Nel deserto e nell'amore

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  1. Levy
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    Erano passati cinque mesi dalle esplosioni nucleari che avevano gettato in rovina l’intero pianeta. Gli oceani erano quasi completamente scomparsi e le pianure sembravano dei deserti, ma la razza umana era comunque riuscita a sopravvivere.

    Charles si guardò intorno un’ultima volta, prima di incamminarsi verso una destinazione ignota. Poco tempo prima aveva deciso che continuare a spostarsi da un luogo all’altro era la soluzione migliore per sopravvivere.
    “Andiamo, Charles” disse fra sé, “Fatti forza e vedrai che andrà tutto bene… Oppure andrà tutto storto…”
    Prese la sua sacca e si incamminò sotto il sole cocente, era novembre ma c’era una temperatura che sfiorava i 25° C. “Non è tanto il caldo che ti distrugge, ma l’umidità… Dio cosa non darei per potermi sistemare in una stanza con il condizionatore acceso” brontolò il giovane.

    Stava vagando da qualche ora quando incontrò un simpatico vecchietto che spingeva un carretto pieno di paglia. “Salve, buon uomo” disse Charles sfoderando un sorriso. “Oh, buongiorno giovanotto… Bhe buongiorno si fa per dire. Di questi tempi è difficile che ci sia una giornata davvero buona… Ah, lo dicevo io che le centrali nucleari non avrebbero portato nulla di buono, ma qualcuno mi ha mai dato retta? No, figuriamoci, chi ascolterebbe mai i deliri di un povero contadino? Eh, se gli amici che mi davano del melodrammatico potessero vederci ora…” il vecchio non finì la frase, per colpa della voce che iniziò a tremargli mentre gli brillavano gli occhi. Charles decise che era meglio cambiare discorso, non voleva causare qualche guaio o una crisi depressiva a quell’uomo, aveva già combinato abbastanza danni negli ultimi mesi. “Suvvia, signore… Almeno lei è ancora in vita, no? E mi sembra che goda anche di buona salute, inoltre scommetto che ha sempre voluto girare il mondo per vedere tutte le meraviglie che contie…”

    SBONK!

    Il vecchio gli sfoderò una bastonata sulla testa, causandogli un dolore infernale e portandosi le mani al capo se lo massaggiò per alleviare il dolore. “Senti, giovanotto! Ne ho già passate abbastanza e non mi servono di certo le tue prese in giro! Solo perché sono un semplice contadino non vuol dire che non sia intelligente. Dovrei essere felice perché ora non devo più coltivare la terra? E come pensi che mi sia guadagnato da vivere per tutta la vita? Tra l’altro adoravo il mio lavoro ed era tutto ciò che avevo. Ora cosa mi resta? Un mucchio di erba secca che vendo alla povera gente per farsi dei giacigli.” Il vecchio era visibilmente alterato e infuriato dopo le parole di Charles, per questo il giovane cercò di scusarsi: “M-mi dispiace, non intendevo…” il vecchio lo interruppe bruscamente: “Risparmiami le tue scuse mediocri, vattene prima che ti dia un’altra bastonata su quella stupida capoccia!”

    Il povero giovane non se lo fece ripetere due volte e si allontanò il più velocemente possibile. Dopo un po’ si accasciò a terra per riprendere fiato. Era madido di sudore a causa della corsa e del caldo che non accennava a diminuire. “Complimenti, Charles. Sei un fenomeno, riesci a causare guai in qualsiasi situazione…” proprio mentre si autocommiserava, alzò lo sguardo e vide in lontananza un piccolo villaggio. “Oh perfetto, almeno riuscirò a trovare un riparo per la notte e qualcosa da mangiare. Se non faccio casini forse riuscirei perfino a recuperare qualche abito nuovo. Questi stanno iniziando a puzzare di capra morta ed essiccata sotto il sole” disse annusandosi le vesti, il cui odore gli provocò dei conati.
    Riprese a camminare e qualche tempo dopo raggiunse l’entrata del villaggio. Era apparentemente deserto, ma gli importava poco, dopo l’incontro di quella mattina forse era meglio se non avesse avuto altri contatti umani. Non appena varcò la soglia del cancello, sbucarono fuori uomini e donne armati di fucile, alla loro vista Charles cadde a terra in preda al panico.
    “Per favore! Non sparate! Sono disarmato! Prendete tutto quello che volete, ma non fatemi del male!” piagnucolò, rannicchiandosi su di sé e serrando gli occhi, aspettandosi il peggio.

