Willow Creek

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    Un piccolo globo di luce si illuminò rapidamente per poi svanire nell’oscurità mentre Paul Donovan si faceva un tiro con la sigaretta. Si stravaccò sulla sua poltrona felpata nel soggiorno, la mano che reggeva la sigaretta ora penzolante sul bracciolo. Quando espirò, il fumo salì e si librò in prossimità del soffitto, anche se era impossibile da vedere nell’oscurità.

    Dopo un breve momento in cui dubitò di voler continuare, con la mano libera prese il telecomando e premette il pulsante d’accensione. Inizialmente lo schermo blu solido causò dolore alle sue pupille dilatate – tanto che trasalì e distolse lo sguardo da esso per qualche secondo.

    Una volta che i suoi occhi si erano abituati, Paul scambiò il telecomando con il suo joystick wireless. Schiacciò il pulsante d’accensione e lo tenne premuto fino a quando la console si avviò. Dopo essersi fatto un ultimo tiro di sigaretta, la spense in un posacenere che era appoggiato su un tavolo vicino. Il lettore disco dentro la sua console ronzava mentre si agitava per caricare i file di gioco.

    Continua al Livello 3? Il box di dialogo gli diede un’ultima occasione per cambiare idea. Inizialmente mosse la levetta del joystick per evidenziare l’opzione “No”, soffermandosi lì mentre contemplava le possibili conseguenze di continuare a giocare. Ma doveva finire ciò che aveva iniziato, e sperava che, completando il gioco, avrebbe posto fine a questa follia. Ancor di più rivoleva suo figlio ed era pronto a fare tutto il necessario per riportarlo a casa sano e salvo. Riportò la levetta all’opzione “Sì” e confermò la sua scelta.


    Essendo un avido appassionato di videogiochi horror e di sopravvivenza, fu del tutto naturale che Paul accettasse la sfida di giocarci. Lo aveva scoperto quasi per caso due settimane prima mentre navigava il forum del suo sito preferito di gaming. Qualcuno aveva postato un topic chiedendo consigli per i giochi più paurosi. Paul aprì la conversazione con l’intento di fornire una lunga lista dei suoi giochi preferiti, ma mentre leggeva le altre risposte si rese conto di come il discorso avesse preso una direzione molto diversa, iniziando con la risposta di un utente che non aveva mai visto prima:

    Chameleon01: Ragazzi, se state cercando un gioco spaventoso, ne ho uno per voi. Scommetto che in questo sito nessuno potrebbe finirlo.

    GamerGabe: PFFFFFT!! Sì certo. Abbiamo giocato a tutto. Allora come si chiama, niubbo?

    Dark-Shadows957: Numero basso di post + affermazione assurda = troll.

    00Raven00: Beh, che gioco è?

    RevengeofSephiroth: Fammi indovinare, è un gioco dei Pokemon?

    GamerGabe: (@RevengeofSephiroth) BWAHAHAHAHAHA!!!

    Dark-Shadows957: TROLL! Andiamo ragazzi, non date corda ai troll!

    Chameleon01: Si chiama Willow Creek.

    GamerGabe: Sembra noioso.

    00Raven00: Ho cercato su Google il tuo giochino. Non esiste. Bel tentativo comunque. Levati dalle palle adesso.

    Chameleon01: È una copia tarocca in pre-produzione. Non dovrebbe uscire fino all’anno prossimo.

    00Raven00: -Ne avremmo comunque sentito parlare come prossima uscita. A parte quello, come potresti anche solo ad avere una cosa del genere? Dannazione, certa gente!

    Chameleon01: Lavoro per lo sviluppatore. È tutto ciò che posso dire. Vuoi giocarci o no?

    00Raven00: Per quale sistema?

    Chameleon01: Mandami un MP. Ti darò la versione per qualunque sistema tu abbia bisogno.

