Ladra di memorie

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    Everything becomes dark.

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    LADRA DI MEMORIE



    Il caffè fumava da una tazza color verde pistacchio, spento e slavato dal tempo, e riscaldava delle dita altrimenti infreddolite dai glaciali soffi di vento. La primavera era alle porte, ma nell’aria ancora si sentiva il clima di un marzo particolarmente inclemente e imprevedibile.
    Maria, seduta fuori al balcone, osservava beata il panorama della sua amata città e si chiedeva cosa avrebbe fatto per il resto della giornata. Avrebbe cucinato qualcosa di particolare seguendo le ricette di un noto chef o, magari, avrebbe ripreso a lavorare sulla sciarpa con l’uncinetto?
    Il suo flusso di domande venne interrotto dalla tazza che aveva un dettaglio mai notato prima d’ora. Quando il suo sguardo si poggiò sull’oggetto, Maria notò che il bordo era leggermente scheggiato. Si chiese come ciò fosse possibile, soprattutto considerato che da sempre prestava un’accurata attenzione alle sue cose, che queste fossero stoviglie o meno.
    Non ci rimuginò tanto e diede colpa alla lavastoviglie nuova, anche se non ricordava esattamente quando l’avesse cambiata.
    Un ulteriore freddo respiro del vento esortò Maria a rientrare.
    Una volta di nuovo dentro casa, andò a sedersi sul suo vecchio divano. Nel farlo, le sue labbra si incresparono fino a formare una smorfia di lieve dolore sul volto. Né la sua schiena né le sue ginocchia erano quelle di un tempo.
    Con una mano accarezzò la pelle usurata del divano, aspettandosi di essere invasa dall’odore familiare di tabacco da pipa, di sapone da barba e di una spezia dall'aroma delicato. L’odore di Flavio, l'uomo che tanto aveva amato quel divano. Nessun profumo, tuttavia, arrivò a solleticarle malinconicamente le narici.
    Maria scosse il capo frustrata. Il tempo le stava lavando via anche i ricordi di suo marito, sia in senso metaforico che letterale.
    Intenzionata ad accendere la TV, cercò il telecomando che doveva essere vicino a lei. Afferrandolo, però, un lampo di irritazione le attraversò gli occhi. Il telecomando era sprovvisto della flaccida custodia di gomma. E Maria odiava trovare i suoi oggetti spogli della loro necessaria protezione.
    Si promise che più tardi gliel’avrebbe rimessa, anche non si ricordava del momento preciso in cui gliel’avesse tolta. Probabilmente era accaduto qualche giorno fa…quando le pile avevano dato cenno di essere scariche.
    Continuando a sorseggiare la sua bevanda calda, Maria s’intrattenne con i suoi programmi televisivi preferiti finché, a giornata ormai inoltrata, decise di coricarsi.
    Inserì la tazza scheggiata nella lavastoviglie e lanciò un’occhiata mesta alla finestra, chiedendosi cosa stesse facendo Flavio in quel momento, l’uomo che aveva sposato 30 anni addietro.

