Fantasia di Battaglia: Roma Aeterna !

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  1. Agide III
         
     
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    ! Altamente consigliata per l'immersione !





    Prima ancora che il nostro esercito sia visibile, un lugubre frastuono incute grande timore ai nemici di Roma. Il nostro arrivo è infatti preannunciato da un sinistro e tremendo rumore, con il tintinnio di decine di migliaia di armature con le frange metalliche che ondeggiano, le armi che sbattono, e poi le casseruole, i passi di migliaia di compagni che marciano ritmicamente all'unisono. Nella calca è difficile perfino distinguere le insegne della prima fila. Il resto è avvolto nella polvere. Le battaglie non iniziano mai immediatamente: gli schieramenti rimangono uno di fronte all'altro per ore, senza che nulla accada, sotto il sole che batte ardente sulla nostra testa, chiusi nella propria armatura. Solo i vessilli e le insegne dei reparti ondeggiano in questo mare di immobilità, luminosi come fari in un mare in tempesta: ciascuno ha la sua propria colorazione e sono tutti di colori vivaci, blu, gialli, verdi, rossi; questo per poterci orientare facilmente durante la confusione della battaglia. Anche i simboli sono molto diversi e fantasiosi, sugli sudi infatti sono disegnati animali, tuoni, lampi, grandi stelle oppure greche. Il mio scudo però, essendo ancora una recluta, è ancora bianco, ma presto potrò fregiarmi di una di quelle decorazioni da veterano, la cui sola vista provoca paura ed esitazione nel nemico. A tratti il silenzio è interrotto da schermaglie verbali reciproche: un soldato dell'esercito nemico fa qualche passo, si ferma e insulta a gran voce il nostro comandante prima di ritornare nella sua fila. Per tutta risposta un veterano della Fulminata lancia un grido, seguito immediatamente dalle entusiaste urla di tutto l'esercito che si anima all'improvviso. Le lance e i gladi iniziano a battere ritmicamente e nervosamente sugli scudi con intensità crescente. I barbari nostri alleati intanto intonano i propri canti di battaglia, e spesso emettono un lungo suono premendo la bocca nell'incavo dello scudo producendo un lugubre ululato collettivo che noi chiamiamo barritus: gli scudi amplificano a dismisura questo suono che stordisce il nemico. Gruppi di goti nello stesso momento avanzano nella terra di nessuno per celebrare un loro antico, barbaro rituale: questi guerrieri si presentano, fanno l'elogio dei propri antenati, e promettono di non farli sfigurare quel giorno, compiendo evoluzioni a cavallo e mostrando la loro abilità nel maneggio della lancia, come se i loro parenti quel giorno siano veramente lì a guardarli. E pensare che al congedo perfino loro otterranno la cittadinanza romana. Il colpo d'occhio da lontano deve essere di sicuro impressionante: decine di migliaia di legionari sono pronti a scattare, con gli elmi che scintillano al sole, i vessilli che ondeggiano al vento; la realtà però non è così poetica: le nostre mani sono poggiate nervosamente sui pomelli dei gladi da sguainare o stringono, sudate, i pila da scagliare. Il nostro comandante non perde di vista il nemico neanche per un istante, si muove da destra a sinistra incoraggiandoci a combattere valorosamente e allo stesso tempo, come una tigre in gabbia, cerca i possibili punti deboli nello schieramento avversario, ma anche i reparti migliori del nemico, contro i quali bisogna opporre una solida resistenza. L'esperienza di tante battaglie proietta senza sosta nella sua mente possibili scenari e strategie, sperando che vista la sua grande esperienza non ci mandi al macello. Finalmente dopo una estenuante attesa arriva l'ordine di attacco. Come un'eco l'ordine genera una serie interminabile di grida urlate che si diffondono piano piano in tutte le file dell'esercito. Le tube suonano il segnale di attacco. I labari e le aste con i simboli delle legioni e delle centurie vengono puntati verso il nemico. Migliaia di scudi vengono alzati e selve di lance ora ondeggiano minacciose nell'aria. Le urla, i canti di guerra e le grida si fanno assordanti; dobbiamo infonderci coraggio a vicenda per avanzare perché alla fine della giornata non tutti torneranno all'accampamento. Un conto però, è avvicinarsi, un altro è arrivare davvero a contatto col nemico, dobbiamo far vedere di non aver paura, di non rifiutare il combattimento. Gli arcieri nascosti