    Più a lungo continuava a leggere la discussione, più il suo interesse veniva stimolato. Si domandò se 00Raven00 avesse chiesto o meno il gioco da questo sconosciuto. Mosse il cursore verso il link del profilo di Chameleon01, lo cliccò e iniziò a scrivere il proprio messaggio privato all’utente misterioso. All'inizio esitò nel dare il proprio indirizzo, ma razionalizzò la situazione dicendosi che non era molto differente dalle centinaia di persone sconosciute a caso che usavano eBay e che avevano già ottenuto le sue informazioni personali nel corso degli anni.

    Quattro giorni dopo aver inviato il messaggio privato una busta gialla senza l’indirizzo del mittente arrivò nella posta di Paul. Sul disco c’era scritto grossolanamente in inchiostro: Willow Creek: beta v. 1.0.

    "Ah, quindi questo Chameleon è incaricato di testare la beta. Ha un po' più senso." farfugliò tra sé e sé. La sua bocca si estese in un sorriso incompleto. “Beh, non doveva essere così criptico al riguardo.”

    Un bambino corse verso la cucina, dove Paul era fermo a guardare il resto della sua posta giornaliera.

    “Con chi stai parlando, papà?” chiese.

    “Oh, nessuno, Scotty. Solo tra me e me.” Sfogliò le bollette e la posta indesiderata.

    Scotty aveva dieci anni, uno studente sopra la media, ma era tutto sommato un bambino normale. Adorava giocare alla serie apparentemente infinita di giochi che il padre portava di continuo a casa. Avevano collaborato in molte avventure nella maggior parte dei giochi multiplayer (a meno che Paul non li ritenesse troppo cupi per il figlio) e, anche quando i giochi erano single player, Scotty adorava vedere suo padre che risolveva tutti i puzzle e sconfiggeva i boss più difficili. Paul sapeva che la madre di Scotty probabilmente non avrebbe approvato tutti i giochi a cui avevano giocato insieme, ma ormai non aveva voce in capitolo da quasi un anno.

    “Abbiamo un nuovo gioco,” disse al figlio, con il disco davanti a Scotty.

    Scotty glielo prese. “Sembra falso,” disse.

    “Beh, è ancora una versione di prova. Saremo tra i primi giocatori".

    Gli occhi di Scott si illuminarono: "Figo! Possiamo giocarci stasera?"

    "Certo, se avremo il tempo. Prima, però, assicurati di aver fatto tutti i compiti. Ok?"

    Scotty abbassò la testa e posò il disco sul tavolo. “Va bene,” rispose in maniera rassegnata, ricordandosi di quanti compiti lo aspettassero quella sera.

    Si stava facendo tardi quando il ragazzo finalmente finì i compiti e si precipitò nel soggiorno, pregando il padre di giocare al nuovo gioco.

    "Sono già le 9:30, figliolo. Tra poco devi andare a letto."

    “Almeno possiamo iniziarlo?”

    Paul esitò per un momento. “Ok, ma non resterai alzato oltre le dieci.”

    L’eccitazione di Scotty esplose quando prese il disco e accese la console. Diede al padre il joystick del primo giocatore. Dopo una breve schermata iniziale, c'erano tre opzioni di livello elencate dall'alto verso il basso. L'unica attiva era "Livello Uno". Gli altri due erano disabilitati. Sullo sfondo dietro il testo c’era un’immagine statica di una porta chiusa raffigurata dall’interno di una stanza buia, con la luce che filtrava dagli spazi vuoti sul bordo.

    "Di che si tratta?" chiese Scotty.

    "Non lo so esattamente. Ma dovrebbe essere pauroso, quindi potrei mandarti a letto se lo diventasse troppo."

    Scotty gemette. Paul confermò la selezione del livello uno e rimase seduto mentre il gioco si caricava. “Sembra che sia solo per un giocatore, quindi dovrai vedermi giocare per un po’.”