    “Posate le armi, sembra innocuo… Sarà l’ennesimo babbeo che crede di poter sopravvivere da solo” disse una voce ferma ma che suonava stranamente dolce e gentile. Il giovane era ancora lì che si copriva la testa, come se questo lo potesse proteggere da qualsiasi cosa.
    “Ehi, tu… Alzati e smettila di frignare. Mi chiedo come abbia fatto un tipo come te a sopravvivere da solo fino ad adesso”. Charles aprì lentamente gli occhi e alzò lo sguardo. Ciò che vide lo lasciò senza parole: davanti a lui c’era una ragazza, con i capelli corti e scuri, indossava una maglia bianca a maniche corte e dei pantaloni neri aderenti che le arrivavano a metà polpaccio; tra i denti stringeva uno stuzzicadenti. Teneva il fucile appoggiato sulle spalle e lo guardava con occhi severi, ma che lasciavano traspirare una certa curiosità.
    Charles la fissò per alcuni istanti con un’espressione da idiota dipinta sul volto. “Allora? Le radiazioni ti hanno donato la vista a raggi x e mi stai facendo una radiografia? Tranquillo, non ho nessuna frattura, ma se non la smetti tra un po’ ce l’avrai tu” disse la ragazza con tono irritato e seccato.
    “Eh? Ah… S-scusa… non volevo metterti a disagio… Io, io…” balbettò il giovane mentre cercava di ricomporsi e rialzarsi in piedi. “Basta chiacchiere inutili, piuttosto dimmi chi sei e cosa ci fai da queste parti. Velocemente che non ho tempo da perdere, ho un villaggio da gestire.” Replicò la donna.
    “Mi chiamo Charles e vago per il mondo da quando sono iniziate le esplosioni. Credo sia il modo migliore per sfuggire da pericoli e rimanere in vita… sono qui solo di passaggio. Anzi, se possibile volevo chiedervi ospitalità… A-almeno per questa notte, mi basta anche solo un po’ di paglia in mezzo alla strada…” disse il ragazzo con la voce che gli tremava.
    La giovane si voltò senza rispondere, fece un paio di passi, si fermò e disse: “Seguimi, Charles. Ti spiegherò come funzionano le cose qui da noi e anche perché siamo uno dei pochi villaggi che non sono ancora stati depredati e distrutti dai banditi… Ad ogni modo, io sono Audrey. Sono la persona che gestisce e organizza tutto. Se c’è qualche problema solo la prima che lo viene a sapere e che lo risolve. Perciò non provare a fare scherzi”.
    “Ah, ho capito. Sei il grande capo di questo posto. Figo, chissà come ci si sente a comandare in un periodo come questo” disse Charles con tono divertito, ma come finì la frase Audrey si fermò di colpo e lo guardò dritto negli occhi: “Senti, io non sono il grande capo di questo villaggio, odio essere considerata come un capo o un leader. Sono semplicemente una donna che cerca di sopravvivere e far sopravvivere gli altri in un mondo che ci è diventato ostile. I grandi capi sono quelli che hanno ridotto in questo stato il pianeta. Perciò non rivolgerti mai più a me in quel modo. Chiaro?” ribatté la giovane con tono seccato. Charles deglutì e annuì lentamente, decise che per la sua incolumità sarebbe stato meglio non aprire bocca se non quando interpellato.