dietro gli ultimi ranghi e gli uomini nelle prime file incominciano a lanciare i loro giavellotti e le loro. Queste armi da getto non fanno certo molto danno, complice anche la distanza, ma con un po' di fortuna possono innervosire il nemico inducendolo ad attaccare, e comunque, anche se colpiscono solamente uno scudo, frecce e giavellotti lo rendono inutilizzabile, e un uomo senza scudo nel futuro scontro corpo a corpo è un uomo già morto. Qua e là qualche gruppo più esagitato comincia a perdere la pazienza, si fa avanti e sfida il nemico a combattere e, in quella calca e in quel garbuglio di lingue diverse, qualcuno iniziava a scambiarsi davvero qualche colpo. Alla lunga i nostri freni inibitori cadono e le due muraglie di scudi si fanno avanti cozzando cupe l'una contro l'altra. La battaglia si riduce infine a due masse di uomini fuori di sé per la tensione e la paura, tutti ammucchiati gli uni sugli altri, che cercano di ripararsi come possono non solo dietro il proprio scudo, ma anche dietro quello del proprio vicino,. Una volta venuti a contatto possiamo solo cavarcela spingendo forte, o cercando di trafiggere da sotto, o di buttare per terra e schiacciare sotto lo scudo quelli che si trovavano davanti a noi. Chi perde la testa, butta lo scudo e scappa fuori è perduto: i cavalieri rimasti fuori dalla massa di uomini infatti gli galoppano dietro e lo abbattono senza alcuna pietà, una morte disonorevole per un soldato romano, nemmeno i compagni hanno pietà per un uomo che fugge anziché affrontare il pericolo; l'unica cosa da fare è quindi rimanere dentro e spingere, spingere insieme alla massa degli altri e andare avanti, senza badare alla polvere, alle urla e a quello che si calpesta. Bisogna ricordarselo, ripeterselo molte volte per non cedere all'istinto di sopravvivenza. Le armi si intravedono per pochi attimi nell'aria per poi scomparire per spegnere una vita . Bisogna rimanere dietro il proprio scudo cercando di colpire l'uomo davanti a noi senza farci a nostra volta colpire. Non bisogna cedere, la disciplina è vitale per poter sopravvivere, cooperando coi compagni. Anche se la zuffa diventa generale e disordinata non bisogna mai cedere alla brama di fare strage di nemici da soli. Vedo alcuni pazzi davanti a me che gettano via lo scudo e assaltano i nemici che stanno loro di fronte, cercano di strangolarli per mezzo dell'elmo; altri si avvinghiavano l'uno sull'altro e non riuscendo a colpirsi muoiono in quell'intreccio di spade e di corpi. Non sono altro che pazzi, donnette che anziché combattere come uomini in riga si lasciano controllare dalla foga e dalla paura. C'è chi cade per un solo colpo, chi per molti; molti non si accorgono neppure delle ferite, perché la morte precede la sofferenza, né emettono gemiti per la morte, perché non arrivano a sentire il dolore. Dopo ore e ore di questa terribile mischia, quando sta per scendere la notte, i reparti rompono finalmente il contatto; respinto da un soldato nemico perché per quel momento ho avuto la peggio, anziché buttarmi nuovamente nella mischia rimango fermo appoggiato sullo scudo, esausto. Guardandomi attorno scopro che non sono certo il primo e piano piano sempre più persone seguono il nostro esempio, abbandonando la lotta. I due eserciti infine si staccano e raccolgono i morti e i feriti; durante la notte non si combatte, la battaglia verrà decisa un' altro giorno.

    SPOILER (click to view)
    Probabilmente ho fatto molti errori ma la chiave qui è l'immaginazione. Se con l'aiuto della musica e delle parole sono riuscito anche per pochi minuti a trasportarvi con me nella storia di Lucius, allora ho raggiunto il mio obiettivo. Per scrivere mi sono largamente ispirato a due libri, uno di Alessandro barbero, "Il Giorno dei Barbari, 9 Agosto 378" e uno di Alberto Angela, "Cleopatra, la regina che sfidò Roma e conquistònl'eternità". Io ho solo fatto un collage dei due pezzi aggiungendo la prima persona e il punto di vista del personaggio per cercare l'immersione totale. I verbi al passato purtroppo non funzionano a mio parere, per immaginare senza immaginare bisogna avere le immagini come se la battaglia stesse avvenendo ora, davanti ai nostri occhi. Ditemi se funziona !!!


    Edited by Captain Soyuz - 30/4/2019, 18:04
     
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15 replies since 4/3/2019, 22:47   360 views
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