    Dopo un paio di secondi di caricamento, comparve una cutscene. Paul e il figlio videro il filmato animato: una prospettiva in prima persona del protagonista che entrava in una porta col vetro satinato, il quale dava su un ufficio con arredi antiquati. Sulla finestra c’era un adesivo che recava in caratteri neri e spessi: “Detective Charleston”. Una musica cupa ronzava in sottofondo. La scena ricordava a Paul il modo in cui iniziavano molti dei classici film noir visti da lui nel corso degli anni. Subito capì che sarebbe stato più un gioco rompicapo. Un gioco da intellettuali.
    Paul afferrò rapidamente il senso del gioco. Interpretava il Detective Charleston,che si spostava per tutta la città virtuale di Willow Creek e trovava indizi che potevano essere messi insieme per proseguire la trama. Nel mistero del primo livello, fu introdotto alla storia di James Braxton, un uomo che faceva il terzo turno di notte all’acciaieria di Willow Creek. Una notte, mentre stava discutendo con un collega, James fu spinto nell’altoforno. Il colpevole lasciò la scena del crimine e non c’erano altri testimoni. Toccava a Paul trovare tutte le prove e incastrare l’assassino.

    Durante una cutscene particolarmente realistica dell’omicidio, Paul mandò Scotty al letto. Inizialmente protestò, ma presto cedette. Paul finì di risolvere il caso da solo e fu soddisfatto del suo lavoro quando la polizia piazzò le manette all'assassino nell’ultima cutscene del primo livello. Il gioco salvò automaticamente i progressi.

    Il telefono di Paul squillò. Guardò l’orologio: 12:37.

    “Andiamo, sveglierai Scotty,” sussurrò mentre prendeva il telefono. Rispose.

    “Pronto?”

    “Grazie per avermi liberato.”

    Paul levò il telefono dall'orecchio per dare un'occhiata allo schermo: numero sconosciuto. “Chi sei?” domandò.

    “James Braxton.”

    “Chi?”

    “James. Di Willow Creek. Hai risolto il mio caso.”

    Paul fu colto di sorpresa. Lanciò un’occhiata allo schermo del televisore, che ora mostrava un box di dialogo che recitava: Continua al Livello 2?

    “Chi sei realmente? E dove hai preso il mio numero?”

    “Te l’ho detto, sono James di Willow Creek. Volevo solo ringraziarti per aver risolto il mio caso. Ora sono libero. Mi rimanevano solo sei settimane prima di raggiungere la maledetta soglia di un anno. Grazie a Dio sei arrivato tu. Nessun altro aveva ancora risolto il mio caso. Avevo pure-“

    “Dove hai preso il mio numero?” Paul lo interruppe.

    “Da Chameleon, ovviamente.”

    “Ma che…” Paul si sentì svenire mentre il telefono gli cadde dalla mano e atterrò per terra con un tonfo. La bocca era spalancata dall’incredulità. Guardò in basso verso il telefono. Lo schermo illuminato era davanti a lui. Poteva ancora sentire la voce ovattata dall’altra parte. Prese il telefono e lo spense più velocemente che poté.

    Il cuore di Paul stava battendo all’impazzata e iniziarono a formarsi gocce di sudore sulla fronte mentre spegneva la console e la TV. Era immerso nel silenzio e nel buio del suo soggiorno. Dopo un lungo momento per raccogliere i pensieri e permettere al suo battito di stabilizzarsi, sgattaiolò nella camera di Scotty dove per diversi minuti guardò suo figlio che dormiva tranquillo. Paul non riuscì ad addormentarsi quasi fino alle 4 di mattina. Non riusciva a togliersi di dosso la sensazione di disagio della telefonata. Il suo ultimo pensiero prima di piombare nel sonno fu quanto sarebbe stato inutile al lavoro più tardi quel giorno.


