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Ciao a tutti. Mi chiamo Alba, sono iscritta sul forum da un po’, ma non ho mai raccontato la mia esperienza. Ho sbirciato qua e là e sopratutto letto le varie storie su questa sezione (real experience). Ho davvero bisogno di una mano, di conforto o di consigli. Io e il mio compagno non sappiamo davvero a chi rivolgerci e i nostri familiari, non solo non ci credono, ma ridono di noi e pensano che il tutto sia il frutto del troppo stress accumulato nell’ultimo anno e mezzo a causa del trasloco e dei nostri nuovi lavori. Circa un anno e mezzo fa, siamo a settembre del 2020, io e il mio ragazzo Gabriele traslochiamo e ci trasferiamo in un appartamento a Cagliari, un vecchio appartamento in un condomino abitato per lo più da persone over 50. I classici appartamentini bruttini di quelli che affittano spesso anche agli studenti. Io tornai in città con lui qualche anno dopo la mia laurea (perché volevo staccare dal caos e vivere con i miei genitori in campagna per un po’, mentre lui rimase a Cagliari, abitava con altri 3 ragazzi). Lui già lavorava mentre io trovai lavoro in estate , nel 2020 appunto. Decidemmo di andare a convivere e a malincuore lasciai la campagna, con la speranza di poter avere una casa tutta nostra in un posticino tranquillo dopo aver guadagnato e messo da parte il necessario. Il 20 settembre portammo tutta la nostra roba nella nuova casa, con l’aiuto di una coppia di amici molto gentili e disponibili che si offrirono per darci una mano. Io ero già stressata di mio, il nuovo lavoro e i colleghi, i cambiamenti non li ho mai amati, e devo ammettere che i giorni del trasloco mi hanno dato il colpo di grazia. L’appartamento si trovava al 4 piano e inoltre eravamo senza ascensore, non vi dico il caldo e la fatica. In Sardegna a settembre ci sono ancora 40 gradi. Però tutto è andato per il meglio, l’autunno e il fresco arrivarono, la casa era bruttina ma ormai pulita e sistemata. Odio la città ma ero felice di vivere con la persona che amo, e sopratutto di vivere la quotidianità con questa persona. Voglio descrivervi in breve l’appartamento. Come ho già detto si trovava in un vecchio palazzo (classici vecchi palazzi che tutte le città hanno), al 4 piano. Le scale erano consumate, le persone che ci abitano erano grandi di età. Ma tutte persone distinte, sotto di noi abitava un medico in pensione con il suo cane, e sopra di noi una coppia dell’età dei miei genitori. La nostra “casa” aveva un grande portone, vecchio, di quelli belli grossi. Come entri ti si presenta subito l’andito davanti, a sinistra vicino al portone c’era un attaccapanni, e a destra io avevo comprato e messo una scarpiera. Percorrendo l’andito si arrivava quasi subito alla cucina (a sinistra) poi c’erano, sempre sulla sinistra e più avanti della cucina, i due bagni. Uno piccolino e uno bello spazioso, solitamente usavamo solo il grande e lasciavamo il piccolo per gli ospiti. Sulla destra tra i due bagni c’era la nostra stanza da letto con il matrimoniale, e più avanti una stanza inutilizzata con un lettino a castello. Penso che l’appartamento sia stato affittato anche a degli studenti in passato. Comunque la cameretta io la pulivo regolarmente e come il bagno la usavo per gli ospiti. Ho anche acquistato delle cosine carine come quadri, una poltrona, una piccola tv per renderla più confortevole quando venivano a stare da noi amici o parenti. In fondo, alla fine del corridoio, si trovava un piccolo sgabuzzino. Ovviamente veniva usato per metterci dentro il ferro da stiro e tutto ciò che non volevamo in mezzo ai piedi. O veniva usato anche come dispensa, c’erano dentro cose come il boccione dell’olio buono di casa, i barattoli del miele, la passata di pomodoro chiusa nelle sue bottiglie e via dicendo. Il primo mese di convivenza va alla grande, tutto è tranquillo, come ho detto prima l’autunno si era portato via i 40 gradi. Il lavoro procedeva bene, lo stress diminuiva e io iniziavo a sentire mia la casa. Trovandola sempre brutta eh, però mi ci abituai e mi calmai parecchio. Il giorno dopo il mio compleanno, il 21 di ottobre, iniziarono le stranezze. La mattina del 22 mi alzai prestissimo, ero felice. Ricordo che volevo preparare la colazione al mio fidanzato prima che si svegliasse, è una cosa che mi ero messa in testa la notte prima. Andai in cucina e iniziai a sistemare le cose nel vassoio, ad un certo punto avvertii un senso di nausea fortissimo, e iniziò a girarmi la testa. La cucina girava girava e girava e io mi accasciai sul pavimento, mantenendo con