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Questa storia risale a qualche anno fa e mi accadde in prima persona.
Estate 2014.
Era una serata afosa e inizialmente allegra. Ero in un noto paese di mare ultimamente diventato meta turistica gettonata. Causa abusi edilizi storicamente irrisolti, alcune mete del divertentismo notturno erano sorte in strutture vicinissime alla spiaggia. Una di queste era un complesso di migliaia di metri quadrati totalmente immerso nel verde della pineta, preso in gestione da una cooperativa culturale per fare serate speciali come ad esempio spettacoli di musica dal vivo. Per non incorrere in querele, mi inventerò un nome fittizio: Pineta a Mare.
Quella sera assieme a un gruppo di amici decidemmo di andare a Pineta a Mare per vedere un concerto rock di un noto gruppo musicale. Essendo arrivato un po' in ritardo dovetti fare la fila al botteghino per acquistare il biglietto, mentre i miei amici arrivati un po' prima mi aspettavano già dentro. Annoiato dalla coda lenta, decisi di consultare lo smartphone facendo un giro sui social network. Mentre mi isolavo mentalmente, le mie orecchie captarono il discorso di un gruppo di adolescenti davanti a me, che chiacchieravano concitati. In particolare uno di loro sembrava balbettare sommessamente. La cosa continuò per un po' stuzzicando la mia attenzione, e facendo finta di continuare a guardare il mio smartphone, decisi di origliare incuriosito. Il ragazzo che prima balbettava, adesso si era chiuso in un temporaneo mutismo, mentre i suoi due amici, un ragazzo e una ragazza, tentavano di tirarlo su, in particolare la sua amica che cercava di calmare i suoi spasmi. Ecco il frammento di discussione che riuscii a intercettare:
« ...Dai, sta' tranquillo. Non è successo niente, no? » diceva lei fissandolo con dolcezza quasi materna, ma lui voltava la testa dall'altra parte per non incontrare il suo sguardo. Lo vidi fissare in una direzione, come se guardasse qualcosa. Aveva lo sguardo dispiaciuto. Notai che indossava un berretto e una maglietta bianchi, e i pantaloni corti verdi. In mano teneva un casco nero.
«Lo so» riuscì a rispondere «è solo che...» non riuscì a proseguire la frase. Al che intervenne l'altro amico:
«Si è spaventato perché aveva rischiato di mettere sotto un tizio... » spiegò all'amica.
«Vabbè, ma poi non è capitato. Quindi sta' tranquillo, dai.» ripetè lei accarezzandogli un braccio.
Il ragazzo col berretto annuì senza però smettere di tremare. La ragazza disse qualcos'altro e poi si allontanò probabilmente per raggiungere gli altri amici. Così i due ragazzi rimasero soli in fila. Passarono diversi minuti di silenzio, spezzati saltuariamente da qualche raro scambio tra i due, mentre la fila finalmente si muoveva.
«Ti posso dire una cosa?» disse il ragazzo col berretto. L'amico annuì distrattamente.
«Però devi promettermi di non dirlo a nessuno.»
«Sì, va bene.» continuò ad annuire, senza guardarlo.
Il ragazzo prese coraggio e disse le seguenti parole:
«L'ho investito.»
L'amico non rispose, sulle prime. Io, che ero a pochi metri da loro, rimasi sconcertato.
«L'ho investito!» ripeté, con la voce rotta dalle lacrime. Ma la reazione dell'amico fu ancora più preoccupante.
«Ah.» disse con tono freddo e distratto «...Ma lui non si è fatto male, no?»
«No, no...non credo...non lo so...è che sono scappato via subito.»
La faccenda cominciava ad avere dei contorni sempre più inquietanti. Purtroppo, arrivò il loro turno al botteghino, presero il biglietto ed entrarono scomparendo nella calca. Pagai anch'io e mi sbrigai per entrare. Chissà che cos'altro avrei scoperto, se avessi continuato ad ascoltarli! La faccenda stava iniziando a diventare troppo pesante: curiosità morbosa per me, e contorta per quei due. Passai l'intera serata a pensare e ripensare a ciò che avevo sentito. Dovevo assolutamente saperne di più. Nella calca del pubblico c'erano centinaia di persone durante il concerto, e non si riusciva a distinguere nessuno. Così decisi di allontanarmi verso la fine dell'esibizione per andare in bagno, e lì feci una fortunata scoperta: in fila alle cabine c'erano di nuovo quei due che confabulavano. Vidi il ragazzo col berretto entrare nel bagno chimico accanto al mio, mentre l'altro lo aggirava per poi andare sul retro. Appena entrai nella mia cabina li sentii nuovamente bisbigliare di nascosto attraverso la feritoia di plastica posteriore. Mentre orinavo, tesi nuovamente l'orecchio.
Non riuscii a capire cosa si stessero dicendo, ma intuii che dovevano essere dei discorsi legati al loro scambio precedente. Alcune parole però le distinsi molto bene, e mi restarono in testa per anni. Successivamente, Pineta a Mare fu chiusa per abuso edilizio e mai più riaperta. Quindi non ebbi più occasione di rivedere quei due ragazzi. Provai la mattina seguente a cercare sui giornali la notizia che riguardasse l'accaduto che avevo ascoltato, ma non trovai nulla. Neppure un trafiletto piccolo che parlasse di denunce o incidenti. Niente di niente. E solo ora mi rendo conto dell'entità straordinaria dell'evento a cui avevo assistito. Le frasi che si erano detti sottovoce quei due attraverso le feritoie di plastica sul retro del bagno chimico...erano puro orrore. Ripeto ancora che non riuscii a distinguere granché di questo loro ultimo scambio, ma udii distintamente due parole terrificanti: nascosto e corpo.
Edited by -TACET- - 5/6/2019, 01:30
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