IL CERVO BIANCO

Un racconto di ossessioni

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  1. Saverio Maro
         
     
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    Il bosco non era mai stato tanto silenzioso come in quel momento.
    Mio padre era elettrizzato mentre, ancora incredulo della sua impresa, puntava ancora il fucile fumante verso il corpo senza vita del cervo dal manto bianco.
    Quando partimmo la mattina per la battuta di caccia, tutti in città risero.
    "Ecco che la follia del padre si insemina anche nel figlio" vociavano, sogghignando, guardando perplessi e divertiti in egual modo.
    Mio padre era sempre stato ossessionato da questa angelica creatura, essendo convinto di averla vista, in giovane età, durante una notte innevata, addentrarsi nel bosco.
    Aveva raccontato la storia a tutti, ma nessuno gli aveva creduto. Il cervo bianco, dicevano, non poteva esistere.
    Da allora mio padre ne divenne ossessionato, a tal punto che imparò quindi l'arte della caccia così che, se un giorno avesse dovuto rivedere la creatura, l'avrebbe presa, viva o morta, e portata in trionfo in città.
    Anche io non credevo molto all'esistenza della creatura, almeno finché non la vidi coi miei occhi, anche se non ebbi nemmeno il tempo di mettere a fuoco la sua figura che già un colpo di fucile la fece accasciare.
    Mio padre aveva ragione, aveva sempre avuto ragione. Lacrime di gioia solcarono il suo volto come cascate in pieno vigore.
    Gli appoggiai una mano sulla spalla e restai in silenzio affianco a lui.
    Il silenzio però durò poco.
    Un urlo straziante, disumano, animalesco, addolorato come mai avevo sentito in vita mia, face vibrare persino i tronchi dei pini che formavano il bosco che sarebbe stato teatro di una atrocità inaudita.
    Passi, più simili a un trottare veloce di un cavallo, rimbombavano violenti, aggressivi, decisi, verso la nostra direzione.
    Ci guardammo intorno, ma sembrava venire da qualsiasi direzione e allo stesso tempo da nessuna. Mio padre puntò il fucile qua e là senza un vero bersaglio. Io chiusi gli occhi e mi rannicchiai, piangendo a dirotto.
    Nei secondi che seguirono, udii suoni indescrivibili, versi disumani, urla strazianti, mentre qualcosa di viscido mi bagnava ovunque.
    Quando li riaprii, sia io che il bosco eravamo intrisi del sangue di mio padre, smembrato, fatto a pezzi, con gli occhi spenti, ma pieni di terrore.
    Corsi via urlando, e quando fui abbastanza lontano, vidi in lontananza una creatura bianca, mezza cervo e mezzo uomo, cibarsi dei resti di quel che era mio padre.
    Tornato in città raccontai la vicenda, il pallore sul mio volto non lasciava trasparire alcun altro sentimento se non il terrore.
    Ma tutti risero. Ero pazzo anche io ora, come lo era mio padre.
     
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8 replies since 13/5/2020, 07:15   125 views
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