    Paul si svegliò confuso all’inizio, ma poi sobbalzò in piedi quando vide l’ora sulla sveglia del comodino: 10:23. La camera era pennellata di fioche sfumature grigie mentre la pioggia battente si infrangeva costantemente sul pavimento e le finestre. Apparentemente, tra il caos che aveva seguito il completamento del primo livello, Paul si era scordato di mettere la sveglia. Dopo l’enunciazione di alcune imprecazioni di prima scelta e dopo aver lanciato le lenzuola, sfrecciò verso la camera di Scotty. Il letto vuoto era stato rifatto perfettamente. Nella cucina trovò una nota:

    Stavi dormendo così bene e mi sono preparato da solo la colazione. Fra poco devo prendere l’autobus. Baci, Scotty

    Paul sospirò e si sentì un fallimento come padre. È in momenti come questi che desiderava che Laura ci fosse ancora. Gli mancava sotto molti aspetti, e la sua predilezione per l’organizzazione, anche se talvolta fastidiosa, era qualcosa di cui aveva indubbiamente bisogno. Paul fissava il vuoto mentre ripensò all’incidente che l’aveva portata via. Una volta che si riprese, decise di darsi malato al lavoro. Spaventato all’idea di prendere il telefono, fece la chiamata dal telefono fisso.
    Dopo una colazione veloce, Paul si domandò se continuare o meno il gioco. Finì una sigaretta mentre rievocò gli avvenimenti della scorsa notte. Per quanto fosse stato snervante per lui, adesso gli sembrava solo una strana coincidenza con un numero sbagliato. Una coincidenza molto strana, ma in quale altro modo era spiegabile? Inoltre, Paul non era mai stato il tipo da tirarsi indietro di fronte a una sfida. Doveva finire il gioco.

    La console si avviò, il disco girò e la schermata iniziale lasciò il posto al box di dialogo: “Continua al Livello 2?” Paul premette “Sì”.

    Il secondo caso del Detective Charleston riguardava un promotore immobiliare che aveva rinvenuto resti umani mentre spianava una grande zona di terreno per costruire. La zona del cantiere in cui ci fu la scoperta fu delimitato; l’obbiettivo del giocatore era raccogliere tutti gli indizi, capire a chi fossero appartenuti i resti e cosa gli fosse successo. Paul fu meticoloso nelle sue azioni e pensò attentamente ad ogni possibile indizio. Prelevò campioni di DNA. Intervistò il proprietario, il capocantiere e l’operatore che aveva fatto la scoperta. Studiò attentamente le foto della scena del crimine.

    Poco a poco ricostruì la storia di una donna rapita e uccisa. Era stata rapinata ed era stato inscenato un incidente con incendio per coprire la sparizione. Fu poi tenuta prigioniera dal suo rapitore fino a quando lui la eliminò e ne seppellì i resti. Il caso fu risolto del tutto quando arrivarono i risultati dei test del DNA. C’erano due profili genetici nei campioni: uno per il colpevole, che risultò un noto piantagrane di Willow Creek, e l’altro per la vittima, Laura Donovan.

    Paul scagliò via il joystick. Immediatamente il suo battito incrementò al punto che sentiva pulsare il collo. Le sue orecchie fischiarono e iniziò a tremare.

    “Non è… possibile.” Le parole gli andarono di traverso. Lacrime sgorgavano dagli occhi mentre rievocò gli avvenimenti attorno alla morte di Laura. La macchina era bruciata fino ad essere irriconoscibile. Il funerale si tenne a bara chiusa. Le era successo qualcos’altro? Non era morta sul posto, come implicava il gioco?

    “Cosa sei?” urlò alla televisione, con la faccia di colore rosso-scura. Non ci fu nessuna risposta, solo il rumore sempre più forte del suo battito, ora udibile alle orecchie, e il messaggio sullo schermo: “Continua al Livello 3?”