    Le lancette dell’orologio segnavano le sette del mattino quando Maria tornò in cucina, determinata a preparare la colazione a suo marito. Conoscendolo da una vita, Maria sapeva esattamente cosa fargli trovare di pronto sulla tavola per fargli iniziare la giornata col piede giusto. Lavorare in politica era estremamente estenuante, soprattutto ora che la mafia avanzava inarrestabile.
    Maria dunque si accinse a preparargli un bel caffè fumante, accompagnato da un piatto ricco di biscotti alla mandorla: un mix di zuccheri ed energie necessario per uscire di casa rinvigoriti.
    Quando, però, aprì la lavastoviglie per afferrare la tazza del caffè notò che c’era qualcosa di strano. Il suo corpo sussultò, fomentando la perplessità nel suo volto.
    La tazza di porcellana verde, slavata e scheggiata dal tempo era sparita. Al suo posto c’era una tazza nuova, rossa e lucida.
    Maria era sicura di non aver comperato nulla negli ultimi giorni, eppure c’era una tazza totalmente nuova, sconosciuta davanti ai suoi occhi.
    Fece un respiro di rassegnazione. Probabilmente Flavio aveva buttato la vecchia e comprato una sostituta tornando dal lavoro.
    Accese la televisione e mise su canale cinque, il canale preferito suo e di Flavio. Si accigliò vedendo il volto di una figura che negli ultimi mesi stava assumendo sempre più rilevanza. Quel Giuseppe Conte, secondo i gusti di Maria, non eguagliava la stessa fama e bravura di Falcone e Borsellino, i politici per cui suo marito trascorreva le giornate dietro una scrivania. Si chiese, infatti, perché la TV lasciasse sempre più spazio al professore di giurisprudenza che agli attuali politici che in confronto al primo avevano un maggiore merito di essere ascoltati.
    Finì di preparare la colazione e si appoggiò al divano, aspettandosi poi di essere coccolata da una familiare zaffata di tabacco da pipa, di sapone da barba e di una spezia dall'aroma delicato. Zaffata che non arrivò.
    Maria sospirò tristemente: quanto avrebbe gradito quella colazione Flavio!

    Fuori, il cielo si era imbrunito ed era scesa la sera. Maria, stanca a fine giornata, decise di andare a dormire.
    Si coricò nel letto cercando di ignorare i dolori che le procurava il nuovo materasso. Era sottile e duro e in alcune zone si poteva perfino percepire le molle gemere sotto il gracile corpo, insomma era il materasso peggiore che avesse mai provato eppure era lì. Non si ricordava quando l’avesse comperato e soprattutto per quale motivo.
    Si tirò le coperte fin sotto al naso e si voltò alla ricerca di una comoda posizione per addormentarsi.
    La fotografia sul comodino le donò un freddo brivido che le attraversò tutto il corpo.
    Maria immediatamente si tirò su a sedere e accese la lampadina per capire se quello che avesse visto fosse effettivamente vero o soltanto uno scherzo della sua acciaccata mente.
    Sgranò gli occhi quando, ritratto nella fotografia, un volto sconosciuto le restituiva lo sguardo. Era un giovane uomo, forse sulla trentina, che orgogliosamente reggeva in mano una trota lunga un metro.
    Non aveva la più pallida idea di chi fosse lui né perché quella foto fosse sul suo comodino. Che gliel’avesse messa Flavio per uno scherzo di cattivo gusto? Nel corso del loro matrimonio avevano tentato più volte di avere figli ma Dio non era stato generoso con loro.
    Maria non ebbe tempo di elaborare l’inquietante sorpresa che continuava a fissarla sorridente dal comodino che a un certo punto udì il rumore delle chiavi infilarsi nella toppa.
    L’istante in cui Maria realizzò di avere un potenziale ladro in casa sembrò durare un’eternità. Il respiro le si mozzò in gola e ogni briciolo di coraggio le abbandonò il corpo.
    Un pigro avanzare di passi e la porta della camera da letto si aprì.
    Maria, terrorizzata, si ritrovò a reggere lo sguardo dello stesso sconosciuto nella foto, solo che stavolta era davvero davanti a lei, in carne e ossa.
    Marco si lasciò sfuggire uno sbuffo che trapelava un senso di rassegnazione mista a stanchezza. Aveva addosso un’aria sfinita, come se avesse fatto una lunga maratona di corsa da città in città, senza mai fermarsi, e la divisa azzurra da infermiere n’era la palese giustificazione.
    “Signora Maria, di nuovo voi.” Marco si passò una mano sulla faccia, come se volesse cercare di cancellare la stanchezza dal volto, e languidamente si avvicinò al letto.
    “C-chi sei tu?! E cosa ci fai a casa mia?!” Balbettò tremante Maria fissando gli occhi spalancati in quelli del giovane intruso. Se avesse avuto qualche anno in meno, avrebbe quantomeno provato a minacciarlo scagliandogli contro la sua stessa fotografia.
    “Sono Marco, il tuo vicino. E questa non è casa tua.” Tali parole uscirono dalla bocca di Marco in modo rapido, indolore e meccanico, come se il ragazzo fosse condannato a ripeterle in continuazione.
    C’era solo confusione sul volto dell’anziana Maria.
    “Vieni, ti riaccompagno a casa e…per l’ennesima volta gradirei che mi venisse restituita la tazza verde”.

