, dolce e gentile, ma il suo aspetto era un mistero. Alle volte le giungevano alle orecchie queste parole: «Fa' la brava, Alice.» Alice... non era quello il suo nome, e menomale! Quindi perché la voce di sua madre, la donna che l'aveva partorita, la chiamava così? Era una domanda che si poneva fin da bambina, quando non doveva passare la pezza sul pavimento o quando era costretta a vedere se arrivavano navi nemiche. Forse il suo nome era davvero Alice; il capitano Sam poteva aver dato ordine di cambiarlo in un momento in cui Ruth era troppo piccola per ricordarlo. Se era andata così, poteva essere successa solo una cosa, ai suoi genitori: erano stati gettati in mare, fatti dare in pasto agli squali. Perché? Ogni motivo era buono, su quella nave dove i padroni di tutto erano i cosiddetti capitani, dove anche solo rubare una mela poteva farti andare contro all'amputazione del braccio.
    E poi si chiedevano perché era fuggita, perché, quando la luna era alta in cielo e il vento soffiava poco, si era tuffata in acqua e aveva nuotato fino alla costa, con le onde sempre più grandi. Il ricordo la fece tremare e fu come tornare a quel momento, con l'acqua che le entrava dritta nei polmoni, che cercava di soffocarla. Oh, Ruth, piccola mia, dove credi di andare? Io sono qui per infrangere i tuoi sogni, piccola. Ti ucciderò, perché io sono il Mare In Tempesta e non c'è uomo che riesca a sconfiggermi. Eppure lei c'era riuscita. Aveva sconfitto l'acqua e quando aveva toccato la morbida sabbia, ancora di salvezza, barlume di vita, aveva ringraziato non un semplice Dio, ma il Dio del Mare, lo stesso Dio che veneravano su quella dannata nave. «Oh, Dio del Mare» aveva detto, rivolta al blu del cielo infinito, «grazie per aver scelto di salvarmi. Te ne sarò per sempre grata.»
    Solo che, col tempo, lei si era dimenticata di quello strano Dio, e aveva scelto il Dio della Terra, colui che adesso la assisteva, colui che l'aveva protetta da quel misterioso uomo con cilindro che aveva provato ad aggredirla, quando lei era arrivata in città per la prima volta.
    Ah, la città, che meraviglia! In quel luogo le persone non erano costrette a stare strette, come su una nave; al contrario, erano ben divise tra loro, con quartieri stupendi e fumo che usciva dalle case. La città in cui era finita si chiamava Barlow, e fin dal primo momento se ne era innamorata... Finché non aveva visto l'uomo col cilindro.
    Era successo una settimana prima. Stava camminando per le strade cittadine, confusa e un po' spaventata ma al tempo stesso emozionata come non era mai stata. In mano aveva un pezzo di pane caldo: l'aveva rubato a una bancarella gestita da un uomo grasso, che non sembrava particolarmente sveglio. Billy il Cretino, l'aveva soprannominato lei. L'uomo si era voltato un attimo, lei, piuttosto piccola per la sua età, aveva allungato il braccio e... gnam! Che buon odore! E com'era morbido! Sulla nave il pane era nero, secco e duro. Davvero una piacevole novità, quel pane così invitate.
    Aveva finito di mangiarlo (le aveva riempito lo stomaco e fatto aumentare il suo umore), quando un uomo di circa sessant'anni, con un cilindro nero in testa e uno strano sorriso dipinto sul volto decrepito, le aveva messo una mano sul collo, un tocco freddo che l'aveva fatta rabbrividire e che aveva cancellato la gioia del momento.
    «Dove vai, bambina mia?» aveva chiesto l'uomo. Ruth non sapeva cosa fare: sulla nave si conoscevano quasi tutti, o comunque c'era un certo rispetto reciproco, e non aveva mai avuto bisogno delle classiche regole contro gli sconosciuti, oh, tesoro, stai attenta a quel tipo, non dire nulla, e così via. Quindi non era scappata via ed era rimasta immobile, voltandosi all'istante.
    «Salve, signore» aveva risposto, a disagio. Le mani tremavano e la bocca si apriva e si chiudeva, sissignore, si apriva e si chiudeva. «Io... non sto andando da nessuna parte.» E con questa frase aveva provato ad andarsene, ma l'uomo aveva stretto la presa.
    «Tutti vanno da qualche parte, piccola. Perché non vieni con me? Potremmo divertirci, insieme.»
    Così lei aveva capito di trovarsi in pericolo e si era messa a pregare il Dio del Mare, sperando che la salvasse un'altra volta. Ma non era successo niente. L'uomo aveva cominciato a strattonarla, mentre lei piagnucolava. Allora, terrorizzata, aveva avuto l'idea di pregare il Dio della Terra, di cui aveva sentito parlare, in termini assolutamente negativi, sulla nave. «Il Dio della Terra è un mostro mordipalle» aveva detto una volta il buon vecchio Stuart Shey, quell'uomo che, secondo Ruth, beveva fin troppi calici di vino.
    Era un mostro mordipalle... ma Ruth aveva pregato rivolta a lui e un agente di polizia aveva gridato contro all'uomo col cilindro, dicendogli di lasciarla in pace. E così il vecchio aveva fatto, scusandosi e scappando via, in un angolo buio dove nessuno avrebbe potuto inseguirlo.
    «Tutto a posto, bambina?» le aveva chiesto il poliziotto, e lei aveva annuito. Poi era fuggita, con il Dio della Terra nel cuore e la consapevolezza che ormai doveva adattarsi a quel nuovo mondo, fatto di mille, piccole sorprese e scoperte fuori dall'ordinario. Quel mondo in cui non c'era il sale che ti finiva in faccia o le sirene che al chiaro di luna cantavano inni all'amore. Un mondo dove nessuno si conosceva.
    Il gabbiano la scrutò attentamente, portandola al presente, e parve chiederle: cosa farai adesso, Ruth? La verità era che non lo sapeva. Aveva trovato un lavoro come venditrice di giornali per strada, ma la paga non era granché (in fondo lavorava solo da tre giorni) e molte volte il cibo lo trovava in strada o nelle botteghe, rubandolo come aveva rubato il pane. Quasi quasi rimpiangeva di essere scesa dalla nave, di essersi avventurata sulla terraferma... ma poi ripensava a sua madre, alla fine che aveva potuto fare, alle cose orribili che accadevano su quella nave, e scopriva che no, sotto sotto era fiera delle sue scelte. Una nuova vita, tesoro.
    Lanciò una pietra addosso al gabbiano, ma lui volò via e Ruth lo vide scomparire in cielo. Chissà, penso. Forse è diretto alla nave.
     
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    "Il solo immaginare che ti sto uccidendo mi ha fatto venire un sorriso in volto "

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    In un mondo di orrore e oscurità

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    carino
     
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