    Audrey mostrò a Charles l’intero villaggio, spiegandogli che ognuno di loro aveva un ruolo e che nessuno riceveva qualcosa gratuitamente, perciò anche lui avrebbe dovuto dare il suo contributo in quella piccola comunità.
    “Dimmi un po’” disse la donna, “cosa sai fare? Lavorare il ferro, coltivare, cucire, insegnare, costruire, riparare... ?”
    Charles arrossì e balbettando rispose: “V-veramente non sono molto bravo n-nei lavori manuali… S-sono più un i-intellettuale sai…” la voce gli si spezzò in gola quando vide lo sguardo acido della giovane. “E così sei uno di quei buoni a nulla che ha vissuto nella bambagia senza imparare a fare nulla eh? Bhe, poco importa, un sacco di gente qui era come te. Soprattutto gli uomini. Ma troveremo presto qualcosa da farti fare. Per questo ti consiglio di fermati con noi il più a lungo possibile. Due mani in più fanno sempre comodo, inoltre sarà utile per te se impari a fare qualcosa.” Fece una pausa poi riprese: “Ti dirò, mi sorprende che tu sia riuscito a sopravvivere così a lungo da solo”.
    Audrey accompagnò Charles in un edificio che si trovava al centro del villaggio, nel quale erano riuniti tutti gli abitanti del villaggio. Erano circa una trentina tra donne, uomini, anziani e bambini. La giovane presentò il ragazzo agli altri, che ben presto lo accettarono nel loro gruppo e gli insegnarono vari mestieri. Con sua grande sorpresa, Charles scoprì di avere un vero e proprio talento come sarto, perciò si impegnò a fondo per realizzare e riparare abiti per quella gente.

    Passò qualche settimana e Charles si trovava davvero bene in quel piccolo villaggio. Per la prima volta dopo tanto tempo, sentiva di avere di nuovo una famiglia, anche se gli sembrava strano considerare quelle persone con quel nome, visto che i suoi familiari naturali l’avevano sempre trattato come un buono a nulla e un incapace. Ma ormai quella era acqua passata e sentiva che non contava più. Perché ormai aveva trovato persone che lo apprezzavano e accettavano per quello che era.
    Aveva anche iniziato a conoscere meglio Audrey, la quale inizialmente gli faceva un po’ paura. Credeva che fosse una specie di generale militare racchiuso nel corpo di una giovane e bella donna a causa dei suoi modi di fare severi e gli sguardi inceneritori. Ma poi aveva scoperto anche un altro aspetto del suo carattere, quello dolce, gentile e premuroso. Un sacco di volte l’aveva vista giocare con i bambini, aiutare gli altri e condividere ciò che possedeva. Una volta l’aveva vista medicare il ginocchio sbucciato di una bambina e in quel momento si era innamorato.

    “Allora Charles, a che punto sei con il grembiule di Lisa? Sai, gli servirebbe per riparare un fucile. Sai quanto odi lavorare senza” quella voce prese alla sprovvista Charles, il quale si era perso nei suoi pensieri. “Oh, Audrey… N-non ti ho vista né sentita arrivare… Ah ah… S-sono a buon punto. Devo solo fare un paio di rifiniture e s-sarà pronto…” balbettò il giovane quando notò la ragazza accanto a lui. “Bene, cerca di fare in fretta. Sai che non possiamo permetterci che uno dei nostri rimanga disarmato. Soprattutto dopo quel che è successo la settimana scorsa…” il viso della donna si incupì, mentre una scintilla le brillò negli occhi. “N-non preoccuparti. Tra dieci minuti glielo porterò personalmente” disse cercando di distrarla dai suoi pensieri. Lei annuì e se ne andò.
    Charles sospirò, ripensando a ciò che era successo la scorsa settimana a Bobby. Era una giornata come le altre, Bobby e altre due persone stavano perlustrando il villaggio quando improvvisamente si sentì un boato in lontananza. Venne dato l’allarme e tutti si rifugiarono nel nascondiglio che Audrey aveva fatto costruire sotto l’edificio centrale del villaggio. Attesero per qualche minuto, aspettando di sentire il rumore di una forte folata di vento, simile ad un tornado. La quale non venne mai.
    A qual punto, Bobby capì che c’era qualcosa che non andava, perciò decise di uscire a dare un’occhiata. Audrey cercò di dissuaderlo, ma lui le disse che sarebbe andato tutto bene. Uscì dal rifugio senza prendere il fucile e dopo qualche secondo, lo udirono gridare: “Ehi, voi! Cosa diavolo state facendo? Andatevene subito!” poi ci fu uno sparo e delle voci confuse che si allontanarono.
    La ragazza corse subito fuori, imbracciando il fucile, ma l’unica cosa che trovò fu il corpo senza vita di Bobby, che giaceva per terra in una pozza di sangue. Quel giorno, dei banditi avevano simulato il rombo di un’esplosione, per farli scappare e saccheggiare le loro abitazioni. Probabilmente non si aspettavano che qualcuno li avrebbe scoperti e, vedendo che Bobby era solo e disarmato, se ne approfittarono. Fortunatamente per paura che potesse arrivare qualcun altro erano fuggiti.
    Da quel giorno Audrey aveva espressamente proibito a chiunque avesse sopra i sedici anni di girare per il villaggio senza un fucile o una pistola, e ordinò che i bambini venissero sempre accompagnati da qualcuno di armato. Non si era ancora ripresa da quella perdita e Charles sapeva che ci sarebbe voluto molto tempo prima di riuscirci.