    Lasciatemelo dire: QUESTO RACCONTO FA CAGARE.
    Sappiate però che l’ho scritto in un periodo in cui tra lavoro intensivo sotto feste, salute che mi ha fatto ciao ciao con la manina ed esaurimento nervoso perché costretta a fare da babysitter a due piccole bestie la voglia e l’ispirazione per buttare giù qualche riga decente l’ho cercata in ogni angolo possibile della mia mente e… ne sono uscita fuori con scarso successo direi. Però raga ci ho provato.

    L’emozione racchiusa in questo racconto è confusione/smarrimento.
    Maria è una dei tanti anziani che, durante le quarantene forzate, sono stati lasciati a se stessi. Maria non è un’anziana qualunque: soffre di demenza senile e l’assenza di un parente o di un tutor che si prenda cura di lei non ha fatto altro che incoraggiare la sua malattia, tanto da spingerla a vivere abusivamente nelle case altrui credendo che sia la sua. E qui entra in gioco Marco, il giovane infermiere che è via 24h su 24 perché il numero dei letti in terapia intensiva continua a salire inarrestabile, ormai rassegnato a trovare un’anziana smarrita in casa propria.
    Maria in sostanza rappresenta la mia tacita paura di dimenticare e di essere dimenticata. Timore coltivato durante la quarantena, immaginando una versione di me stessa vecchia, raggrinzita e completamente sola.
     
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    Prima di cominciare con la recensione, voglio segnalarti un piccolo errore. Falcone e Borsellino erano magistrati, non politici. Puoi sostituire i loro nomi con quelli di, non so, Moro, Berlinguer, Craxi o non so chi... Insomma, "quella gente lì". Ti suggerisco di prenderne due appartenenti allo stesso partito.

    Ora che ho fatto il saccente (lmao, perdonatemi), RECENSIONE.
    Allora, è scritta bene, mi piacciono le parole che hai usato e anche il contesto che hai descritto. Hai fatto capire la situazione sinistra (per me è sinistra, se c'è una cosa che mi fa paura è la vecchiaia e tutte le conseguenze ad essa legate, inclusa la morte imminente) descrivendo gesti quotidiani, normali e anche ripetitivi. Mi sto riferendo, ad esempio, a Maria che guarda la televisione, vede il Conte Dracula (sono incredibile, lo so) in TV e lo paragona ai politici della Prima Repubblica così, come fa la gente che di politica non ne capisce granché. "Lui sì che era forte", "Qvando ci era LVI" eccetera... Sì, quel pezzo mi ha colpito particolarmente.
    Ora, Marco. E' un po' strano che un infermiere, dunque uno che lavora a contatto con gente anziana di solito, non si sia già attivato per fornire alla povera vecchierella MARIAH un'assistenza come Dio comanda, ma è comunque verosimile, considerate tutte le persone che fanno un determinato lavoro per soldi, per "tradizione" di famiglia o per convenienza e non per passione. Quindi, quello lo lasciamo stare, anzi, un infermiere cinico e menefreghista è anche interessante perché va contro lo stereotipo del supereroe vestito di verde.
    Ci sono solo un paio di difetti. Le prime due righe non sono scritte bene come il resto e ti capisco perché l'inizio è sempre la parte più difficile e pure io ho quel problema, ma vabbé. Poi, questo è un po' più incisivo sul mio giudizio: la demenza era telefonata, avevo avvertito già dalla tazza che qualcosa non andava. Poteva essere una delle tante dimenticanze di una vecchietta o anche di una donna relativamente giovane che pensa ai suoi impegni e si dimentica le tazze, però quando Maria si è seduta sulla sedia e l'hai descritta come una donna con la schiena che è andata in vacca (termine tecnico), quindi come una donna anziana, allora ho pensato: "Bo, ha l'Alzheimer". Non ha proprio quella malattia, ma c'ero quasi. Però mi hai sorpreso col dettaglio dell'infermiere. Mi aspettavo che Maria non riconoscesse il figlio o, bo, avesse davanti la foto del marito (giovane) insieme alla sua versione anziana, e invece no.