una mano la testa e con l’altra la pancia. Mi veniva da vomitare. Il mio ragazzo si svegliò e mi trovò stesa sul pavimento, mi portò a letto e si prese cura di me. Dopo una mezz’ora il tutto passò e mi sentii di nuovo in forma. Ma evitai di mangiare. La prima cosa che feci fu andare in farmacia e acquistare almeno due o tre test di gravidanza. Ero in panico. Ma niente, tutti e tre negativi. Mangiai patate bollite e pollo scondito per 3 giorni di fila pensando che mi avesse fatto male la torta del mio compleanno, sono una tipa sportiva e che sta molto attenta all’alimentazione, non poteva che essere la torta la causa del mio malessere. Pensai. Passò una settimana e mi dimenticai dell’accaduto. Fino a quando non si ripresentò, sempre in cucina, questa volta dopo cena, mentre lavavo i piatti. Anche questa volta il tutto durò 20/30 minuti e poi mi sentii di nuovo benissimo. Per la seconda volta non gli diedi la minima importanza, ma alla terza iniziai a preoccuparmi. Anche la terza volta mi capitò in cucina, nel pomeriggio, mentre pulivo. Decisi di andare dal medico, fare le analisi del sangue e tutti i controlli necessari. Niente, la mia salute era impeccabile. Dicembre arrivò velocemente, tra COVID e tutto non potevamo passare le vacanze di Natale in montagna come nel nostro solito. E decidemmo di tornare dalle nostre famiglie. Io tornai dai miei il 23, e il mio ragazzo dai suoi il 24 pomeriggio dato che lavorava la mattina. Abbiamo passato la vigilia separati, l’anno non si poteva fare altrimenti. Nessun gran cenone, nessun grande pranzo. Un Natale semplice e anche un po’ solitario. Ci siamo passati tutti. Il giorno di Natale e Santo Stefano idem. Decidemmo di fare il capodanno soli soletti per rimediare, dato che da quando stiamo insieme quello è stato il primo Natale lontani. Io tornai nel nostro appartamento la mattina del 28, già pronta per andare a lavoro. Sistemai velocemente la mia roba, e aprí le finestre per arieggiare la casa. Chiusi tutto, uscì e tornai nel pomeriggio verso le 5. Aprí il portone di casa, mi tolsi le scarpe e appoggiai capotto e sciarpa. Sentii un odore nauseabondo, tutta la casa era impregnata di questo odore. Sembrava che fosse morto un animale in casa e che qualcuno gli avesse messo successivamente fuoco. Questa è la descrizione iniziale che io ho dato a quello schifo che ho sentito. Corsi in cucina, aprí le finestre, feci lo stesso nei bagni e nelle camere. L’odore era ovunque. Guardai nella dispensa e non c’era nulla di rotto, spalancai il frigo e non c’era nulla di marcio. Chiamai il mio ragazzo e gli chiesi di tornare a casa subito, lui uscì prima dal lavoro e arrivò dopo circa 15 minuti (anche lui tornò il giorno in città ma andò direttamente in ufficio senza passare per casa). Lui fece un giro e disse di non sentire nessun odore brutto, anzi, disse di sentire il solo profumo della candela che io avevo acceso per coprire quello schifo. Vi giuro che io continuavo a sentirlo fortissimo nonostante la candela alla vaniglia. Dopo pochi minuti sparì, nello stesso modo in cui si era presentato, e non lo avvertii più. Chiusi le finestre ma ero spaventata. Un odore così forte e disgustoso ed ero l’unica a sentirlo? Iniziai a convincermi di aver bisogno di un bravo terapista. La notte di capodanno. La notte di capodanno io e il mio compagno stavamo cucinando cose buone, sorseggiando vino e ascoltando buona musica. Tutto era tranquillo, l’odore in cucina era quello del pollo che dorava nel forno con le patate e di rosmarino. Ad un certo punto il mio compagno urlò “Il pollo si sta bruciando!!”, aprii il forno ma il pollo non aveva nulla. Pochi secondi e realizzai che quell’odore schifoso che avevo sentito solo io era tornato, ma questa volta lo sentiva anche Gabriele. Gli chiesi “Ma cos’è?” e lui rispose senza alcuna esitazione “Questo è zolfo”. Ok, che ci faceva l’odore di zolfo nella nostra casa? Per la seconda volta! Ci affacciammo in strada ma niente, nel balcone dell’odore nessuna traccia, salimmo dai nostri vicini, spaventati, e chiedemmo loro se fosse normale sentire odore di zolfo in quella zona della città. Ci guardarono basiti, risposta negativa. Tornammo a casa e l’odore non c’era più, anzi, era tornato il buon profumo di cibo di prima. Decidemmo di cenare e la serata filò liscia. Io iniziai a essere turbata, nelle settimane successive iniziai ad avere l’ansia di restare a casa da sola. Gennaio passò lento, ero letteralmente sommersa dal lavoro. Mi ero dimenticata di tutto. Mi svegliai una mattina di inizio febbraio e feci una doccia. Cercai di rilassarmi