    Paul si precipitò e scollegò la console. Lo schermo della TV brillava di blu chiaro. Con l’eccezione della pioggia battente fuori, il silenzio attorniava la casa. Camminava avanti e indietro per il salotto, lottando nella sua stessa mente per avere delle risposte. Com’era possibile? Era impossibile che fosse tutto una coincidenza!

    Il telefono fisso squillò.

    Il suono della campana meccanica sobbalzava, rischiando di spezzare in due la testa di Paul. Era angosciato al pensiero dell’identità di chi stava chiamando. La maggior parte della gente non aveva un numero di telefono fisso.

    “No! Ti prego, no! Non farmi questo!” La sua reazione iniziale fu di terrore, ma se fosse stata davvero Laura a chiamare? Se lui l’avesse liberata dalle grinfie del gioco proprio come per James? Ridicolo! Pensò Paul, È morta! Si diresse verso il telefono attaccato alla parete della cucina.

    “Pronto?” Disse Paul con molta cautela, nel modo in cui un bambino intimidito si rivolgerebbe ad un genitore arrabbiato.
    “Paul Donovan?” Era la voce di una donna.

    “Sì.”

    “Qui è Janice Pendleton dalla Roosevelt Elementary School. Chiamiamo per sapere come stia suo figlio, Scotty, visto che oggi era assente.”

    Paul rimase senza parole.

    Janice continuò, “Non siamo riusciti a chiamare il tuo numero di cellulare, ma abbiamo trovato questo numero alternativo sul fascicolo di Scotty.”

    “Mi sta dicendo che oggi non si è presentato?”

    Ci fu una pausa di confusione prima che Janice finemente rispose, “Sì, lo abbiamo trovato strano visto che raramente manca. Quindi volevamo sapere…” si interruppe.

    “Era andato a scuola come sempre questa mattina,” disse Paul, “Insomma, stavo dormendo, ma…” Capì che, indipendentemente da ciò che avrebbe detto, sarebbe sembrato un genitore negligente. Iniziò a piangere e fece del suo meglio per nasconderlo a Janice, ma lei se ne accorse.

    “Mr. Donovan, se sta dicendo che neanche lei sa dove sia… Vuoi che avvertiamo le autorità?”

    Non tentando più di nascondere i suoi singhiozzi, riuscì a dire “Sì. La prego!” per poi piangere incontrollabilmente, lasciando cadere il ricevitore. Colpì la parete della cucina con un forte tonfo e pendette dal suo cavo mentre Paul crollò a terra.


    Paul passò il resto del pomeriggio e della sera alla stazione di polizia. Rispose ad una raffica di domande di vari poliziotti e detective. Compilò una quantità interminabile di carte. Supplicò tutti coloro che aveva incontrato di smettere di perdere tempo e trovare suo figlio. I poliziotti convinsero Paul che avrebbero fatto il possibile e lo persuasero a tornare a casa in caso Scotty fosse tornato. Uno di loro gli aveva detto, “È così che molti casi si risolvono nelle fasi iniziali.”

    Quando Paul tornò a casa la pioggia si era placata, lasciando bagnate le strade e i marciapiedi. Aprì la porta principale ed entrò nell’oscurità. La casa era silenziosa.

    “Scotty?” disse in piedi nel corridoio. “Sei qui?” Ma non ci fu alcuna risposta.

    Paul sapeva che se fosse rimasto ad oziare in casa in attesa sarebbe impazzito, quindi accese il computer per rileggere il topic sul gioco e per dire a quel Chameleon la sua opinione. Mentre il computer si accendeva, diede un’occhiata ad una foto incorniciata sulla scrivania. Ritraeva lui, Laura e Scotty, ed era stata scattata ad una riunione familiare in tempi molto più felici delle loro vite. Trattenne di nuovo le lacrime e girò la foto in giù. Il computer era pronto.

    Navigò per il forum e trovò la discussione. Notò che erano successe due cose dall’ultima volta che l’aveva visitata.