    Come ho detto, è scritta bene, ma l'effetto sorpresa mi ha lasciato un po' "meh". Non prenderla come una critica eh, è solo un giudizio personale... Anche io con quello non riesco ad andare d'accordo perché voglio arrivare subito al nocciolo della questione, ma sticà, si può sempre rimediare.
    Ti do 3.5 su 5, sempre per la storia della demenza prevedibile.
     
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    Mr. Canotta

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    Parto dal presupposto che la tematica è molto attuale ed interessante e soprattutto sei riuscita a portare in un racconto una tua sensazione personale frutto di paure scaturite in questo periodo storico un po' infelice. Il racconto si presenta scorrevole, piacevole da leggere. Si riesce ad intuire che la protagonista, causa la veneranda età, soffra di qualche problema. Non avevo però capito che il vicino fosse un infermiere, né che Maria si rifugiasse nelle case altrui per evitare di sentirsi sola. Avevo attribuito questa cosa alla sua vecchiaia e basta. Ecco perché secondo me avresti dovuto far intendere meglio questa parte per far acquistare maggior valore al racconto.

    3.5 / 5

    Drammatico

    Edited by Kohei - 21/2/2022, 12:22
     
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    Ser Procrastinazione

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    Maria in sostanza rappresenta la mia tacita paura di dimenticare e di essere dimenticata.

    La paura di perdere il senno e di essere dimenticato ce l'ho anche io. La prima magari può essere combattuta tenendosi attivi, ma la seconda ne dubito. Da un lato sono alquanto cinico e individualista su queste faccende, ma dall'altro andarsene senza lasciare alcun segno...
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    Ora, Marco. E' un po' strano che un infermiere, dunque uno che lavora a contatto con gente anziana di solito, non si sia già attivato per fornire alla povera vecchierella MARIAH un'assistenza come Dio comanda

    Magari nelle RSA non c'era posto e quindi Marco ha deciso di risparmiare a Maria una morte assicurata?
    Comunque sono d'accordo.
    CITAZIONE
    Non avevo però capito che il vicino fosse un infermiere, né che Maria si rifugiasse nelle case altrui per evitare di sentirsi sola. Avevo attribuito questa cosa alla sua vecchiaia e basta. Ecco perché secondo me avresti dovuto far intendere meglio questa parte per far acquistare maggior valore al racconto.

    Secondo me va bene così. Il colpo di scena rende più godibile la storia, che altrimenti risulterebbe "banale e prevedibile" (per autocitare il me passato).

    Non ho granché da aggiungere alle osservazioni fatte da Sal e da Kohei. Sin dal principio avevo intuito che la nostra Maria avesse qualche problema, ma non mi aspettavo il finale. Credevo che Marco fosse una sorta di figlio dimenticato a causa dell'Alzheimer.
    Do 3.5 anche io e dico Drammatico.
     
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    Happy Urepi Yoropiku ne~

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    La questione della demenza senile è piuttosto chiara quando si capisce l'età della protagonista e il racconto mi ha trasmesso molta tristezza, come fosse immagino il tuo obiettivo. E' ben scritto e non posso dire molto di più dei miei colleghi, l'unica cosa è che lo trovo un po' fuori tema: la sensazione c'è e per questo ti do 3/5 ma non mi sembra scritto con l'intenzione di essere horror, com'è invece il genere richiesto dal contest.
    Ma, in generale è un bel racconto che sta bene in Drammatico
     
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    Un bel racconto che si legge volentieri, come hanno detto altri non rientra nel tema del contest, ma comunque una piacevole lettura. Drammatico

    3/5
     
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5 replies since 3/1/2022, 23:28   130 views
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