    Appena finì di sistemare il grembiule di Lisa, glielo portò in tutta fretta e sulla via del ritorno scorse Audrey fuori dal cancello del villaggio, mentre guardava l’orizzonte deserto tenendo il fucile sulle spalle.
    Indugiando, il giovane le si avvicinò silenziosamente, si mise accanto a lei e guardò nella sua stessa direzione. Tutto ciò che si vedeva erano granelli di sabbia e polvere alzati dal vento e qualche ramoscello secco qua e là, non si vedeva altro per chilometri. Il sole splendeva ed emanava un caldo quasi insopportabile in quel cielo grigiastro, che una volta era stato azzurro.
    “Uh, guarda! Laggiù ci deve essere un nuovo granello di sabbia! Oh, anche da quella parte!” esclamò Charles con il suo tono scherzoso. “Mh, sei sempre lo stesso babbeo che ho incontrato qualche settimana fa… Mi chiedo ancora cosa mi abbia spinto a invitarti a restare qui…” disse la ragazza sorridendo.
    “Forse ti serviva un giullare per allentare la tensione, no? Insomma, bisognerà pur sdrammatizzare in situazioni difficili... Almeno per alleggerire un attimo la tensione. Non credi?” rispose il giovane sorridendo a sua volta e voltandosi verso di lei. Audrey ricambiò lo sguardo e per un attimo Charles si perse nell’azzurro dei suoi occhi. Lentamente i due si avvicinarono l’un l’altro, il ragazzo chiuse gli occhi per un momento e…

    “Audrey! Presto, l’allarme sta suonando! Dobbiamo andare nel rifugio!” la voce riportò i due giovani a contatto con la realtà e, senza perdere altro tempo, la ragazza corse al rifugio per assicurarsi che tutti entrassero. “Forza gente! Entrate tutti facendo attenzione a non intralciarvi! Non fermatevi in mezzo alle zone di passaggio! Circolare!” con la sua solita fermezza e calma, Audrey dava istruzioni per avere tutto sotto controllo. Appena furono entrati tutti, si affrettò a chiudere il pesante portone di metallo, poi aspettarono.

    Il boato si fece sempre più vicino e assordante e di lì a poco si sentirono dei fischi, come se stesse passando una sorta di ciclone. Molti bambini si stringevano al grembo delle madri, mentre quest’ultime cercavano conforto nelle braccia dei loro compagni. Audrey era ferma davanti al portone e imbracciava il fucile, i suoi occhi trasmettevano preoccupazione e forza, dimostrando ancora una volta che niente le avrebbe impedito di fare qualsiasi cosa per salvarli.
    Quando i fischi cessarono, la ragazza disse che ormai il peggio era passato, ma che per scongiurare qualsiasi altro pericolo, quella notte l’avrebbero passata lì, nel rifugio. Detto questo, tutti si adoperarono per preparare i loro giacigli.
    Qualche ora dopo, mentre tutti s’erano addormentati Charles avvertì dei fruscii e sentì un rumore metallico. Si svegliò e vide una figura familiare uscire, preoccupato si alzò e la seguì, anche se non sapeva bene cosa fare o cosa sarebbe potuto succedere. Facendo attenzione a non fare rumore, si arrampicò su per la scala che conduceva all’esterno e, appena fu fuori, si guardò intorno. Inizialmente sembrava non esserci nessuno, ma poi scorse la stessa figura di prima incamminarsi verso il cancello del villaggio. La seguì.