    Innanzitutto l’utente Chameleon01 non era più presente. Dovunque avesse postato, il suo username era stato rimpiazzato con un’icona con il testo “Non Più Un Utente Registrato”. L’altra cosa è che il topic era stata chiuso dai moderatori dopo che la discussione sul gioco misterioso era diventata molto più intensa. Mentre Paul leggeva la discussione accesa, sentì la porta aprirsi. Un sospiro di sollievo lo pervase e un sorriso incredibilmente largo gli attraversò il volto.

    “Scotty!” urlò. Corse per il corridoio. “Scotty, sei a casa! Grazie a Dio! Mi hai fatto preoccupare così tant-“

    Paul si fermò quando si girò per guardare la porta. Scotty non era tornato a casa, ma Laura sì.


    Anche se aveva perso peso e appariva gracile, l’abbraccio di Laura lo fece tornare ai vecchi tempi. Era confortevole e familiare, anche se era passato quasi un anno dall’ultima volta che Paul era stato abbracciato. Indugiarono nell’ingresso in quella posizione prima che uno dei due parlasse.

    Alla fine, Paul si tirò indietro, con le mani di lui che rimanevano sulla schiena di lei, e chiese: “Laura, sei davvero tu? Come è possibile?”

    “Sono io per davvero! Mi hai liberata! È bello essere a casa.” Paul era sbalordito mentre ritornarono ad abbracciarsi. Si baciarono passionalmente per molti minuti. Una volta che l’incredulità riguardo la sua presenza si era attenuata, Paul portò Laura sul divano per interrogarla su ogni cosa che era successa.

    “Non so neanche da dove iniziare, Laura. Stavo giocando a questo videogioco e-“

    “Lo so, Paul. Lascia che ti racconti tutto ciò che mi è successo.”

    Paul annuì e ascoltò intensamente.

    “Non sono morta nell’incidente” Laura iniziò. “Mi ha portato via.”

    “Chi ti ha portato via?”

    “Questo ‘essere’ che si fa chiamare Chameleon.”

    A Paul venne la nausea e il suo sopracciglio si piegò mentre cercava di dare un senso a tutto ciò.

    “Dove ti ha portato esattamente?”

    “Dopo che mi aveva rapito e mi aveva bruciato l’auto, mi ritrovai in una cella. Ce n’erano centinaia impilati in gabbie che rivestivano i muri. Non credo che quel posto faccia parte di questo mondo. Ci disse che se qualcuno avesse risolto il nostro caso nel gioco ci avrebbe riportati nel “mondo reale”. Quando fui liberata, attraversai una sorta di portale e mi ritrovai nei tubi fognari sotto Hamilton Square.”

    “Ma che accidenti? Sembra impossibile Laura!”

    “Lo so, Paul, ma devi credermi. È reale.”

    “Ma cosa ci guadagna? Insomma, perché non limitarsi a creare un gioco senza l’elemento umano?”

    “Credo che l’elemento umano sia il punto. È una sorta di gioco perverso per lui. Le celle sono disposte attorno al perimetro di un’enorme stanza simile ad un capannone. Al centro della stanza c’è un palco in cui le persone i cui casi non sono stati risolti entro un anno vengono…” iniziò a piangere, “…creativamente uccise in modi orribili.” Laura si avvicinò a Paul e lo abbracciò di nuovo, le lacrime di lei che inumidivano la schiena di lui. “Ho visto cose orribili, Paul. E mancavano solo due settimane prima che io finissi sul palco.”

    La gravità di ciò colpì Paul come un muro di mattoni e le strinse la schiena.

    “Mi hai salvato, Paul. Grazie.”

    “Devo dirti qualcosa, Laura.” Disse dopo una pausa contemplativa. “Scotty è sparito.”

    “Lo so,” rispose Laura tetramente, “è nel gioco.”