sotto l’acqua bollente, ma quando aprii gli occhi vidi che l’acqua era sporca, color rame. Saltai immediatamente fuori dalla doccia e controllai tutti i rubinetti della casa, l’acqua era pulita. Tornai in bagno con il cellulare per fotografare la doccia ma quando arrivai l’acqua era limpida. Chiamai subito il proprietario dell’appartamento e chiesi spiegazioni, chiesi se fosse mai capitato. Lui mi disse che era impossibile, che l’acqua non poteva essere sporca, che in quel palazzo nessuno aveva mai riscontrato problemi del genere. Entrai di nuovo in doccia e finii di lavarmi, aprii e chiusi l’acqua più volte ma era sempre pulita. La notte raccontai l’accaduto al mio ragazzo. Dopo quell’episodio le stranezze si intensificarono, e da febbraio a ottobre circa il tutto si trasformò in un incubo vero e proprio. Iniziai a sentire dei rumori provenire dallo sgabuzzino, rumori come dei vasetti di vetro che si rompono, oppure la porta che sbatte fortissimo (anche quando era chiusa a chiave). Una notte io e il mio compagno sentimmo dei tonfi fortissimi provenire dal muro della nostra stanza da letto. Colpi prima alla parete davanti a noi, poi a quella sinistra. Io urlai fortissimo, in preda al panico supplicai Gabriele di chiamare i nostri amici e di farci ospitare per la notte. Oppure di venire loro a casa, non volevo stare sola, ne in quella casa ne in nessun’altra. A costo di invitare a dormire tutta la rubrica. I mesi successivi a quelli invernali furono orrendi dal punto di vista fisico, la nausea era tornata e avevo delle terribili emicranie. Il mio compagno si sentiva sempre stanco e affaticato, senza energie. Ovviamente la nostra famiglia ci diceva che la colpa era dell’arrivo della primavera, la famosa stanchezza primaverile. Ma io sapevo che non era così, e ormai anche G sapeva che in quella casa non stava succedendo nulla di buono, e che la terribile energia negativa che aleggiava in quel posto ci stava come risucchiando. Dopo l’ennesimo brutto episodio, avvenuto il giorno dopo il 1 maggio, decidemmo di cercare un altro appartamento. Eravamo in cucina e stavamo guardando un film su Netflix, eravamo semi addormentati sul divano. G mi toccò, lo guardai ed era terrorizzato. Mi disse di ascoltare attentamente. Sentii un lamento, qualcuno che piangeva, più precisamente sembrava il pianto di una ragazzina adolescente. Ci alzammo, il pianto proveniva dallo sgabuzzino. Io mi precipitai in balcone terrorizzata e pregai il mio fidanzato di non avvicinarsi al corridoio. Il pianto si fece sempre più forte e terminò con un bel tonfo, sempre dentro lo sgabuzzino. Dopo esserci calmati aprimmo la porta e controllammo dentro. Il ferro da stiro e altri oggetti erano impilati uno sopra l’altro, come a formare una torre. Io sono ordinatissima, non avrei mai potuto lasciare le cose in quel modo, impilate. Iniziai a piangere. Ero veramente al limite. Un mese dopo incontrai il vicino di casa (il medico pensionato), iniziammo a chiacchierare e io gli confessai che avevamo intenzione di cambiare appartamento. Il signore mi appoggiò la mano sulla spalla e mi disse “Siete durati anche troppo in quel buco”. Dopo quella frase io, estremamente scioccata dissi BASTA. Mandai un messaggio a G “Dobbiamo andarcene e subito”. Ormai era giugno, un trasloco in estate, di nuovo? Un suicidio. Ma non me ne fregava nulla. Cercammo case su case, volevo assolutamente che l’appartamento fosse nuovo e che non fosse situato in un vecchio palazzo. Ne avevo abbastanza dei vecchi palazzi. Beh indovinate? Non trovammo niente, ogni volta che eravamo interessati a un appartamento il proprietario ci diceva che aveva già affittato a qualcun altro. Tutta l’estate la passammo fuori casa. Tornammo dai nostri genitori per un po’. Passammo due settimane da amici ad agosto. Erano gli unici a capire, almeno gli amici. La famiglia (come ho detto prima) ci prendeva per i fondelli. Ci dissero che eravamo troppo suggestionati. A inizio ottobre riuscimmo a trovare un grazioso appartamento leggermente fuori città. Non esitammo. Ora vi scrivo dal letto di questo nuovo appartamento, vivo qua da ottobre, ma mi sembra ancora di impazzire. Ho paura che quel qualcosa (non so cosa fosse esattamente) ci abbia seguiti. Ho paura ogni volta che sento un po’ di nausea e ogni volta che sento un rumorino sospetto. Questo incubo ci perseguita da un anno e mezzo e ancora adesso io e il mio ragazzo siamo molto provati. Ci sentiamo a volte stupidi e pazzi, ma sappiamo bene quello che abbiamo visto e sentito.
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