    Quando si avvicinò, non si meravigliò nel vedere che si trattava di Audrey.
    “Devo affinare le mie doti di fuga. Ho fatto troppo casino nell’uscire dal rifugio” disse la giovane quando il ragazzo le fu accanto. “Che fai, mi rubi le battute adesso? Non mi avevi detto di avere delle abilità da ladra…” rispose lui con fare scherzoso. Entrambi fecero una risata, poi rimasero in silenzio per qualche istante, ad un tratto Audrey gli prese la mano e lo trascinò via dicendo: “Vieni con me, voglio mostrati una cosa” poi lo trascinò verso una vecchia casa ormai quasi completamente distrutta che si trovava dall’altra parte del villaggio.
    Lo invitò ad arrampicarsi insieme a lei e quando raggiunsero la cima, gli fece segno di sdraiarsi accanto a lei. Quando entrambi furono distesi, lei si mise a guardare il cielo stellato. “Sai… spesso vengo qua, durante la notte per vedere le stelle. Lo faccio soprattutto quando sono triste, arrabbiata o confusa, è come se guardare quei puntiti bianchi mi desse la forza di continuare a vivere…” Charles la ascoltò in silenzio, mentre guardava il cielo.
    “Non ho mai mostrato a nessuno questo posto… e sinceramente non so perché ho portato proprio te qui. Di solito riesco a dare un senso logico alle mie azioni, ma non questa volta” continuò lei.
    Il ragazzo si sedette e, dopo aver fatto un lungo sospiro, volto lo sguardo sul suo viso: “A quanto pare non sei l’unica ad avere doti da ladra… Sembra quasi che ti abbia rubato qualcosa anche io” e senza darle il tempo di rispondere, la baciò. Inizialmente Audrey sembrava voler resistere a quel bacio, ma poi si abbandonò e ricambiò.
    Pochi istanti dopo i due si avvolsero in un abbraccio, mentre le loro mani scivolavano sfiorandosi i corpi. Gemendo e ansimando si lasciarono trasportare dalla passione che si era impadronita di loro, mentre la fioca luce delle stelle colpiva i loro corpi.

    Il mattino seguente i due giovani si svegliarono abbracciati, mentre il sole faceva timidamente capolino. E da quel giorno Audrey e Charles non si lasciarono mai, affrontando le ostilità che si presentavano davanti con una forza e una determinazione che non pensavano di avere.

    Edited by Emily Elise Brown - 16/7/2019, 22:22
     
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    "Il solo immaginare che ti sto uccidendo mi ha fatto venire un sorriso in volto "

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    In un mondo di orrore e oscurità

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    Carina e coinvolgente. 3,5
     
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    Storia carina e non troppo impegnativa. Inizialmente pensavo volessi creare un qualcosa di "comico", mai mi sarei aspettata che sfociasse in qualcosa di romantico. Sembra anche che dovesse finire in tutt'altro modo da come era impostata inizialmente e questo sembra causare delle incongruenze per quanto riguarda lo stile di scrittura,comunque risulta lo stesso piacevole da leggere come storia.

    Il mio voto è 3.
     
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    Quando penso al post-apocalittico mi viene in mente esattamente qualcosa del genere: incidente/guerra nucleare, deserto, la società che cerca di ricompattarsi, bande di criminali.
    Non c'è una vera e propria trama, è più uno scorcio della vita di tutti i giorni dopo il disastro.
    I dialoghi mi hanno lasciato un po' disorientato, mi aspettavo una drammaticità tipica di un racconto così classico, mentre sembra che tu abbia voluto optare per un registro un po' più "umano".
    Bel finale, ma manca nel resto del racconto un filo di profondità.

    Voto 3,5
     
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    Questa storia somiglia a un cartone animato, per cui la recensirò con la sottigliezza di un brony trentacinquenne.