    Paul si sedette nel soggiorno buio e fissò il messaggio sullo schermo. Continua al Livello 3? Dopo aver selezionato “Sì” e mentre aspettava che il caso si caricasse, chiuse gli occhi e sperò smisuratamente che il caso presentatogli sarebbe stato quello di Scotty. Laura guardava silenziosamente dal divano. Partì la cutscene familiare che mostrava l’entrata verso l’ufficio del detective Charleston. Una volta che Paul ebbe il controllo del gioco, aprì l’ultimo fascicolo e iniziò a leggere.

    Scoppiò quasi in lacrime di gioia quando lesse di un bambino di dieci anni scomparso. Il suo obiettivo era ritrovare il bambino e di consegnare il rapitore alla giustizia.

    “Deve per forza aggiornarsi con la connessione internet,” disse Paul a Laura.

    “Il disco è solo un portale per il gioco. Scommetto che se tornassi di nuovo al primo livello non ci sarebbe il caso di James, ma qualcosa di nuovo, una delle ultime vittime di Chameleon.” Mentre Paul diceva ciò, capì improvvisamente che tutto ciò non sarebbe mai finito. Da ora in avanti sarebbe stato costretto a passare ogni suo singolo momento a giocare al gioco perché qualcuno non sperimentasse una morte cruenta che avrebbe potuto prevenire. La sua coscienza non gli avrebbe mai permesso di mollarlo.

    Paul si concentrò di nuovo sul suo compito. Lavorò sul terzo caso quanto più diligentemente possibile, parlò con i possibili testimoni di Willow Creek e collezionò le prove nel parco giochi in cui il bambino era stato visto per l’ultima volta. Subito si trovò ad un punto morto. Non aveva abbastanza prove per scoprire cosa fosse successo e non aveva altre idee per procedere.

    “Cos’è quel negozio vicino al parco giochi?” chiese Laura.

    “Penso che sia una sorta di alimentari” rispose Paul.

    “Puoi andare a parlare con loro? Magari c’è una telecamera di sicurezza o qualcosa del genere.”

    “Geniale!” Paul fece entrare il Detective Charleston nel negozio e parlò con il manager. Poco dopo riuscì a mettere le mani sulle videosorveglianze dall’ora della sparizione in cui veniva mostrato il bambino che veniva ficcato in un’auto con la targa visibile. Nel suo ufficio il Detective Charleston cercò la targa e rintracciò il rapitore. Dopo la scena dell’ammanettamento, Paul ricevette un messaggio di congratulazioni per aver risolto il caso al livello 3.

    E aspettarono.

    La casa restò silenziosa e non ci volle molto prima che Paul diventasse frustrato. Camminava nervosamente nel soggiorno.
    “Dov’è? Ho risolto il suo caso.”

    “Dagli più tempo, Paul. Ricorda che mi ci vollero molte ore per tornare qui dopo essere stata rilasciata.”

    Paul annuì, ma non si calmò. Uscì nel portico anteriore per fumarsi un’altra sigaretta e per sperare di vedere in lontananza un bambino correre verso di lui. Quando tutto ciò non si avverò, sfrecciò al centro del cortile, fissò l’oscurità e urlò con le braccia protese: “Ridammi mio figlio! Prendi me al suo posto! Mi hai sentito! Vieni a prendere me!”

    I cani abbaiavano da lontano. Paul crollò per terra. Quando finalmente guardò su, vide Scotty che si dirigeva verso di lui. Non correva; camminava lentamente. Teneva alzata la mano sinistra come se fosse guidato da un adulto molto più alto, ma Paul non vedeva nessuno vicino a lui. Mentre Scotty si avvicinava, Paul poté a malapena ricomporre il vago profilo di una figura alta e incappucciata che teneva la mano di Scotty.