    Partiamo dal generale. Il tuo stile mi sembra acerbo, ma solo il tempo può cambiarlo. Ti consiglio di andare a capo ogni volta che una persona smette di parlare e inizia un'altra, nei dialoghi.
    Le ambientazioni di questo racconto sono molto astratte, o poco descritte. So che siamo in un deserto, e basta. Il villaggio com'è? Le case sono di cemento, legno, mattoni o fango? Il villaggio ha un cancello, quindi suppongo ci sia pure una recinzione, ma non sappiamo che aspetto abbiano, o perlomeno quanto siano alti. Non che abbia molta importanza, visto che lasciano il cancello aperto; e menomale che sono tra i pochi sopravvissuti.

    I personaggi non mi sembrano reali. Charles si comporta come il protagonista teenager di un anime, balbettando con frequenza preoccupante. D'altro canto, non fa altro che propinare battute di dubbio gusto, e non sa fare niente (finché diventa magicamente sarto senza alcuna difficoltà). Insomma, mi rispecchio tantissimo in lui.
    Il vecchietto "simpatico" è un essere alquanto balzano. Io non sono sempre d'accordo con la famosa regola, "show, don't tell", ma qui sarebbe stato meglio non dire che è simpatico quando poi prende a bastonate il povero Charles non appena apre bocca. In secondo luogo, il vecchierel canuto e bianco inizia a esporre l'antefatto dell'apocalisse senza che nessuno gliel'abbia chiesto, ed è chiaro che è stato messo lì solo per fare questo (e per dare un assaggio dell'inadeguatezza sociale di Charles), cosa che dà un po' fastidio.
    Pare che la fine dei tempi sia giunta a causa di un guasto alle centrali nucleari di tutto il mondo allo stesso tempo. Sarebbe stato più convincente dire che qualche testa calda ha scagliato un paio di testate nucleari.

    È ovvio che la cosa più importante è la storia fra Charles e Audrey. Ammetto che non sono un esperto in relazioni, per cui questo è un parere del tutto soggettivo, ma questo amore sembra nato dal nulla cosmico. Lui è un imbranato totale, lei è forte, intraprendente, risoluta, assertiva, un po' misandrica ed è pure una gran gnocca. Lui, giustamente, si sente un verme dinanzi a lei e sviluppa una balbuzie cronica, però al loro terzo incontro questa sua insicurezza scompare e tutt'a un tratto vogliono baciarsi. E poi copulano. Mi rimangio quello che ho detto prima, non mi rispecchio affatto in Charles!
    Ovviamente ho scritto tutto questo senza alcuna cattiveria, solo un po' di sana ironia, e con il solo intento di proporre critiche costruttive.
    Voto: 1.5/5
     
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    Dunque, quello che mi è piaciuto di questo racconto è l'atmosfera e l'impostazione basilare del tuo racconto. Una post-apocalisse più sopra le righe, con personaggi che funzionano stando alle metriche di una certa tipologia di lettore.
    Non è tanto l'esercizio di scrittura, tra descrizioni e inquadratura tecnica, qui, ad aver fatto il bello e cattivo tempo del tuo testo, ma questi personaggi.
    Come dice il prelibato Mark qui sopra, lo stile è leggermente acerbo - e concordo con lui quando parla di "cartone animato".
    È questo presupposto da "cartone animato", appunto, che mi ha fatto simpatizzare leggermente con la storia.

    Pausa Bandiere :rath:


    Non saprei dire se l'atmosfera che hai creato è frutto di un'intenzione o di una fruttuosa mancanza di esperienza.
    Nel secondo caso, allora sarei portato a dire che hai una fantasia molto simile alla mia, visto che quattro anni fa avrei scritto storie con questo genere di personaggi.
    Si respira un senso di coinvolgimento nella caratterizzazione dei protagonisti, che del resto compone l'atmosfera nella sua quasi totalità - il pregio della storia.
    Condivido ulteriormente le critiche di Mark sul vecchio, ma giustifico l'irrealisticità dei personaggi, e dei dialoghi, proprio perché l'atmosfera non sarebbe riuscita a manifestarsi in questo modo... è bene dire che, come accennerò in seguito, ci sono modi e modi, anche in base a questa impostazione, di raccontare una storia. Questo non è tra i migliori possibili. L'esempio del vecchio, seppur coerente col tono del racconto, non è comunque una mossa originale, PURE SECONDO QUESTI PRESUPPOSTI: stiamo certamente parlando sintesi, con timbro un po' wander, tra il dramma di tipo facilone e l'atmosfera cazzarona di certe trame post-apocalittiche, farcito di espedienti di caratterizzazione piuttosto tipici tra gli anime o qualche prodotto filmico per adolescenti. MOLTO apprezzato, parlando per me.