    Subito dopo, Scotty si trovò tra le braccia di Paul. La figura delineata era sopra di loro. Non era traslucida, ma completamente solida, anche se aveva assunto le sembianze perfette dei dintorni dietro di essa. Se Paul avesse provato a toccarla, la sua mano non l’avrebbe oltrepassata, ma avrebbe incontrato la stessa resistenza che avrebbe incontrato con ogni altro corpo. Rimase immobile e in silenzio, e attese.

    Laura sfrecciò dal portone e dal porticato verso il giardino.

    “Scotty!” gridò.

    “Mamma?”

    “Sono io, tesoro! Sono davvero io!”

    Mentre si abbracciavano e piangevano insieme, Paul rivolse la sua attenzione verso la figura ammantata, quasi indistinguibile. Era alta almeno due metri e mezzo secondo le sue migliori stime. Paul era ancora inginocchiato quando il fondo del mantello della figura si spalancò, rivelando un’oscurità che potrebbe essere rivaleggiata dalla caverna più profonda e oscura. L’entità fece un passo avanti e assorbì Paul. Le estremità del mantello si riunirono, e poi ci fu silenzio.
    “No!” Laura emise un interminabile urlo che si concluse con un pianto isterico mentre capì che in giardino erano rimasti solo lei e Scotty.


    Paul si svegliò lentamente nella sua gabbia nel quarto piano, da qualche parte in un mondo sotterraneo inaccessibile. Sentì i lamenti di tutti gli altri prigionieri nelle loro celle, anche se non poteva vederli. Sul muro nella sua piccola cella c’era un cartello con due date su di esso. La prima era la data dell’imprigionamento, la seconda era esattamente la stessa data, ma di un anno avanti. All’improvviso si sentì un frastuono di sotto mentre un uomo leggermente sovrappeso veniva condotto dall’uomo incappucciato verso il parco illuminato al centro dell’arena. L’uomo fu ammanettato su un palo con un sinistro congegno meccanico dietro di lui. Paul aveva già chiuso gli occhi quando la macchina fu accesa. Non voleva vedere cosa fosse o cosa sarebbe successo, tuttavia le urla che sentì non avrebbero mai lasciato la sua mente.


    A mille chilometri dall’abitazione terrestre di Paul Donovan, un uomo di mezza età, conosciuto come 00Raven00 in alcuni ambienti di Internet dedicati ai videogiochi, aprì una busta gialla rimasta sul bancone della cucina per molti giorni. Inserì il disco nel suo sistema di gioco e guardò la sequenza iniziale. Una volta che ebbe il controllo del gioco aprì il fascicolo sulla scrivania del Detective Charleston. Stando alle testimonianze, apparentemente un uomo di nome Paul era stato spinto di fronte a un treno sotterraneo da un’altra persona che in seguito era scappata dalla stazione.

    Prediligendo prevalentemente i giochi d’azione, la pazienza di 00Raven00 si esaurì subito e passò solo quindici minuti a cercare prove prima di mollare.
    “Psssshh. Non fa paura.” disse, e spense la console.


    Edited by DamaXion - 29/12/2020, 19:10
     
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    Ser Procrastinazione

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    La storia mi è piaciuta, anche se è abbastanza banalotta. L'ho trovata più triste che horror, nonostante ciò la reputo smistabile in GP.

    Edited by & . - 29/12/2020, 19:11
     
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    "Everyone wants to be Er Mortadella. Even I want to be Er Mortadella." ~ Cary Grant

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    Merda, 00Raven00 sono letteralmente io! Chissà quanta gente ha fatto una finaccia per colpa mia...

    Comunque la storia mi è piaciuta, e di solito a me le gamepasta non piacciono. La traduzione mi pare ottima, brav!
    E comunque mi dispiace davvero per il protagonista, ritrovarsi con il proprio destino in mano a un gamer è davvero la peggio sorte che ti può capitare.

    Vada con Game Pasta e con questo son tre! ;)

    Edited by & . - 3/1/2021, 14:16
     
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    Happy Urepi Yoropiku ne~

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