    Pausa tipo di Pulp Fiction che cerca campo :oessido:


    Certi limiti non possono essere ignorati, ovviamente. Ho seriamente l'impressione che proprio l'atmosfera, i personaggi, non siano frutto di un'intenzione ma di una mescolanza, certo fantasiosa e genuina, di quegli espedienti narrativi che tu, mia cara, hai riadattato in questo contesto. Cose che ti piacciono. Cose che non dimostrano un autentico sprazzo di originalità, ma un autocompiacimento, una scrittura disinteressata e ingenua. Inconsapevole. Non è una male.
    Hai creato una storia con dei personaggi, l'uno cazzone - col lato timido e solo a volte intraprendente, l'altra forte fuori, ragionevole, ma umana dentro, e lo fa trasparire. Personaggi tipici. Espedienti tipici. Capisci quello che dico?
    Il metterli insieme, creare questa alchimia, è stata vista e voluta da tante persone che guardano questi tipo di prodotti.
    Rimane comunque un fatto che esistono, di questo tipo, prodotti fatti meglio, che declinano questi topoi in maniera finalmente originale, e prodotti fatiscenti. Questo sta nel mezzo. Mediocre, non decade mai, non splende mai.
    L'atmosfera va bene, anche e a causa di questi topoi. Ma non può essere comunque premiata di più rispetto alle altre storie, per la natura stessa del racconto e del modo comunque non veramente acuto per elevarlo a qualcosa di REALMENTE soprendente, e non, per forza di cose, felicemente o infelicemente "già visto".

    Voto: 2 su 5
     
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    aveva già combinato abbastanza dannati negli ultimi mesi. “Suvvia, signore…

    Danni.

    CITAZIONE
    Tranquillo, non ho nessuna frattura, ma se non la smetti tra u po’ ce l’avrai tu” disse la ragazza con tono irritato e seccato.

    Un.

    Inoltre ho notato qualcosa maiuscola mancante di troppo.

    Purtroppo mi trovo d'accordo con gli utenti che mi hanno preceduto. I dialoghi in generale mi sembrano troppo poco realistici, poche cose vengono spiegate e in generale non trovo logica in fin troppe azioni. Certamente alcune cose potremmo accettarle come aderenti all'impostazione complessiva e al tono del racconto, ma in generale non può bastare. Inoltre ad un certo punto il tutto sfocia in un melenso da film rosa di target giovanile, e non si capisce esattamente perché so trovino in quella situazione, è a malapena accennato. Va bene approfondire l'evoluzione del rapporto fra protagonisti, ma andava approfondito anche il tema post-apocalittico. Direi 1/5, mi dispiace.
     
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    Sono Lady Cupcake, prima del suo nome. Madre dei Pennuti, distruttrice della mia autostima. Creatrice del ciclo del Disagio e stermimatrice di germi.

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    Anche questa credevo di averla parerata... incredibile, scusa!
    anche per me andrebbe in Rosa :)
     
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    Emily, ma sei bisessuale? ( ͡° ͜ʖ ͡° )

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    Concordo pure io per Rosa.

    Ti riporto quanto detto nella votazione:
    mi è piaciuta particolarmente la caratterizzazione dei personaggi di Charles e Audrey.
    Charles è il classico antieroe, un inetto che si ritrova in una situazione più grande di lui; Audrey è la vera eroina della situazione, tosta, forte e sicura di sé ma che dimostra anche un lato "fragile".
    Noto una citazione al vecchio anime Ken il guerriero nelle prime frasi (non ce la faccio, troppi ricordi!) Forse la "storia d'amore" si sviluppa troppo in fretta rispetto al resto della storia. Sembra anche esserci confusione sul tipo di storia che volevi realizzare, come è già stato detto inizialmente pare una storia comica, poi si trasforma quasi di punto in bianco in una storia d'amore.

    Comunque credo che rispetto alle tue ultime storie tu sia migliorata.
     
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